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Un po’ come in 1984 di Orwell, il governo ci guarda tutti. O meglio, ci guarderà tutti, se glielo lasciamo fare. Perché avere più paura di quello che per alcuni è un virus innocuo che di quello che c’è dietro? Se i conti non tornano mai, non è che ci stanno nascondendo qualcosa? Se il Conte non arretra dai suoi disegni di uomo solo al comando, allora c’è da sperare che la delegazione russa, una volta giunta in Italia, controlli cosa davvero sta accadendo.

Tutti d’accordo sulla delega pesante all’avvocato delle lobby

Ogni governo totalitario in fasce aspira al controllo di massa, e un’epidemia costruita è un’ottima occasione. Chi vigila? Non i giornali e i “giornalisti” che accedono a fondi e finanziamenti, e da buone pecore fanno come dice il pastore. E così succede che – complici i servizi segreti di cui Conte continua a detenere la delega – si fa la peggiore disinformazione mista a propaganda di sempre. Perché i giornalisti non sono più i guardiani dei cittadini, le figure che vegliano sui loro diritti? Le mance valgono la condanna al malessere di milioni di persone? E quando sbuca l’informazione seria, la gente apre gli occhi e i politici non contano piu nulla, che fine fanno i giornali? Cadono nel precipizio assieme ai loro padroni.

Una rivolta popolare può fare più morti del “coronavirus”

La presa in giro nei riguardi della gente comune, ai tempi del coronavirus, è sotto gli occhi di tutti. Ma tutti, politici e maggiordomi compresi, sono umani. Siamo tutti fatti di carne e ossa, ma c’è chi ha un’anima e chi non ce l’ha. E se non c’è da temere per il Coronavirus, stando a quando ha ammesso ieri lo stesso Borrelli, c’è da temere invece una rivolta popolare. Il governo pensa che si può controllare tutti tramite smartphone e telecamere, addirittura tramite i satelliti. Ne vogliono installare fino a ventimila nello spazio e anche da lì saremo bombardati col 5G.

Nel bailamme di incertezza una certezza c’è: gli hacker etici sono al lavoro per le evenienze peggiori, nell’interesse della gente

Un governo che macchina siglando accordi sul 5G e Vie commerciali che danneggiano il Paese, non tiene alla salute dei cittadini e alla tenuta commerciale del Paese. Abbagliati da un illusorio delirio di onnipotenza che fa pensare loro che possono chiudere, allontanare e distruggere senza reale motivo, non pensano che la ruota gira. E allora si attivano gruppi di persone come gli hacker etici, che non accettano la rovina delle vite umane e vogliono proteggere i cittadini dalla corruzione e dagli interessi che li possono danneggiare. E allora succede che esce qualcosa di davvero grosso, che fa cadere pezzo dopo pezzo il castello di carte.

Mentre noi rinunciamo alla nostra vita sociale e al nostro lavoro, a cosa rinunciano i politici?

Non mi stanco mai di dire che gli italiani pagano ai politici gli stipendi. Però mentre loro restano chiusi in casa e rinunciano a tutta la loro vita lavorativa e sociale, all’aria aperta e a un corpo e una mente in salute che solo l’attività fisica può garantire, i politici non rinunciano a nulla. Confinati nelle ville e nelle palestre private, dessero il buon esempio in un momento di crisi. Rinunciando allo stipendio, ai privilegi e all’immunità, visto che tutti devono fare la loro parte. Ma il loro momento quando arriva?

L’Italia è una Democrazia? Una Repubblica fondata sul lavoro? Affacciatevi dal balcone e datevi una risposta

Il terrorismo mediatico in questi giorni sta toccando vette inesplorate. Se siamo sotto attacco, se siamo in guerra, è perché veniamo bombardati ogni giorno da messaggi che creano ansia, fanno temere il peggio e distraggono dai veri pericoli. Ci convincono a chiuderci in casa e un giorno non molto lontano, quando il velo della menzogna cadrà, sapremo che non sarà stato per un motivo valido. Forse, finalmente, ci arrabbieremo e agiremo, come non abbiamo il coraggio di fare ora perché siamo immobilizzati dalla minaccia autoritaria di denunce, multe, carcere. Da non italiano domando a voi: gli italiani vivono ancora in un Stato democratico, in uno stato di diritto? Se la vostra risposta è sì, forse dovreste guardarvi un po’ intorno. Affacciarvi dai balconi e scrutare la desolazione delle strade deserte, le serrande abbassate, il silenzio surreale.

