
La nuova Europa. Ecco come potrebbe trasformarsi U24, l’alleanza per l’Ucraina
A marzo di quest’anno il presidente dell’Ucraina Zelensky, nel silenzio completo dei media mainstream italiani, annunciava la formazione di una coalizione contro la guerra in Ucraina. Si chiama U24 (United 24) e ufficialmente servirebbe a garantire risposte veloci da parte dei Paesi aderenti in caso di attacco. Ma gli scenari possibili di sviluppo sono ben altri
A marzo di quest’anno il presidente dell’Ucraina Zelensky, nel silenzio completo dei media mainstream italiani, annunciava la formazione di una coalizione contro la guerra in Ucraina. Si chiama U24 (United 24) e ufficialmente servirebbe a garantire risposte veloci da parte dei Paesi aderenti in caso di attacco. Fanno parte di questa alleanza i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU (tranne la Russia) più l’Italia, la Germania, il Canada e la Turchia. Ma l’U24, nei fatti, potrebbe rappresentare il piano B per dire addio alle politiche atlantiste.
I piani di ingresso dell’Ucraina nella NATO sono falliti, ma adesso una nuova alleanza tenta di intercettarla. Non è un processo facile: i Paesi che solo tre mesi fa avevano annunciato di voler aderire, già si sfilano sotto il peso di nuovi tiranti come il CSTO rafforzato e il nuovo possibile gruppo di grandi otto. L’idea è tuttavia ambiziosa e interessante anche per il blocco russo, dato che nei fatti renderebbe possibile l‘allargamento del corridoio tra NATO e Russia e potrebbe permettere di creare – nel medio o lungo termine – un assetto neutrale per l’Ucraina.
L’U24, d’altro canto, potrebbe anche rappresentare la scialuppa di salvataggio per un’Europa ormai allo sfacelo. Così come l’Ue è nata a partire dalla CECA, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, una nuova Europa prenderebbe forma a partire da questa “Union for Peace“. L’Ue sembra avere i mesi contati, e i programmi di indebitamento degli Stati come il PNRR non fanno che avvicinare un default che oltre che economico è anche politico.
Il paneuropeista Kalergi lo ha scritto chiaramente: l’Europa finirà con l’uscita della Gran Bretagna, e difatti il processo di smantellamento ha iniziato a velocizzarsi a partire dalla Brexit, nonostante gli analisti ci tengano a far passare l’idea di un’Europa forte. Ma più che rafforzata, è raffazzonata. L’ennesimo colpo di grazia è stato rappresentato dal crollo voluto generato dal covid e dalle chiusure. Il mercato globale ne è uscito indebolito a livelli mai visti prima.
Si fanno salire i prezzi delle materie prime ma diminuiscono le possibilità occupazionali e il potere d’acquisto dell’euro. Perfino i salari, dopo i recenti interventi, vengono corretti al ribasso, perché il “salario minimo” è meno di quello che si prenderebbe in condizioni di lavoro normali.
In Italia le ripercussioni sono sotto gli occhi di tutti: famiglie abbandonate dal governo e strumenti deleteri di indebitamento come il PNRR fatti passare per la manna dal cielo. In qualche misura è vero, visto che le aziende di sistema e i soliti speculatori ci si dedicano con entusiasmo crescente. Sono cifre stellari che faranno la ricchezza di pochi, e che in un futuro prossimo graveranno sulla spesa pubblica e su italiani sempre più indebitati e impossibilitati a pagare tasse anche minime. Figurarsi cosa succederà un domani.
La produttività italiana non tornerà grazie al PNRR. In un futuro prossimo la pressione fiscale avrà raggiunto livelli stellari. La crisi è generatrice di caos e spesso, come in Ucraina, anche di guerra. Il discorso è complesso, visto che nella questione del mio Paese c’entrano anche i biolaboratori e le pressioni della NATO, come abbiamo scritto tante volte. Ma ai russi interessava solo questo? L’Ucraina, l’ho già detto, è ricchissima di risorse: da sola detiene il 30% mondiale di litio, essenziale per le macchine elettriche. C’è poi la partita alimentare, perché l’Ucraina è sempre stata minacciata dagli interessi predatori di un’America che vuole il suo grano e le sue distese coltivate a verdure e ortaggi. Un miraggio per gli USA, che già hanno al loro interno i cosiddetti “deserti alimentari”, vaste aree di decine di chilometri dove è impossibile trovare cibo fresco.
L’Ucraina, poi, è una minaccia per l’economia statunitense, visto che il Canada esporta il suo grano geneticamente modificato in tutta Europa. Semplificando, l’idea sembrerebbe quella di continuare a piazzare nell’Ue il grano OGM, e di tenere per sé senza alcuno sforzo – con la scusa della guerra – il grano migliore e naturale.
La guerra, insomma, è servita anche a questo, e tutti i capi sono stati d’accordo e compiacenti. All’inizio del conflitto Zelensky ha chiesto le sanzioni per la Russia, che poi hanno permesso di far pagare il gas europeo in rubli. La moneta russa, al contrario delle previsioni che la volevano in declino, ne è uscita addirittura rafforzata. La Federazione, inoltre, cercava da tempo un ponte per creare nuove alleanze commerciali e per rafforzare quelle in bilico. Ha tirato a sé con forza India e Cina, con la quale ha inaugurato anche nuove vie di trasporto su gomma. Continua a disegnare rapporti di cooperazione con diversi Paesi, mentre l’Europa è sempre più isolata e debole.
Anche l’Ucraina, con un prezzo altissimo in termini di vite umane, ha avuto il suo guadagno con i miliardi che sono piovuti e con l’ingresso nei programmi Horizon Europe ed Euratom degli scorsi giorni. Il progetto U24 sarà in grado di sopravvivere in uno scenario così mutato o è proprio quello che si voleva ottenere? Difficile dirlo, ma nelle intenzioni di chi lo promuove potrebbe rappresentare il terzo polo economico e geo-politico oltre alla vecchia Europa atlatista e oltre all’Unione russo-asiatica. E qui il fallimento del globalismo e dei piani legati al “nuovo ordine mondiale” sarebbe completo.
Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it
ECONOMIA
Istat: le famiglie italiane hanno sempre meno potere d’acquisto

