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(Immagine tratta da beppegrillo.it). Mi scuso per l’utilizzo forse un po’ personale del sito ma corre l’obbligo, visto che la questione “Gayburg” si è allargata a macchia d’olio, ripresa da altri siti che postano contenuti rivolti agli lgbt, da aggregatori, dal sito fondato da Enrico Mentana Open e dall’indicizzazione dei principali motori di ricerca, precisare alcune cose. A partire da due commenti che ci sono stati recapitati, cui abbiamo deciso di non dare rilevanza per la loro palese bassezza ma a cui non voglio sottrarmi. Poi c’è il brusìo dei social e le sue attribuzioni surreali, parlerò anche di quelle.

Tralascio la farneticazione sulla Costituzione: tutelare l’orientamento sessuale di una persona non significa in nessun modo che questa è autorizzata a spargere illazioni, né che diventa un intoccabile per cui non è possibile confezionare inchieste giornalistiche. Ma “quello che ho fatto” – cioè ospitare qui un articolo di taglio sociologico che affronta la nascita e la costruzione del pensiero gay – agli occhi dei fanatici è imperdonabile. Inciterebbe all’odio, addirittura. Il lettore tragga le sue conclusioni senza ulteriori linee di indirizzo. Per quanto riguarda la stucchevole e ormai davvero noiosa questione di sapere o non sapere esercitare questo mestiere: lavoro (tutti a Rec News lo facciamo) tenendo sempre presente i documenti e la verifica delle fonti. Non lo faccio abusivamente: sono tesserata presso l’Ordine dei Giornalisti dal 2013 e nel 2015 sono diventata praticante, condizione che precede il professionismo. Sono iscritta per via di Rec News al ROC, il Registro degli operatori della comunicazione dell’AgCom.

Informazioni che non interessano al 90 per cento dei nostri lettori, ma che forse occorre ribadire visto che io e il sito siamo tacciati da alcuni detrattori – come in questo caso – di scarsa credibilità. Eppure siamo tra i pochi che a supporto di quanto scrivono pubblicano documenti integrali o ne riportano abbondanti stralci, tanto che a questo abbiamo dedicato una sezione apposita. Se il gesto dovesse risultare sgradito agli scribacchini da agenzia, inoltrare le lamentele all’Odg o al CoreCom, che nel 2014 ha voluto premiarmi per un articolo sull’innovazione nel mondo del lavoro e delle startup. C’è stato modo, ovviamente, che venisse sindacato anche quello.

Pazienza: la vita di chi rosica perennemente è fatta anche e soprattutto di questo. Solo, spiace per la loro bile. Questo non significa, come afferma sommariamente Gayburg “fare affermazioni certificate dal suo essere iscritta all’Ordine dei giornalisti”, ma semplicemente avere i requisiti legali per fare questo mestiere, per quanto io non vada a stendermi il tesserino tra i piedi prima di camminare. Questo lo lascio fare agli autori del blog che secondo la signora sono “miei colleghi”. Me ne discosto a tutti i livelli, e per il resto saranno solo le opportune sedi a stabilire se i blogger possono contare su determinati titoli per produrre quella che reputo accozzaglia eterofoba spacciata per “informazione”.

Per quello che riguarda me, può piacere o non piacere lo stile, si può essere o non essere d’accordo con un opinione, ma questo è il bello del pluralismo. Sui fatti, se non piacciono è necessario parlarne con chi li commette. Se l’Unar ha un passato oscuro, non è questa la giusta sede cui inviare lamentele. La signora bussi alla porta di Spano: forse ha bisogno di avvocati che si sono formati con le puntate di Hally McBeal o forse no. Ne parli con lui, non con me.

