Seguici

ATTUALITA'

Il particolare su Pietro Bruno che Gayburg non poteva conoscere senza un legame diretto

Lo scorso 6 giugno il giornalista Michele Majidi scriveva agli account…

Il particolare su Pietro Bruno che Gayburg non poteva conoscere senza un legame diretto | Rec News, dir. Zaira Bartucca

Lo scorso 6 giugno il giornalista Michele Majidi – che all’epoca si presentava come un giornalista di Q Code e che risulta lavorare per Ruptly – scriveva agli account @Pietro__Bruno e a @Gayburg: “Per favore siate più attenti e non presentate notizie false solo per fare qualche click in più”. “E’ stata una svista, non un’operazione per avere click in più”, rispondeva Pietro Bruno dall’account rimosso subito dopo le nostre domande.

Il particolare su Pietro Bruno che Gayburg non poteva conoscere senza un legame diretto | Rec News dir. Zaira Bartucca

Cosa voleva dire Majidi con quel “non scrivete”? Gliel’ho domandato con un tweet (in alto), ma fino a questo momento non ho ricevuto risposta. Software OSINT che utilizziamo abitualmente ci hanno tuttavia permesso di accertare che il certificato SSL del sito (poi cambiato prima della sua scadenza naturale) fosse associato proprio a tale Pietro Bruno e alla sua utenza telefonica, pubblicata nella sezione “Trasparenza” del Comune di Montalto Uffugo. Chi è? Si tratta di un neo-laureato della provincia di Cosenza, in Calabria, dal CV alquanto scarno. Gayburg sostiene di non conoscerlo e che sia “un lettore”, ma ne riporta particolari personali che nessuno avrebbe potuto conoscere se non entrando in contatto diretto con l’interessato. E’ il caso della sua parentela con un “disabile”. Gayburg è in grado di spiegare come fa ad essere a conoscenza di questo particolare?

Si precisa che nessuno ha accusato di “stupro” qualcuno, dunque l’affermazione – oltre a rappresentare un’ammissione in piena regola sull’identità del vero responsabile di Gayburg (non è l’unica a leggere tra le righe) dovrebbe a mio parere essere attentamente vagliata da chi di competenza. Bisognerebbe infatti capire i motivi che spingono il gestore del sito a fare riferimenti continui a violenze sessuali sui a minori, ultimo caso quello delle figlie di Mario Adinolfi, orrendamente etichettate come “vacche da monta”: una di loro – come scrive lo stesso giornalista su Twitter – ha due anni, l’altra dieci. L’espressione quindi è tanto più disgustosa e preoccupante e dovrebbe allarmare un po’ tutti, non solo chi come noi è finito nella macchina diffamatoria di Gayburg.

Ora di tendenza