
La rivolta dei gatekeepers
Prendi un volto piuttosto noto, incollaci su un simbolo e scegli uno o due argomenti per far presa su chi non si sente rappresentato. Otterrai la formula che dai forconi alle sardine ha permesso di infinocchiare centinaia di migliaia di italiani
Prendi un volto noto o assurto agli onori della cronaca, incollaci sopra un simbolo e scegli uno o due argomenti (non di più, e questo segna il confine con i veri indipendenti) per far presa sull’elettorato che non si sente rappresentato. Otterrai così la formula che dai forconi alle sardine in poi ha permesso di infinocchiare centinaia di migliaia di italiani, talmente desiderosi di cambiamento da appigliarsi a qualunque scialuppa di salvataggio. Anche quella più barcollante.
Italexit come la Lega anti-europeista degli esordi, ma cosa ne rimarrà?
È di questi giorni la notizia della nascita del partito di Gianluigi Paragone, quell’Italexit battezzata da Nigel Farage, il fondatore del partito Brexit che, più che essere risolutivo per l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, si è limitato a personalizzare una battaglia che altri hanno portato a compimento al posto suo. Da questo punto di vista, forse Paragone è davvero il Farage italiano – come è stato definito – nel senso che con buone possibilità se l’Italexit dovesse avere luogo, sarà a prescindere da lui.
Giornalista, qualcuno se lo ricorda ai tempi de La Gabbia, quando La7 di Urbano Cairo mise in piedi per lui un’operazione alla Piroso. Tolti i gessati, venne costruita l’immagine del giornalista ribelle. Le invettive paradossali contro i meridionali, però, a differenza dei doppiopetto sono rimaste, prima in pubblico e – riferiscono i vicini – più tardi solo in privato, per quanto la famiglia di Paragone sia lombarda solo d’adozione. Ex cinquestelle affezionato ai raduni della Lega (partito che assieme a Fratelli d’Italia ha fatto marcia indietro su uscita dall’Ue e sull’Euro), è l’oggetto di un contributo di Luca Donadel, il vlogger che ieri ha denunciato delle vicinanze distoniche rispetto a un partito che si professa sovranista.
Agenda 2030, i dem citati e l’endorsement a un simbolismo discutibile. Se R2020 delude le attese
Un’altra pentastellata confluita al Gruppo Misto (dove le fanno compagnia Vittorio Sgarbi e lo stesso Paragone) è la deputata Sara Cunial, che negli scorsi mesi ha portato alla Camera dei Deputati temi forti come l’ingerenza del magnate Bill Gates nel governo Conte, l’azione strumentale delle lobby farmaceutiche e la pantomima legata al coronavirus. Un’uscita che ha generato consensi importanti, che però temporalmente è a ridosso della costituzione di R2020, il movimento che si professa a favore di tutti i tipi di sovranità (alimentare, monetaria e individuale) fondato assieme a Davide Barillari e Ivan Catalano. Si tratti o meno di coincidenze, pare che a presentazione del movimento avvenuta (con tutte le critiche che sono seguite sulla scelta del luogo e sull’appoggio ad artisti che ammirano un simbolismo discutibile) i toni critici contro il sistema sembrano essere scemati. Con il sistema, del resto, Cunial andò a chiacchierare in occasione degli “Stati solidali”, il pic-nic tenuto a Villa Pamphili nella presentazione di cui è stato teorizzato il “pareggio di genere” caro ad Agenda 2030, il braccio armato dell’Onu che punta alla diluizione tra sessi.
L’informazione “anti-mainstream” vicina al sistema
Se c’è una cosa che accomuna i nuovi partiti e movimenti debitamente posizionati da Fratelli d’Italia, Lega e Movimento 5 Stelle (il Pd fa invece affidamento sulle sardine o piccoli squali, che dir si voglia) è che sono ugualmente rilanciati e a tratti santificati da certi siti e radio fintamente indipendenti. I primi con un passato di vicinanza a Grillo e alla Casaleggio Associati (dove trovavano posto anche presunti “debunker”), i secondi irrorati da finanziamenti e chiamati assieme ai colleghi dei video a canalizzare e a vigilare sul dissenso, con verità sempre parziali e sonde che non penetrano nel terreno, ma ci si poggiano solo sopra. Senza andare, se ci si fa caso, mai al di là della superficie.
