
Quattro motivi per cui le sanzioni Ue all’Italia sono improbabili (lo dice il Cep)
L’esperto del Centrum für Europäische Politik Alessandro Gasparotti sulla procedura per disavanzo in fase di valutazione (non di apertura)
Articolo scritto il 05/06/19 e aggiornato l’ 01/07/19
Le sanzioni Ue – al contrario di quanto sostenuto all’unisono dai media nazionali – sono tutt’altro che probabili. Lo afferma, carte e quadro economico alla mano, l’esperto Cep (Centrum für Europäische Politik) Alessandro Gasparotti. Il Cep firma ogni mese diversi report economici che si rifanno ai lavori dell’Ue, fungendo da osservatorio sulle politiche di Bruxelles. Lo scorso febbraio ha, tra le altre cose, diramato l’apprezzato e ormai noto studio sui “vincitori e vinti” dell’Euro, cioè su quei Paesi che dalla moneta unica ci hanno guadagnato o – come l’Italia – perso. Nella mattinata di oggi, il Cep ha diffuso una nota in cui spiega la situazione attuale: nell’ambito di quest’ultima, le possibilità di manovra dei sostenitori di (im)possibili procedure di infrazione come Dombrovskis e Moscovici sembrano essere ridotte al lumicino. Utile, inoltre, leggerle alla luce dei recenti risultati elettorali che, per quanto si tenti di ritardarne l’effetto, si dovranno ben presto concretizzare con nuove nomine. E allora letterine e procedure continuamente nominate assumono un’altra connotazione: quella di auto-legittimarsi e di darsi una parvenza di imprescindibilità laddove – nei fatti – sono Stati sovrani (e mercati) a decidere.
Perché l’Ue non può chiedere all’Italia di riconsiderare le sue politiche
Poi perché – spiega Gasparotti – “finora la Commissione Ue si è opposta” a politiche del genere, e perché, continua, “il livello di debito dello Stato membro non è sceso abbastanza velocemente. Per gli Stati membri con un debito pubblico superiore al 60% del Pil, il patto di stabilità e crescita impone che il debito pubblico diminuisca in media annua di 1/20 della differenza tra il debito effettivo e il PIL e la soglia del 60%”. Non basta perché “la decisione finale sull’avvio ufficiale di un PDE in materia di gestione fiscale italiana – spiega Gasparotti – dovrà essere presa dal Consiglio dei ministri delle Finanze dell’Ue, prima a livello tecnico, e poi a livello politico (forse già il 9 luglio), quando i ministri delle Finanze si riuniranno per il Consiglio Ecofin”. Inoltre “una pressione efficace sull’Italia per riconsiderare le sue politiche – avverte l’esperto – può venire solo dai mercati dei capitali, che possono utilizzare la procedura per i disavanzi eccessivi come catalizzatore per richiedere un prezzo più elevato per i prestiti all’Italia, spingendo per aggiustamenti fiscali”. Di seguito la nota integrale del Cep.
La palla passerà, come da prassi, all’Ecofin
La Commissione europea ha valutato oggi il caso di apertura di una procedura per i disavanzi eccessivi nei confronti dell’Italia, a causa del continuo aumento del debito pubblico. Cep-L’esperto Alessandro Gasparotti commenta su di esso. “Le sanzioni UE sono altamente improbabili. Quindi una pressione efficace sull’Italia per riconsiderare le sue politiche può venire solo dai mercati dei capitali”, ritiene Alessandro Gasparotti dal Cep di Friburgo. Il Collegio dei Commissari ha pubblicato oggi una relazione sulla mancata riduzione del debito pubblico da parte del paese, come richiesto dal patto di stabilità e di crescita, valutando la possibilità di avviare una procedura per i disavanzi eccessivi. La decisione finale sull’avvio ufficiale di un PDE in materia di gestione fiscale italiana dovrà essere presa dal Consiglio dei ministri delle Finanze dell’UE, prima a livello tecnico, e poi a livello politico (forse già il 9 luglio), quando i ministri delle Finanze si riuniranno per il Consiglio Ecofin.
“La CE non ha mai avviato una procedura per disavanzi eccessivi: il debito non è sceso abbastanza velocemente”
Lo scorso dicembre, dopo un confronto senza precedenti con il nuovo governo italiano sul bilancio 2019, la Commissione ha deciso di astenersi dall’aprire un PDE contro l’Italia, a condizione che quest’anno il debito italiano diminuisse e che il disavanzo strutturale rimanesse stabile ai livelli del 2018. Il debito dell’Italia è tuttavia in aumento: è salito al 132,2 % del PIL nel 2018 Dal 131,4% nel 2017 e dovrebbe salire al 133,7% quest’anno e al 135,2% nel 2020, secondo le previsioni della Commissione. Ad oggi, la Commissione europea non ha mai avviato una procedura per i disavanzi eccessivi perché il livello di debito di uno Stato membro non è sceso abbastanza velocemente. Per gli Stati membri con un debito pubblico superiore al 60% del PIL, il patto di stabilità e crescita impone che il debito pubblico diminuisca in media annua di 1/20 della differenza tra il debito effettivo e il PIL e la soglia del 60%. Impone la riduzione del debito su un percorso con obiettivi e scadenze chiari. Le misure disciplinari in caso di inadempienza potrebbero portare a un’ammenda dello 0,2% del PIL italiano, pari a circa 3,5 miliardi di euro. Anche le sovvenzioni regionali del “fondo di coesione” dell’Ue possono essere trattenute.
Il mercato reagisce, ma all’Ue questo non piace
Le sanzioni per L’Italia sono tuttavia molto improbabili. La Commissione si è finora opposta alle sanzioni, in quanto ritiene che le sanzioni siano un fallimento degli attuali meccanismi di coordinamento delle politiche economiche. L’instabilità politica all’interno del governo italiano e i deboli risultati economici stanno già perdendo il loro peso mentre i mercati dei capitali stanno reagendo: i titoli italiani a 5 anni la scorsa settimana sono stati scambiati ad un rendimento più elevato rispetto ai loro equivalenti Greci. Data la difficile attuazione del Patto di stabilità e crescita nella Zona Euro a causa della mancanza di volontà della Commissione di imporre sanzioni finanziarie, una pressione efficace sull’Italia per riconsiderare le sue politiche può venire solo dai mercati dei capitali, che possono utilizzare la procedura per i disavanzi eccessivi come catalizzatore per richiedere un prezzo più elevato per i prestiti all’Italia, spingendo per aggiustamenti fiscali.
ECONOMIA
PNNR e PMI, stanziati 4 miliardi con il Fondo 394
Cosa prevede, le condizioni di finanziamento e chi può accedere

