Il mainstream ci ha abituato a tutto, anche a negazioni frequenti dell’evidenza. Non c’è da stupirsi, allora, che per tg e i giornali il dibattito tra Donald Trump e Joe Biden sia diventato un occasione per il primo per dare sfoggio della propria “aggressività”. Ma è stato davvero così?
Il mainstream ci ha abituato a tutto, anche a negazioni frequenti dell’evidenza. Non c’è da stupirsi, allora, che per tg e giornali il dibattito tra Donald Trump e Joe Biden sia diventato un’occasione per il primo per dare sfoggio della propria “aggressività”. Ma è stato davvero così? L’impressione è che il presidente in carica abbia reagito alle provocazioni dell’avversario “democratico”, più che altro ricorrendo ad interruzioni piuttosto frequenti.
E Biden? Ha chiamato Trump “clown” e “bugiardo”, gli ha intimato di stare “zitto” (in un dibattito che serve proprio a confrontarsi) e ha fatto ricorso frequente a insinuazioni sulla mancanza di un programma, sugli “scoop” ad orologeria delle testate vicine ai dem e, ovviamente, su tutto l’armamentario tipico della loro retorica, sempre propensa a vedere razzisti e omofobi ovunque. Altro aspetto, le telecamere sempre puntate su un Biden concentrato solo sui telespettatori, in palese disprezzo del proprio interlocutore. Più bonario e tollerante l’atteggiamento di Trump, che si è rivolto a Biden chiamandolo per nome e guardandolo negli occhi. Abitudine che in genere ai (veri) bugiardi non piace. Meglio concentrarsi sulle innocue telecamere o sul moderatore – Wallace – complice. L’unico ad aver messo tutti d’accordo, trasversalmente considerato “il peggiore di sempre”.
Di certo, Biden ha dato prova di scarsezza di argomentazioni, mostrando nervosismo nel momento in cui si sono affrontati temi spinosi come l’Ucraina Gate che ha travolto il figlio Robert Hunter. Al mainstream, ovviamente, non interessa né questo né la vicenda dei presunti brogli elettorali. Figurarsi l’occupazione messa in pericolo dalle chiusure, l’aggressività e gli atti di vandalismo dei BLM. L’aggressività che interessa è un’altra: quella immaginata.
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