POLITICA
Fassino anziché fare vittimismo dica la verità sui compensi e sui rimborsi ai deputati

Pensavamo di aver visto tutto, e invece no. Il deputato che piange miseria perché dice di percepire 4718 al mese, francamente ci mancava. Lo show di Fassino alla Camera con tanto di cedolino sventolato, ha avuto luogo nel momento meno opportuno, cioè nelle settimane in cui – nel silenzio generale – è stata approvata un’indennità aggiuntiva pari a 2.226,92 euro lordi al mese per tutti i capogruppo, che solo per il 2023 sarà a carico dei gruppi parlamentari, ma che dal 2024 sarà erogata direttamente dalla Camera dei Deputati. E’ quanto ha deciso l’Ufficio di presidenza di Montecitorio con la delibera 45/2023.
Anche chi non è capogruppo, comunque, può contare su compensi e rimborsi che vanno ben al di là dei 4718 euro raccontati da Fassino. Stando ai dati del 2022, ai deputati viene in realtà riconosciuta un’indennità pari a 5.269 euro, al netto delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali e al lordo delle addizionali regionali e comunali. Ma non finisce qui, perché alla somma va aggiunta la diaria per le spese di soggiorno a Roma che, sempre per il 2022, ammontava a 3.503 euro al mese. Ci sono poi altri rimborsi per spese per convegni, gestione dell’ufficio e per “l’esercizio del mandato” (altri 3.690 euro). Fino ad arrivare, a termine percorso, all’agognato assegno di fine mandato, che è pari all’80 per cento dell’importo mensile lordo dell’indennità, per ogni anno di mandato effettivo.
Non solo: i deputati italiani, praticamente, hanno quasi tutto gratis
A questa situazione già di per sé comoda si aggiunge la possibilità, per i deputati, di ottenere biglietti aerei, ferroviari e marittimi dietro la presentazione del tesserino unico, oppure di richiedere il rilascio gratuito del dispositivo Telepass. Nonostante questo, anche quando si parla di viaggi fioccano i soliti rimborsi: se la distanza da percorrere è pari o inferiore a 100 chilometri, scatta l’ennesimo rimborso che può arrivare a 3.995,10 euro a trimestre. I deputati italiani, poi, guadagnerebbero talmente poco da non potersi permettere neppure una scheda SIM e una connessione internet: fortuna che le spese vengono coperte dallo Stato, per altri 1.200 euro annui.
Mense e ristoranti a prezzi stracciati
Anche quando si parla di bevande e vivande non va meglio. Anche lì, i deputati italiani possono bearsi di non spendere nulla o di spendere cifre irrisorie. In molti ricorderanno il caso di qualche anno fa delle aragoste a un euro alle mense degli onorevoli, mentre – più di recente – è spuntato il caso dei fagotti a portar via con un’intero pranzo o un’intera cena a 5 euro. Ne ha parlato in epoca covid l’attuale sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi, che nel corso di una trasmissione televisiva si era detto amareggiato del trattamento ricevuto.
La sanità gratuita e a corsia preferenziale
I trattamenti di favore per i poveri deputati che hanno incassato la solidarietà di Fassino non finiscono qui. Sono, infatti, iscritti al Fondo di assistenza sanitaria integrativa – cui aderiscono automaticamente tramite il versamento di una trattenuta sull’indennità – e grazie a questo possono accedere ad altri rimborsi e a sistemi di cura all’avanguardia. In alcuni casi, anche aprirsi le porte della devastata Sanità pubblica. E’ rimasto scolpito nella memoria collettiva il caso di Renata Polverini, che da governatrice della Regione Lazio per essere sottoposta a un intervento occupò un intero reparto con 25 posti letto.
Il problema, poi, è il Reddito di Cittadinanza
Mentre, insomma, i deputati godono di ogni sorta di privilegio, la politica tenta di colpevolizzare chi è costretto a percepire il Reddito di cittadinanza per colpa dell’incapacità di tutti i governi di creare posti di lavoro. Certo, esiste chi ne approfitta e si tratta di una misura che ha mostrato limiti vistosi. Anche pericoli, se si considera che rappresenta l’apripista al reddito universale e a un sistema di assistenza fine a sé stesso che viene anteposto alla produttività. Però è quantomeno paradossale che gli stessi politici che fanno i conti agli spiccioli che finiscono in tasca alle famiglie disagiate siano, magari, gli stessi che vivono gratuitamente e che hanno stipendi che – senza se e senza ma – si possono definire “d’oro”.
