
“Crisi di governo”, perché (per ora) è tutta una farsa
Il passo indietro del M5S, che si è detto pronto a “dare la fiducia al governo”. Poi il “D-Day della legislatura” che scatta il 24 settembre, quando i parlamentari avranno maturato la tanto agognata pensione. Ecco perché un Draghi bis che traghetti fino a nuove elezioni conviene (purtroppo) a tutti
Riavvolgiamo il nastro delle ultime 72 ore appena trascorse: Conte – l’iniziato e l’iniziatore della crisi economica, colui il quale ha inaugurato la stagione delle chiusure e ha ridotto gli italiani sul lastrico, decide improvvisamente che il governo Draghi (un copia-incolla del suo) non gli va bene. Seguono – nell’ordine – la mancata adesione dei cinquestelle al decreto legge (che è passato grazie alla Fiducia, quindi tecnicamente nulla di strano rispetto a tante altre votazioni), la fuga drammaturgica di Draghi e la sua lettera al Consiglio dei Ministri e, per finire, il no secco di Mattarella, che ha rispedito il premier alle Camere manco fosse uno scolaretto in punizione. E manco ci trovassimo in una Repubblica presidenziale: Mattarella avrebbe dovuto accettare le dimissioni e la crisi di governo avrebbe dovuto avere contorni ben più definiti, invece fino a questo momento è tutto congelato.
Si badi bene che tutto era stato preparato negli ultimi mesi con la nascita del nuovo partito di Di Maio e con la formazione di altri soggetti politici, perché é chiaro che quando ci si troverà davvero davanti alle urne la classe politica si premunirà di prodursi nelle solite finte contrapposizioni. Se ne intravede già l’inizio, con gli ex grillini vecchi e nuovi che danno addosso al M5S, movimento che con l’uscita del ministro degli Esteri è di nuovo diventato il male assoluto. Una situazione che potrebbe essere cavalcata da Patuanelli, il titolare del dicastero all’Agricoltura che ha (ambiziosamente) votato contro il DL Aiuti.
I partiti, insomma, si illudono che un po’ di agitazione possa ridare una parvenza di credibilità a persone che non hanno programmi e sono abituati ad esprimersi per proclami. L’intento nemmeno poi tanto velato è quello di agitarsi fino a martedì, per poi ricomporsi in nome della “responsabilità” mercoledì, quando Draghi è chiamato a riferire alle Camere e quando ci si proietterà verso la verifica di Maggioranza. Che farà il M5S, allora? La linea espressa dal capogruppo al Senato Mariolina Castellone è piuttosto chiara: “C’è tutta la nostra disponibilità a dare la fiducia al governo – si è affrettata a fare sapere dopo i recenti subbugli promossi da Conte – a meno che Draghi non dica che vuole smantellare il reddito di cittadinanza o demolire pezzo per pezzo ogni nostra singola misura, dal decreto dignità al cashback”.
E cosa vuoi che dica Draghi, condannato al silenzio da Mattarella, dai renziani e dai democratici già al lavoro sul “Draghi bis”, manco il premier fosse un pupattolo inanimato da mettere e togliere quando è più utile? Come vuoi che reagisca quel che resta del governo con Gentiloni e Von der Leyen che “guardano con preoccupazione agli eventi” e con la notizia – bisogna vedere se fondata – che Mosca rifiuta l’insediamento di un nuovo esecutivo filo-americano? Non si iniziano già a sentire i cori che richiamano alla responsabilità, al dovere di restare per proteggersi da Putin, dalla crisi economica, dagli effetti della guerra e dalla siccità?
Tajani si è portato avanti col lavoro e lo ha detto chiaramente: quello che è successo “è da irresponsabili”, come se tutti i partiti non avessero firmato quella cambiale in bianco a cui si è appellato Conte in conferenza stampa. Anche se questa volta stanno rischiando parecchio, e non è detto che riescano a sfilarsi da tutto in meno di una settimana e a ricomporsi come se nulla fosse. Ma Letta lo ha detto chiaramente: “Abbiamo cinque giorni”. Il countdown è già iniziato e tutti sono in realtà interessati alla conservazione del governo Draghi, almeno fino al 24 settembre, quando i nostri parlamentari avranno maturato la tanto agognata pensione.
