
Puente, Gayburg e i lavoretti spargi-fango
Dal tweet su Kadyrov alle “manie di protagonismo”, dalla quasi decina di articoli che mi dipingono come “omofoba” o “razzista” alla mia terra, la Calabria. Vi spiego perché è in atto un’opera di delegittimazione che tocca me e Rec News
(Immagine tratta da beppegrillo.it). Mi scuso per l’utilizzo forse un po’ personale del sito ma corre l’obbligo, visto che la questione “Gayburg” si è allargata a macchia d’olio, ripresa da altri siti che postano contenuti rivolti agli lgbt, da aggregatori, dal sito fondato da Enrico Mentana Open e dall’indicizzazione dei principali motori di ricerca, precisare alcune cose. A partire da due commenti che ci sono stati recapitati, cui abbiamo deciso di non dare rilevanza per la loro palese bassezza ma a cui non voglio sottrarmi. Poi c’è il brusìo dei social e le sue attribuzioni surreali, parlerò anche di quelle.

Tralascio la farneticazione sulla Costituzione: tutelare l’orientamento sessuale di una persona non significa in nessun modo che questa è autorizzata a spargere illazioni, né che diventa un intoccabile per cui non è possibile confezionare inchieste giornalistiche. Ma “quello che ho fatto” – cioè ospitare qui un articolo di taglio sociologico che affronta la nascita e la costruzione del pensiero gay – agli occhi dei fanatici è imperdonabile. Inciterebbe all’odio, addirittura. Il lettore tragga le sue conclusioni senza ulteriori linee di indirizzo. Per quanto riguarda la stucchevole e ormai davvero noiosa questione di sapere o non sapere esercitare questo mestiere: lavoro (tutti a Rec News lo facciamo) tenendo sempre presente i documenti e la verifica delle fonti. Non lo faccio abusivamente: sono tesserata presso l’Ordine dei Giornalisti dal 2013 e nel 2015 sono diventata praticante, condizione che precede il professionismo. Sono iscritta per via di Rec News al ROC, il Registro degli operatori della comunicazione dell’AgCom.
Informazioni che non interessano al 90 per cento dei nostri lettori, ma che forse occorre ribadire visto che io e il sito siamo tacciati da alcuni detrattori – come in questo caso – di scarsa credibilità. Eppure siamo tra i pochi che a supporto di quanto scrivono pubblicano documenti integrali o ne riportano abbondanti stralci, tanto che a questo abbiamo dedicato una sezione apposita. Se il gesto dovesse risultare sgradito agli scribacchini da agenzia, inoltrare le lamentele all’Odg o al CoreCom, che nel 2014 ha voluto premiarmi per un articolo sull’innovazione nel mondo del lavoro e delle startup. C’è stato modo, ovviamente, che venisse sindacato anche quello.
Pazienza: la vita di chi rosica perennemente è fatta anche e soprattutto di questo. Solo, spiace per la loro bile. Questo non significa, come afferma sommariamente Gayburg “fare affermazioni certificate dal suo essere iscritta all’Ordine dei giornalisti”, ma semplicemente avere i requisiti legali per fare questo mestiere, per quanto io non vada a stendermi il tesserino tra i piedi prima di camminare. Questo lo lascio fare agli autori del blog che secondo la signora sono “miei colleghi”. Me ne discosto a tutti i livelli, e per il resto saranno solo le opportune sedi a stabilire se i blogger possono contare su determinati titoli per produrre quella che reputo accozzaglia eterofoba spacciata per “informazione”.
Per quello che riguarda me, può piacere o non piacere lo stile, si può essere o non essere d’accordo con un opinione, ma questo è il bello del pluralismo. Sui fatti, se non piacciono è necessario parlarne con chi li commette. Se l’Unar ha un passato oscuro, non è questa la giusta sede cui inviare lamentele. La signora bussi alla porta di Spano: forse ha bisogno di avvocati che si sono formati con le puntate di Hally McBeal o forse no. Ne parli con lui, non con me.