Blockchain, monete elettroniche, greenbond e coronabond

Strano, ma l’Italia anziché cercare una strategia per salvare l’economia come stanno facendo tutti gli Stati in questo momento, cerca di distruggerla. Che ruolo hanno in questo i dazi commerciali e il timore dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue? La stabilità dell’euro è in pericolo, ma da questo ci guadagnano un po’ tutti: dagli Stati extra-europei, alle banche, agli investitori in titoli altamente speculativi come i greenbond o i coronabond. A chi lavora sottotraccia a una moneta elettronica: a chi vuoi che serva se tutti usciamo e attendiamo il resto dal cassiere? Ma se ci abituiamo a stare chiusi in casa alla prima favola che ci raccontano, il discorso cambia.

5G, Via della Seta? Servono ai cinesi. L’Italia deve essere la nuova Grecia

La Cina che ora accusa l’Italia di essere stato il primo untore, è il posto dove si raccolgono gli investimenti di una moltitudine di Stati. La stessa Italia pugnalata alle spalle, nella Via della Seta ha investito quasi due bilioni. In ballo c’è poi il 5G e la robotizzazione delle fabbriche, e per instaurarla i licenziamenti di massa con la scusa del coronavirus fanno certo comodo. Se i politici avessero detto chiaramente cose del genere, avrebbero causato una rivolta popolare. Invece con la scusa del virus “mortale” si è disposti ad accettare tutto, mentre i burocrati passo dopo passo si spingono sempre più in là. Ma il momento dei licenziamenti di massa, della povertà, della depressione, dei bambini che non nascono in un Paese già spopolato o che muoiono come in Grecia, arriverà. Toccherà anche a voi come è stato lì, cari italiani, se non vi svegliate.

Il coronavirus è la scusa per procedere ai licenziamenti di massa

In condizioni normali, se i datori delle aziende avessero tagliato sugli operai che devono portare a casa lo stipendio, sarebbe stato un pericolo per un governo che già fatica a trovare consenso. Ma il coronavirus ha risolto tutto, sventolare l’idea di una malattia mortale ha fatto accantonare i problemi. I morti? Per l’Istituto superiore di Sanità sono infinitamente meno di quelli che sentiamo ogni giorno, e guarda caso si concentrano in Lombardia. Nella China Town di Milano abitano 25mila cinesi dichiarati, che sono tornati dal Capodanno cinese anche da focolai ad alto rischio come Wuhan, mentre il governo del contagio lasciava aperto tutto per settimane nella convinzione che non ci fosse nessuna emergenza.

Attendiamo fiduciosi un segno dall’Istat congelata

L’Italia e le Regioni quando sono state commissariate dal governo parallelo di ISS e Protezione civile? L’ISTAT, l’Istituto nazionale di statistica è congelato? Perché non fa vedere alla gente un po’ di dati sugli ultimi tre mesi di Sanità e un confronto con i decessi dello scorso anno per casi di cattiva sanità o per influenza? Come nelle peggiori dittature, i dati “unici” e “veri” ormai li forniscono solo determinati organismi. Non c’è rispetto per i cittadini. Se Conte avesse le idee chiare, anziché chiudere tutti in casa trasformerebbe l’Italia in un Paese produttivo con un Sistema sanitario davvero forte, non ne farebbe uno straccio che è in pericolo a ogni folata di vento.

Un’anticipazione alla dittatura. Ma siamo ancora in tempo

Si poteva aumentare la produzione interna anziché dare mance da milioni a Cina e ad Africa per mascherine che secondo gli esperti non servono a nulla. Ma Conte ne ha approfittato della situazione per instaurare uno Stato di Polizia, un’anticipazione di dittatura con migliaia di militari dell’esercito che passeggiano in strada e centinaia di medici militari accampati. In una situazione così delicata, chi fa l’interesse dei cittadini in maniera disinteressata? Cominciate ad aguzzare la vista e a cercare, perché se un giorno potrete di nuovo scegliere, almeno saprete chi ci guadagna dalla vostra crisi e chi invece vuole lo sviluppo dal benessere di tutti. La paura non può essere la fine di tutto. Se dalla politica non c’è più nulla da aspettarsi, ognuno deve trovare il modo di fare la sua parte per ricostruire un’Italia più bella, più forte, più sincera. 