Quattro miliardi alle imprese italiane, con un’attenzione per quelle piccole e medie che desiderano espandersi all’estero. E’ la dotazione del Fondo Simest 394 che è stato presentato questa mattina alla Farnesina alla presenza del vicepremier e ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani. Nel corso dei lavori la firma del protocollo d’avvio da parte del presidente dell’Agenzia ICE Matteo Zoppas.

Cosa prevede il Fondo 394
Il fondo sostiene solo le filiere che si occupano di export e che sposano i programmi inerenti la transizione ecologica e digitale. Previste “condizioni dedicate” per le imprese che hanno interessi in aree quali i Balcani occidentali e nei territori alluvionati dell’Emilia Romagna. Nel dettaglio, il fondo 394 prevede finanziamenti a tassi agevolati fino allo 0,464% (tasso luglio 2023), a cui si aggiunge una quota di cofinanziamento a fondo perduto fino al 10%. Sei le linee di intervento: transizione digitale o ecologica, inserimento mercati, certificazioni e consulenze, fiere ed eventi, e-commerce e temporary manager.
ECONOMIA
“L’Euro digitale dovrebbe affiancare il contante, non abolirlo”

“Mentre i pagamenti stanno diventando sempre più digitali, per molte persone il contante rimane il re. L’euro digitale dovrebbe integrare il contante, ma non sostituirlo. Sono lieto di constatare che la Commissione sta pensando a come trattenere il contante come mezzo di pagamento.” Così l’eurodeputato Markus Ferber, portavoce del gruppo PPE nella Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo. Il commento è arrivato contestualmente alla presentazione in Commissione del pacchetto sulla moneta unica, che include un “quadro giuridico” sulla moneta digitale.
“Gli attuali elementi di progettazione suggeriscono che l’euro digitale sarà essenzialmente utilizzato solo per i pagamenti al dettaglio. I maggiori vantaggi, tuttavia, di una valuta digitale sarebbero nel mondo degli affari. Dobbiamo almeno mantenere aperta la possibilità di futuri aggiornamenti. Se introduciamo una versione digitale della moneta unica, deve essere pronta a cogliere le opportunità del mondo digitale”, ha concluso Ferber.
ECONOMIA
Istat: le famiglie italiane hanno sempre meno potere d’acquisto

Crolla, nel quarto trimestre del 2022, il potere d’acquisto delle famiglie italiane. Lo sottolinea l’Istat, secondo cui la crescita del reddito disponibile, accompagnata da un aumento dei prezzi al consumo particolarmente forte, ha comportato una significativa diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie, pari a -3,7%. fsc/gtr
DOC
Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane

Forte calo della spesa delle famiglie. Lo registra Istat nella nota sull’andamento dell’economia italiana di febbraio appena pubblicata. “Lo scenario internazionale – rileva l’Istituto Nazionale di Statistica – resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. Si inizia a profilare un percorso di rientro dell’inflazione più lungo di quanto inizialmente previsto. Il Pil italiano, nel quarto trimestre 2022, ha segnato una lieve variazione congiunturale negativa a sintesi del contributo positivo della domanda estera netta e di quello negativo della domanda interna al netto delle scorte”. In basso il report integrale