Dei requisiti di cui ho parlato, per esempio, Gayburg non gode. Il sito Gay.it parla di direttore, ma chi è? Mentre io sono qui con la mia faccia e il mio nome e cognome, lì nessuno si firma. Un’aspetto che stride con la normativa vigente, giacché il contenitore di matrice lgbt afferma di fare “informazione”, anche se in realtà si tratta di una bacheca di aggiornamenti sul mondo gay inframmezzati da invettive di bassa lega in cui si tenta in tutti i modi di mettere in ridicolo chi non è gradito al pensiero arcobaleno. Com’è capitato a me, prima oggetto delle mire di decine di account organizzati sui social per un tweet sulla famiglia naturale, e poi soggetto di articoli che vogliono che io abbia augurato la morte/lo sterminio/la trucidazione dei gay. Niente di più lontano dalla realtà.
Fosse anche solo per il fatto che dire “Campate 100 anni” vuol dire, letteralmente, “campate 100 anni”. Kadyrov? Ovviamente Gayburg non scriverà mai che in Cecenia si discute dal 2017 di manipolazioni, di gay venuti da fuori per inscenare la pantomima dei campi di tortura in cambio dei documenti per permanere all’interno dell’Unione europea. Non lo riporta il blog di qualche frustrato, ma la nota testata Правда, Pravda. Gli organismi competenti accerteranno chi abbia ragione, ma questo non cambia la sostanza che io non abbia mai detto nulla di associato a dei campi di sterminio e non voglia veder nessuno perire in situazioni drammatiche.
Sulla tolleranza, stupirà i mediocri osservatori che mi dipingono come una razzista-omofoba-dell’ultra-destra, ma il mio passato (soprattutto quello universitario), è fatto di centri sociali, dove ho coltivato le mie migliori amicizie. Nel periodo degli studi universitari ho avuto modo di apprezzare l‘ideologia comunista e l’apprezzo tutt’oggi. E’ inapplicata (in Italia nessun partito ha mai guardato alle necessità del popolo, ma solo alla conservazione delle élite) né tantomeno si può definire battaglia per la tolleranza e per l’uguaglianza quella portata avanti da partiti come il Pd o +Europa. Specchi per le allodole, prova ne sia il fatto che l’elettore “democratico” medio è forse il soggetto più intollerante che la contemporaneità abbia prodotto. Non farà mai pace con chi dimostra senso critico su migranti e omosessuali, o su chi voglia dissociarsi dalla commiserazioni pluridecennali di matrice ebrea che però ignorano foibe, vittime dell’Holodomor, armeni e ovviamente anche i milioni di meridionali periti per l’Italia unita.
Sul razzismo: come riportano i fanatici che in questi giorni mi hanno nuovamente tartassato, il mio compagno è ucraino. L’aspetto stride giusto un po’ con chi mi vuole a tutti i costi “razzista”. Empaticamente non suscita loro simpatia, forse perché viene dall’est di Putin e non dall’Africa, è venuto in aereo e non a bordo di un barcone. E’ giunto in Italia per lavorare e non per elemosinare 35 euro al giorno stando sul groppone dei contribuenti. Le sue origini in nessun modo scusano le accuse che mi sono piovute addosso di “gestire un sito filo-russo” o di essere “sovvenzionata dall’Ucraina”. Chi cerca, tuttavia, problemi diplomatici, può accomodarsi e continuare con affermazioni che è ingenuo credere passino inosservate agli oggetti della discussione.
C’è poi la questione davvero simpatica dello “stare al centro dell’attenzione”. Io, che non ho un profilo Facebook e praticamente da mai posto su Twitter cose che riguardano la mia vita privata, che pure esiste. La stessa che viene o sbandierata o negata. Così ho a tratti un compagno “nazi-ucraino”, a tratti addirittura mi sarei inventata la sua figura. Un aspetto che sarebbe comico se non rilevasse le turbe psichiche di chi si barcamena in costruzioni del genere. E’ una narrativa volta a sminuire la mia persona, ma non fa che mettere in ridicolo la debolezza degli argomenti di chi la porta avanti.
Sono calabrese e per me è motivo di orgoglio e non di spregio: lo dico alla signora e a tutti gli altri che hanno creduto di farmi un torto sottolineando le mie origini. Orgoglio perché la generosità, la solidarietà, il calore e il buon cuore dei calabresi (che pure hanno i loro difetti), non si trova in nessun posto, tantomeno qui a Roma. Fuori dalla Calabria non mi conosce nessuno? E’ un’ammissione strana perché non sono un arancione tibetano, ma una ragazza come tante. Non abito in un eremo, ma nella Capitale. Ho una vita sociale normale ma certamente priva delle pratiche che Filippo Roma ha documentato avvenissero fino a qualche tempo fa all’Unar, e come per tutti esistono persone che mi trovano simpatica o antipatica.