Ha svolto gli studi presso il College professionale dell'Università Nazionale di Dnipropetrovsk, specializzandosi in Managment e Marketing (sviluppo economico-territoriale, ricerca di mercato, sviluppo nuovi prodotti e segmenti di mercato, politica dei prezzi e distribuzione, pubblicità, pubbliche relazioni). Già manager Import/Export. Appassionato di politica. Per Rec News è Autore e si occupa del reperimento di fonti internazionali.

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Vincenzo Cirigliano

Ragionamento in parte giusto, ma Conte è una vittima, non il carnefice, consigliato male da un comitato di Scienziati venduti alle lobby

OPINIONI

“I poveri mangiano meglio dei ricchi”. Sia data a Lollobrigida la possibilità di provare i benefici dell’indigenza

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"I poveri mangiano meglio dei ricchi". Sia data a Lollobrigida la possibilità di provare i benefici dell'indigenza | Rec News

“In Italia abbiamo un’educazione alimentare interclassista: spesso i poveri mangiano meglio, perché comprano dal produttore e a basso costo prodotti di qualità”. Lollobrigida lo ha detto davvero e, del resto, eravamo già a conoscenza delle qualità del ministro-cognato. E’ davvero una fortuna, non c’è che dire, fare parte della singolare èlite a cui si riferisce il ministro delle Politiche agricole, che è stata fotografata dall’Istat in maniera impietosa.

In Italia quindi a sentire il nipote della compianta Gina Lollobrigida esistono milioni di privilegiati che possono comprare le carote direttamente dai contadini, e che – contemporaneamente – hanno la fortuna di mandare i figli a scuola senza colazione, perché non possono permettersela. Che non hanno un lavoro, fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e, ormai, devono scegliere tra il pagare la benzina e le bollette e tra il mettere il piatto in tavola.

Per questo c’è da dire grazie anche al governo di cui fa parte il ministro Lollobrigida che, al pari di quelli che li hanno preceduti, non ha la volontà o le competenze per portare l’Italia al di fuori del limbo economico a cui l’ha condannata l’Unione europea. Ma vuoi mettere, in ogni caso e pur nelle ristrettezze, il vantaggi di avere il contadino sempre lì, quasi onnipresente, che ti spaccia il poco che puoi permetterti a prezzi contenuti con un’attenzione particolare ai nutrienti presenti nella dieta mediterranea?

Sono lussi che Lollobrigida – adottato dalla politica fin da ragazzo – dovrebbe provare almeno una volta nella vita. Come accade in alcuni film, dovrebbe scambiare un mese della sua esistenza con qualcuno preso a caso dal Paese reale. Lasciargli il posto di frequentatore di ristoranti gestiti da chef stellati e catapultarsi all’interno di una famiglia come tante, a mangiare i piatti poveri della cucina italiana per l’occasione elogiati da Vissani. Che saranno gustosi e nutrienti e piacevoli da mangiare, ma quando si è liberi di farlo. Quando, cioè, non rappresentano l’unica possibilità.

Chissà che non ci si possa giovare dello scambio di identità e non si possa avere un ministro dell’Agricoltura – anche se per un periodo limitato – che sa di cosa parla e che si occupi dei veri problemi che il suo dicastero dovrebbe risolvere.

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OPINIONI

Che orrore parlare di maternità “solidale” e “commerciale”

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Che orrore parlare di maternità "solidale" e "commerciale" | Rec News dir. Zaira Bartucca

La si chiami GPA – gravidanza o gestazione per altri – maternità surrogata o utero in affitto, il risultato non cambia. Si tratta di una pratica grazie al Cielo illegale in Italia, che in altri Paesi – purtroppo – si continua a praticare. Portando con sé il suo strascico di sofferenze: quelle di una donna trattata come un’oggetto o come incubatrice, indigente e costretta dalle vicissitudini della vita a dare alla luce un figlio o una figlia che non potrà crescere e da cui dovrà separarsi.

Oppure le sofferenze riconducibili all’applicazione di questa pratica barbara, che spesso avviene in cliniche degli orrori di cui ci siamo già occupati. Ancora, le sofferenze a cui incorrono i nati da GPA, impossibilitati come sono a sapere chi sia la loro vera madre e, dunque, condannati ad avere un’identità a metà.