Solo da lì in poi potrebbe aprirsi il capitolo elezioni, ma anche lì è tutto da scrivere. Meloni, ieri in congresso nel bel mezzo della “crisi”, non fa che appellarsi alle urne, a dirsi pronta per governare e a dichiarare una guerra farlocca al partito di Enrico Letta, uno degli invitati di Atreju (la festa di Fratelli d’Italia) con cui appena tre mesi fa diceva di avere “più di un punto di contatto”. Ma Salvini sembra avere finalmente mangiato la foglia dell’inganno e ha prontamente e giustamente trovato una sponda in Berlusconi, di fatto condannando la leader di FdI a un esilio forzoso dal centrodestra. Perché dal “Mai con il Pd” in poi di Di Maio è bene, ovviamente, abituarsi a tutto, anche ad alleanze oggi innaturali che un domani potrebbero divenire la norma. Tanto gli italiani dimenticano in fretta.
Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it
POLITICA
Infiltrazioni nei flussi migratori e contrasto dei reati online contro i minori. Piantedosi fa il punto con l’omologo giapponese

Questa mattina il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha avuto una call preparatoria, in vista della prossima ministeriale G7 che si terrà in Giappone a Mito, con il ministro dell’Interno giapponese Yoshifumi Matsumura.
“Piena sintonia tra le nostre agende e durante la Presidenza italiana nel 2024 garantiremo continuità ai temi in discussione, portando avanti numerosi punti in comune. Innanzitutto promuoveremo il dibattito sulle principali minacce provenienti dalla criminalità organizzata transnazionale, e in quest’ambito proporremo di approfondire in particolare il tema del contrasto ai trafficanti di migranti e alla tratta di esseri umani” ha dichiarato Piantedosi.
Altro tema al centro del colloquio, il contrasto al terrorismo e la prevenzione del rischio di possibili infiltrazioni di terroristi nei flussi migratori illegali. Nel corso del colloquio i due ministri hanno affrontato anche altri temi quali l’Intelligenza Artificiale, le minacce provenienti dal web quali lo sfruttamento sessuale dei minori online, il contrasto al narcotraffico.

L’associazione ambientalista Fare Verde ETS ODV ha espresso “forti perplessità” in merito alla premiazione ricevuta da Acea Ambiente per l’impianto di San Vittore del Lazio alla fiera eco-green sull’economia circolare Ecomondo 2023, anche in considerazione delle “numerose segnalazioni alla Commissione Europea e alla varie procure inerenti la scarsa sostenibilità dell’impianto e addirittura la presunta erronea classificazione ad “impianto a recupero energetico”.
“L’area dove è ubicato l’impianto – fanno sapere dall’associazione – è considerata area di risanamento per ciò che concerne i PM10. Lo stesso sembrerebbe non essere autorizzabile ad operazioni a recupero energetico e quindi assimilabile a “termovalorizzazione”, ma in maniera inverosimile risulta piuttosto essere un semplice inceneritore a terra. Che un semplice inceneritore possa essere premiato ad una fiera “eco-green” – rimarcano gli interessati – è alquanto esilarante, soprattutto in considerazione del fatto che l’impianto è causa di un problema di doppio inquinamento, scaturito dal mancato utilizzo ogni anno di enormi quantitativi di energia termica che in Comuni ad alta densità di popolazione devono poi essere prodotti attraverso combustibili fossili, pellet, lega ecc., e di “triplo inquinamento” dovuto al fatto che la maggior parte dei rifiuti trattati provengano dal Comune Roma distante circa 150 km da San Vittore”.
“Circa 15.000 viaggi all”anno su appositi camion adibiti al trasporto di rifiuti conducono – concludono dall’associazione – a un’immissione in atmosfera di una quantità di anidride carbonica superiore a quella direttamente derivante dall’attività dell’inceneritore stesso. Senza alcun pregiudizio e convinti del fatto che gli organizzatori non potevano essere a conoscenza di quanto esposto, si invita gli stessi ad effettuare valutazioni più attente e conformi”.