Crolla, nel quarto trimestre del 2022, il potere d’acquisto delle famiglie italiane. Lo sottolinea l’Istat, secondo cui la crescita del reddito disponibile, accompagnata da un aumento dei prezzi al consumo particolarmente forte, ha comportato una significativa diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie, pari a -3,7%. fsc/gtr
DOC
Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane

Forte calo della spesa delle famiglie. Lo registra Istat nella nota sull’andamento dell’economia italiana di febbraio appena pubblicata. “Lo scenario internazionale – rileva l’Istituto Nazionale di Statistica – resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. Si inizia a profilare un percorso di rientro dell’inflazione più lungo di quanto inizialmente previsto. Il Pil italiano, nel quarto trimestre 2022, ha segnato una lieve variazione congiunturale negativa a sintesi del contributo positivo della domanda estera netta e di quello negativo della domanda interna al netto delle scorte”. In basso il report integrale
ECONOMIA
BTP Italia, il bilancio del MEF

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha comunicato i dettagli relativi alla Seconda Fase della diciannovesima emissione del BTP Italia, il titolo indicizzato all’inflazione italiana (Indice FOI, senza tabacchi – Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, al netto dei tabacchi) con scadenza a 5 anni. La Seconda Fase, dedicata agli investitori istituzionali, che si è svolta il 9 marzo nell’arco di 2 ore, ha registrato 178 contratti per un controvalore complessivo domandato interamente accolto, pari a 1.353,653 milioni di euro. Questo dato, insieme a quello della Prima Fase di collocamento che ha visto un ammontare di 8.563,209 milioni di euro acquistati da piccoli risparmiatori, ha determinato una raccolta complessiva finale di quasi 10 miliardi di euro.
Sempre con riferimento alla Seconda Fase di collocamento, le informazioni raccolte dai Dealer eCo-Dealer permettono di ottenere delle statistiche quasi totalmente rappresentative dell’ammontare complessivamente allocato. In particolare, il 43 per cento dell’ammontare emesso nella Seconda Fase è stato collocato presso le banche mentre il 33,9 per cento presso asset manager. Gli investitori con un orizzonte di investimento di lungo periodo hanno acquistato il 23,1 per cento dell’emissione (in particolare il 5,6 per cento è andato ad assicurazioni, mentre il 17,5 per cento è stato allocato a istituzioni governative).
Il collocamento del titolo nella Seconda Fase ha visto una predominante presenza di investitori domestici, che ne hanno sottoscritto l’84,7 per cento. Il restante 15,3 per cento dell’emissione è stato sottoscritto da investitori europei, in particolare residenti in Svizzera (5,7 per cento), in Francia (4,7 per cento), in Germania (2,7 per cento), nel Regno Unito (1,3 per cento) e presso altri paesi europei (0,9 per cento).
ECONOMIA
Le alternative al Superbonus 110%

Il superbonus 110% è una misura introdotta dal governo precedente per tentare di incentivare la riqualificazione energetica degli edifici. Questa misura fiscale, come è noto, consente di detrarre dall’Irpef il 110% delle spese sostenute per la riqualificazione energetica degli immobili. Tuttavia, la sua introduzione ha avuto delle ricadute che hanno riguardato la cessione dei crediti, senza contare che diversi soggetti ne hanno approfittato per ottenerne vantaggi impropri. Esistono comunque alcune alternative al superbonus 110 che possono essere considerate.
- Bonus Ristrutturazioni. Il Bonus Ristrutturazioni è una misura che consente di detrarre dal pagamento delle tasse una percentuale delle spese sostenute per la ristrutturazione degli edifici. Questo bonus consente di detrarre dal pagamento delle tasse fino al 50% delle spese sostenute per la ristrutturazione.
- Ecobonus. L’Ecobonus è una misura che consente di detrarre dal pagamento delle tasse una percentuale delle spese sostenute per la riqualificazione energetica degli edifici. Questo bonus consente di detrarre dal pagamento delle tasse dal 50% all’85% delle spese sostenute per la riqualificazione energetica.
- Sisma Bonus. Il Sisma Bonus è una misura che consente di detrarre dal pagamento delle tasse una percentuale delle spese sostenute per la messa in sicurezza degli edifici, ma solo in zone sismiche. Questo bonus consente di detrarre dal pagamento delle tasse fino al 80% delle spese sostenute per la messa in sicurezza.
- Superbonus 90. Il Superbonus 90 è una misura che consente di detrarre dal pagamento delle tasse una percentuale delle spese sostenute per la riqualificazione energetica degli edifici. Questo bonus consente di detrarre dal pagamento delle tasse il 90% delle spese sostenute per la riqualificazione energetica.
- Credito d’imposta. Il Credito d’imposta è una misura che consente di ottenere un credito d’imposta da utilizzare in compensazione fiscale. Questo credito d’imposta può essere ottenuto per le spese sostenute per la riqualificazione energetica degli edifici, e consente di ottenere una percentuale delle spese sostenute.