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Chiariamo subito un aspetto: provvediamo di seguito alla pubblicazione della lettera che ci ha inviato il signor Daqua nelle parti che riguardano Camini, il suo ruolo svolto all’interno del Comune e le pochissime affermazioni relative all’accoglienza. Lo facciamo con i tempi e le modalità dettate dalle normative vigenti. Non corre dunque nessun obbligo, nei nostri riguardi, a far pervenire smentite agli indirizzi di posta certificata di qualcuno. Ma questo un amministratore che apre con un compendio legislativo sul decreto sicurezza dovrebbe saperlo.

Detto elenco di riferimenti sul menzionato decreto non è una rettifica, ma una lezione non richiesta. Sbagliata per giunta, perché decontestualizzata. Rimaniamo tuttavia a disposizione dell’ingegnere laddove vorrà farci pervenire lumi sulle cifre (per esempio come sono state impiegate) dell’accoglienza, sui destinatari e sulla consistenza dei progetti, sull’Eurocoop. Questi, infatti, sono gli argomento principali dei nostri precedenti articoli, ma fino ad oggi nel merito non abbiamo ricevuto smentite di sorta. Forse perché parliamo carte alla mano. Per quanto riguarda l’affermazione falsa “ho  potuto  constatare ancora  una  volta, che dopo l’articolo “Parantopoli Riace” del quale  è stata  chiesta  in data  25.11.2018  la  rettifica, mai  avvenuta” invitiamo l’ingegnere a guardare meglio, perché la rettifica è pubblica dal 26.11.2018, cioè dal giorno successivo alla richiesta.

E’ strano che a non averla notata è proprio l’attento professionista che nella lettera che ci ha inviato ci attribuisce l’incapacità di leggere e di scrivere, oltre all’abitudine di dedicarci a “fantasiose stronzate”. Tutte affermazioni che non possono che farci piacere, vista la qualità della persona.Qualcuno le chiamerebbe “medaglie”, e noi gli diamo ragione. Se, poi, l’ingegnere non ha “tempo da perdere per andare a leggere insignificanti notizie”, noi quello per trattare i casi di mala gestione e gli sperperi di denaro pubblico ce l’abbiamo sempre. Pubblichiamo di seguito le parti riconducibili a rettifica rinnovando a Daqua i nostri auguri per la “more  della querela che verrà  presentata nei confronti della Direzione  di Rec News”, ancora una volta certi del nostro diritto (e dovere) di documentare e raccontare, anche se questo può dar dispiacere a chi nella narrazione ci è dentro.

“Veniamo al  contenuto della  determinazione  del Responsabile  dell’Area  Tecnica n. 228  del 13.12.2018  con la  quale  si  è proceduto a  liquidare  un acconto a  favore della  Eurocoop Servizi  per  il  servizio di gestione  Sprar  2018 anche  in questo  caso sicuramente  letta  ed altrettanto sicuramente  non  capita  dall’autore dell’articolo:

Con  determinazione  n. 169  del 04.10.2017-Reg. Gen.179- è stata  disposta  l’aggiudicazione  definitiva  del servizio di accoglienza,  per  il triennio 2017/2019,a  favore  della  Società Cooperativa Sociale  Eurocoop Servizi  arl  con sede legale  in Camini  in seguito  alle  procedure  di  gara aperta  sopra soglia comunitaria espletata dalla  Stazione  Unica  Appaltante  della  Città Metropolitana  di Reggio  Calabria   con verbale del 10.07.2017 ed  aggiudicata  provvisoriamente dalla  SUA con propria determinazione n. 144 del 27.07.2017; Trattasi, quindi , di procedura  di  gara  aperta sopra soglia  comunitaria  e  non di affidamento  diretto.

Nel Vostro  articolo  viene  esplicitamente   scritto ed evidenziato che  “…..il Comune di Camini non si è affidato a un nuovo bando di evidenza pubblica, ma si è basato su quello relativo al triennio 2014/2016. A certe latitudini del Reggino, insomma, similmente a quanto accade più a nord, un bando di gara è per sempre”. Ancora  una  volta  viene dimostrata  la  Vostra  incapacità a  fare giornalismo  e  dare  informazioni  veritiere  ma  solo  informazioni  e notizie false e tendenziose.

