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Ogni partito ha il suo teorico, anche per quanto riguarda gli aspetti economici. Quello della Lega è Armando Siri, da poco tornato alla ribalta con la Flat Tax – suo cavallo di battaglia – con i CIR e con un disegno di legge che riguarda i conti correnti “rapiti” dalle banche. Ne abbiamo parlato con lui toccando scenari e prospettive, le recenti scelte del governo e lo snodo cruciale di un’Italia chiamata a scegliere se stare dentro o fuori l’Ue.

Cosa prevede il disegno di Legge sulla Flat Tax appena presentato dalla Lega?

Si tratta di una riforma complessiva del sistema tributario riferito alle imposte dirette di famiglie e imprese. L’impianto in vigore è ancora quello del 1973. Noi di fatto innoviamo e semplifichiamo in tre punti. Il primo: il reddito imponibile non è più del singolo, ma della famiglia, che può essere anche monocomponente. Rientrano quindi nella fase 2 i redditi monocomponente fino a 30 mila euro, monoreddito fino a 55 mila euro e bireddito fino a 70 mila euro. Il secondo: l’aliquota d’imposta è fissa al 15%. Terzo punto, si applica una sola deduzione sul reddito complessivo. Ovvero, più basso è il reddito e più alto è il numero dei familiari, più grande è la deduzione. In questo modo garantiamo la progressività dell’imposta richiamata dalla Costituzione. Per le imprese l’aliquota è già flat al 24% e si ridurrebbe al 15%, mentre per le Partite Iva si alzerebbe il limite di fatturato a 100 mila euro per poter applicare l’aliquota sempre al 15%. 

Lei ha sollevato il problema della chiusura dei conti da parte di Istituti come Unicredit e Intesa Sanpaolo. Qual è la situazione attuale?

La chiusura unilaterale dei conti correnti bancari da parte degli Istituti di Credito è una pratica diffusa non solo dalle banche che lei cita. Come fa un cittadino o un’impresa a poter vivere e lavorare in questa società senza un conto corrente? Le banche chiudono i conti ai clienti in attivo, che quindi hanno il saldo positivo, sulla base di motivazioni totalmente discrezionali. Così facendo si crea un grave pregiudizio nei confronti di chi deve ricevere lo stipendio (obbligatorio l’accredito sul conto), pagare le imposte (obbligatorio utilizzo del conto), ricevere il pagamento di fatture e pagare con strumenti elettronici o bonifici bancari (sopra i 3 mila euro).  

Come si risolve?

Ho presentato un Disegno di Legge che preveda lo status di servizio essenziale per il conto corrente. Nessuna banca potrà arbitrariamente chiudere il rapporto se il saldo è attivo, se non dietro un provvedimento motivato del giudice. 

Dal punto di vista economico: come vede la Fase 2? Commercianti, operatori del settore turistico e ristoratori tuttora aspettano risposte dal governo.

Già a febbraio avvertimmo il Governo che la ricaduta economica dei provvedimenti legati all’emergenza Covid-19 sarebbe stata colossale soprattutto se si fosse decisa, come poi si è fatto, una serrata totale delle attività. Come opposizione e come Lega, fin dal primo momento, abbiamo voluto collaborare concretamente per trovare delle soluzioni e mettere a punto iniziative utili a favore dei lavoratori e delle imprese. Nessuna delle nostre proposte è stata accolta. Se non fosse stato per quelle categorie sempre vessate dallo Stato come Partite Iva, Autonomi e Imprese che hanno anticipato di tasca loro la cassa integrazione ai loro operai, oggi avremmo la gente in strada con i forconi perché intere famiglie non avrebbero potuto sfamare i propri figli. Lei crede che riceveranno un ringraziamento per questo? Ad oggi lo Stato sta pagando a singhiozzo il mese di marzo e molti non hanno ancora ricevuto dall’Inps i 600 euro promessi. Questi sono dati, non è polemica. 