Dei requisiti di cui ho parlato, per esempio, Gayburg non gode. Il sito Gay.it parla di direttore, ma chi è? Mentre io sono qui con la mia faccia e il mio nome e cognome, lì nessuno si firma. Un’aspetto che stride con la normativa vigente, giacché il contenitore di matrice lgbt afferma di fare “informazione”, anche se in realtà si tratta di una bacheca di aggiornamenti sul mondo gay inframmezzati da invettive di bassa lega in cui si tenta in tutti i modi di mettere in ridicolo chi non è gradito al pensiero arcobaleno. Com’è capitato a me, prima oggetto delle mire di decine di account organizzati sui social per un tweet sulla famiglia naturale, e poi soggetto di articoli che vogliono che io abbia augurato la morte/lo sterminio/la trucidazione dei gay. Niente di più lontano dalla realtà.

Fosse anche solo per il fatto che dire “Campate 100 anni” vuol dire, letteralmente, “campate 100 anni”. Kadyrov? Ovviamente Gayburg non scriverà mai che in Cecenia si discute dal 2017 di manipolazioni, di gay venuti da fuori per inscenare la pantomima dei campi di tortura in cambio dei documenti per permanere all’interno dell’Unione europea. Non lo riporta il blog di qualche frustrato, ma la nota testata Правда, Pravda. Gli organismi competenti accerteranno chi abbia ragione, ma questo non cambia la sostanza che io non abbia mai detto nulla di associato a dei campi di sterminio e non voglia veder nessuno perire in situazioni drammatiche.

Sulla tolleranza, stupirà i mediocri osservatori che mi dipingono come una razzista-omofoba-dell’ultra-destra, ma il mio passato (soprattutto quello universitario), è fatto di centri sociali, dove ho coltivato le mie migliori amicizie. Nel periodo degli studi universitari ho avuto modo di apprezzare l‘ideologia comunista e l’apprezzo tutt’oggi. E’ inapplicata (in Italia nessun partito ha mai guardato alle necessità del popolo, ma solo alla conservazione delle élite) né tantomeno si può definire battaglia per la tolleranza e per l’uguaglianza quella portata avanti da partiti come il Pd o +Europa. Specchi per le allodole, prova ne sia il fatto che l’elettore “democratico” medio è forse il soggetto più intollerante che la contemporaneità abbia prodotto. Non farà mai pace con chi dimostra senso critico su migranti e omosessuali, o su chi voglia dissociarsi dalla commiserazioni pluridecennali di matrice ebrea che però ignorano foibe, vittime dell’Holodomor, armeni e ovviamente anche i milioni di meridionali periti per l’Italia unita.

Sul razzismo: come riportano i fanatici che in questi giorni mi hanno nuovamente tartassato, il mio compagno è ucraino. L’aspetto stride giusto un po’ con chi mi vuole a tutti i costi “razzista”. Empaticamente non suscita loro simpatia, forse perché viene dall’est di Putin e non dall’Africa, è venuto in aereo e non a bordo di un barcone. E’ giunto in Italia per lavorare e non per elemosinare 35 euro al giorno stando sul groppone dei contribuenti. Le sue origini in nessun modo scusano le accuse che mi sono piovute addosso di “gestire un sito filo-russo” o di essere “sovvenzionata dall’Ucraina”. Chi cerca, tuttavia, problemi diplomatici, può accomodarsi e continuare con affermazioni che è ingenuo credere passino inosservate agli oggetti della discussione.

C’è poi la questione davvero simpatica dello “stare al centro dell’attenzione”. Io, che non ho un profilo Facebook e praticamente da mai posto su Twitter cose che riguardano la mia vita privata, che pure esiste. La stessa che viene o sbandierata o negata. Così ho a tratti un compagno “nazi-ucraino”, a tratti addirittura mi sarei inventata la sua figura. Un aspetto che sarebbe comico se non rilevasse le turbe psichiche di chi si barcamena in costruzioni del genere. E’ una narrativa volta a sminuire la mia persona, ma non fa che mettere in ridicolo la debolezza degli argomenti di chi la porta avanti.