Il Responsabile dell’Area  Tecnica  e  Finanziaria  del  Comune di Camini  per  il  pagamento  delle  spettanze alla  Eurocoop Servizi  non “batte  cassa”  ma gli importi vengono liquidati  sulla  base  del contratto  sottoscritto tra la  Eurocoop Servizi  secondo quanto disposto dalle delle Linee  Guida  allegate  al D.M. 10.08.2016. Gli importi  non vengono richiesti al  Ministero  (quindi non si batte  cassa) ma  è  il Ministero dell’Interno che  con  carte contabili accredita  autonomamente a  questo  Comune , in anticipazione, le somme  stabilite  ed  autorizzate dallo stesso per il   pagamento  della programmazione S.P.R.A.R. accoglienza Ordinaria  anno 2018  per  come si evince dalla  citata  determinazione  n. 228/2018;

118 sono i posti autorizzati dal Ministero dell’Interno  e attivi del progetto SPRAR (cat.ordinari, posti aggiuntivi  e  resettlement).Le  cifre  a  cinque  o sei zeri  sono stabiliti dal  Ministero dell’Interno con proprio decreto  del M.I. 10.08.2016  (€ 35 al  giorno per 118 migranti  per 365 giorni x anni  3)  e non dal  Responsabile dell’Area  Tecnica. Nella determinazione  n. 228/2018  viene citata la comunicazione del Ministero dell’Interno prot. DDCcg/n. 5350 vp/16 del 4 ottobre 2016 con la quale vengono confermati gli importi assegnati agli enti titolari di progetti territoriali del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, dalla quale si evince che la somma assegnata al Comune di Camini è pari a €  1.477.326,95 ,00 lordi annui per un  costo complessivo del progetto  nel triennio pari a € 4.431.980,85.

Per  Voi  che  riportate  on-line e sui  social   le  vostre  fantasiose  stronzate  può essere  difficile  da  comprendere  ma  questo è  quanto. Non risulta al sottoscritto anche nella  Sua  qualità  di Responsabile dell’Ufficio Elettorale  Comunale che, a quasi tre  anni ormai  dalla  competizione elettorale  del maggio 2016,  sia  stata  aperta  o che  vi  sia  in corso  una  indagine   degli inquirenti  per irregolarità nelle  procedure di spoglio delle  schede elettorali. Evidentemente  questo  risulta  all’autore dell’articolo  e  alla  Direzione di  Recnews ma  tutto questo  lo accerterà l’Autorità Giudiziaria”.

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“I poveri mangiano meglio dei ricchi”. Sia data a Lollobrigida la possibilità di provare i benefici dell’indigenza

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"I poveri mangiano meglio dei ricchi". Sia data a Lollobrigida la possibilità di provare i benefici dell'indigenza | Rec News

“In Italia abbiamo un’educazione alimentare interclassista: spesso i poveri mangiano meglio, perché comprano dal produttore e a basso costo prodotti di qualità”. Lollobrigida lo ha detto davvero e, del resto, eravamo già a conoscenza delle qualità del ministro-cognato. E’ davvero una fortuna, non c’è che dire, fare parte della singolare èlite a cui si riferisce il ministro delle Politiche agricole, che è stata fotografata dall’Istat in maniera impietosa.

In Italia quindi a sentire il nipote della compianta Gina Lollobrigida esistono milioni di privilegiati che possono comprare le carote direttamente dai contadini, e che – contemporaneamente – hanno la fortuna di mandare i figli a scuola senza colazione, perché non possono permettersela. Che non hanno un lavoro, fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e, ormai, devono scegliere tra il pagare la benzina e le bollette e tra il mettere il piatto in tavola.

Per questo c’è da dire grazie anche al governo di cui fa parte il ministro Lollobrigida che, al pari di quelli che li hanno preceduti, non ha la volontà o le competenze per portare l’Italia al di fuori del limbo economico a cui l’ha condannata l’Unione europea. Ma vuoi mettere, in ogni caso e pur nelle ristrettezze, il vantaggi di avere il contadino sempre lì, quasi onnipresente, che ti spaccia il poco che puoi permetterti a prezzi contenuti con un’attenzione particolare ai nutrienti presenti nella dieta mediterranea?

Sono lussi che Lollobrigida – adottato dalla politica fin da ragazzo – dovrebbe provare almeno una volta nella vita. Come accade in alcuni film, dovrebbe scambiare un mese della sua esistenza con qualcuno preso a caso dal Paese reale. Lasciargli il posto di frequentatore di ristoranti gestiti da chef stellati e catapultarsi all’interno di una famiglia come tante, a mangiare i piatti poveri della cucina italiana per l’occasione elogiati da Vissani. Che saranno gustosi e nutrienti e piacevoli da mangiare, ma quando si è liberi di farlo. Quando, cioè, non rappresentano l’unica possibilità.

Chissà che non ci si possa giovare dello scambio di identità e non si possa avere un ministro dell’Agricoltura – anche se per un periodo limitato – che sa di cosa parla e che si occupi dei veri problemi che il suo dicastero dovrebbe risolvere.