Un quadro ancor più desolante se si pensa che tutto ciò avviene in tempi in cui della condizione della donna si fa una bandiera, per poi tralasciare deliberatamente episodi di sfruttamento come questi. Non solo. C’è chi addirittura ci tiene a operare i doverosi distinguo, parlando di GPA “solidale” e “commerciale”. L’articolano in questi termini ormai tutti i media mainstream, le associazioni e anche alcuni partiti, facendo un po’ il verso alla legislazione britannica che da tempo permette la surroga “altruistica”, con tanto di “rimborsi” e compensi ammessi.

Questo per rispondere al tentativo – promosso da Fratelli d’Italia – di rendere l’utero in affitto reato universale. E’ di ieri la notizia del primo via libera della Camera alla proposta di legge della deputata Carolina Varchi. A guardarla di fretta ce ne sarebbe abbastanza per esultare. Ma prima di farlo bisognerebbe domandarsi cosa rimarrà, alla fine di tutto l’iter, di questa proposta di legge.

Ci si deve anzitutto augurare che non sia l’ennesimo cavallo di Troia per trasformare quello che oggi è un reato in una pratica da sfaldare, un domani, con una modifica dopo l’altra alla legge che sarà, oppure con la solita serie di sentenze strumentali che spesso si antepongono alle stesse leggi.

E’ forse in questo contesto che va inserito un dibattito preparatorio e una propaganda che cerca costantemente di avvicinare e rendere familiari determinati argomenti. Senza, si badi bene, mai demolirli, criticarli e chiamarli con i giusti termini, che sono quelli che non ammettono sfumature di sorta.

In questo intreccio sembrano muoversi, con gli stessi identici fini, sia i cerchiobottisti che quelli che danno platealmente all’utero in affitto una connotazione solidale e, dunque, in fin dei conti accettabile e positiva.

La GPA rimane comunque commerciale anche quando è altruistica (perché comunque prevede un pagamento e, letteralmente, la vendita del malcapitato bambino) ma per convenienza viene chiamata in un altro modo, così da darle un valore etico e morale che venga accettato dai più distratti. Che, spesso, non sanno nemmeno cosa si celi dietro determinati acronimi o dietro gli slogan della politica.

Se fa orrore l’idea di arrivare a commercializzare anche la Vita che nasce? Ovviamente sì, o, almeno, alle persone normali o per intenderci umane dovrebbe farne. Eppure l’opera di sdoganamento continua imperterrita senza che nessuno batta ciglio, anzi a utilizzare questi termini spesso sono proprio quelli che dicono di battersi contro l’utero in affitto.

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OPINIONI

È morto Berlusconi, ma non il berlusconismo

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È morto Berlusconi, non il berlusconismo | Rec News dir. Zaira Bartucca
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Berlusconi non lascia solo un impero finanziario e un partito in cerca di leader. Se il lascito morale è stato quasi nullo, tanto è stato quello pratico. All’ex fondatore di Forza Italia devono praticamente tutto uno stuolo di politici rampanti strategicamente posizionati (che già sgomitavano dalla fondazione del Popolo delle Libertà e oggi si trovano a essere ministri e sottosegretari) e volti noti del giornalismo mainstream.

Se, dunque, è morto Berlusconi, lo stesso non si può dire del berlusconismo. Una sorta di movimento parallelo – sia esso sincero o fieramente utilitaristico – in cui militano decine di attivisti, che oggi comunque potrebbe avere vita più difficile. Lo raccontano le ultime considerazioni del senatore Gianfranco Micciché, che già dà il partito per estinto, ma anche le tensioni che si rincorrono per le varie successioni.

Una delle foto di rito del IV governo Berlusconi. A sin. l’attuale premier Giorgia Meloni (allora ministro alla Gioventù), al centro l’attuale governatore del Veneto Luca Zaia e poco distante l’attuale ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto. A sinistra, l’attuale presidente del Senato Ignazio La Russa

Piaccia o meno la sua figura, Berlusconi – uomo controverso che ha incarnato lo spirito italiano con i suoi pregi e difetti – ha rappresentato un pezzo di storia nazionale e internazionale. Uomo visionario e di sistema, il suo approccio ha avuto impatto sul mondo produttivo, sul mondo dell’informazione e sul costume. A conti fatti, sulla società stessa, (purtroppo) riscritta e riprogrammata dai codici della tv commerciale. E’ questo, forse, il lascito più pesante.