Sono calabrese e per me è motivo di orgoglio e non di spregio: lo dico alla signora e a tutti gli altri che hanno creduto di farmi un torto sottolineando le mie origini. Orgoglio perché la generosità, la solidarietà, il calore e il buon cuore dei calabresi (che pure hanno i loro difetti), non si trova in nessun posto, tantomeno qui a Roma. Fuori dalla Calabria non mi conosce nessuno? E’ un’ammissione strana perché non sono un arancione tibetano, ma una ragazza come tante. Non abito in un eremo, ma nella Capitale. Ho una vita sociale normale ma certamente priva delle pratiche che Filippo Roma ha documentato avvenissero fino a qualche tempo fa all’Unar, e come per tutti esistono persone che mi trovano simpatica o antipatica.

Il riferimento era professionale? In dieci anni non ho vinto il Pulitzer, ma qualche esperienza lavorativa che mi ha dato soddisfazione l’ho avuta. Da Italcementi alla prima inchiesta sulle malattie professionali interne a Trenitalia (l’azienda minacciò querela ma non fece nulla, evidentemente non potendo controbattere sul contenuto), dalle inchieste su Capo Colonna riprese da diversa media nazionali e arrivate sul tavolo di Renzi e dell’allora ministro dei Beni culturali Franceschini, al lavoro che più di recente ha riguardato l’Ordine dei Giornalisti e esponenti del Vaticano. Ho intervistato l’ideatore della Blue Economy e della strategia Zeri Gunter Pauli, Vittorio Sgarbi, l’euro-deputata Michela Marzano, il direttore di Telejato Pino Maniaci e per chi è appassionato di musica i Modena City Ramblers.

Leggi anche le mie interviste a:

Gunter Pauli
Daniela Santanché
Vito Crimi
Vittorio Sgarbi
Giulio Tarro
Gian Marco Centinaio
Mario Adinolfi
Mariano Amici
Vincenzo Musacchio
Armando Siri

All’indomani del mio addio a una testata per cui ho lavorato senza avere i dovuti riconoscimenti economici, telefonai ad Antonello Caporale de Il Fatto Quotidiano, conosciuto durante un workshop di formazione in Calabria. Chiesi se potevo sostenere un colloquio per scrivere sul giornale per cui lavora. Mi rispose “anche domani, ma per il momento non pensare di guadagnare. All’inizio sono entrati tutti, ma ormai c’è saturazione”. Declinai, convinta come sempre che il lavoro non vada scambiato col volontariato. Sono in contatto sporadico anche con Bernardo Iovene di Report, che mi ha contattato per il mio lavoro sull’Odg e che con l’occasione mi ha chiesto alcune dritte per la sua inchiesta sul precariato nel mondo del giornalismo, e sempre per l’Odg (questa volta per quanto riguarda il tentativo di farmi retrocedere dalla strada intrapresa) sono stata contattata dal consigliere Marco Piccaluga, ex di Sky tg24. Ho disturbato proprio contestualmente a uno degli episodi di hate-speech su Twitter Antonino Monteleone delle Iene che, ormai abituato alla mediocrità di alcuni, mi ha giustamente consigliato di investire nel proposito di rifarmi il bagno o comprarmi un’auto nuova. Il pagamento dei danni consente anche questo, ovviamente, per quanto siano fastidiosi i procedimenti legali cui purtroppo si deve ricorrere.

Nel 2015 Luca Galtieri mi ha intervistato per Striscia la Notizia a partire da un mio articolo su Villa Genoese Zerbi. Siamo in contatto con gli addetti stampa del Senato, che voglio ringraziare per la tempestività e la gentilezza che in altri contesti o ministeri latita. Contiamo sul materiale di associazioni, squadre sportive, curatori di arte, organizzatori di eventi istituzionali, scrittori, consorzi. Mi scuso con tutti se solo sporadicamente quanto inviano trova spazio: in futuro contiamo di rimediare con apposite sezioni.