Il riferimento era professionale? In dieci anni non ho vinto il Pulitzer, ma qualche esperienza lavorativa che mi ha dato soddisfazione l’ho avuta. Da Italcementi alla prima inchiesta sulle malattie professionali interne a Trenitalia (l’azienda minacciò querela ma non fece nulla, evidentemente non potendo controbattere sul contenuto), dalle inchieste su Capo Colonna riprese da diversa media nazionali e arrivate sul tavolo di Renzi e dell’allora ministro dei Beni culturali Franceschini, al lavoro che più di recente ha riguardato l’Ordine dei Giornalisti e esponenti del Vaticano. Ho intervistato l’ideatore della Blue Economy e della strategia Zeri Gunter Pauli, Vittorio Sgarbi, l’euro-deputata Michela Marzano, il direttore di Telejato Pino Maniaci e per chi è appassionato di musica i Modena City Ramblers.
Leggi anche le mie interviste a:
Gunter Pauli
Daniela Santanché
Vito Crimi
Vittorio Sgarbi
Giulio Tarro
Gian Marco Centinaio
Mario Adinolfi
Mariano Amici
Vincenzo Musacchio
Armando Siri
All’indomani del mio addio a una testata per cui ho lavorato senza avere i dovuti riconoscimenti economici, telefonai ad Antonello Caporale de Il Fatto Quotidiano, conosciuto durante un workshop di formazione in Calabria. Chiesi se potevo sostenere un colloquio per scrivere sul giornale per cui lavora. Mi rispose “anche domani, ma per il momento non pensare di guadagnare. All’inizio sono entrati tutti, ma ormai c’è saturazione”. Declinai, convinta come sempre che il lavoro non vada scambiato col volontariato. Sono in contatto sporadico anche con Bernardo Iovene di Report, che mi ha contattato per il mio lavoro sull’Odg e che con l’occasione mi ha chiesto alcune dritte per la sua inchiesta sul precariato nel mondo del giornalismo, e sempre per l’Odg (questa volta per quanto riguarda il tentativo di farmi retrocedere dalla strada intrapresa) sono stata contattata dal consigliere Marco Piccaluga, ex di Sky tg24. Ho disturbato proprio contestualmente a uno degli episodi di hate-speech su Twitter Antonino Monteleone delle Iene che, ormai abituato alla mediocrità di alcuni, mi ha giustamente consigliato di investire nel proposito di rifarmi il bagno o comprarmi un’auto nuova. Il pagamento dei danni consente anche questo, ovviamente, per quanto siano fastidiosi i procedimenti legali cui purtroppo si deve ricorrere.
Nel 2015 Luca Galtieri mi ha intervistato per Striscia la Notizia a partire da un mio articolo su Villa Genoese Zerbi. Siamo in contatto con gli addetti stampa del Senato, che voglio ringraziare per la tempestività e la gentilezza che in altri contesti o ministeri latita. Contiamo sul materiale di associazioni, squadre sportive, curatori di arte, organizzatori di eventi istituzionali, scrittori, consorzi. Mi scuso con tutti se solo sporadicamente quanto inviano trova spazio: in futuro contiamo di rimediare con apposite sezioni.
Non mi pare quindi di essere “sconosciuta fuori dalla Calabria”, ma qualora lo fossi non sarebbe un problema. Sono nata nel Catanzarese, vissuta nel Vibonese e nel Cosentino prima di venire ad abitare a Roma. La vita come molti sapranno lì è più semplice ma più genuina. Lì nessuno si dispiacerebbe mai se Gayburg o David Puente non gli dedicassero un articolo.
Credo anzi che siano altri a tentare di essere in perenne favore dei riflettori, per questo si dedicano a strilli isterici in bilico tra il verosimile e lo scandalistico, nel tentativo di aizzare l’opinione pubblica contro questo o quello. E’ la linea di Gayburg e, prima di imbattermici, non pensavo fosse anche quella di David Puente, con cui l’hanno scorso ho avuto uno scambio su Twitter per una cantonata che lui ha preso sul giornalista ucraino Arkadij Arkad’evič Babčenko, spacciato per morto poche ore prima che si presentasse, sui suoi piedi, a una conferenza stampa. E’ un tipo di fact-checking che, abbastanza spesso, cozza proprio con i “facts“.