POLITICA
Pass, varchi con tornelli e pagamenti. L’accesso alla Serenissima non sarà più libero

Dal 2024 l’ingresso nella Serenissima non sarà più libero. E’ quanto ha stabilito il “Regolamento per l’istituzione e la disciplina del Contributo di accesso, con o senza vettore, alla Città antica del Comune di Venezia e alle altre Isole minori della Laguna” approvato con la delibera dello scorso 12 settembre dai due terzi del consiglio comunale. Il regolamento dispone – per il prossimo anno – l’introduzione del “Venice Pass”. Si parla di varchi con tornelli d’ingresso nei punti strategici della città e del pagamento di un biglietto che varierà dai 3 ai 10 euro a persona, a seconda del giorno e dell’affluenza. Previsti controlli e multe che oscillano dai 30 ai 500 euro per chi non si conforma e non espone il QR Code che gli verrà assegnato.
Non c’è, però, solo il regolamento approvato dal Comune che introduce dei blocchi fisici all’ingresso della città. Perché dopo il contestato via libera di Palazzo Dandolo Farsetti è stato tutto un fioccare di app e servizi associati all’idea di limitare l’accesso ai luoghi cult di Venezia e a fare, con l’occasione, cassa facile. Per esempio è sbucata l’omonima app “Venice Pass“, che fa capo al circuito Italy Pass che sta già interessando città come Roma e Napoli. Prevede tre forme di abbonamento, la più costosa delle quali arriva a 99.90 euro – visite incluse – per cinque giorni di permanenza nella città lagunare. C’è poi il “Venezia è Unica City Pass“, acquistabile direttamente dal sito del Comune e personalizzabile in base ai luoghi e alle attività scelti.
Nuovi Pass, insomma, per limitare l’accesso a determinati luoghi. Questa volta a farne le spese sarà chi vorrà visitare liberamente Venezia o i cosiddetti turisti “mordi e fuggi”, che una volta giunti presso i luoghi strategici della Serenissima si troveranno di fronte a eloquenti varchi e tornelli che gli sbarreranno la strada. Il regolamento oltre a porre evidenti discriminazioni di base tra chi può accedere liberamente a Venezia e chi no, introduce anche le “giornate a bollino nero”, quelle cioè caratterizzate da una maggiore affluenza in cui si pagherà l’importo massimo e ci sarà un limite fissato di persone che possono accedere.
Alcuni potranno avere l’esenzione, ma solo registrandosi a una piattaforma
Si legge, poi, sul sito del Comune di Venezia: “Si è stabilito che il Contributo di accesso dovrà essere corrisposto da ogni persona fisica, di età superiore ai 14 anni, che acceda alla Città antica del Comune di Venezia, salvo che non rientri nelle categorie di esclusioni ed esenzioni”. Le prime riguardano residenti, lavoratori, studenti e chi ha pagato l’IMU al Comune di Venezia, le seconde chi risiede in strutture ricettive, chi deve curarsi, chi partecipa a gare sportive e chi fa parte delle Forze dell’Ordine. Per chi può essere esentato, tuttavia, il privilegio non sarà automatico, ma subordinato alla registrazione online su una piattaforma dedicata che servirà a programmare la visita in anticipo.
Si direbbe che il Venice Pass e il relativo regolamento costituiscano un altro precedente pericoloso in fatto di mancato rispetto delle libertà costituzionalmente garantite, ma c’è un aspetto confortante. L’applicazione del regolamento – programmata per la primavera dell’anno prossimo – sarà preceduta da una fase sperimentale della durata di 30 giorni spalmati su un anno, che servirà a “valutare l’efficacia del nuovo sistema di accesso” e, probabilmente, anche il grado di accettazione della misura draconiana. Non è da escludersi, dunque, che possa rivelarsi un flop, esattamente come le altre iniziative simili che lo hanno preceduto.

Durante un’intervista nel programma L’Italia s’è desta di Radio Cusano, il costituzionalista Fulco Lanchester ha commentato il disegno di legge per tentare di introdurre in Italia l’elezione diretta del presidente del Consiglio. “Notiamo bene – ha detto – che già a inizio di agosto l’onorevole Matteo Renzi aveva presentato un progetto simile ma molto differente” (quello del “sindaco d’Italia” relativo alla modifica degli articoli 92 e 94, ndr).
