
Memorandum Cina-Italia, “le ragioni di un fallimento”
Gabriele Felice (Save Italy) riassume le incoerenze alla base della Belt and Road e le ripercussioni dannose – a livello diplomatico ma anche pratico – che potrebbe avere sul territorio italiano
Gabriele Felice (Save Italy) riassume le incoerenze alla base della Belt and Road e le ripercussioni dannose – a livello diplomatico ma anche pratico – che potrebbe avere sul territorio italiano
Sulle reali caratteristiche della Belt and Road (BRI), la cosiddetta “Via della seta” che in realtà non è un progetto ma un organismo di finanziamento voluto da Xi Jinping, ci siamo già soffermati. Sulle incoerenze alla base delle scelte di alcuni esponenti del governo Conte e sulle possibili ripercussioni, anche. A margine del dibattito interviene adesso tramite una nota inviata a Rec News il presidente del Consorzio Save Italy. Gabriele Felice ripercorre punto per punto i paradossi legati alla sottoscrizione del memorandum, senza tralasciare il comportamento “sleale” della Cina sul mercato che, afferma Felice, è lecito pensare possa essere adottato anche in relazione all’Italia.
“Riassumendo – scrive il presidente di Save Italy – le ragioni del memorandum italo cinese:
“La Cina fa concorrenza sleale a livello mondiale con:
– Dumping salariale;
– Svalutazione dello yuan per favorire le esportazioni e ostacolare le importazioni (un’ora di lavoro costa 20 volte meno che da noi);
– Nessun sindacato che rivendichi diritti dei lavoratori;
– Nessun controllo sulla produzione;
– Nessuna tutela ambientale nei processi produttivi;
– Nessun rispetto di copyright e brevetti”.
“Con l’Italia – prosegue – a quanto di cui sopra aggiungiamo:
– Prodotti contraffatti;
– Prodotti Italian Sounding;
– Comunità cinese non censita (si sa che ci sono ma come gli hilander non muoiono ed è proprio qui che si nascondo sacche di illegalità di cui mai si parla);
– Creazione di stabilimenti produttivi privi di qualsiasi controllo: sanitario, sicurezza, lavorativo, ambientale”.
“Se a questo – argomenta Felice – aggiungiamo il mancato rispetto dei diritti umani e delle più elementari libertà democratiche (attivisti e difensori dei diritti umani sono stati arrestati, incriminati e condannati; stessa sorte per i sindacalisti che indagavano sulle condizioni di lavoro nelle fabbriche; migliaia di siti web e social network bloccati, tra cui Facebook, Instagram e Twitter; aziende Internet operanti costrette a censurare i contenuti pubblicati dagli utenti; aumentata la repressione delle attività religiose al di fuori delle chiese approvate dallo Stato) per non parlare della politica del figlio unico vigente fino all’anno scorso che negava una delle libertà più naturali dell’essere umano, dello spionaggio industriale e non, trovo francamente assurdo e inquietante la sottoscrizione di questo accordo”.
“Sulla base di questi “ottimi presupposti” l’Italia, voltando le spalle all’amministrazione Trump che cerca di “prendere il toro per le corna”, sigla il memorandum con la Cina. Il governo che Trump considerava amico e molto più vicino dei precedenti, legittima il regime comunista e le sue pratiche commerciali scorrette proprio nel momento in cui gli Stati Uniti esercitano la massima pressione possibile per cambiare le regole del commercio e della proprietà intellettuale”.
“Questo è un momento storico – è il pensiero del presidente del Corsorzio Save Italy – nel quale occorre schierarsi, da una parte i valori di libertà e democrazia dall’altra il capitalismo dirigista comunista imperialista cinese e la scelta non può essere solo economica e di opportunità. Anche questa volta l’Italia ha mancato e da cittadino italiano sento tutto il “disagio” di una scelta in politica estera sciagurata. L’Italia pensando di entrare nel grande giro facendo il gioco cinese e a fare da terminal alla nuova Via della Seta si comporta come il gattino che guardandosi allo specchio si vede un leone. Intento del governo con questo memorandum è quello di garantire la reciprocità ma tu ti fidi?”, conclude retoricamente Felice.
