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A mettere un freno all’ordinanza impopolare sul certificato verde obbligatorio negli uffici pubblici della Sicilia ci ha già pensato il Garante per la Privacy, che ha intimato la sospensione della misura. Adesso, però, arriva pure la strigliata dei Mille Avvocati per la Costituzione, i legali riuniti in un’associazione che si sono mobilitati con due diverse diffide. Sono giorni infuocati per Musumeci: anzitutto per lo sdegno generale che ha provocato la sua ordinanza, tra i siciliani e non solo. C’è, per esempio, chi lo colloca in un Olimpo ideale di governatori “totalitari”. Da Toti a Zaia per finire al “democratico” De Luca, le uscite sull’obbligo vaccinale e sulla caccia agli over 50 sono ormai trasversalmente mal tollerate. Difficile pensare a una (autolesionistica) mossa elettorale: il “niet” alla visione di una Sicilia chiusa e ripiegata su se stessa di Musumeci arriva dagli stessi alleati che – prevedibilmente – hanno parlato di misure “pericolose”. In un momento in cui i contagi sono praticamente nulli e le possibilità di curarsi dal covid sono ammesse dalla stessa AIFA, le derive autoritarie non piacciano più neppure ai sostenitori della prima ora del Green Pass, come Lega e Fratelli d’Italia.

“Ignorato il Garante per la Privacy”

Ma, al di là della politica, c’è anche il parere legale. E anche lì la bocciatura è sonora, tanto più che Musumeci starebbe facendo orecchie da mercante di fronte all’ennesimo avvertimento del Garante per la Privacy. “Nonostante la dichiarata sospensione dell’esecuzione dell’ordinanza, in queste ore molti uffici pubblici o aperti al pubblico, in attuazione dell’ordinanza regionale 84/2021, stanno impedendo l’accesso a coloro che non sono in possesso del green pass”, avvertono Angelo Di Lorenzo, presidente recentemente nominato di Mille Avvocati, e Federica Fantuzzo, componente del Consiglio Direttivo.“Il Presidente – continuano i due legali – mentre lascia intendere pubblicamente di aver cautelativamente sospeso l’esecuzione della propria ordinanza, non ha impartito alcuna direttiva consequenziale, confidando sul fatto che gli Uffici ignorino l’invito del Garante a sospendere immediatamente l’esecuzione dell’ordinanza”.

Musumeci si starebbe rifiutando di dare contro-disposizioni per annullare l’ordinanza

Si sarebbe affidato al campo della speranza anziché a quello delle comunicazioni ufficiali Musumeci, che ad oggi non avrebbe dato contro-disposizioni per fare in modo che l’ingresso negli uffici pubblici tornasse a essere libero. Di più: nello stilare la controversa ordinanza numero 84, avrebbe ignorato tutti i passati avvertimenti del Garante per la Privacy, come spiegato dai rappresentanti di Mille Avvocati. “E’ bene ricordare – scrivono i legali – che in seguito all’ordinanza n. 75 del 7 luglio 2021 del Presidente della Regione Siciliana, finalizzata ad una ricognizione numerica dei lavoratori non vaccinati, il Garante per la protezione dei dati personali aveva avvertito il Governatore e tutti i soggetti coinvolti come aziende sanitarie provinciali, datori di lavoro, medici, che i trattamenti di dati personali effettuati nei modi prescritti dall’ordinanza regionale erano tali da violare le disposizioni del Regolamento europeo e del Codice della privacy”. L’ordinanza n. 84 del 13 agosto 2021, invece, “incurante del formale avvertimento del Garante, prevede ancora una volta trattamenti generalizzati di dati relativi allo stato vaccinale, anche da parte del medico competente e dell’eventuale medico supplente, con modalità non conformi alla disciplina in materia di protezione dei dati e finalizzati – con forme di coercizione e di illegittima discriminazione – a vaccinazioni indesiderate da una parte della popolazione”. In soldoni, a trattare i dati sensibili dei cittadini sarebbero, su disposizione del governatore siciliano, figure che non hanno alcuna autorizzazione a farlo (con tutte le conseguenze del caso), senza contare i metodi coercitivi e altamente discriminatori di cui Musumeci si starebbe facendo promotore.

