
Stati generali dell’Editoria, Ordine dei giornalisti e governo ai ferri corti
Verna & Co. disertano proprio il tavolo dedicato alle proposte degli operatori del settore: “Crimi ci ha chiamato anacronistici e non ci ha inviato un invito formale”
C’era da aspettarselo: chi si tiene stretto da decenni (dai tempi di Mussolini, per la verità) uno status ormai consunto, non poteva che cadere sulle formalità. E’ accaduto ieri all’Ordine dei giornalisti, e in particolare al suo presidente Carlo Verna e ai suoi fidatissimi. Gli stessi che, manco a dirlo, non si sono fatti remore a disertare un’incontro – l’ultimo riguardante gli Stati generali dell’Editoria – che riguardava proprio i giornalisti.
Arroccati su un “trono” effimero e traballante
A loro, in pratica, di sentire le proposte dei propri iscritti non gliene è importato un fico secco, perché – hanno lamentato dalle colonne di articolo 21, sito in forza all’ex critico Beppe Giulietti oggi accomodato alla presidenza della fnsi – Crimi ha chiamato l’odg anacronistico e non ha inviato loro un invito formale. Che importa se, in realtà, gli appuntamenti fossero di dominio pubblico da mesi, e tranquillamente reperibili dal sito della presidenza del Consiglio dei Ministri.
L’avversione dell’Odg verso il web: non piace quello che non si può controllare
L’ennesima prova dell’avversione che l’ordine di giornalisti prova verso il web (la conferma arriva dallo stesso Lorusso e dall’utilizzo frequente del binomio infondato Internet/Fake news) e forse verso lo stesso tempo che avanza. Ai padroni dell’informazione italiana non piace prendere atto del fatto che decine di migliaia di operatori dell’informazione siano ormai di stanza sulla rete, tra l’altro a causa di una precarietà verso cui odg e sigle varie hanno responsabilità che non vogliono ammettere. Crimi, del resto, aveva definito “anacronistico” l’Ordine dei giornalisti prima che al premio Ischia nel corso di un’intervista che ci ha rilasciato lo scorso 11 aprile. Il sottosegretario spiegava contestualmente le sue ragioni, affermando che non ci fossero motivi che ne giustificassero l’esistenza. Una posizione condivisa trasversalmente dalla popolazione civile inferocita dalla scarsa qualità dell’informazione che si vede propinare ogni giorno mentre l’ordine rimane cieco e muto, da una larga fetta di politica e – perfino – dalla maggior parte dei giornalisti.
Comode poltrone a doppia seduta, benefits e possibilità “imprenditoriali” ghiotte
In pratica l’odg piace solo all’odg stesso e alle sigle che vi gravitano attorno. I motivi sono facilmente intuibili: le poltrone sono particolarmente comode, spesso a doppia seduta, i benefits e le possibilità “imprenditoriali” ghiotte. Niente di male, si intende, se non fosse che proprio qui alberghi una mala gestione che dal 2017 denunciamo dalle colonne di diverse testate e dal 2018 dalla nostra. L’unica cosa che continua a stupire, è come dall’Odg non si palesi finalmente la volontà di farsi da parte: scoperto il vaso di Pandora di cui è stata già messa a conoscenza la Procura, stare dentro potrebbe essere più problematico dello stare fuori o, almeno, defilarsi avrebbe il pregio indiscusso di abituare psiche e organismo.
Il lassismo di un ministro della Giustizia informato degli episodi di cattiva gestione
Ma, tolto l’ordine che in fondo conta fino alla curva (salvo che il lassismo del governo non dimostri il contrario), come se ne esce? Messo in buon conto il coraggio di cambiare e la forza delle proprie idee, passando in rassegna le idee pervenute dagli Stati generali dell’Editoria – perché le opinioni di tutti, in fondo, non fanno mai male – e facendole approdare in Parlamento e nell’ufficio del Guadasigilli Alfonso Buonafede. E’ lui, infatti, l’unico ad avere potere diretto sullo scioglimento dei Consigli, anche sul Cnog. Estendere la legge 3/2013 sulle professioni non organizzate ai giornalisti sarebbe, infine, l’ultimo e semplice passo da compiere per restituire indipendenza e credibilità a una categoria che da troppo tempo patisce condizionamenti, e proprio laddove la libertà di documentare dovrebbe essere imprescindibile.