Il premier Conte?

Il Presidente del Consiglio aveva promesso a marzo che entro il 15 aprile sarebbero arrivati i pagamenti. Siamo ai primi di giugno e la situazione è questa. Serve più coraggio, più visione, più amore per il Paese e più fiducia nelle imprese, nei liberi professionisti e nei lavoratori autonomi che garantiscono ogni mese a 12 milioni di famiglie lo stipendio e lo fanno senza alcuna garanzia, senza alcun sostegno. Anzi, con uno Stato che è sempre pronto a mettere loro i bastoni tra le ruote con cavilli e burocrazia. 

Perché l’opposizione ha avuto un approccio “soft” verso le decisioni di Conte? È d’accordo con chi dice che le sue scelte siano state anticostituzionali?

Non abbiamo avuto un approccio “soft”, ma responsabile in un momento di profonda difficoltà per tutto il Paese. In queste situazioni la cosa peggiore è speculare. Abbiamo sempre chiesto però con determinazione al Governo di assumersi le proprie responsabilità. Adesso che si sta ripartendo il tempo della pazienza è finito, ma non siamo noi a dirlo sono gli italiani. Soprattutto quelli che rischiano di passare da presunti cassaintegrati a disoccupati e quegli imprenditori che non apriranno più e che falliranno sicuramente appena la macchina dei tribunali e dei decreti ingiuntivi riprenderà l’attività. 

Diverse personalità, compreso un Presidente Emerito della Corte Costituzionale, hanno sollevato perplessità rispetto all’utilizzo dei Dpcm.

Sui Dpcm non vi è dubbio che siano stati provvedimenti ai limiti della Costituzione, in certi casi alcune restrizioni sono state emanate in palese violazione delle garanzie della nostra Carta fondamentale. Ma su questo so che sono state prese iniziative dinnanzi alle magistrature, sia ordinarie che amministrative. Ad un certo momento il Parlamento stesso era ostaggio dei Dpcm, per non parlare poi delle forze dell’ordine che entrano in chiesa per bloccare il sacerdote che dice Messa. Un’immagine da brividi. 

L’Italia del prossimo futuro che si immagina è dentro o fuori l’Europa?

Non esiste un’Europa senza l’Italia e non esiste un’Italia che non sia in Europa. Il punto non è essere in Europa, ma come esserci. Questa Pandemia ha mostrato tutte le debolezze di un sistema che, a differenza di quello che si dice, non ha affatto al centro la solidarietà, ma al contrario anche qui prevalgono egoismi e convenienze di bandiera. Nel momento del bisogno non abbiamo visto un’Europa coesa, efficace e rapida nel dare una risposta ai bisogni dei cittadini e delle imprese. Solo dopo un lungo tira e molla siamo forse arrivati alla promessa di fondi che arriveranno fra un anno e salvo che siano spesi come l’Europa vuole. Così non funziona. L’Europa, se vuole continuare a prosperare anche come organizzazione economica, politica e sociale portatrice di valori comuni, deve cambiare passo. Meno vincoli, meno burocrazia, meno percentuali e più senso della realtà. Fino ad oggi è prevalsa la linea tedesca, ma oggi anche la Germania soffre. Forse è la volta buona. 

C’è speranza che gli elettori che hanno votato la Lega per la sua vocazione antieuropeista degli inizi si ritrovino a loro agio? 

