
Uno non vale più uno e sull’abolizione dell’Ordine decide…l’Odg
La cancellazione può avvenire solo con l’azione del ministero della Giustizia (l’unico che ha potere di scioglimento del Cnog) e per legge. E già ce n’è una pronta. Ma invece di pensare al pratico, si pensa agli Stati-farsa
Il 25 ottobre dello scorso anno i giornali mainstream annunciavano (preoccupati) che l’abolizione dell’Ordine dei giornalisti era “sul tavolo di governo”. Delle due l’una: o il mainstream ha per l’ennesima volta toppato, o le promesse politiche sono andate (ancora una volta) in frantumi. Messa in conto la sana auto-critica verso la categoria, sarebbe il caso di dare più credito alla seconda ipotesi.
Bisogna infatti ammettere che la linea oramai morbida del sottosegretario con delega all’Editoria e all’Informazione Vito Crimi (il sottosegretario che decide della categoria intellettuale per eccellenza pur non risultando laureato) è fatta di curve e vistosi cambi di rotta. Si dice favorevole all’abolizione (lo ha detto anche a noi), ma anziché lavorare di concerto con il collega di governo e di partito Alfonso Bonafede (l’unico che, in veste di ministro di Grazia e Giustizia, ha il potere di scioglimento del Cnog), si intrattiene ai tavoli tecnici conversando amabilmente con gli oggetti della discussione.
E, se prima uno valeva uno, Inpgi, Casagit, Odg e altri interpellati su loro stessi valgono almeno 1+1. Il sottosegretario a seguito dell’articolo di ieri ci ha scritto che “abbiamo esigenza di fare polemica”. E le “polemiche” dei giornalisti in tempo di cani da riporto vestiti da direttoroni, opinionisti, ecc., non piacciono tanto. Ci ha anche detto che “fare giornalismo significa reperire le informazioni che sono state ampiamente diffuse”. Proprio perché siamo giornalisti, non ci interessa più di tanto fare i guardoni sulle bacheche Facebook, né dare credito agli strilli della stampa allineata.
Guardiamo all’evidenza, ai fatti e ai documenti. Da due anni scriviamo di Ordine dei giornalisti. I contributi di un pezzo della nostra redazione sono stati pubblicati da Scenari economici, da Il Populista e da VVox (sopra), e ripresi da un numero crescente di blog e aggregatori. Diversi riguardavano ambiguità interne all’Odg su cui la Procura, che pure è stata messa a conoscenza, continua a restare silente. Il lavoro è stato ripreso dal giurista Antonio Giangrande, uno dei pochi che hanno sollevato il problema della Concorsopoli ed esamopoli italiana.
Se solo si volesse, l’uscita dalle dinamiche attuali sarebbe semplicissima, e potrebbe risiedere nell’estensione della Legge 3/2013 – “Disposizioni in materie di professioni non organizzate” in ordini e collegi, svolte in via prevalente mediante lavoro intellettuale – alla categoria dei giornalisti. Il lavoro degli operatori dell’informazione, sull’esempio di quanto avviene all’estero da decenni, potrebbe benissimo essere trasformato, migliorato e ordinato da una norma che già esiste, senza che un Ordine abbia carattere prevalente e vada a incidere su un lavoro che è già interessato da gravi interferenze che impediscono in molti casi di restituire al lettore un prodotto di informazione che sia degno di questo nome.
In altre parole per giungere all’abolizione dell’Odg (che con questo modus operandi non avverrà mai) non bisognava passare da quella che per il momento sembra una farsa buona per fare incetta di voti, ma dal Parlamento e dal ministero della Giustizia. Ma diamo tempo al tempo per giudicare dai risultati, almeno per quello che esula l’Ordine. Da questo punto di vista, infatti, non può che essere comico e paradossale che Verna e amici siedano a tavoli e inviino proposte in cui si parla di loro stessi. Per il resto, parlare di polemiche piuttosto che del merito delle questioni ci sembra un ottimo modo per sviare dal dibattito reale che, allo stato, è molto scarno.
ARTE & CULTURA
Bandire i forestierismi. “Ricorda il fascismo, lasciare libertà di espressione”

“Sono rimasto sorpreso dalla scelta di questo tema nell’era del simultaneo”, ha affermato durante il programma radiofonico “Base Luna chiama Terra” su Radio Cusano Campus il professor Marco Belpoliti, autore della traccia selezionata per la prima prova scritta della Maturità 2023, scrittore, italianista e docente di Critica Letteraria e Letterature Comparate all’Università di Bergamo.
“C’è stata la pandemia che ci ha messo in attesa, come nelle telefonate: ‘La preghiamo di attendere’. Tutto ora è ricominciato accelerando, ma l’attesa è ancora lì e resta in attesa”. L’attesa, secondo Belpoliti, è ancora “una questione rilevante nelle nostre vite nonostante la velocità che ci circonda” ha sostenuto durante l’intervista.
Parlando dell’influenza della tecnologia sulla comunicazione, Belpoliti ha poi sottolineato che il senso dominante è diventato quello visivo. “C’è sempre stata più gente che guardava piuttosto che gente che leggeva. Parlare, parlano tutti, c’è il costante desiderio di parlare. Una volta un uomo nel corso della sua vita vedeva un centinaio di immagini. Ora ne vediamo migliaia ogni giorno, anche solo sui social”, ha proseguito Belpoliti.
Riguardo alla trasformazione delle modalità espressive, il professore ha poi evidenziato “il ritorno a un regime del flusso nella scrittura, simile alle scritture pubbliche dell’epoca romana che non conoscevano la punteggiatura. Ora usiamo i puntini sospensivi” ha ribadito. “L’emoticon crea l’elemento espressivo, disegnando le emozioni che non possono essere contenute nella scrittura, che dal canto suo non ha dei modi per dichiarare il tono con cui viene pronunciata una frase. C’è qualcosa di antico e contemporaneo allo stesso tempo. Qualcosa che è in evoluzione. Questa comunicazione non cancella l’altra. Una si sovrappone all’altra. Una predomina, l’altra regredisce” .
E sull’uso dei forestierismi nella lingua italiana, Belpoliti ha concluso l’intervista dicendo “Non sono spaventato dalla presenza di parole inglesi. Cancellare le parole inglesi, ricorda il fascismo. La pulizia linguistica mi ricorda un altro tipo di pulizia meno nobile. Bisogna lasciare anche una libertà all’espressione”.
FREE SPEECH
La paghetta per i giornalisti che daranno “priorità alle questioni legate al clima”