Non mi pare quindi di essere “sconosciuta fuori dalla Calabria”, ma qualora lo fossi non sarebbe un problema. Sono nata nel Catanzarese, vissuta nel Vibonese e nel Cosentino prima di venire ad abitare a Roma. La vita come molti sapranno lì è più semplice ma più genuina. Lì nessuno si dispiacerebbe mai se Gayburg o David Puente non gli dedicassero un articolo.

Credo anzi che siano altri a tentare di essere in perenne favore dei riflettori, per questo si dedicano a strilli isterici in bilico tra il verosimile e lo scandalistico, nel tentativo di aizzare l’opinione pubblica contro questo o quello. E’ la linea di Gayburg e, prima di imbattermici, non pensavo fosse anche quella di David Puente, con cui l’hanno scorso ho avuto uno scambio su Twitter per una cantonata che lui ha preso sul giornalista ucraino Arkadij Arkad’evič Babčenko, spacciato per morto poche ore prima che si presentasse, sui suoi piedi, a una conferenza stampa. E’ un tipo di fact-checking che, abbastanza spesso, cozza proprio con i “facts“.

Certo una precisazione che Puente non avrà gradito. Ma la deontologia ci chiama alla cooperazione nell’interesse del lettore (che per quello che mi riguarda è il mio unico padrone), non a sterili vendette da prima donna di cui poi ci troviamo a dover dare conto.

A lui e a chi si cela dietro i commenti (l’ip del secondo commento è geolocalizzato proprio in Friuli), agli autori di Gayburg, a chi ha farneticato di vicinanze e finanziamenti: sono diventata responsabile di Rec News perché troppo spesso mi sono trovata a dire “Perché nessuno scrive che” o “perché nessuno dice che”, poi perché dopo anni di precariato nonostante cercassi di affezionarmi ad altri lavori i referenti continuavano a cercarmi, così come rimaneva viva la voglia di scavare e di vedere a fondo. Ho aperto assieme a Denys Shevchenko e ad altri collaboratori tecnici un sito che ci pregiamo non abbia ancora guadagnato cifre stratosferiche o anche solo grandi.

Ci pregiamo, perché per questo modesto risultato non abbiamo dovuto mai fare i palazzinari alla ricerca di finanziamenti, non ci siamo mai accodati a qualche controversa presidente della Camera dei deputati cui dobbiamo tutta la nostra forse modesta carriera. Preferiamo quest’ultima, fosse anche fatta come dice la signora sopra dall’essere “sconosciuti”: ci consente di andare a testa alta e di tenere la lingua in bocca. Lì sta ben salda, senza prodursi in elogi o in invettive suggerite dalle sfere alte, e senza scendere mai ad insulti da osteria.

Non mi sento una santa, ho i miei difetti. Sbotto anch’io se provocata, anche se sempre meno perché ho capito il gioco di chi si diverte a mettere in cattiva luce tramite le provocazioni. Ma non sono “omofoba”, “razzista”, “nazista” e via franando. Non incito all’odio. Non faccio parte dell’estremismo cattolico e anzi voglio confidare che mi sono avvicinata a Dio solo negli ultimi anni. Non vado in chiesa da mesi, forse da quasi un anno, ma ho estremo rispetto per chi lo fa in tempi in cui la Cristianità è derisa. Lo dico all’autore di Gayburg sperando che si possa rasserenare e non vedere più “fondamentalisti” ed “estremisti” ovunque. E’ un consiglio buono ma non cancella quanto il sito ha voluto imbastire assieme ad Open e ad altri, con l’ausilio di aggregatori come Intopic, vari blog e l’azione dei motori di ricerca.