ARTE & CULTURA
Bandire i forestierismi. “Ricorda il fascismo, lasciare libertà di espressione”

“Sono rimasto sorpreso dalla scelta di questo tema nell’era del simultaneo”, ha affermato durante il programma radiofonico “Base Luna chiama Terra” su Radio Cusano Campus il professor Marco Belpoliti, autore della traccia selezionata per la prima prova scritta della Maturità 2023, scrittore, italianista e docente di Critica Letteraria e Letterature Comparate all’Università di Bergamo.
“C’è stata la pandemia che ci ha messo in attesa, come nelle telefonate: ‘La preghiamo di attendere’. Tutto ora è ricominciato accelerando, ma l’attesa è ancora lì e resta in attesa”. L’attesa, secondo Belpoliti, è ancora “una questione rilevante nelle nostre vite nonostante la velocità che ci circonda” ha sostenuto durante l’intervista.
Parlando dell’influenza della tecnologia sulla comunicazione, Belpoliti ha poi sottolineato che il senso dominante è diventato quello visivo. “C’è sempre stata più gente che guardava piuttosto che gente che leggeva. Parlare, parlano tutti, c’è il costante desiderio di parlare. Una volta un uomo nel corso della sua vita vedeva un centinaio di immagini. Ora ne vediamo migliaia ogni giorno, anche solo sui social”, ha proseguito Belpoliti.
Riguardo alla trasformazione delle modalità espressive, il professore ha poi evidenziato “il ritorno a un regime del flusso nella scrittura, simile alle scritture pubbliche dell’epoca romana che non conoscevano la punteggiatura. Ora usiamo i puntini sospensivi” ha ribadito. “L’emoticon crea l’elemento espressivo, disegnando le emozioni che non possono essere contenute nella scrittura, che dal canto suo non ha dei modi per dichiarare il tono con cui viene pronunciata una frase. C’è qualcosa di antico e contemporaneo allo stesso tempo. Qualcosa che è in evoluzione. Questa comunicazione non cancella l’altra. Una si sovrappone all’altra. Una predomina, l’altra regredisce” .
E sull’uso dei forestierismi nella lingua italiana, Belpoliti ha concluso l’intervista dicendo “Non sono spaventato dalla presenza di parole inglesi. Cancellare le parole inglesi, ricorda il fascismo. La pulizia linguistica mi ricorda un altro tipo di pulizia meno nobile. Bisogna lasciare anche una libertà all’espressione”.
FREE SPEECH
La paghetta per i giornalisti che daranno “priorità alle questioni legate al clima”

Dopo i colpi inferti dal governo e dalla riforma Nordio alla Libertà di Espressione, un altro mal costume continua a minacciare l’autonomia di giornalisti e comunicatori. C’è chi tenta di silenziare quelli che fanno il loro lavoro a suon di querele temerarie e di campagne diffamatorie e chi, invece, vorrebbe ridurre i più manipolabili a meri burattini che ripetono a pappagallo gli slogan del politicamente corrotto in fatto di Sanità, di migranti, di Europa, di rapporti sociali. E di clima, ovviamente.
Su quest’ultimo terreno – squisitamente agendista – si concentrano ora le ansie del Centro europeo di Giornalismo, che periodicamente eroga delle paghette, sotto forma di premi, ai giornalisti che “si distinguono” in un determinato settore. Abbiamo già scritto dei finanziamenti da 7500 dollari da parte dello stesso ECJ e della fondazione Bill & Melinda Gates destinati a quei comunicatori che influenzano l’opinione pubblica in tema di Sanità.