Dopo i colpi inferti dal governo e dalla riforma Nordio alla Libertà di Espressione, un altro mal costume continua a minacciare l’autonomia di giornalisti e comunicatori. C’è chi tenta di silenziare quelli che fanno il loro lavoro a suon di querele temerarie e di campagne diffamatorie e chi, invece, vorrebbe ridurre i più manipolabili a meri burattini che ripetono a pappagallo gli slogan del politicamente corrotto in fatto di Sanità, di migranti, di Europa, di rapporti sociali. E di clima, ovviamente.
Su quest’ultimo terreno – squisitamente agendista – si concentrano ora le ansie del Centro europeo di Giornalismo, che periodicamente eroga delle paghette, sotto forma di premi, ai giornalisti che “si distinguono” in un determinato settore. Abbiamo già scritto dei finanziamenti da 7500 dollari da parte dello stesso ECJ e della fondazione Bill & Melinda Gates destinati a quei comunicatori che influenzano l’opinione pubblica in tema di Sanità.
Questa volta, invece, il premio – da 2000 euro ed erogato sempre dal Centro europeo di Giornalismo – è per coloro i quali daranno “priorità alla segnalazione di questioni legate al clima” in articoli o reportage pubblicati dal 14 al 17 giugno. Cosa significhi dare priorità non è dato saperlo, ma quel che è certo è che a dare man forte alle narrazioni costruite ci sarà anche Google News, il servizio della Big Tech già multata per propaganda e favoritismi, anche in Italia. In che modo e con quali toni, poi, i giornalisti parleranno e scriveranno di siccità, alluvioni e di “emergenze” climatiche (sapendo che ad attenderli ci sarà una ricompensa), c’è solo da immaginarselo.
FREE SPEECH
Concorsi pubblici, Pallotta (OdG): “Giuridicamente scorretto escludere i pubblicisti”

“Riservare ai soli giornalisti professionisti con l’esclusione dei giornalisti pubblicisti la partecipazione al concorso per l’assunzione di personale nel settore della comunicazione bandito dal Gran Sasso Scienze Insitute, è immotivato e giuridicamente non corretto”. E’ quanto afferma il Presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, Stefano Pallotta, che ha inviato una lettera al direttore generale dell’Istituto, Mario Picasso, per chiedere la modifica del bando ai sensi della legge 150 del 2000.
“Si fa notare – si puntualizza nella lettera – che non esiste un albo dei giornalisti professionisti, ma che l’Ordine dei giornalisti comprende due elenchi, professionisti e pubblicisti e che in materia di concorsi nella Pubblica amministrazione, relativamente all’Ufficio stampa e comunicazione, la legge 150 del 2000 non fa alcuna distinzione tra i due elenchi limitandosi a richiedere l’iscrizione all’Ordine dei giornalisti”, conclude il presidente Pallotta.
FREE SPEECH
Abuso di spyware, in arrivo la relazione della Commissione d’inchiesta del Parlamento europeo

In arrivo la relazione finale della Commissione d’inchiesta del Parlamento europeo sugli usi e gli abusi che riguardano gli spyware. L’organismo dopo un anno di indagini pubblicherà una serie di raccomandazioni. “Spiare oppositori politici, giornalisti o avvocati è illegale e contro i valori fondamentali dell’UE. Quando le forze di sicurezza utilizzano spyware, deve essere all’interno di confini chiaramente definiti. Gli abusi sono state flagranti violazioni dello stato di diritto”. E’ quanto fanno sapere i popolari.
“La Commissione d’inchiesta ha fatto luce sui casi di uso illegale di spyware contro giudici, avvocati, giornalisti e persino l’opposizione democratica. Questo abuso di spyware costituisce una flagrante violazione dello stato di diritto, dei valori dell’UE e dei principi democratici più elementari di elezioni libere ed eque”, ha dichiarato Juan Ignacio Zoido, portavoce del gruppo PPE nella Commissione d’inchiesta.
“Il Gruppo PPE sottolinea la necessità di sostenere coloro che sono stati presi di mira illegalmente con spyware. Ciò dovrebbe includere l’accesso a un ricorso giurisdizionale effettivo basato su norme definite dalla Corte europea dei diritti dell’uomo”, ha detto l’eurodeputato Vladimír Bilčík, che ha negoziato la relazione finale. “Lo spyware non deve essere usato come arma politica contro le istituzioni democratiche, i politici o i giornalisti”, ha sottolineato ancora Bilčík.
“Le nostre forze di sicurezza hanno bisogno di strumenti tecnologici avanzati per affrontare minacce come il terrorismo, la criminalità organizzata o gli attacchi contro l’ordine costituzionale. Tuttavia, dobbiamo assicurarci che questi strumenti spyware vengano utilizzati nel rispetto dei diritti fondamentali e in conformità con i principi dello stato di diritto”, ha fatto eco – concludendo – Zoido.