Impatto deleterio dopo lo stop imposto dal governo nel corso della fase uno. Non tira buon acqua per i pescatori, che si misurano con la concorrenza sleale, con negoziazioni poco favorevoli che riguardano le acque territoriali e, appunto, con i veti imposti dall’Ue
Il 14 settembre è scattato anche per il Lazio il fermo biologico, che ha imposto lo stop della pesca fino al 13 ottobre. La misura impatta con violenza dopo un altro stop, quello imposto dal governo nel corso della fase uno. Non tira buon acqua per i pescatori, costretti a misurarsi con la concorrenza sleale, con negoziazioni poco favorevoli che riguardano le acque territoriali e, appunto, con i veti imposti dall’Unione europea.
Si favoriscono i prodotti esteri, spesso di qualità inferiore e surgelati, a tutto discapito dei prodotti freschi e locali
Quello del Lazio non è un caso isolato. Come denunciato da Coldiretti, a finire nella rete di Bruxelles sono stati di recente anche Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Marche e Puglia. Ad ottobre sarà la volta di Toscana e Liguria, dopo – con data da destinarsi – di Sardegna e Sicilia. Le ripercussioni, come spiega Ettore Prandini di Coldiretti, sono evidenti, e riguardano i pescatori ma anche i consumatori; più in generale, una parte importante del tessuto economico nazionale. Si favoriscono – è il senso di quanto segnalato – i prodotti che provengono dall’estero, spesso di qualità inferiore e surgelati, a tutto discapito dei prodotti freschi e locali.
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