Al signore del secondo commento e al suo “state attenti“. In Calabria, se è vero che non tutti sono grazie al cielo criminali – come piace pensare ai generalisti – è altrettanto vero che il più fesso è assai più scafato della media nazionale. Siamo abituati a “faticare” per ottenere quello che abbiamo, spesso a lottare per cose che altrove sono scontate. Lo voglio ribadire a chi è avvezzo a spargere saliva per ottenere posizioni al sole ma anche a chi spera di intimorire me e il giornale, forse covando l’intima ma illusoria speranza di zittirci.

Abbandonatele, queste speranze. C’è bisogno di Rec News. Se il sito non fosse esistito, la vicenda Lucano sarebbe rimasta parziale per sempre, suonata dalle campane che all’unisono mimano la melodia del sindaco eroe. Questa hanno propinato tutti, a eccezione di un paio di testate che pure non sono state in grado o non hanno voluto documentare. Se non ci fosse stato RN, non sapremmo ancora nulla su alcuni aspetti inquietanti che aleggiano in Vaticano, o della fine amara di Becky Moses.

Nel paese dell’agenzite compulsiva, dei debunker che le bufale le inventano anziché stanarle, del “cantiamo tutti la stessa messa finché non entra in ogni testa”, c’è bisogno di contro-informazione. Noi ci impegniamo a farla. Piacerà a qualcuno mentre ad altri (chi ci è dentro o chi è accomodato sulle veline istituzionali o sui suggerimenti e finanziamenti delle lobby), spiacerà. Ce ne faremo una ragione, ma senza mai indietreggiare di un millimetro. Un caro saluto ai lettori, specie a quelli affezionati.

Il blog Gayburg è stato parzialmente censurato. Colpa del Codacons? No, il motivo è un altro
Richiesta di rettifica. Riceviamo e pubblichiamo

Direttore e Founder di Rec News, Giornalista. Inizia a scrivere nel 2010 per la versione cartacea dell'attuale Quotidiano del Sud. Presso la testata ottiene l'abilitazione per iscriversi all'Albo nazionale dei giornalisti, che avviene nel 2013. Dal 2015 è giornalista praticante. Ha firmato diverse inchieste per quotidiani, siti e settimanali sulla sanità calabrese, sulle ambiguità dell'Ordine dei giornalisti, sul sistema Riace, sui rapporti tra imprenditoria e Vaticano, sulle malattie professionali e sulle correlazioni tra determinati fattori ambientali e l'incidenza di particolari patologie. Più di recente, sull'affare Coronavirus e su "Milano come Bibbiano". Tra gli intervistati Gunter Pauli, Vittorio Sgarbi, Armando Siri, Gianmarco Centinaio, Michela Marzano, Antonello Caporale, Vito Crimi, Daniela Santanché. Premio Comunical 2014. Autrice de "I padroni di Riace - Storie di un sistema che ha messo in crisi le casse dello Stato". Sito: www.zairabartucca.it

FREE SPEECH

Guerra in Medio Oriente, vandalizzato il murales dedicato alla giornalista Shireen Abu Akleh uccisa a Jenin

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Guerra in Medio Oriente, vandalizzato il murales dedicato alla giornalista Shireen Abu Akleh uccisa a Jenin | Rec News dir. Zaira Bartucca
Comunicato stampa

Vandalizzato il murales dedicato a Shireen Abu Akleh e della libertà di stampa a via di Valco San Paolo, nel cuore di Roma Sud. Nelle scorse ore il volto stilizzato della giornalista palestinese di Al Jazeera, colpita a morte dall’esercito israeliano l’11 maggio 2022 durante uno dei suoi tanti servizi nei campi profughi di Jenin, in Cisgiordania, è stato imbrattato da una macchia di vernice rosso sangue mentre accanto alla figura della donna si legge la scritta “assassini”.