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Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane

Forte calo della spesa delle famiglie. Lo registra Istat nella nota sull’andamento dell’economia italiana di febbraio appena pubblicata. “Lo scenario internazionale – rileva l’Istituto Nazionale di Statistica – resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. Si inizia a profilare un percorso di rientro dell’inflazione più lungo di quanto inizialmente previsto. Il Pil italiano, nel quarto trimestre 2022, ha segnato una lieve variazione congiunturale negativa a sintesi del contributo positivo della domanda estera netta e di quello negativo della domanda interna al netto delle scorte”. In basso il report integrale
ECONOMIA
BTP Italia, il bilancio del MEF

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha comunicato i dettagli relativi alla Seconda Fase della diciannovesima emissione del BTP Italia, il titolo indicizzato all’inflazione italiana (Indice FOI, senza tabacchi – Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, al netto dei tabacchi) con scadenza a 5 anni. La Seconda Fase, dedicata agli investitori istituzionali, che si è svolta il 9 marzo nell’arco di 2 ore, ha registrato 178 contratti per un controvalore complessivo domandato interamente accolto, pari a 1.353,653 milioni di euro. Questo dato, insieme a quello della Prima Fase di collocamento che ha visto un ammontare di 8.563,209 milioni di euro acquistati da piccoli risparmiatori, ha determinato una raccolta complessiva finale di quasi 10 miliardi di euro.
Sempre con riferimento alla Seconda Fase di collocamento, le informazioni raccolte dai Dealer eCo-Dealer permettono di ottenere delle statistiche quasi totalmente rappresentative dell’ammontare complessivamente allocato. In particolare, il 43 per cento dell’ammontare emesso nella Seconda Fase è stato collocato presso le banche mentre il 33,9 per cento presso asset manager. Gli investitori con un orizzonte di investimento di lungo periodo hanno acquistato il 23,1 per cento dell’emissione (in particolare il 5,6 per cento è andato ad assicurazioni, mentre il 17,5 per cento è stato allocato a istituzioni governative).
Il collocamento del titolo nella Seconda Fase ha visto una predominante presenza di investitori domestici, che ne hanno sottoscritto l’84,7 per cento. Il restante 15,3 per cento dell’emissione è stato sottoscritto da investitori europei, in particolare residenti in Svizzera (5,7 per cento), in Francia (4,7 per cento), in Germania (2,7 per cento), nel Regno Unito (1,3 per cento) e presso altri paesi europei (0,9 per cento).
ECONOMIA
Le alternative al Superbonus 110%

Il superbonus 110% è una misura introdotta dal governo precedente per tentare di incentivare la riqualificazione energetica degli edifici. Questa misura fiscale, come è noto, consente di detrarre dall’Irpef il 110% delle spese sostenute per la riqualificazione energetica degli immobili. Tuttavia, la sua introduzione ha avuto delle ricadute che hanno riguardato la cessione dei crediti, senza contare che diversi soggetti ne hanno approfittato per ottenerne vantaggi impropri. Esistono comunque alcune alternative al superbonus 110 che possono essere considerate.
- Bonus Ristrutturazioni. Il Bonus Ristrutturazioni è una misura che consente di detrarre dal pagamento delle tasse una percentuale delle spese sostenute per la ristrutturazione degli edifici. Questo bonus consente di detrarre dal pagamento delle tasse fino al 50% delle spese sostenute per la ristrutturazione.
- Ecobonus. L’Ecobonus è una misura che consente di detrarre dal pagamento delle tasse una percentuale delle spese sostenute per la riqualificazione energetica degli edifici. Questo bonus consente di detrarre dal pagamento delle tasse dal 50% all’85% delle spese sostenute per la riqualificazione energetica.
