
Paradosso caro bollette. Il governo anziché punire le speculazioni, le promuove
Con la scusa della fantomatica “crisi energetica”, il governo tenta di imporre nuovi divieti e di ottenere nuove privazioni. Le aziende “energifore” festeggiano l’aumento vertiginoso dei ricavi ma, paradossalmente, mandano bollette sempre più salate. Si pensa ad aumentare il debito pubblico regalando miliardi, ma nessuno parla di impianti di produzione di energia ecologici, poco costosi e in grado di generare migliaia di posti di lavoro: quelli che producono biogas
Metti un conflitto utile, che faccia passare l’idea – sotto l’ombrello dell’Agenda 2030 – che i rincari siano colpa di un presidente estero e che i sacrifici siano “necessari” e anzi inevitabili. Aggiungi miliardi che piovono a iosa sulle aziende in corsa per la transizione energetica e otterrai l’istantanea precisa dell’Italia in questo momento: un Paese dove ai cittadini non si vogliono garantire neppure i beni di prima necessità che servono al sostentamento dell’essere umano e alla sua sopravvivenza (acqua, gas, energia elettrica), e dove si costringono le aziende “energivore” a chiudere bottega perché hanno la colpa di “consumare troppo”.
Una narrazione, c’è da dire, tutta italiana, perché all’estero i governi non stanno utilizzando le guerre come una scusa per educare i cittadini alla povertà, al non avere a conti fatti nulla e a esserne pure soddisfatti. Vogliono che in Italia si impari – zitti e anzi contenti – a fare a meno di tutto. Ieri era in nome del covid, oggi del clima e dell’ambiente, domani chissà. Ma se guardiamo al pratico e mettiamo da parte la narrazione dei tg, scopriamo che il gas tradizionale non manca affatto (sono solo cambiate le rotte commerciali) e, soprattutto, le aziende “energifore” con la scusa della “crisi” stanno facendo affari d’oro. Enel nel primo semestre del 2022 ha aumentato i ricavi di oltre l’80%, Eni ha più che quintuplicato gli utili. Ma allora cosa sono questi nuovi costi in bolletta che vengono addossati a famiglie e a imprese? Mica qualcuno starà di nuovo speculando su crisi artefatte, mentre l’Antitrust dorme sonni tranquilli?
Bisogna salvare il Paese dalla “crisi energetica” – quella reale, risolvibile accendendo il cervello e non facendo ulteriore debito pubblico – e anche da chi ci specula sopra. Basta caricare tutto sul groppone delle famiglie e delle imprese. Se si sta rischiando di passare un inverno più freddo del solito, non è colpa di Putin o di Zelensky, della Russia, dell’Ucraina, degli Usa o di Taiwan, ma – a limite – della mancanza di programmazione di questo governo e dell’incompetenza di molti politici.
E visto che a conti fatti non è cambiato quasi nulla a livello di approvvigionamento (perché la situazione non è come viene raccontata) se un’azienda ti fa pagare il triplo o il quadruplo di bolletta di luce e gas senza motivo, devi partecipare a una class action in cui chiedi di essere rimborsato o risarcito, non pagare e stare zitto nella convinzione che le tue tasse aumentate siano il riflesso di situazioni internazionali. Perché non è affatto così. E perché, poi, si dovrebbero regalare miliardi alle aziende per fare in modo che le speculazioni continuino, abbiano motivo di esistere e i cittadini si trovino sempre di fronte a costi insostenibili?
Se esiste un partito che non ha ancora interessi e azioni con le aziende energetiche, faccia il suo dovere e supporti i cittadini. Non servono altri 30 miliardi di debito pubblico, il progetto per aiutare l’Italia nel lungo periodo c’è già. Paesi europei come la Germania, la Francia e la Spagna utilizzano impianti con poco impatto ambientale per produrre gas biologico (biogas). Trasformano l’umido e gli scarti in energia a tariffa verde, che poi viene portata in migliaia di case e di aziende. La Germania ha più di 10mila fabbriche di questo tipo, in Italia aziende come la Tim o Sofidel e perfino o ospedali come il Niguarda e il San Raffaele hanno i loro impianti a biomassa che permettono loro grandi risparmi. Perché non estendere questo modello anziché piangere e cercare scuse per imporre ai cittadini nuove privazioni?
Il biogas si estrae dai rifiuti umidi, dalle erbacce, dagli scarti grassi e dai reflui animali, dai fanghi di depurazione (non solo dal mais, come dice, mentendo, qualcuno). Un solo impianto può alimentare anche 3000 abitazioni, può essere dotato di filtri che non fanno percepire cattivi odori dovuti al trattamento di liquami e può utilizzare i residui finali come concimi. Il costo per singolo impianto è di circa 20-30 milioni di euro. Quanti se ne farebbero con 30 miliardi? Quanto si risolverebbe, invece di creare ulteriore debito pubblico? Lo Stato guadagnerebbe autonomia energetica, creerebbe nuovi posti di lavoro e potrebbe contare su gas ed energia verde, come chiede l’Europa e anche un’Agenda applicata per favorire il depopolamento anziché un miglioramento ambientale e umano. Più impianti costruisci, meno dipendi dagli altri Paesi.
Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it
ECONOMIA
Istat: le famiglie italiane hanno sempre meno potere d’acquisto