Questa volta, invece, il premio – da 2000 euro ed erogato sempre dal Centro europeo di Giornalismo – è per coloro i quali daranno “priorità alla segnalazione di questioni legate al clima” in articoli o reportage pubblicati dal 14 al 17 giugno. Cosa significhi dare priorità non è dato saperlo, ma quel che è certo è che a dare man forte alle narrazioni costruite ci sarà anche Google News, il servizio della Big Tech già multata per propaganda e favoritismi, anche in Italia. In che modo e con quali toni, poi, i giornalisti parleranno e scriveranno di siccità, alluvioni e di “emergenze” climatiche (sapendo che ad attenderli ci sarà una ricompensa), c’è solo da immaginarselo.
FREE SPEECH
Concorsi pubblici, Pallotta (OdG): “Giuridicamente scorretto escludere i pubblicisti”

“Riservare ai soli giornalisti professionisti con l’esclusione dei giornalisti pubblicisti la partecipazione al concorso per l’assunzione di personale nel settore della comunicazione bandito dal Gran Sasso Scienze Insitute, è immotivato e giuridicamente non corretto”. E’ quanto afferma il Presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, Stefano Pallotta, che ha inviato una lettera al direttore generale dell’Istituto, Mario Picasso, per chiedere la modifica del bando ai sensi della legge 150 del 2000.
“Si fa notare – si puntualizza nella lettera – che non esiste un albo dei giornalisti professionisti, ma che l’Ordine dei giornalisti comprende due elenchi, professionisti e pubblicisti e che in materia di concorsi nella Pubblica amministrazione, relativamente all’Ufficio stampa e comunicazione, la legge 150 del 2000 non fa alcuna distinzione tra i due elenchi limitandosi a richiedere l’iscrizione all’Ordine dei giornalisti”, conclude il presidente Pallotta.
FREE SPEECH
Abuso di spyware, in arrivo la relazione della Commissione d’inchiesta del Parlamento europeo

In arrivo la relazione finale della Commissione d’inchiesta del Parlamento europeo sugli usi e gli abusi che riguardano gli spyware. L’organismo dopo un anno di indagini pubblicherà una serie di raccomandazioni. “Spiare oppositori politici, giornalisti o avvocati è illegale e contro i valori fondamentali dell’UE. Quando le forze di sicurezza utilizzano spyware, deve essere all’interno di confini chiaramente definiti. Gli abusi sono state flagranti violazioni dello stato di diritto”. E’ quanto fanno sapere i popolari.
“La Commissione d’inchiesta ha fatto luce sui casi di uso illegale di spyware contro giudici, avvocati, giornalisti e persino l’opposizione democratica. Questo abuso di spyware costituisce una flagrante violazione dello stato di diritto, dei valori dell’UE e dei principi democratici più elementari di elezioni libere ed eque”, ha dichiarato Juan Ignacio Zoido, portavoce del gruppo PPE nella Commissione d’inchiesta.
“Il Gruppo PPE sottolinea la necessità di sostenere coloro che sono stati presi di mira illegalmente con spyware. Ciò dovrebbe includere l’accesso a un ricorso giurisdizionale effettivo basato su norme definite dalla Corte europea dei diritti dell’uomo”, ha detto l’eurodeputato Vladimír Bilčík, che ha negoziato la relazione finale. “Lo spyware non deve essere usato come arma politica contro le istituzioni democratiche, i politici o i giornalisti”, ha sottolineato ancora Bilčík.
“Le nostre forze di sicurezza hanno bisogno di strumenti tecnologici avanzati per affrontare minacce come il terrorismo, la criminalità organizzata o gli attacchi contro l’ordine costituzionale. Tuttavia, dobbiamo assicurarci che questi strumenti spyware vengano utilizzati nel rispetto dei diritti fondamentali e in conformità con i principi dello stato di diritto”, ha fatto eco – concludendo – Zoido.