Il murales, opera dell’artista Erica Silvestri, nelle scorse settimane era stato realizzato per celebrare il sacrificio di una reporter che, come tanti inviati di guerra ogni anno, è morta mentre svolgeva la professione di raccontare gli orrori della guerra e, in questo caso, anche cosa succede nei campi profughi palestinesi: a promuovere l’iniziativa, che ha ottenuto il sostegno della Federazione Nazionale della Stampa, è stato l’VIII municipio della Capitale, l’associazione dei Giovani Palestinesi di Roma e “Join The Resistance” in collaborazione con Radio Roma che da sempre segue con particolare attenzione le vicende estere ma anche le dinamiche delle comunità straniere che vivono in città. Proprio per dare visibilità al messaggio, si era scelto di creare il murales in un punto di via di Valco San Paolo particolarmente trafficato e l’opera era diventata ben presto meta di molti cittadini incuriositi.

L’episodio di vandalismo, scoperto nelle scorse ore, viene facilmente messo in relazione con quanto sta accadendo in Medio Oriente e con la guerra di Israele contro i terroristi di Hamas: “I drammi degli ultimi giorni tra Israele e Palestina stanno esacerbando tutto ciò che ruota intorno alla questione israelo-palestinese” – spiega Andrea Candelaresi, giornalista di Radio Roma e promotore del murales: “Questo clima di tensione arriva fin qui, a Roma, dove l’odio non fa altro che creare inutili confusioni. Shireen Abu Akleh non c’entrava nulla con Hamas, né con la scia di morte e distruzione di questi giorni. Vandalizzare quel murales ha significato, per noi, infangare la memoria di un’abile giornalista morta per una nobile causa: raccontare la verità per formare coscienze. Ma è anche la spia, rossa, sul motore della qualità della stampa perché se il popolo è informato male si creano le tifoserie ed essere ultras porta alla radicalizzazione, la quale genera confusione e odio. Confusione e odio che hanno colpito un murales, ma anche una donna morta per il suo lavoro; hanno colpito chi ci portava la realtà dei fatti in casa e questo non possiamo né dobbiamo dimenticarlo”.

Dopo la segnalazione del vandalismo, il murales è stato restaurato la scorsa notte dalla sua autrice, Erica Silvestri, che ha deciso di “rispondere con l’arte all’odio”.

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ARTE & CULTURA

Bandire i forestierismi. “Ricorda il fascismo, lasciare libertà di espressione”

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Idiomi e Cancel culture, Belpoliti: "Ricorda il fascismo, bisogna lasciare libertà di espressione" | Rec News dir. Zaira Bartucca

“Sono rimasto sorpreso dalla scelta di questo tema nell’era del simultaneo”, ha affermato durante il programma radiofonico “Base Luna chiama Terra” su Radio Cusano Campus il professor Marco Belpoliti, autore della traccia selezionata per la prima prova scritta della Maturità 2023, scrittore, italianista e docente di Critica Letteraria e Letterature Comparate all’Università di Bergamo.

“C’è stata la pandemia che ci ha messo in attesa, come nelle telefonate: ‘La preghiamo di attendere’. Tutto ora è ricominciato accelerando, ma l’attesa è ancora lì e resta in attesa”. L’attesa, secondo Belpoliti, è ancora “una questione rilevante nelle nostre vite nonostante la velocità che ci circonda” ha sostenuto durante l’intervista.

Parlando dell’influenza della tecnologia sulla comunicazione, Belpoliti ha poi sottolineato che il senso dominante è diventato quello visivo. “C’è sempre stata più gente che guardava piuttosto che gente che leggeva. Parlare, parlano tutti, c’è il costante desiderio di parlare. Una volta un uomo nel corso della sua vita vedeva un centinaio di immagini. Ora ne vediamo migliaia ogni giorno, anche solo sui social”, ha proseguito Belpoliti.

Riguardo alla trasformazione delle modalità espressive, il professore ha poi evidenziato “il ritorno a un regime del flusso nella scrittura, simile alle scritture pubbliche dell’epoca romana che non conoscevano la punteggiatura. Ora usiamo i puntini sospensivi” ha ribadito. “L’emoticon crea l’elemento espressivo, disegnando le emozioni che non possono essere contenute nella scrittura, che dal canto suo non ha dei modi per dichiarare il tono con cui viene pronunciata una frase. C’è qualcosa di antico e contemporaneo allo stesso tempo. Qualcosa che è in evoluzione. Questa comunicazione non cancella l’altra. Una si sovrappone all’altra. Una predomina, l’altra regredisce” .

