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Riavvolgiamo il nastro delle ultime 72 ore appena trascorse: Conte – l’iniziato e l’iniziatore della crisi economica, colui il quale ha inaugurato la stagione delle chiusure e ha ridotto gli italiani sul lastrico, decide improvvisamente che il governo Draghi (un copia-incolla del suo) non gli va bene. Seguono – nell’ordine – la mancata adesione dei cinquestelle al decreto legge (che è passato grazie alla Fiducia, quindi tecnicamente nulla di strano rispetto a tante altre votazioni), la fuga drammaturgica di Draghi e la sua lettera al Consiglio dei Ministri e, per finire, il no secco di Mattarella, che ha rispedito il premier alle Camere manco fosse uno scolaretto in punizione. E manco ci trovassimo in una Repubblica presidenziale: Mattarella avrebbe dovuto accettare le dimissioni e la crisi di governo avrebbe dovuto avere contorni ben più definiti, invece fino a questo momento è tutto congelato.

Si badi bene che tutto era stato preparato negli ultimi mesi con la nascita del nuovo partito di Di Maio e con la formazione di altri soggetti politici, perché é chiaro che quando ci si troverà davvero davanti alle urne la classe politica si premunirà di prodursi nelle solite finte contrapposizioni. Se ne intravede già l’inizio, con gli ex grillini vecchi e nuovi che danno addosso al M5S, movimento che con l’uscita del ministro degli Esteri è di nuovo diventato il male assoluto. Una situazione che potrebbe essere cavalcata da Patuanelli, il titolare del dicastero all’Agricoltura che ha (ambiziosamente) votato contro il DL Aiuti.

I partiti, insomma, si illudono che un po’ di agitazione possa ridare una parvenza di credibilità a persone che non hanno programmi e sono abituati ad esprimersi per proclami. L’intento nemmeno poi tanto velato è quello di agitarsi fino a martedì, per poi ricomporsi in nome della “responsabilità” mercoledì, quando Draghi è chiamato a riferire alle Camere e quando ci si proietterà verso la verifica di Maggioranza. Che farà il M5S, allora? La linea espressa dal capogruppo al Senato Mariolina Castellone è piuttosto chiara: “C’è tutta la nostra disponibilità a dare la fiducia al governo – si è affrettata a fare sapere dopo i recenti subbugli promossi da Conte – a meno che Draghi non dica che vuole smantellare il reddito di cittadinanza o demolire pezzo per pezzo ogni nostra singola misura, dal decreto dignità al cashback”.

E cosa vuoi che dica Draghi, condannato al silenzio da Mattarella, dai renziani e dai democratici già al lavoro sul “Draghi bis”, manco il premier fosse un pupattolo inanimato da mettere e togliere quando è più utile? Come vuoi che reagisca quel che resta del governo con Gentiloni e Von der Leyen che “guardano con preoccupazione agli eventi” e con la notizia – bisogna vedere se fondata – che Mosca rifiuta l’insediamento di un nuovo esecutivo filo-americano? Non si iniziano già a sentire i cori che richiamano alla responsabilità, al dovere di restare per proteggersi da Putin, dalla crisi economica, dagli effetti della guerra e dalla siccità?

Tajani si è portato avanti col lavoro e lo ha detto chiaramente: quello che è successo “è da irresponsabili”, come se tutti i partiti non avessero firmato quella cambiale in bianco a cui si è appellato Conte in conferenza stampa. Anche se questa volta stanno rischiando parecchio, e non è detto che riescano a sfilarsi da tutto in meno di una settimana e a ricomporsi come se nulla fosse. Ma Letta lo ha detto chiaramente: “Abbiamo cinque giorni”. Il countdown è già iniziato e tutti sono in realtà interessati alla conservazione del governo Draghi, almeno fino al 24 settembre, quando i nostri parlamentari avranno maturato la tanto agognata pensione.