La Lega non è antieuropeista, ma realista. Se una cosa non funziona si cambia. Se non si riesce a cambiarla, la si abbandona. Ma è un dato di realtà, non una questione ideologica. Abbiamo cambiato 1 euro a 1936,27 lire e dovevamo lavorare un giorno di meno e essere di un giorno più ricchi. Invece la nostra bilancia commerciale è crollata e sono fallite quasi un milione di imprese. I tassi di interesse sono sottozero e le banche non prestano denaro. Chi ha qualche risparmio sta perdendo più che con l’erosione di una presunta galoppata inflattiva. È in questa situazione che non ci si può sentire a proprio agio e votare Lega significa aver chiara una visione alternativa. Una nuova Europa dei popoli, del libero scambio, della difesa dei valori comuni capace di essere un nuovo attrattore di sviluppo, crescita e lavoro. Senza vincoli inutili, senza forzare standard comuni a cui sottostare. Non sia l’uniformità la forza dell’Europa, ma lo siano le differenze.

Alcuni sondaggi parlano di “migrazioni” verso Fratelli d’Italia: non sarà colpa della messa in discussione dell’Italexit?

Italexit è uno scenario che nessuna forza politica prende in considerazione, neppure Fratelli d’Italia. A meno che, come ho detto prima, non ci sia alcuna possibilità di un cambiamento. Su questo punto le forze cosiddette “sovraniste” concordano. Essere sovranisti non significa essere contro l’Europa, ma volere indipendenza politica, economica e sociale. L’Europa della CEE era un ottimo esempio di come si possa collaborare ciascuno con la propria autonomia e valorizzare l’appartenenza a un sistema comune di interessi, valori e obiettivi. Oggi la Lega è saldamente il primo partito italiano e con questo spirito e con le proprie idee può puntare ad essere la forza politica che traguarderà l’Italia in un futuro migliore. Meglio se in una organizzazione comune, ma non a tutti costi. 


Tecnicamente: l’Italia potrebbe riavere una propria moneta? Se sì, come?

Intanto la moneta è una convenzione, null’altro. Invece di andare in giro con in spalla le forme di Parmigiano Reggiano o le taniche di petrolio da scambiare, usiamo la moneta. La moneta ha valore se ha valore l’economia del Paese che la emette e la accetta come pagamento delle imposte. Lei probabilmente non cambierebbe 50 franchi del Burkina Faso con 50 euro. Perché? Perché il Burkina Faso non è la seconda manifattura d’Europa, la seconda cantieristica navale del mondo, non è tra i leader mondiali della meccanica di precisione e dell’Aerospazio, etc. L’Italia, nonostante la sua Pubblica Amministrazione, grazie al genio degli imprenditori, alla voglia di lavorare di padri e madri di famiglia e all’ambizione dei propri professionisti impegnati in ogni settore è una grande economia mondiale. Detto questo, potrebbe riavere una propria moneta solo se si riformano i Trattati Europei. È una decisione che spetta in primo luogo al Parlamento e successivamente agli organismi europei. Tecnicamente il ritorno a una moneta nazionale comporterebbe una svalutazione immediata del 40% che si attesterebbe dopo un paio d’anni al 25%, ovvero i famosi 1.500 lire per un dollaro che era il cambio giusto per la nostra economia basata su un forte export. Aumenterebbe un poco l’inflazione intorno al 3%-5%, il denaro avrebbe di nuovo un costo e quindi tornerebbe a circolare e a rendere in termini di interessi. Ci sarebbe un periodo di forte espansione economica e dell’occupazione nei primi 10 anni nei quali si recupererebbe interamente il valore della moneta. A quel punto la leva fiscale potrà servire come calmieratore dell’inflazione mantenendo in equilibrio l’andamento della domanda e dell’offerta. 

Il Debito Pubblico che fine farebbe?

Rimane appunto il tema del Debito Pubblico, non tanto quello verso l’interno che verrebbe riconvertito nel contro valore in lire e quindi l’investitore non subirebbe alcuna ripercussione, anzi l’aumento dei tassi garantirebbe il posizionamento della rendita. Il punto è il Debito verso soggetti esteri che dovrebbe essere ripagato in euro. Anche se su questo punto ci sono diverse scuole di pensiero. Ma ho idea che di tutto questo stia già ragionando la Germania nei vari scenari futuri che vorrà intraprendere. Difficile che qualcun altro Paese della Ue prenderà una decisione in questo senso. Più probabile che sarà la Germania a farlo. Per noi si tratta soltanto di non farci trovare eventualmente impreparati. 