Se c’è, infatti, una cosa che dovrebbe estinguersi del berlusconismo, è l’idea malsana che tutto l’illecito può diventare lecito dopo il giusto trattamento, nonché quel fardello che continua a gravare sull’autonomia di certi giornalisti e comunicatori che non sanno o non vogliono scrollarsi di dosso quel piglio di referenza verso il padrone che li ha portati a occupare i posti che occupano, tralasciando questioni di capitale importanza come la libertà di stampa e i diritti di critica e di cronaca.

Non è, certo, questo, il tempo della critica o peggio dell’odio fine a sé stesso che sta eviscerando chi non riesce ad avere rispetto nemmeno davanti alla morte. Ma dovrà di certo venire il tempo dei bilanci, e se è vero che Berlusconi ha avuto impatto sulla storia dei partiti e dell’Italia – un Paese che ha tentato di plasmare e ridurre a sua immagine e somiglianza – lo è altrettanto che chi si interfaccia con il centrodestra merita di più di un esercito di Yes man che in queste ore ricordano i personaggi in cerca di autore di pirandelliana memoria.

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OPINIONI

Alluvione in Emilia, l’ipocrita circo mediatico per nascondere la verità

E’ un bilancio da guerra quello dell’ultima alluvione in Emilia Romagna. Un copione destinato a ripetersi ancora e ancora, una volta in questo pezzo d’Italia e una volta in quell’altro

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Alluvione in Emilia, l'ipocrita circo mediatico per nascondere la verità | Rec News dir. Zaira Bartucca

Quattordici morti e 36mila sfollati. Abitazioni, strutture, aziende, fabbriche e campi da coltivazione distrutti, con il fango che inghiotte tutto e porta con sé devastazione e precarietà. E’ un bilancio da guerra quello dell’ultima alluvione in Emilia Romagna. Un copione destinato a ripetersi ancora e ancora, una volta in questo pezzo d’Italia e una volta in quell’altro, perché i miliardi stanziati dai vari governi per mitigare gli effetti del dissesto idrogeologico – sia esso frutto di comportamenti umani irrispettosi o di eventi naturali – non vengono mai impiegati dove servono.

Costruzione di dighe di contenimento, pulizia degli argini di fiumi e torrenti, prevenzione dell’abusivismo e suoi rimedi: nonostante le iniezioni continue di denaro (tanto), è ormai abitudine consolidata trascurare tutto, perché tanto poi a danni fatti si mette in moto la solita macchina dell’emergenza. Dopo l’acqua iniziano a piovere i miliardi, inizia il “magna magna” di chi controlla il business della solidarietà e si fa a gara a chi è più bravo a dire la frase a effetto per sostenere le popolazioni colpite, a chi fa la donazione più cospicua o a chi si intesta il gesto più eclatante.

Tutto doveroso, sia chiaro, ma non saranno certo 900 euro a testa o la premier in stivali a riportare in vita quattordici persone, oppure a restituire ai romagnoli le attività andate distrutte, forse per sempre. Senza contare che il circo mediatico che si è attivato fin da subito è tuttora teso a nascondere quello che conta davvero: le responsabilità. Quelle che negli ultimi anni – stando ai dati pubblicati da Legambiente – hanno fatto registrare dal 2010 a oggi 510 eventi alluvionali (per contare solo quelli censiti), con i relativi danni a cose e persone.

Si poteva evitare tutto questo? Di chi è la colpa? Cosa è mancato e continua a mancare? Cosa non hanno fatto e cosa hanno sbagliato gli enti che negli anni hanno amministrato i territori colpiti? E ancora: come evitare che catastrofi del genere si verifichino di nuovo? Perché se le alluvioni in Italia sono diventate la “nuova normalità” – per rubare un’espressione usata in epoca covid – si deve pensare che esista una certa volontà o quantomeno una qualche tolleranza verso questi fenomeni assolutamente prevedibili ed evitabili. Si sa che prima o poi pioverà, e oggettivamente esistono modi anche sofisticati per verificare se il territorio è pronto a gestire eventi piovosi di una certa portata. Se non lo è, basta intervenire, senza aspettare nuovi danni.

Scomodare il cambiamento climatico o “la siccità che rende i terreni impermeabili” non basta più, sono scuse che non possono reggere a lungo e soprattutto non possono bastare a chi ha perso tutto, tanto più che se le alluvioni in Europa sono un costume nazionale prettamente italiano un motivo ci deve essere.

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