“Contrasto con le direttive europee e con la normativa nazionale”

“La delicatezza delle informazioni trattate e le evidenti discriminazioni – rilevano inoltre i giuristi – sono in contrasto con le direttive europee e con la normativa nazionale non soltanto con riguardo alle informazioni relative alla salute, ma anche con riguardo alle scelte individuali di salute e di vita privata”. Oltre alla forma e alla sostanza, inoltre, a essere sbagliati sarebbero i tempi. Musumeci ha infatti messo mano alla contestata ordinanza nel momento meno opportuno. Quando, cioè, manca poco più di un mese a quella che è considerata la fine dei giochi. “Il 30 settembre 2021 – ricordano Di Lorenzo e Fantuzzo – si dovrebbe chiudere la campagna vaccinale di massa, secondo le dichiarazioni rese a mezzo stampa dal Direttore generale dell’Aifa Nicola Magrini, perché sarà certamente raggiunto l’obiettivo di vaccinazione prestabilito”. Un dato incoraggiante, a cui il governatore ha inaspettatamente risposto con ulteriori e ingiustificate imposizioni.

Il rischio di incorrere in azioni di natura civile, amministrativa, disciplinare e penale

Tanto promesso, dai Mille Avvocati è giunta formale “diffida” – indirizzata all’Agenzia delle Entrate, a Poste Italiane, all’Inps, ai Comuni, ai liberi consorzi comunali e alle Asp – a “sospendere/astenersi in relazione a qualsivoglia forma di attuazione all’ordinanza n. 84 del 13 agosto 2021 del Presidente della Regione Siciliana, con espresso avvertimento che, sia in difetto, sia in caso di ritardo, circa la intimata sospensione/astensione, saranno intraprese azioni di responsabilità, anche individuali, di natura civile, amministrativa, disciplinare e penale”.

Diffida anche all’Ordine degli Avvocati di Marsala

Una seconda diffida è stata poi inviata al presidente dell’Ordine degli Avvocati di Marsala e agli avvocati iscritti, colpevole di aver “promosso e condiviso” quanto specificato nell’ordinanza numero 84, peraltro “arricchendo il contenuto dell’art.5 di cui all’ordinanza in questione con l’estensione agli avvocati sprovvisti del green pass del divieto di accesso “agli uffici giudiziari”. Questo, scrivono i Mille Avvocati, “non solo avalla un provvedimento abnorme, discriminatorio, illegittimo e lesivo delle libertà personali, ma arriva addirittura a porre limiti e condizioni inaccettabili all’esercizio della professione forense e del diritto di difesa costituzionalmente garantito dall’art.24 che lo riconosce come inviolabile. In tale contesto, non solo si manifesta stupore per l’incomprensibile posizione assunta dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Marsala, ma si prendono formalmente le distanze da essa, non essendo in alcun modo vincolante – men che meno autorevole – per i Colleghi italiani, compresi i Colleghi iscritti all’Ordine di Marsala, che si trovassero nella condizione di esercitare la professione presso gli uffici giudiziari della Sicilia. Nessuno è tenuto ad osservare, se non per libera scelta, una comunicazione eccentrica che tradisce la professione forense, i singoli avvocati, la funzione difensiva, il diritto dei cittadini oltre che le fonti del diritto. Inoltre non si può sottacere il pessimo esempio di autonomia e indipendenza giuridica dimostrato da C.O.A. di Marsala nella frettolosa accettazione acritica di un provvedimento regionale non solo particolarmente odioso e aberrante ma immediatamente cassato dal Garante della Privacy di cui è stata sospesa l’applicazione posto che “le misure di sanità pubblica che implichino il trattamento di dati personali ricadono nelle materie assoggettate alla riserva di legge statale e pertanto non possono essere introdotte con un’ordinanza regionale ma solo attraverso una disposizione di rango primario, previo parere del Garante”. Alla luce di quanto sopra, Mille Avvocati per la Costituzione, in rappresentanza di una classe forense italiana libera e democratica, rivolge appello sia al Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Marsala affinché revochi immediatamente la comunicazione del 14 agosto 2021 sia a ciascun Collega iscritto a tale Ordine affinché non riconosca, impugni e contesti tale comunicazione che reca disdoro all’intera categoria”, concludono gli interessati.