Crolla, nel quarto trimestre del 2022, il potere d’acquisto delle famiglie italiane. Lo sottolinea l’Istat, secondo cui la crescita del reddito disponibile, accompagnata da un aumento dei prezzi al consumo particolarmente forte, ha comportato una significativa diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie, pari a -3,7%. fsc/gtr
DOC
Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane

Forte calo della spesa delle famiglie. Lo registra Istat nella nota sull’andamento dell’economia italiana di febbraio appena pubblicata. “Lo scenario internazionale – rileva l’Istituto Nazionale di Statistica – resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. Si inizia a profilare un percorso di rientro dell’inflazione più lungo di quanto inizialmente previsto. Il Pil italiano, nel quarto trimestre 2022, ha segnato una lieve variazione congiunturale negativa a sintesi del contributo positivo della domanda estera netta e di quello negativo della domanda interna al netto delle scorte”. In basso il report integrale
ECONOMIA
BTP Italia, il bilancio del MEF

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha comunicato i dettagli relativi alla Seconda Fase della diciannovesima emissione del BTP Italia, il titolo indicizzato all’inflazione italiana (Indice FOI, senza tabacchi – Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, al netto dei tabacchi) con scadenza a 5 anni. La Seconda Fase, dedicata agli investitori istituzionali, che si è svolta il 9 marzo nell’arco di 2 ore, ha registrato 178 contratti per un controvalore complessivo domandato interamente accolto, pari a 1.353,653 milioni di euro. Questo dato, insieme a quello della Prima Fase di collocamento che ha visto un ammontare di 8.563,209 milioni di euro acquistati da piccoli risparmiatori, ha determinato una raccolta complessiva finale di quasi 10 miliardi di euro.
Sempre con riferimento alla Seconda Fase di collocamento, le informazioni raccolte dai Dealer eCo-Dealer permettono di ottenere delle statistiche quasi totalmente rappresentative dell’ammontare complessivamente allocato. In particolare, il 43 per cento dell’ammontare emesso nella Seconda Fase è stato collocato presso le banche mentre il 33,9 per cento presso asset manager. Gli investitori con un orizzonte di investimento di lungo periodo hanno acquistato il 23,1 per cento dell’emissione (in particolare il 5,6 per cento è andato ad assicurazioni, mentre il 17,5 per cento è stato allocato a istituzioni governative).
Il collocamento del titolo nella Seconda Fase ha visto una predominante presenza di investitori domestici, che ne hanno sottoscritto l’84,7 per cento. Il restante 15,3 per cento dell’emissione è stato sottoscritto da investitori europei, in particolare residenti in Svizzera (5,7 per cento), in Francia (4,7 per cento), in Germania (2,7 per cento), nel Regno Unito (1,3 per cento) e presso altri paesi europei (0,9 per cento).
ECONOMIA
Le alternative al Superbonus 110%

Il superbonus 110% è una misura introdotta dal governo precedente per tentare di incentivare la riqualificazione energetica degli edifici. Questa misura fiscale, come è noto, consente di detrarre dall’Irpef il 110% delle spese sostenute per la riqualificazione energetica degli immobili. Tuttavia, la sua introduzione ha avuto delle ricadute che hanno riguardato la cessione dei crediti, senza contare che diversi soggetti ne hanno approfittato per ottenerne vantaggi impropri. Esistono comunque alcune alternative al superbonus 110 che possono essere considerate.
- Bonus Ristrutturazioni. Il Bonus Ristrutturazioni è una misura che consente di detrarre dal pagamento delle tasse una percentuale delle spese sostenute per la ristrutturazione degli edifici. Questo bonus consente di detrarre dal pagamento delle tasse fino al 50% delle spese sostenute per la ristrutturazione.
- Ecobonus. L’Ecobonus è una misura che consente di detrarre dal pagamento delle tasse una percentuale delle spese sostenute per la riqualificazione energetica degli edifici. Questo bonus consente di detrarre dal pagamento delle tasse dal 50% all’85% delle spese sostenute per la riqualificazione energetica.
- Sisma Bonus. Il Sisma Bonus è una misura che consente di detrarre dal pagamento delle tasse una percentuale delle spese sostenute per la messa in sicurezza degli edifici, ma solo in zone sismiche. Questo bonus consente di detrarre dal pagamento delle tasse fino al 80% delle spese sostenute per la messa in sicurezza.
- Superbonus 90. Il Superbonus 90 è una misura che consente di detrarre dal pagamento delle tasse una percentuale delle spese sostenute per la riqualificazione energetica degli edifici. Questo bonus consente di detrarre dal pagamento delle tasse il 90% delle spese sostenute per la riqualificazione energetica.
- Credito d’imposta. Il Credito d’imposta è una misura che consente di ottenere un credito d’imposta da utilizzare in compensazione fiscale. Questo credito d’imposta può essere ottenuto per le spese sostenute per la riqualificazione energetica degli edifici, e consente di ottenere una percentuale delle spese sostenute.