Certo una precisazione che Puente non avrà gradito. Ma la deontologia ci chiama alla cooperazione nell’interesse del lettore (che per quello che mi riguarda è il mio unico padrone), non a sterili vendette da prima donna di cui poi ci troviamo a dover dare conto.
A lui e a chi si cela dietro i commenti (l’ip del secondo commento è geolocalizzato proprio in Friuli), agli autori di Gayburg, a chi ha farneticato di vicinanze e finanziamenti: sono diventata responsabile di Rec News perché troppo spesso mi sono trovata a dire “Perché nessuno scrive che” o “perché nessuno dice che”, poi perché dopo anni di precariato nonostante cercassi di affezionarmi ad altri lavori i referenti continuavano a cercarmi, così come rimaneva viva la voglia di scavare e di vedere a fondo. Ho aperto assieme a Denys Shevchenko e ad altri collaboratori tecnici un sito che ci pregiamo non abbia ancora guadagnato cifre stratosferiche o anche solo grandi.
Ci pregiamo, perché per questo modesto risultato non abbiamo dovuto mai fare i palazzinari alla ricerca di finanziamenti, non ci siamo mai accodati a qualche controversa presidente della Camera dei deputati cui dobbiamo tutta la nostra forse modesta carriera. Preferiamo quest’ultima, fosse anche fatta come dice la signora sopra dall’essere “sconosciuti”: ci consente di andare a testa alta e di tenere la lingua in bocca. Lì sta ben salda, senza prodursi in elogi o in invettive suggerite dalle sfere alte, e senza scendere mai ad insulti da osteria.
Non mi sento una santa, ho i miei difetti. Sbotto anch’io se provocata, anche se sempre meno perché ho capito il gioco di chi si diverte a mettere in cattiva luce tramite le provocazioni. Ma non sono “omofoba”, “razzista”, “nazista” e via franando. Non incito all’odio. Non faccio parte dell’estremismo cattolico e anzi voglio confidare che mi sono avvicinata a Dio solo negli ultimi anni. Non vado in chiesa da mesi, forse da quasi un anno, ma ho estremo rispetto per chi lo fa in tempi in cui la Cristianità è derisa. Lo dico all’autore di Gayburg sperando che si possa rasserenare e non vedere più “fondamentalisti” ed “estremisti” ovunque. E’ un consiglio buono ma non cancella quanto il sito ha voluto imbastire assieme ad Open e ad altri, con l’ausilio di aggregatori come Intopic, vari blog e l’azione dei motori di ricerca.
Al signore del secondo commento e al suo “state attenti“. In Calabria, se è vero che non tutti sono grazie al cielo criminali – come piace pensare ai generalisti – è altrettanto vero che il più fesso è assai più scafato della media nazionale. Siamo abituati a “faticare” per ottenere quello che abbiamo, spesso a lottare per cose che altrove sono scontate. Lo voglio ribadire a chi è avvezzo a spargere saliva per ottenere posizioni al sole ma anche a chi spera di intimorire me e il giornale, forse covando l’intima ma illusoria speranza di zittirci.
Abbandonatele, queste speranze. C’è bisogno di Rec News. Se il sito non fosse esistito, la vicenda Lucano sarebbe rimasta parziale per sempre, suonata dalle campane che all’unisono mimano la melodia del sindaco eroe. Questa hanno propinato tutti, a eccezione di un paio di testate che pure non sono state in grado o non hanno voluto documentare. Se non ci fosse stato RN, non sapremmo ancora nulla su alcuni aspetti inquietanti che aleggiano in Vaticano, o della fine amara di Becky Moses.
Nel paese dell’agenzite compulsiva, dei debunker che le bufale le inventano anziché stanarle, del “cantiamo tutti la stessa messa finché non entra in ogni testa”, c’è bisogno di contro-informazione. Noi ci impegniamo a farla. Piacerà a qualcuno mentre ad altri (chi ci è dentro o chi è accomodato sulle veline istituzionali o sui suggerimenti e finanziamenti delle lobby), spiacerà. Ce ne faremo una ragione, ma senza mai indietreggiare di un millimetro. Un caro saluto ai lettori, specie a quelli affezionati.