A che punto è la proposta sua e di altri senatori sui CIR, i Conti di risparmio individuali? 

Il progetto di Legge arriverà spero prestissimo all’esame delle Commissioni competenti e poi in Aula. Lo spirito è quello di dare la possibilità alle famiglie italiane di comprare Btp con una rendita maggiore grazie a un credito d’imposta e all’azzeramento della ritenuta fiscale. In questo modo gli interessi sarebbero spesi nella nostra economia e non saremmo più soggetti alla spada di Damocle dello Spread che è un parametro che influenza solo i soggetti Istituzionali che comprano titoli, perché in caso di turbolenza dei mercati hanno l’obbligo di ricapitalizzare, ma non ha alcun effetto per il risparmio delle famiglie. 

Direttore e Founder di Rec News, Giornalista. Inizia a scrivere nel 2010 per la versione cartacea dell'attuale Quotidiano del Sud. Presso la testata ottiene l'abilitazione per iscriversi all'Albo nazionale dei giornalisti, che avviene nel 2013. Dal 2015 è giornalista praticante. Ha firmato diverse inchieste per quotidiani, siti e settimanali sulla sanità calabrese, sulle ambiguità dell'Ordine dei giornalisti, sul sistema Riace, sui rapporti tra imprenditoria e Vaticano, sulle malattie professionali e sulle correlazioni tra determinati fattori ambientali e l'incidenza di particolari patologie. Più di recente, sull'affare Coronavirus e su "Milano come Bibbiano". Tra gli intervistati Gunter Pauli, Vittorio Sgarbi, Armando Siri, Gianmarco Centinaio, Michela Marzano, Antonello Caporale, Vito Crimi, Daniela Santanché. Premio Comunical 2014. Autrice de "I padroni di Riace - Storie di un sistema che ha messo in crisi le casse dello Stato". Sito: www.zairabartucca.it

ARTE & CULTURA

Cucinotta a Rec News: “Il mio Sud nel nuovo film da protagonista” (Video e Gallery)

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Maria Grazia Cucinotta a Rec News: "Vi racconto il mio Sud nel nuovo film da protagonista" (Gallery) - Gli agnelli possono pascolare in pace anteprima
Foto ©Denys Shevchenko/REC NEWS

Maria Grazia Cucinotta è la protagonista del nuovo film di Beppe Cino “Gli agnelli possono pascolare in pace”, presentato ieri in anteprima a Roma al Cinema Caravaggio e nelle sale dall’11 aprile. Nella pellicola ambientata in Puglia è Alfonsina, donna ingenua con abitudini singolari che a un certo punto viene colta da sogni rivelatori.

Bidella in pensione devota al culto dei cari defunti e lontana dal fratello, sarà un inaspettato incontro con il Sacro a mettere ordine in tutti quegli aspetti della sua vita rimasti in ombra, e a svelare i legami e i segreti che animano il borgo pugliese dove abita. Abbiamo intervistato Maria Grazia Cucinotta a margine della proiezione dell’anteprima romana.

Quanto c’è di lei nel film “Gli agnelli possono pascolare in pace?

Di sicuro il Sud. Il Sud mi appartiene e di conseguenza c’è molto di questo suo modo di essere. Attaccata alla terra, attaccata agli affetti, attaccata alla verità. E’ anche un personaggio molto distante. E’ una bidella che ama Pasolini e sembra uscita un po’ fuori da una favola. Anche il mondo che la circonda sembra essere uscito fuori da un piccolo metaverso che si muove in un mondo moderno.

Il film ha un messaggio particolare?