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Che orrore parlare di maternità “solidale” e “commerciale”

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Che orrore parlare di maternità "solidale" e "commerciale" | Rec News dir. Zaira Bartucca

La si chiami GPA – gravidanza o gestazione per altri – maternità surrogata o utero in affitto, il risultato non cambia. Si tratta di una pratica grazie al Cielo illegale in Italia, che in altri Paesi – purtroppo – si continua a praticare. Portando con sé il suo strascico di sofferenze: quelle di una donna trattata come un’oggetto o come incubatrice, indigente e costretta dalle vicissitudini della vita a dare alla luce un figlio o una figlia che non potrà crescere e da cui dovrà separarsi.

Oppure le sofferenze riconducibili all’applicazione di questa pratica barbara, che spesso avviene in cliniche degli orrori di cui ci siamo già occupati. Ancora, le sofferenze a cui incorrono i nati da GPA, impossibilitati come sono a sapere chi sia la loro vera madre e, dunque, condannati ad avere un’identità a metà.

Un quadro ancor più desolante se si pensa che tutto ciò avviene in tempi in cui della condizione della donna si fa una bandiera, per poi tralasciare deliberatamente episodi di sfruttamento come questi. Non solo. C’è chi addirittura ci tiene a operare i doverosi distinguo, parlando di GPA “solidale” e “commerciale”. L’articolano in questi termini ormai tutti i media mainstream, le associazioni e anche alcuni partiti, facendo un po’ il verso alla legislazione britannica che da tempo permette la surroga “altruistica”, con tanto di “rimborsi” e compensi ammessi.

Questo per rispondere al tentativo – promosso da Fratelli d’Italia – di rendere l’utero in affitto reato universale. E’ di ieri la notizia del primo via libera della Camera alla proposta di legge della deputata Carolina Varchi. A guardarla di fretta ce ne sarebbe abbastanza per esultare. Ma prima di farlo bisognerebbe domandarsi cosa rimarrà, alla fine di tutto l’iter, di questa proposta di legge.

Ci si deve anzitutto augurare che non sia l’ennesimo cavallo di Troia per trasformare quello che oggi è un reato in una pratica da sfaldare, un domani, con una modifica dopo l’altra alla legge che sarà, oppure con la solita serie di sentenze strumentali che spesso si antepongono alle stesse leggi.

E’ forse in questo contesto che va inserito un dibattito preparatorio e una propaganda che cerca costantemente di avvicinare e rendere familiari determinati argomenti. Senza, si badi bene, mai demolirli, criticarli e chiamarli con i giusti termini, che sono quelli che non ammettono sfumature di sorta.

In questo intreccio sembrano muoversi, con gli stessi identici fini, sia i cerchiobottisti che quelli che danno platealmente all’utero in affitto una connotazione solidale e, dunque, in fin dei conti accettabile e positiva.

La GPA rimane comunque commerciale anche quando è altruistica (perché comunque prevede un pagamento e, letteralmente, la vendita del malcapitato bambino) ma per convenienza viene chiamata in un altro modo, così da darle un valore etico e morale che venga accettato dai più distratti. Che, spesso, non sanno nemmeno cosa si celi dietro determinati acronimi o dietro gli slogan della politica.

Se fa orrore l’idea di arrivare a commercializzare anche la Vita che nasce? Ovviamente sì, o, almeno, alle persone normali o per intenderci umane dovrebbe farne. Eppure l’opera di sdoganamento continua imperterrita senza che nessuno batta ciglio, anzi a utilizzare questi termini spesso sono proprio quelli che dicono di battersi contro l’utero in affitto.

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OPINIONI

È morto Berlusconi, ma non il berlusconismo

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È morto Berlusconi, non il berlusconismo | Rec News dir. Zaira Bartucca
Immagine EPA/JACEK TURCZYK POLAND OUT

Berlusconi non lascia solo un impero finanziario e un partito in cerca di leader. Se il lascito morale è stato quasi nullo, tanto è stato quello pratico. All’ex fondatore di Forza Italia devono praticamente tutto uno stuolo di politici rampanti strategicamente posizionati (che già sgomitavano dalla fondazione del Popolo delle Libertà e oggi si trovano a essere ministri e sottosegretari) e volti noti del giornalismo mainstream.

Se, dunque, è morto Berlusconi, lo stesso non si può dire del berlusconismo. Una sorta di movimento parallelo – sia esso sincero o fieramente utilitaristico – in cui militano decine di attivisti, che oggi comunque potrebbe avere vita più difficile. Lo raccontano le ultime considerazioni del senatore Gianfranco Micciché, che già dà il partito per estinto, ma anche le tensioni che si rincorrono per le varie successioni.

Una delle foto di rito del IV governo Berlusconi. A sin. l’attuale premier Giorgia Meloni (allora ministro alla Gioventù), al centro l’attuale governatore del Veneto Luca Zaia e poco distante l’attuale ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto. A sinistra, l’attuale presidente del Senato Ignazio La Russa

Piaccia o meno la sua figura, Berlusconi – uomo controverso che ha incarnato lo spirito italiano con i suoi pregi e difetti – ha rappresentato un pezzo di storia nazionale e internazionale. Uomo visionario e di sistema, il suo approccio ha avuto impatto sul mondo produttivo, sul mondo dell’informazione e sul costume. A conti fatti, sulla società stessa, (purtroppo) riscritta e riprogrammata dai codici della tv commerciale. E’ questo, forse, il lascito più pesante.