Solo da lì in poi potrebbe aprirsi il capitolo elezioni, ma anche lì è tutto da scrivere. Meloni, ieri in congresso nel bel mezzo della “crisi”, non fa che appellarsi alle urne, a dirsi pronta per governare e a dichiarare una guerra farlocca al partito di Enrico Letta, uno degli invitati di Atreju (la festa di Fratelli d’Italia) con cui appena tre mesi fa diceva di avere “più di un punto di contatto”. Ma Salvini sembra avere finalmente mangiato la foglia dell’inganno e ha prontamente e giustamente trovato una sponda in Berlusconi, di fatto condannando la leader di FdI a un esilio forzoso dal centrodestra. Perché dal “Mai con il Pd” in poi di Di Maio è bene, ovviamente, abituarsi a tutto, anche ad alleanze oggi innaturali che un domani potrebbero divenire la norma. Tanto gli italiani dimenticano in fretta.

Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it

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Emanuele

Analisi arguta e realistica

RobertoEsse

Draghi è un pupattolo inanimato, un servo del NWO come la farsa del parlamento italiano, che rappresenta una finta democrazia voluta dalla massoneria anglo americana. Draghi deve solo esguire, è il nulla diventato qualcuno grazie alla “fratellanza” di sei logge internazionali alle quali appartiene. La Meloni è un’altra mediocre senza arte ne parte, come molti in questo parlamento, ma gli indizi della sua finta opposizione sono chiari. E’ entrata nell’Aspen Institute dei Rockefeller non certo per meriti acquisiti, ma solo perchè deve compiere un servigio.
Sostenitrice della Nato e di conseguenza dei suoi crimini, è anche favorevole a sostenere la guerra anti-russa, costi quello che costi al paese, come tutti gli altri partiti.
Infine il green pass e tutti i provevdimenti covid, prima d’accordo, poi contraria per ordini ricevuti, non certo per idee proprie, anche se i crimini di cui sono stati corresponsabili le regioni dove governa con il centro destra, confermano la sua appartenenza al NWO.
Certo i media la stanno esaltando come antisistema, le percentuali del partito aumentano, ma in realtà i voti no, perchè l’astensionismo ha colpito tutti i partiti, e questo significa che la metà dei cittadini non si fida più di nessuno. Sul fatto che gli italiani dimenticano facilmente, si, ma quando la pancia è piena e tutto procede bene, mentre in mezzo al disastro finanziario-economico le motivazioni cambiano, lo Sri Lanka insegna, così come altri paesi europei.

POLITICA

Edilizia scolastica, stanziati 936 milioni per 399 istituti. Gli interventi regione per regione

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Edilizia scolastica, stanziati 936 milioni per 399 istituti. Gli interventi regione per regione | Rec News dir. Zaira Bartucca
Comunicato Stampa

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha pubblicato l’elenco di 399 interventi di edilizia scolastica indicati dalle Regioni a seguito dello stanziamento di risorse aggiuntive avvenuto con decreto del Ministro del 7 dicembre 2022 e finanziati con circa 936 mln di risorse nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, immediatamente attuativi.

Gli interventi sono dedicati a messa in sicurezza degli istituti, alla riqualificazione, all’adeguamento sismico e antincendio, all’eliminazione delle barriere architettoniche e sono stati individuati nei Piani presentati dalle Regioni entro lo scorso 17 febbraio. I Comuni e le Province possono avviare subito la definizione delle progettazioni e le procedure per l’appalto dei lavori. Con successivo decreto verranno autorizzati alcuni ulteriori interventi, utilizzando i residui della programmazione.

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ESTERI

Cooperazione russo-cinese, annunciata la firma di documenti bilaterali

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Cooperazione russo-cinese, annunciata la firma di documenti bilaterali | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il 20 marzo 2023 il presidente cinese Xi Jinping si recherà in visita di Stato in Russia. Durante i colloqui verranno discusse questioni inerenti lo sviluppo del partenariato globale e della cooperazione strategica tra Russia e Cina. In agenda anche la cooperazione russo-cinese sulla scena internazionale. Da parte del Cremlino l’annuncio della firma di “importanti documenti bilaterali”.

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POLITICA

Un’altra incongruenza della Riforma Cartabia

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Un'altra incongruenza della Riforma Cartabia | Rec News dir. Zaira Bartucca

Si tratta di una materia tecnica e articolata, ma ha un effetto diretto su centinaia di migliaia di famiglie italiane, quelle cioè che hanno un’esecuzione immobiliare in corso. Una casa in asta, insomma. Solo nel 2022 sono state pubblicate sul Portale di Vendite Pubbliche oltre 191.000 aste, da sommare alle centinaia di migliaia di lotti pubblicati negli anni precedenti e non assorbiti dal mercato. E con il D. Lgs n. 149/2022, attuativo della Riforma Cartabia, cambiano molte cose. Il 30 giugno entrerà in vigore, tra l’altro, una novità che ha un impatto diretto sulle esecuzioni immobiliari. Peccato che ci sia un’incongruenza che potrebbe rendere del tutto nulla la novità. Lo spiega Lucjiana Lozancic, amministratore delegato di Case Italia e Rendimento Etico, società di servizi immobiliari specializzati nella risoluzione del debito.