E sull’uso dei forestierismi nella lingua italiana, Belpoliti ha concluso l’intervista dicendo “Non sono spaventato dalla presenza di parole inglesi. Cancellare le parole inglesi, ricorda il fascismo. La pulizia linguistica mi ricorda un altro tipo di pulizia meno nobile. Bisogna lasciare anche una libertà all’espressione”.

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FREE SPEECH

La paghetta per i giornalisti che daranno “priorità alle questioni legate al clima”

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La paghetta per i giornalisti che daranno "priorità alle questioni legate al clima" | Rec News dir. Zaira Bartucca

Dopo i colpi inferti dal governo e dalla riforma Nordio alla Libertà di Espressione, un altro mal costume continua a minacciare l’autonomia di giornalisti e comunicatori. C’è chi tenta di silenziare quelli che fanno il loro lavoro a suon di querele temerarie e di campagne diffamatorie e chi, invece, vorrebbe ridurre i più manipolabili a meri burattini che ripetono a pappagallo gli slogan del politicamente corrotto in fatto di Sanità, di migranti, di Europa, di rapporti sociali. E di clima, ovviamente.

Su quest’ultimo terreno – squisitamente agendista – si concentrano ora le ansie del Centro europeo di Giornalismo, che periodicamente eroga delle paghette, sotto forma di premi, ai giornalisti che “si distinguono” in un determinato settore. Abbiamo già scritto dei finanziamenti da 7500 dollari da parte dello stesso ECJ e della fondazione Bill & Melinda Gates destinati a quei comunicatori che influenzano l’opinione pubblica in tema di Sanità.

Questa volta, invece, il premio – da 2000 euro ed erogato sempre dal Centro europeo di Giornalismo – è per coloro i quali daranno “priorità alla segnalazione di questioni legate al clima” in articoli o reportage pubblicati dal 14 al 17 giugno. Cosa significhi dare priorità non è dato saperlo, ma quel che è certo è che a dare man forte alle narrazioni costruite ci sarà anche Google News, il servizio della Big Tech già multata per propaganda e favoritismi, anche in Italia. In che modo e con quali toni, poi, i giornalisti parleranno e scriveranno di siccità, alluvioni e di “emergenze” climatiche (sapendo che ad attenderli ci sarà una ricompensa), c’è solo da immaginarselo.

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Concorsi pubblici, Pallotta (OdG): “Giuridicamente scorretto escludere i pubblicisti”

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Concorsi pubblici, Pallotta (OdG): "Giuridicamente scorretto escludere i pubblicisti" | Rec News dir. Zaira Bartucca

“Riservare ai soli giornalisti professionisti con l’esclusione dei giornalisti pubblicisti la partecipazione al concorso per l’assunzione di personale nel settore della comunicazione bandito dal Gran Sasso Scienze Insitute, è immotivato e giuridicamente non corretto”. E’ quanto afferma il Presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, Stefano Pallotta, che ha inviato una lettera al direttore generale dell’Istituto, Mario Picasso, per chiedere la modifica del bando ai sensi della legge 150 del 2000.

“Si fa notare – si puntualizza nella lettera – che non esiste un albo dei giornalisti professionisti, ma che l’Ordine dei giornalisti comprende due elenchi, professionisti e pubblicisti e che in materia di concorsi nella Pubblica amministrazione, relativamente all’Ufficio stampa e comunicazione, la legge 150 del 2000 non fa alcuna distinzione tra i due elenchi limitandosi a richiedere l’iscrizione all’Ordine dei giornalisti”, conclude il presidente Pallotta.

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