“Gli somigliava, ma qui ci sono almeno sette punti di problematicità. Si è voluto, in verità, trovare l’identità tra masse e capo. Quindi è un progetto che confligge con gli standard del costituzionalismo democratico basato sull’equilibrio e sulla separazione dei poteri, distrugge la collaborazione elastica tra gli organi costituzionali di indirizzo attivo, ma soprattutto – ha sottolineato – istituisce un obbligo di mandato imperativo dei parlamentari in violazione dell’articolo 67 della Costituzione”
“Per la prima volta si inseriscono, all’interno del testo costituzionale, le previsioni confuse e inusitate di un sistema elettorale maggioritario con premio del 55% senza stabilire la soglia minima. E vi sono sentenze della Corte Costituzionale, in particolare la sentenza 35 del 2017, che hanno dichiarato l’Italicum incostituzionale proprio per questo motivo”, ha spiegato Lanchester elencando le diverse criticità all’interno della riforma.
“Si ritorna al sistema ipotizzato dall’on. Silvio Berlusconi nel 2004/05, quando diceva che alla Camera avrebbero dovuto votare soltanto i presidenti dei gruppi parlamentari perché in realtà rappresentano l’azionariato principale. Poi, non si affronta il problema della legislazione elettorale di contorno, il finanziamento, il rimborso delle spese elettorale, l’eguaglianza delle opportunità fra i concorrenti. Per questo motivo – ha continuato – credo che il progetto abbia ancora bisogno di un’elaborazione. È stato fatto, in realtà, anche per motivi pubblicitari in vista delle prossime elezioni europee, per caratterizzare un indirizzo che altrimenti sarebbe stato oscurato dalle difficoltà economiche e di comunicazione che si sono evidenziate in settimana”.
Si è infine parlato dei punti riguardanti i senatori a vita e i governi tecnici, a tal proposito Fulco Lanchester ha precisato: “Per quanto riguarda i senatori a vita, si elimina il secondo comma dell’articolo 59 e dunque la possibilità per il capo dello Stato di nominare 5 senatori a vita. Per quanto riguarda il secondo argomento, il governo tecnico deriva da problemi di instabilità del sistema dei partiti e dall’astensionismo elettorale. Sono tutti problemi che devono essere risolti ricostruendo il rapporto fra corpo elettorale, il sistema dei partiti e le istituzioni”.
“La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”: c’è sempre questo problema. Alcuni sottolineano che la sovranità appartiene al popolo e altri mettono in evidenza che la Costituzione dice che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Questo progetto salta dall’articolo 1 all’articolo 94, evidenziando un circuito di identificazione tra corpo elettorale e il potere di indirizzo concentrato nel Presidente del Consiglio e nel suo governo. In realtà – ha concluso Lanchester – il sistema è liberaldemocratico, e il costituzionalismo liberaldemocratico è basato sulla separazione dei poteri e anche sul fatto che ci possano essere delle vie di uscita”.
Analisi arguta e realistica
Draghi è un pupattolo inanimato, un servo del NWO come la farsa del parlamento italiano, che rappresenta una finta democrazia voluta dalla massoneria anglo americana. Draghi deve solo esguire, è il nulla diventato qualcuno grazie alla “fratellanza” di sei logge internazionali alle quali appartiene. La Meloni è un’altra mediocre senza arte ne parte, come molti in questo parlamento, ma gli indizi della sua finta opposizione sono chiari. E’ entrata nell’Aspen Institute dei Rockefeller non certo per meriti acquisiti, ma solo perchè deve compiere un servigio.
Sostenitrice della Nato e di conseguenza dei suoi crimini, è anche favorevole a sostenere la guerra anti-russa, costi quello che costi al paese, come tutti gli altri partiti.
Infine il green pass e tutti i provevdimenti covid, prima d’accordo, poi contraria per ordini ricevuti, non certo per idee proprie, anche se i crimini di cui sono stati corresponsabili le regioni dove governa con il centro destra, confermano la sua appartenenza al NWO.
Certo i media la stanno esaltando come antisistema, le percentuali del partito aumentano, ma in realtà i voti no, perchè l’astensionismo ha colpito tutti i partiti, e questo significa che la metà dei cittadini non si fida più di nessuno. Sul fatto che gli italiani dimenticano facilmente, si, ma quando la pancia è piena e tutto procede bene, mentre in mezzo al disastro finanziario-economico le motivazioni cambiano, lo Sri Lanka insegna, così come altri paesi europei.
Dopo i “punti di contatto con Letta” Meloni finge di dichiarare guerra al Pd