Ce ne sono tanti di messaggi, tra l’altro attualissimi. Tutte le guerre sono dettate dai confini e dal potere e un po’ questo film parla proprio di questo e al fatto che tutti i confini e tutti i pregiudizi portano alla fine alla rabbia e alla non accettazione. E’ un messaggio molto importante. Tra le risate e queste visioni c’è una grande verità.

Progetti futuri che può anticiparci?

Questo film è in uscita quindi aspettiamo di vedere come va. L’11 uscirà in tutta Italia e speriamo che la gente torni al cinema.

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INTERVISTE

Reati contro i minori, intervista al ministro della Famiglia Eugenia Roccella (Video)

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Reati contro i minori, intervista al ministro della Famiglia Eugenia Roccella (Video) | Rec News dir. Zaira Bartucca
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INTERVISTE

Ddl Nordio, Caporale: «Non libera la magistratura dai suoi mali, ma colpisce la Giustizia giusta»

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Riforma Nordio, Caporale: "Non libera la magistratura dai suoi mali ma colpisce la Giustizia giusta" | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il Ddl Nordio è forse l’eredità più consistente lasciata da Silvio Berlusconi. E’ infatti figlio di un modo preciso di intendere la Giustizia, le leggi, la magistratura. Per alcuni rappresenta l’ennesimo colpo inferto alla libertà di espressione, all’autonomia dei magistrati e allo stesso cittadino, che potrebbe essere maggiormente esposto a determinate fattispecie di reato che potrebbero essere depenalizzate. Ne abbiamo parlato con il giornalista Antonello Caporale.

Il giornalista Antonello Caporale

È davvero necessario abolire l’abuso di ufficio per tutelare quei sindaci che, a sentire la maggioranza, hanno le “mani legate”?

Io penso che la riforma viva di un bisogno ideologico. Anziché definire ulteriormente un reato che, è vero, è molto vago, lo hanno tolto di mezzo. Così facendo hanno mostrato il loro intento, che è quello di sminuire ulteriormente la magistratura.

Nordio è un ex magistrato.

Ma è come quei tabagisti che fumano, smettono poi finiscono con l’odiare le sigarette. Nordio è un magistrato ma odia i magistrati, ha utilizzato in modo massiccio le intercettazioni e da ministro le ha tagliate. Si è sempre proposto come l’alfiere della magistratura di destra ma dice che i magistrati fanno politica. La sua sembra una vita capovolta. C’è un’idea di fondo ideologica prima ancora che giudiziaria. E’ la stessa cosa che ho visto con la dichiarazione del lutto nazionale, che come sai viene dichiarata dal governo utilizzando la sua discrezionalità. In genere si fa per i martiri della mafia, ma in questo caso hanno voluto elevare la figura di Berlusconi.

Farà la fine di Craxi, un altro personaggio controverso che con il passare degli anni è diventato un’eroe nazionale. Si può dire che la Riforma Nordio sia un po’ l’ultimo lascito di Berlusconi, cioè la manifestazione ultima di un certo modo di intendere la Giustizia?

Possiamo anche dire per principio che i reati, la criminalità non esistono, ma restano comunque. Possiamo decretare sconfitta la mafia e la ‘ndrangheta, ma il pizzo c’è. Sono azioni temerarie, protervie e ingenue.

Prima hai parlato di intercettazioni. Secondo i detrattori del disegno di legge calerà una scure ulteriore sulla possibilità di informare liberamente.

Non sappiamo ancora cosa resterà e cosa verrà buttato della Riforma, che probabilmente sarà fatta a pezzi dalla Corte Costituzionale. Ma già con il solo fatto di aver annunciato una stretta sulla intercettazioni sono stati lanciati due messaggi. Uno alla magistratura, a cui in pratica è stato detto mettetevi in fila e capite che il vento è cambiato, e uno all’informazione, a cui si tenta di dire attenzione, perché non puoi più osare come prima. La magistratura, comunque, non è esente da mali. Con la riforma non si sta liberando la magistratura del proprio conformismo, delle proprie convenienze e del fatto che ci sono magistrati che non lavorano e non sono equi, ma si sta riducendo l’ampiezza della libertà dei magistrati. Avranno più margine quelli più convenzionali e collusi, meno quelli coraggiosi che hanno voglia di fare. Se ci fai caso si parla sempre di magistrati di destra e di sinistra, ma mai di chi lavora bene e di chi lavora male.