Il blog Gayburg è stato parzialmente censurato. Colpa del Codacons? No, il motivo è un altro
Richiesta di rettifica. Riceviamo e pubblichiamo
FREE SPEECH
Concorsi pubblici, Pallotta (OdG): “Giuridicamente scorretto escludere i pubblicisti”

“Riservare ai soli giornalisti professionisti con l’esclusione dei giornalisti pubblicisti la partecipazione al concorso per l’assunzione di personale nel settore della comunicazione bandito dal Gran Sasso Scienze Insitute, è immotivato e giuridicamente non corretto”. E’ quanto afferma il Presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, Stefano Pallotta, che ha inviato una lettera al direttore generale dell’Istituto, Mario Picasso, per chiedere la modifica del bando ai sensi della legge 150 del 2000. “Si fa notare – si afferma nella lettera – che non esiste un albo dei giornalisti professionisti, ma che l’Ordine dei giornalisti comprende due elenchi, professionisti e pubblicisti e che in materia di concorsi nella Pubblica amministrazione, relativamente all’Ufficio stampa e comunicazione, la legge 150 del 2000 non fa alcuna distinzione tra i due elenchi limitandosi a richiedere l’iscrizione all’Ordine dei giornalisti”, conclude il presidente Pallotta.
FREE SPEECH
Abuso di spyware, in arrivo la relazione della Commissione d’inchiesta del Parlamento europeo

In arrivo la relazione finale della Commissione d’inchiesta del Parlamento europeo sugli usi e gli abusi che riguardano gli spyware. L’organismo dopo un anno di indagini pubblicherà una serie di raccomandazioni. “Spiare oppositori politici, giornalisti o avvocati è illegale e contro i valori fondamentali dell’UE. Quando le forze di sicurezza utilizzano spyware, deve essere all’interno di confini chiaramente definiti. Gli abusi sono state flagranti violazioni dello stato di diritto”. E’ quanto fanno sapere i popolari.
“La Commissione d’inchiesta ha fatto luce sui casi di uso illegale di spyware contro giudici, avvocati, giornalisti e persino l’opposizione democratica. Questo abuso di spyware costituisce una flagrante violazione dello stato di diritto, dei valori dell’UE e dei principi democratici più elementari di elezioni libere ed eque”, ha dichiarato Juan Ignacio Zoido, portavoce del gruppo PPE nella Commissione d’inchiesta.
“Il Gruppo PPE sottolinea la necessità di sostenere coloro che sono stati presi di mira illegalmente con spyware. Ciò dovrebbe includere l’accesso a un ricorso giurisdizionale effettivo basato su norme definite dalla Corte europea dei diritti dell’uomo”, ha detto l’eurodeputato Vladimír Bilčík, che ha negoziato la relazione finale. “Lo spyware non deve essere usato come arma politica contro le istituzioni democratiche, i politici o i giornalisti”, ha sottolineato ancora Bilčík.
“Le nostre forze di sicurezza hanno bisogno di strumenti tecnologici avanzati per affrontare minacce come il terrorismo, la criminalità organizzata o gli attacchi contro l’ordine costituzionale. Tuttavia, dobbiamo assicurarci che questi strumenti spyware vengano utilizzati nel rispetto dei diritti fondamentali e in conformità con i principi dello stato di diritto”, ha fatto eco – concludendo – Zoido.
FREE SPEECH
La vicenda di Julian Assange approda alla Camera dei Deputati
La moglie Stella Morris: “Perseguitato perché ha fatto il suo dovere”

“Le persone non comprendono cosa significhi realmente la vicenda di Julian, la cui principale colpa è stata quella di fare luce su cosa accadeva realmente in Afghanistan e svelare la verità su crimini e corruzione da parte di esponenti dell’establishment degli Stati Uniti. E’ una vicenda che riguarda la libertà, non solo negli USA ma anche in Europa”. Così Stella Morris Assange, moglie di Julian, ha iniziato il suo intervento all’iniziativa “Il caso Assange e il diritto alla verità” che si è svolto ieri presso la Camera dei Deputati.
Oltre ai promotori, presente anche il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Bartoli. “Assange – è quanto ha ricordato – non è né una spia, come molti erroneamente hanno detto, né uno che ha comprato o trafugato documenti riservati mettendo a rischio, come sostengono gli americani, la vita di molte persone. Tutto questo è falso – ha spiegato Bartoli – perché Assange è solo un editore che ha divulgato dei documenti che era nell’interesse di tutti conoscere e che nel farlo ha messo al riparo tutte le persone coinvolte”.