- Sisma Bonus. Il Sisma Bonus è una misura che consente di detrarre dal pagamento delle tasse una percentuale delle spese sostenute per la messa in sicurezza degli edifici, ma solo in zone sismiche. Questo bonus consente di detrarre dal pagamento delle tasse fino al 80% delle spese sostenute per la messa in sicurezza.
- Superbonus 90. Il Superbonus 90 è una misura che consente di detrarre dal pagamento delle tasse una percentuale delle spese sostenute per la riqualificazione energetica degli edifici. Questo bonus consente di detrarre dal pagamento delle tasse il 90% delle spese sostenute per la riqualificazione energetica.
- Credito d’imposta. Il Credito d’imposta è una misura che consente di ottenere un credito d’imposta da utilizzare in compensazione fiscale. Questo credito d’imposta può essere ottenuto per le spese sostenute per la riqualificazione energetica degli edifici, e consente di ottenere una percentuale delle spese sostenute.
ECONOMIA
L’Ue vuole ottenere il phase down delle fossili alla Cop28 di Dubai

L’obiettivo dell’Ue alla Cop28? Includere il phase down delle fossili nelle conclusioni del vertice sul clima. Tutte le fossili: anche il petrolio e il gas. È questo uno dei punti più importanti della posizione comune che le diplomazie dei Ventisette stanno definendo in vista del summit che si terrà a dicembre a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.
“Sebbene il gas naturale abbia un ruolo nella transizione, il passaggio a un’economia neutrale dal punto di vista climatico richiede che il consumo ininterrotto di combustibili fossili raggiunga il picco già nel breve termine. L’Ue promuoverà sistematicamente un passaggio globale verso sistemi energetici privi di combustibili fossili non abbattuti ben prima del 2050”, si legge in una bozza del documento che stila la posizione Ue, visto da Reuters.
Se confermato, questo punto darebbe all’Europa il mandato per trovare sponde e alleati nei prossimi 10 mesi e presentarsi all’appuntamento emiratino con un consenso più ampio sul phase down delle fossili. Entro febbraio i ministri degli Esteri dei Ventisette dovranno dare l’ok. Che rimanga così com’è non è scontato: alcuni paesi stanno chiedendo un linguaggio più forte, ritornando al phase out (eliminazione) invece del semplice phase down (riduzione); altri paesi invece frenano.
Secondo l’Ipcc, tutti gli scenari emissivi che rispettano gli 1,5 gradi con uno sforamento (overshoot) limitato prevedono il picco di emissioni tra il 2020 e il 2025. Per raggiungerlo è indispensabile ridurre il consumo di combustibili fossili, data la poca diffusione odierna delle tecnologie per abbattere le emissioni.
A passo lento verso il phase down delle fossili
In ogni caso, far passare il phase down delle fossili nel comunicato finale non sarà impresa semplice. Non solo perché la presidenza della Cop28 è di tutt’altro parere, con Sultan al-Jaber che è stato al contempo inviato per il clima degli Emirati e ad dell’Adnoc, la compagnia petrolifera di bandiera. Soprattutto perché dopo l’occasione mancata alla Cop26 e l’intreccio di crisi energetica e guerra in Ucraina la strada è in salita.
A Glasgow, nel 2021, l’obiettivo era il phase out del carbone. Ma all’ultimo minuto, nella plenaria conclusiva, l’India si era opposta. Inventando la formula che poi è stata ripresa da tutti (segno che di voglia di dire addio alle fossili non ce n’è poi molta): phase down, appunto. L’anno scorso in Egitto è andata peggio. Alla cop27 si è cercato di allargare il phase down a tutte le fossili, ma la presidenza egiziana non ha nemmeno voluto inserire il punto in una delle bozze di conclusioni. Nonostante ci fossero 80 paesi – quelli europei in testa – che lo chiedevano. (Rinnovabili.it)
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