Erano forse più questi gli aspetti da riformare.

Appunto, invece si sceglie di trascurarli. Nessuno si domanda perché uno ha fatto cinque processi e un altro 55, oppure perché con l’aumentare dell’organico delle Forze dell’Ordine non si riducono i reati. Dovremmo essere più sicuri, e invece? Immagino che non sia un lavoro certosino, organico, sistemico, ma che sia un lavoro occasionale. Faccio quello che lavora, fingo per la televisione e poi chi si è visto si è visto. Arresto chi so già che non può stare dentro, indago persone su cui non ho nulla. Ci sono poi le querele temerarie, come quelle che sono capitate a me e ad altri giornalisti, che sono azioni di parassitismo giudiziario che diventano lecite, invece non lo sono affatto. La lotta però non è contro questi mali, ma contro la Giustizia giusta.

Dal punto di vista politico pensi che la Riforma possa essere in qualche modo divisiva oppure c’è un’intesa che va al di là degli schieramenti politici?

C’è sicuramente intesa, altrimenti il codice penale non sarebbe così cavilloso. Le leggi le fa il Parlamento e c’è interesse a rendere i processi pieni di cavilli, possibilità e subordinate. La politica teme la magistratura, a volte perché esagera a volte perché è un potere che controlla.

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INTERVISTE

Il racconto della figlia del 72enne di Guardia Piemontese deceduto dopo ore di odissea

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Il racconto della figlia del 72enne di Guardia Piemontese deceduto per un caso di malasanità | Rec News dir. Zaira Bartucca

Antonio Caroccia era un 72enne di Guardia Piemontese, un paesino in provincia di Cosenza, in Calabria. Riferiscono i familiari, assumeva dei farmaci ma godeva di buona salute, era attivo e non era affetto da nessuna patologia. Il 5 marzo dello scorso anno avverte un dolore all’altezza dei reni. E’ tardo pomeriggio, Antonio è vigile, cosciente, i familiari sono preoccupati ma nessuno si immagina quello che sarebbe successo da lì alle ore successive, con una diagnosi iniziale sbagliata, “circa due ore e mezzo di attesa presso il pronto soccorso della clinica Tirrenia Hospital” – racconta una componente della famiglia – assenza di ambulanze, posti letto per ottenere i quali è necessario fare opere di convincimento, esami mai giunti a destinazione. Che sarebbe successo se i medici non avessero erroneamente diagnosticato un infarto e se il signor Antonio fosse giunto subito nel reparto di Chirurgia? Secondo i familiari, il decesso forse poteva essere evitato. Una delle due figlie, Valentina, ci ha spiegato le motivazioni alla base di questo convincimento.

Lei sta portando avanti una battaglia per il riconoscimento di un caso di malasanità che potrebbe aver causato il decesso di suo padre. Ha avuto risposte dalle Istituzioni?

Il 28 marzo ho inviato una PEC al ministero della Salute, alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Paola e Cosenza e al presidente della Regione Calabria in qualità di commissario ad acta della Sanità. Il ministero mi ha risposto l’11 aprile chiedendo alla Regione di relazionare sull’accaduto e domandando di mettermi a conoscenza degli esiti. La Regione ha scritto all’Asp di Cosenza limitandosi di fatto a fare da tramite, senza esprimersi sull’accaduto. Mi ha risposto allegando semplicemente i documenti ricevuti dall’Asp stessi, per giunta incompleti. Il tutto dopo circa tre mesi, durante i quali ho fatto numerosissimi solleciti telefonici e via mail.