ATTUALITA'

Miele adulterato, “bloccare le frodi, più controlli sulle importazioni”

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Miele adulterato, "bloccare le frodi, più controlli sulle importazioni" | Rec News dir. Zaira Bartucca

“L’apicoltura è un’attività fondamentale non solo per il ruolo che riveste nel mercato agroalimentare europeo, ma soprattutto per la funzione vitale che esercita a difesa della biodiversità. Per questo, è necessario potenziare i controlli sulle importazioni e aggiornare subito l’elenco dei metodi di laboratorio per individuare e bloccare le frodi”. È quanto dichiara l’europarlamentare Francesca Peppucci a seguito della sottoscrizione dell’atto con cui il Parlamento europeo interroga la Commissione sulle azioni da intraprendere contro il miele adulterato.

“I più recenti risultati dell’azione coordinata dell’UE mostrano, infatti, che il 46% dei campioni di miele importati sembra essere adulterato e non conforme alle disposizioni della direttiva sul miele 2001/110/CE e che tale adulterazione sembra avvenire attraverso l’aggiunta di sciroppi di zucchero, additivi e coloranti, con l’obiettivo di ridurre il prezzo e di mascherare la vera origine geografica del nettare, falsificando le informazioni sulla tracciabilità”, dice ancora l’interessata.

“Una pratica di concorrenza sleale che mette a rischio il settore apistico europeo, italiano e umbro, compromettendo il lavoro prezioso di tanti apicoltori. Sono convinta che il nome dell’Italia o di qualsiasi altro Stato membro, debba essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale, specificando in etichetta ‘miscela di mieli originari della Ue’ nel caso in cui il prodotto provenga da più Paesi dell’Unione”, conclude Peppucci.

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PRIMO PIANO

Covid, iniziati gli interrogatori a Speranza e a Conte

Sono accusati di omicidio colposo plurimo e di epidemia colposa

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Covid, iniziati gli interrogatori a Speranza e a Conte | Rec News dir. Zaira Bartucca

Sono iniziati gli interrogatori di Giuseppe Conte e di Roberto Speranza, indagati per epidemia colposa e per omicidio colposo plurimo nell’inchiesta sulla gestione del Covid in Valseriana. Il leader del M5S con il suo avvocato e l ‘ex ministro Speranza sono entrati nel Tribunale dei ministri di Brescia da un ingresso secondario a bordo di auto con i vetri oscurati, come riporta il Giornale di Brescia. Conte è indagato per non aver istituito la zona rossa per isolare i comuni di Nembro e di Alzano Lombardo, Speranza per la mancata attuazione del piano pandemico. Le accuse sono epidemia colposa ed omicidio colposo plurimo. 

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OPINIONI

Non convince il presidenzialismo, né il premierato

“In una democrazia l’importante non è la governabilità, ma la rappresentanza” – di Vincenzo Musacchio

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Né presidenzialismo, né premierato. In una democrazia l'importante non è la governabilità ma la rappresentanza | Rec News dir. Zaira Bartucca

L’Italia è una Repubblica parlamentare con una forma di governo dove gli elettori votano i rappresentanti del Parlamento, i quali poi nomineranno il Presidente della Repubblica. Quest’ultimo nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri, che presiede il Governo. Nella Repubblica presidenziale gli elettori (cioè il Popolo) eleggono direttamente il Presidente della Repubblica, il quale diventa sia Capo dello Stato, che del Governo. Un tipico esempio di questa forma di governo è in vigore negli Stati Uniti. Il Premierato è una “pseudo-forma di governo” non ben definita basata sulla legittimazione popolare del Capo di Governo (Premier).

Quale che sia il metodo di designazione di quest’ultimo e la qualificazione costituzionale del ruolo, ciò che determina la natura della sua leadership (e degli assetti di regime politico che ne conseguono) è il tipo di rapporti di potere che lo legano al Governo, da una parte, e al Parlamento, dall’altra: per cui si parla di premierato “forte” o “debole”, a seconda del modo e del grado di autonomia e di supremazia nel rapporto Governo-Parlamento. In Italia una forma di premierato forte l’abbiamo vissuta già più volte.