“Con la riforma Cartabia, il legislatore introduce la “vendita diretta” dei beni esecutati in alternativa alla vendita all’asta “ordinaria”. In parole semplici, chi si è visto pignorare la casa avrà la possibilità di venderla ad acquirenti privati. Lo scopo è coinvolgere l’esecutato nella vendita del bene pignorato. Perché dovrebbe farlo? Semplice: per evitare che, in caso di asta deserta, la casa sia rimessa in vendita a un prezzo inferiore”. Infatti, spiega l’esperta, “la vendita in asta di una casa spesso non risolve i problemi di debito dei proprietari”. I meccanismi delle aste portano spesso alla svalutazione dell’immobile, con il risultato che nella maggior parte di casi la vendita non soddisfa i diritti dei creditori.

“Riteniamo che la vendita diretta potrebbe rappresentare un’alternativa interessante per la persona con la casa in asta. Inoltre, la riforma vorrebbe tutelare i creditori dalla svalutazione del bene. Peccato che la vendita diretta al momento risulti “monca”. Infatti, chiunque voglia presentarsi a un’asta, sa che vi è la possibilità di offrire fino al 25% in meno rispetto al prezzo base d’asta, partecipando con un’offerta minima. Se l’acquirente acquista direttamente dall’esecutato, stando alle interpretazioni attuali della riforma, deve corrispondere il prezzo base. Insomma: non gli conviene”.

“E questo dettaglio – prosegue Lozancic – fa la differenza: potrebbe rappresentare un passo indietro per la risoluzione definitiva del debito. Riteniamo che per la risoluzione del debito l’attività dei professionisti in grado di trattare direttamente con i creditori, continuerà ad essere indispensabile anche dopo l’attuazione della riforma, anche perché cercare una soluzione professionale PRIMA che la casa vada all’asta è sempre preferibile e spesso anche possibile”.

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ECONOMIA

BTP Italia, il bilancio del MEF

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BTP Italia, il bilancio del MEF | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha comunicato i dettagli relativi alla Seconda Fase della diciannovesima emissione del BTP Italia, il titolo indicizzato all’inflazione italiana (Indice FOI, senza tabacchi – Indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, al netto dei tabacchi) con scadenza a 5 anni. La Seconda Fase, dedicata agli investitori istituzionali, che si è svolta il 9 marzo nell’arco di 2 ore, ha registrato 178 contratti per un controvalore complessivo domandato interamente accolto, pari a 1.353,653 milioni di euro. Questo dato, insieme a quello della Prima Fase di collocamento che ha visto un ammontare di 8.563,209 milioni di euro acquistati da piccoli risparmiatori, ha determinato una raccolta complessiva finale di quasi 10 miliardi di euro.

Sempre con riferimento alla Seconda Fase di collocamento, le informazioni raccolte dai Dealer eCo-Dealer permettono di ottenere delle statistiche quasi totalmente rappresentative dell’ammontare complessivamente allocato. In particolare, il 43 per cento dell’ammontare emesso nella Seconda Fase è stato collocato presso le banche mentre il 33,9 per cento presso asset manager. Gli investitori con un orizzonte di investimento di lungo periodo hanno acquistato il 23,1 per cento dell’emissione (in particolare il 5,6 per cento è andato ad assicurazioni, mentre il 17,5 per cento è stato allocato a istituzioni governative).

Il collocamento del titolo nella Seconda Fase ha visto una predominante presenza di investitori domestici, che ne hanno sottoscritto l’84,7 per cento. Il restante 15,3 per cento dell’emissione è stato sottoscritto da investitori europei, in particolare residenti in Svizzera (5,7 per cento), in Francia (4,7 per cento), in Germania (2,7 per cento), nel Regno Unito (1,3 per cento) e presso altri paesi europei (0,9 per cento).

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