Dal decesso di suo padre in poi è stata costretta ad appellarsi continuamente, oltre che alle istituzioni, alle strutture sanitarie coinvolte. Ha trovato disponibilità o chiusura?

Sostanzialmente dopo aver fatto più solleciti con le istituzioni ho trovato qualche forma di apertura. Il resto è stato un po’ sorprendente, anche per quello che riguarda le risposte del direttore della centrale operativa. Mi è capitato di fare presente il comportamento di un infermiere che con mio padre era stato sgarbato e poco professionale, ma la mia versione è stata messa in dubbio.

Sta dicendo che ha denunciato il comportamento di un infermiere e l’ospedale interessato non ne ha voluto saperne di più? Non è stata avviata nessuna indagine interna per comprendere se si era in presenza di una negligenza o di un disservizio?

No, assolutamente no. Anzi ho avuto l’impressione contraria, cioè che facessero da scudo a chi era intervenuto quella sera. Mi sono anzi sentita dire dal direttore della centrale operativa del 118 le testuali parole: “posto che ciò corrisponda a verità, come fa notare la scrivente signora Valentina Caroccia, rientra nei comportamenti personali del singolo, sicuramente censurabili, ma non perseguibili”.

Della vicenda che ha raccontato a Rec News ha fatto molta impressione l’atteggiamento di parte del personale sanitario coinvolto.

Abbiamo provato tanta rabbia, tanta tristezza e tanto dolore. Quando i sanitari sono venuti a casa per soccorrere mio padre non riuscivano a trovargli la vena e sgarbatamente gli davano dei comandi del tipo “Metti il braccio così”, strattonandolo. L’hanno poi portato giù sulla sedia a rotelle a petto nudo, faceva pure freddo perché era quasi sera. E’ stata mia madre a coprirlo. Alla Clinica Tirrenia Hospital doveva essere ricoverato, come testimoniano gli audio, su indicazione del medico del 118 intervenuto e del cardiologo dell’UTIC di Paola (la terapia intensiva cardiologica, nda), ma arrivati lì non volevano ricoverarlo, non ho capito per quale ragione. Il medico del 118 si è rivolto a mia madre e a mio zio dicendo: “Dovete insistere per fare uscire il posto”.

“Insistere per fare uscire il posto” è una frase strana.

Alla fine comunque è stato accettato presso il pronto soccorso della Tirrenia Hospital, ma quando i sanitari della stessa hanno ritenuto di dover trasferire mio padre presso l’ospedale Annunziata di Cosenza la clinica non era in possesso di alcuna ambulanza. Ho scavato per capire le motivazioni e chiesto spiegazioni, ma la clinica in tutta risposta mi ha scritto tramite legale facendo finta di non sapere che ero una parente diretta. Ho parlato anche con il vicedirettore della clinica Tirrenia Hospital perché in tutto questo è stato anche smarrito un esame che si chiama emogasanalisi che la clinica sostiene di aver effettuato e di aver consegnato all’ambulanza di Amantea che ha trasportato papà in un secondo momento. Sta di fatto che di quest’esame non c’è traccia.

Non si trova un esame di marzo del 2022?

Non si trova. Il vicedirettore sostiene che sia stato consegnato ma le cose sono tre: o non è stato effettuato, o è stato fatto e non è stato consegnato o è stato consegnato ed è stato smarrito. Al vicedirettore ho anche domandato come mai l’ambulanza non fosse disponibile e lui ha risposto che ne hanno solo una e che era impegnata per il trasferimento di un paziente leucemico a Reggio Calabria. Pensare che la Tricarico è l’unica clinica della costa tirrenica cosentina ad avere l’emodinamica. Mio padre del resto non doveva neppure essere lì, perché la diagnosi inziale di infarto si è poi rivelata sbagliata.