Quale delle tre forme di governo, presidenziale, parlamentare o premierato, sia più idonea ad avvicinare l’Italia ai Paesi in cui la democrazia funziona da secoli? La mia scelta cade sulla forma parlamentare. È l’opzione più democratica e più italiana anche se non ha espresso mai a pieno le sue potenzialità per le degenerazioni dei partiti che da centro di interessi pluralistici sono divenuti poi partitocratici originando una precaria governabilità e crisi politiche frequenti.

Una democrazia rappresentativa, per funzionare, potrebbe anche essere bipartitica. Del tema, del resto, ne discussero anche i nostri Padri Costituenti con l’obiettivo di semplificare il quadro politico frammentario. Mi appello a tal proposito a Piero Calamandrei che in sede Costituente così disse: «Come si fa a far funzionare una democrazia che non possa contare sul sistema dei due partiti, ma che deve funzionare sfruttando o attenuando gli inconvenienti di quella pluralità di partiti la quale non può governare altro che attraverso un governo di coalizione?».

Ora il centrodestra, forte di un ampio consenso popolare, ci riprova con l’opzione presidenzialista, ma senza porre pregiudizi o preclusioni su altri modelli di riforma che mettano comunque i cittadini al centro delle scelte. Io sono per il legame diretto tra elettore ed eletto con le preferenze e con un bipartitismo alla inglese per superare definitivamente la stagione degli esecutivi che sovrastano il potere legislativo. Se riforma ci sarà spero sia con una maggioranza dei due terzi del Parlamento, evitando il rischio della demolizione con i referendum confermativi. La vera forza di una democrazia a mio parere non si gioca sulla governabilità ma sulla rappresentanza.

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POLITICA

Semipresidenzialismo o premierato, governo al bivio

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Semipresidenzialismo o premierato, governo Meloni al bivio | Rec News dir. Zaira Bartucca

Semipresidenzialismo e “premierato”. “Sindaco d’Italia” e presidente eletto dal popolo. Sono termini e locuzioni che negli ultimi giorni si rincorrono con sempre più insistenza nei palazzi, più interconnessi di quanto si possa credere alle vicende recenti della politica nostrana. Scissioni e nuovi adesioni, addii e cambi di casacca: è un maggio che è il preludio a un’estate più calda del solito, che la premier vuole sia caratterizzata dalla novità.

Via i vecchi assetti – quelli che impediscono ai governi di superare l’anno – e largo ai nuovi, passando per tutte le modifiche costituzionali di cui si è a lungo discusso e di cui si discute tuttora. Non è roba di poco conto, anche se a dare man forte alle velleità della Meloni c’è un teorico come Marcello Pera, che non a caso era stato individuato per il post-Mattarella.

Le ipotesi sono tante, ma tutte vanno in un’unica direzione: superare la Repubblica parlamentare e il suo bilanciamento di poteri tra governo e Parlamento. Un sistema che ha mostrato dei limiti non tanto per inadeguatezza strutturale, ma per l’uso che ne è stato fatto, con il ricorso continuo alla fiducia e il colpo inferto alla rappresentanza popolare.

L’idea del presidenzialismo, di una figura sola al comando, sembra essere naufragata per il timore trasversale di un accentramento eccessivo di poteri in un’unica persona. Uno scenario che, tuttavia, si discosta poco dal premierato, dove la novità sta tanto nel termine ma poco nella sostanza. Questa opzione prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio, che potrebbe contare su maggiori poteri e su nuovi margini d’azione, oltre che su un meccanismo rinnovato di fiducia e sfiducia “alla tedesca”. Anche in questo caso, il ruolo del premier ne uscirebbe decisamente rafforzato.

C’è poi il semipresidenzialismo “alla francese”, che prevederebbe una condivisione del potere esecutivo tra il presidente della Repubblica e il premier e il potere legislativo affidato comunque al Parlamento. Le danze si apriranno martedì, quando nella Biblioteca presidenziale della Camera inizieranno i tavoli con le opposizioni: Meloni, i due vicepremier Salvini e Tajani e il ministro delle Riforme Casellati ne riceveranno i rappresentanti, nel tentativo di trovare una quadra. Se non si troverà, dicono fonti vicine al governo, “la maggioranza andrà avanti da sola”.

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