Se c’è, infatti, una cosa che dovrebbe estinguersi del berlusconismo, è l’idea malsana che tutto l’illecito può diventare lecito dopo il giusto trattamento, nonché quel fardello che continua a gravare sull’autonomia di certi giornalisti e comunicatori che non sanno o non vogliono scrollarsi di dosso quel piglio di referenza verso il padrone che li ha portati a occupare i posti che occupano, tralasciando questioni di capitale importanza come la libertà di stampa e i diritti di critica e di cronaca.

Non è, certo, questo, il tempo della critica o peggio dell’odio fine a sé stesso che sta eviscerando chi non riesce ad avere rispetto nemmeno davanti alla morte. Ma dovrà di certo venire il tempo dei bilanci, e se è vero che Berlusconi ha avuto impatto sulla storia dei partiti e dell’Italia – un Paese che ha tentato di plasmare e ridurre a sua immagine e somiglianza – lo è altrettanto che chi si interfaccia con il centrodestra merita di più di un esercito di Yes man che in queste ore ricordano i personaggi in cerca di autore di pirandelliana memoria.

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Alluvione in Emilia, l’ipocrita circo mediatico per nascondere la verità

E’ un bilancio da guerra quello dell’ultima alluvione in Emilia Romagna. Un copione destinato a ripetersi ancora e ancora, una volta in questo pezzo d’Italia e una volta in quell’altro

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Alluvione in Emilia, l'ipocrita circo mediatico per nascondere la verità | Rec News dir. Zaira Bartucca

Quattordici morti e 36mila sfollati. Abitazioni, strutture, aziende, fabbriche e campi da coltivazione distrutti, con il fango che inghiotte tutto e porta con sé devastazione e precarietà. E’ un bilancio da guerra quello dell’ultima alluvione in Emilia Romagna. Un copione destinato a ripetersi ancora e ancora, una volta in questo pezzo d’Italia e una volta in quell’altro, perché i miliardi stanziati dai vari governi per mitigare gli effetti del dissesto idrogeologico – sia esso frutto di comportamenti umani irrispettosi o di eventi naturali – non vengono mai impiegati dove servono.

Costruzione di dighe di contenimento, pulizia degli argini di fiumi e torrenti, prevenzione dell’abusivismo e suoi rimedi: nonostante le iniezioni continue di denaro (tanto), è ormai abitudine consolidata trascurare tutto, perché tanto poi a danni fatti si mette in moto la solita macchina dell’emergenza. Dopo l’acqua iniziano a piovere i miliardi, inizia il “magna magna” di chi controlla il business della solidarietà e si fa a gara a chi è più bravo a dire la frase a effetto per sostenere le popolazioni colpite, a chi fa la donazione più cospicua o a chi si intesta il gesto più eclatante.

Tutto doveroso, sia chiaro, ma non saranno certo 900 euro a testa o la premier in stivali a riportare in vita quattordici persone, oppure a restituire ai romagnoli le attività andate distrutte, forse per sempre. Senza contare che il circo mediatico che si è attivato fin da subito è tuttora teso a nascondere quello che conta davvero: le responsabilità. Quelle che negli ultimi anni – stando ai dati pubblicati da Legambiente – hanno fatto registrare dal 2010 a oggi 510 eventi alluvionali (per contare solo quelli censiti), con i relativi danni a cose e persone.

Si poteva evitare tutto questo? Di chi è la colpa? Cosa è mancato e continua a mancare? Cosa non hanno fatto e cosa hanno sbagliato gli enti che negli anni hanno amministrato i territori colpiti? E ancora: come evitare che catastrofi del genere si verifichino di nuovo? Perché se le alluvioni in Italia sono diventate la “nuova normalità” – per rubare un’espressione usata in epoca covid – si deve pensare che esista una certa volontà o quantomeno una qualche tolleranza verso questi fenomeni assolutamente prevedibili ed evitabili. Si sa che prima o poi pioverà, e oggettivamente esistono modi anche sofisticati per verificare se il territorio è pronto a gestire eventi piovosi di una certa portata. Se non lo è, basta intervenire, senza aspettare nuovi danni.

Scomodare il cambiamento climatico o “la siccità che rende i terreni impermeabili” non basta più, sono scuse che non possono reggere a lungo e soprattutto non possono bastare a chi ha perso tutto, tanto più che se le alluvioni in Europa sono un costume nazionale prettamente italiano un motivo ci deve essere.

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