Negli audio vagliati da Rec News si sentono anche i sanitari che rispondono flemmatici e le attese lunghe intervallate dalla Primavera di Vivaldi…

Infatti si nota subito l’incapacità di comunicare e gestire l’urgenza. Si passano il telefono di persona in persona. Mancavano mezzi, preparazione e c’era pure chi rispondeva scocciato alla richiesta di intervento.

Suo padre è deceduto dopo un’Odissea durata ore e ore.

Era un codice rosso. Avrebbero dovuto mobilitarsi subito, non avere quell’atteggiamento rilassato passandosi il telefono di persona in persona.

C’è stato anche quel problema “di connessione” che ha impedito a un esame di arrivare a destinazione.

Quando si fa l’ECG a casa, a esito ottenuto c’è il consulto tra il medico che è sul posto, del medico che è in centrale operativa e del medico di turno all’UTIC di competenza, in questo caso l’UTIC di Paola. Però alla centrale operativa del 118 l’esame non è mai arrivato per mancanza di linea. E’ arrivato però, come documentano gli atti, all’UTIC di Paola, quindi gli unici due che hanno avuto modo di confrontarsi sono stati il medico del 118 che è venuto qua a casa e il cardiologo. Il medico non è stato assolutamente in grado di gestire la situazione. Mio padre era a casa lucido e cosciente, avvertiva un dolore all’altezza dei reni ma gli è stato diagnosticato un infarto. Quando è stato trasportato sulla seconda ambulanza già non rispondeva e secondo i referti aveva già i valori sballati. Dopo ore di attesa, due ore circa delle quali presso la Tirrenia Hospital, è deceduto.

Mi diceva che in un referto clinico anziché scrivere “sottorenale” hanno scritto “soprarenale”. Sono questioni di lana caprina oppure ha senso porsi delle domande?

Sì, ha senso porsi il quesito e stiamo seguendo anche tutta la parte medica per comprendere meglio come si sono svolti i fatti. Sappiamo che è arrivato in Chirurgia all’Annunziata in condizioni già critiche e che i medici hanno innestato le protesi. L’operazione è durata circa due ore e mezzo e da come si legge dalla cartella clinica ci sono stati due arresti cardiaci, uno dei quali ripreso con il defibrillatore. Hanno provato a recuperarlo, ma all’una e trenta di notte è stato constatato il decesso.

Nel caso di suo padre la diagnostica appare mancante o errata.

Sì, non gli è stata fatta la TAC a contrasto che avrebbe dovuto evidenziare le rotture subentrate che inizialmente non c’erano, e poi gli è stato diagnosticato, sbagliando, un infarto. Mio padre aveva bisogno di essere trasferito immediatamente, e sottolineo immediatamente, presso la struttura dove è stato operato, invece è stato perso inutilmente tanto tempo e non c’erano neppure i mezzi per effettuare il trasporto.

La prima diagnosi di suo padre è avvenuta tramite telemedicina, però il referto non è mai giunto a destinazione per un problema di connessione. Il timore è che determinate procedure macchinose che coinvolgono tanto personale sanitario e tante unità distanti tra loro, possano mettere in pericolo il paziente. Se si spezza un anello della catena, i rischi possono superare i vantaggi.

Ma se alla fine mi sono sentita dire “Ritieniti fortunata che quella sera c’era il medico con l’ambulanza”, perché la prima ambulanza è venuta 5 minuti dopo la chiamata, ma solo perché stava facendo rifornimento lì vicino. Mi sono vergognata per loro a sentire frasi del genere. Per riuscire a fare gli accessi agli atti che riguardano il decesso di mio padre mi sono trovata di fronte a telefoni sbattuti in faccia. Se scegli di fare il medico devi avere una vocazione, una passione, ma se poi non hai professionalità e sei perfino disumano, è meglio che cambi mestiere. Ora non c’è solo il dolore, ma anche la rabbia.

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