Con l’ingiusta detenzione del fondatore di Wikileaks, ha proseguito il presidente dell’Odg, “si sta mettendo in discussione anche lo stesso Primo emendamento della Costituzione americana che difende la libertà di parola e di pensiero e questo è già di per sé paradossale. E l’ulteriore anomalia è che tutto questo avvenga negli Usa che è il Paese definito delle libertà”. Nel corso dell’intervento, il ringraziamento ai media – pochi – che “hanno accettato la sfida di non tacere. E’ una vera battaglia perché la democrazia non può né deve aver paura della Verità. Continueremo a chiedere che Assange venga liberato in nome della libertà di parola e di espressione e perché si tratta di una persona, un giornalista e un editore rinchiuso ingiustamente in un carcere di massima sicurezza senza processo”.

La moglie di Julian Assange, Stella Morris
Stella Moris, consorte di Assange: “Punito perché ha fatto bene il suo lavoro”
“Quello in cui un uomo che si è battuto per difendere le regole e i principi è in prigione, è un mondo alla rovescia”. Lo dice con rammarico la moglie di Julian Assange, Stella Morris, che nel corso del convegno che si è svolto a Montecitorio ha puntato il dito contro chi tiene recluso il marito infrangendo i diritti umani e contro chi ha tentato di far calare una cappa di silenzio sul suo caso. “C’è stato un abuso del processo legale per fare di lui un caso e mandare un segnale a chi vorrebbe fare le stesse cose: ossia denunciare i crimini di guerra più terribili e l’impunità di chi li ha commessi”.
“Julian – ha proseguito Stella Morris Assange – ha pubblicato solo la verità sui crimini commessi dagli Stati e sugli insabbiamenti che ne sono seguiti. Ora è un uomo tenuto in un carcere di massima sicurezza insieme ai peggiori criminali. Quelli che vogliono Julian in carcere non credono nella democrazia né nei diritti umani. Il dovere dell’Europa è mobilitarsi in sua difesa perché questo ha ripercussioni su ognuno di voi”.
“Tutti sono d’accordo – ha detto ancora la moglie di Assange – nel ritenere che Julian viene accusato solo di aver fatto il giornalista. Il Regno Unito sta dicendo che i giornalisti devono tenere segreti i crimini di guerra commessi dagli Stati Uniti, ma Julian aveva il dovere come giornalista e l’obbligo come persona di rendere tutto di pubblico dominio. Il caso di Julian è di così alto profilo che crea una nuova realtà, una realtà in cui si possono perseguitare le persone solo perché fanno il loro dovere”.
FREE SPEECH
“No a nuove leggi per limitare il diritto dei cittadini ad essere informati”

Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, riunito nella seduta del 25 gennaio 2023, ha espresso preoccupazione per l’intenzione di varare una norma che avrebbe l’effetto di limitare fortemente la libertà di stampa e il diritto dei cittadini ad essere informati su indagini penali di rilievo e interesse pubblico.
L’annunciata “stretta” sulle intercettazioni, con la previsione di pesanti sanzioni per i giornalisti – fanno sapere dall’organismo – è in contrasto con la giurisprudenza consolidata della Corte europea dei diritti dell’uomo, che sancisce il diritto/dovere dei giornalisti di fornire alla collettività le notizie di interesse pubblico, soprattutto quando riguardano politici e amministratori, “anche pubblicando le intercettazioni e perfino utilizzando informazioni coperte da segreto”, dicono dall’Odg. E si pone in contraddizione con l’European Media Freedom Act che l’Unione Europea si appresta a varare per salvaguardare il lavoro dei giornalisti e la libertà di stampa, ritenuti di importanza essenziale per la democrazia.
Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha invitato a non dare corso ad una riforma che “avrebbe l’effetto di privare i cittadini di un’informazione essenziale al fine di formare un’opinione pubblica consapevole e di limitare fortemente la libertà d’informazione, già compressa dopo l’entrata in vigore del decreto 188/2021”.
“I giornalisti sono da sempre sensibili di fronte al tema del rispetto della dignità della persona, che include il diritto alla presunzione d’innocenza e il diritto all’oblio: l’Ordine dei giornalisti deve essere messo nelle condizioni di poter intervenire con tempestività per sanzionare le eventuali violazioni. Si chiede pertanto a Governo e Parlamento di impegnarsi per riformare, dopo 60 anni, la legge professionale dei giornalisti per renderla adeguata alle epocali trasformazioni del mondo dell’informazione introdotte dalle più moderne tecnologie in continua evoluzione digitale e multimediale”, concludono dall’Odg.