POLITICA
Dove sono finiti 20 milioni del fondo Simest destinate alle PMI
A chi andranno le prime risorse prelevate dal Fondo 394

Leaf Space SpA, società che si occupa della fornitura di servizi del segmento di terra per la raccolta dati di operatori satellitari, ha annunciato di aver completato un aumento di capitale per complessivi 20 milioni di euro (22 milioni di dollari). Il round è stato sottoscritto dai lead investors CDP Venture Capital Sgr (attraverso il Fondo Evoluzione) e Neva Sgr, insieme a SIMEST e Digital Transition Fund – parte del gruppo CDP S.p.A. SIMEST ha peraltro effettuato la sua prima operazione attraverso il nuovo strumento di investimento diretto dedicato all’internazionalizzazione delle startup e PMI italiane, il Fondo Unico di Venture Capital.
Hanno sottoscritto l’aumento di capitale anche i già presenti azionisti RedSeed Ventures, Primo Space e Whysol Investments, che hanno contribuito al nuovo round di finanziamento dopo l’ultimo avvenuto nel 2020. In aggiunta, la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) metterà a disposizione della Società ulteriori 15 milioni di euro di Venture Debt, (l’operazione è in fase di finalizzazione).
La società è nata nel 2014 a Lomazzo (Como). Attualmente fornisce servizi di connettività e raccolta dati a circa 80 satelliti e a marzo 2023 ha effettuato più di 10.000 passaggi satellitari in un solo mese.
“I 20 milioni di euro di finanziamenti garantiti da investitori azionari, nuovi ed esistenti, si sommano ai 15 milioni di euro di Venture Debt forniti dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI) – attualmente in fase di finalizzazione”, ha dichiarato Jonata Puglia, CEO e co-fondatore di Leaf Space.
“Grazie a questi capitali potremo mantenere il nostro posizionamento nel mercato come secondo più grande operatore e fornitore di servizi Ground Segment-as-a-Service (GSaaS) al mondo e soddisfare la crescente domanda di mercato mediante una continua espansione della nostra rete globale di stazioni di terra, aggiungendo nuove aree di copertura in tutto il mondo’’.
“Abbiamo in programma di supportare nuove frequenze per i satelliti di osservazione terrestre e telerilevamento’’ ha detto Jonata Puglia, CEO e co-fondatore di Leaf Space. Giovanni Pandolfi Bortoletto, CSO & co-fondatore, ha invece dichiarato: “Entro i prossimi 10 anni puntiamo ad un futuro dove i satelliti ed ogni altro asset spaziale operino seguendo le logiche di connettività plug-and-play indipendentemente da missione, applicazione, orbita o destinazione”. La società fa inoltre sapere di stare lavorando per “porre le basi per eventuali nuove applicazioni a oggi non possibili“.
ATTUALITA'
Diplomifici, parte l’indagine ispettiva del MIM. Reclutati 146 ispettori

In merito all’indagine di Tuttoscuola sul fenomeno dei “diplomifici” dal titolo «Maturità: boom dei diplomi facili», il Ministero dell’Istruzione e del Merito avvierà una indagine ispettiva. Nel frattempo, sarà bandito a breve un concorso per il reclutamento di 146 ispettori che porterà a saturare l’organico attuale (190 Posti). “Sotto il profilo normativo – fa sapere il MIM – verranno valutati alcuni correttivi che diano più strumenti in sede ispettiva per verificare la sussistenza dei requisiti per la parità. Si sta anche lavorando per inserire nella legge di Bilancio risorse idonee per incrementare ulteriormente l’organico dei dirigenti tecnici”.
OPINIONI
Che orrore parlare di maternità “solidale” e “commerciale”

La si chiami GPA – gravidanza o gestazione per altri – maternità surrogata o utero in affitto, il risultato non cambia. Si tratta di una pratica grazie al Cielo illegale in Italia, che in altri Paesi – purtroppo – si continua a praticare. Portando con sé il suo strascico di sofferenze: quelle di una donna trattata come un’oggetto o come incubatrice, indigente e costretta dalle vicissitudini della vita a dare alla luce un figlio o una figlia che non potrà crescere e da cui dovrà separarsi.
Oppure le sofferenze riconducibili all’applicazione di questa pratica barbara, che spesso avviene in cliniche degli orrori di cui ci siamo già occupati. Ancora, le sofferenze a cui incorrono i nati da GPA, impossibilitati come sono a sapere chi sia la loro vera madre e, dunque, condannati ad avere un’identità a metà.
Un quadro ancor più desolante se si pensa che tutto ciò avviene in tempi in cui della condizione della donna si fa una bandiera, per poi tralasciare deliberatamente episodi di sfruttamento come questi. Non solo. C’è chi addirittura ci tiene a operare i doverosi distinguo, parlando di GPA “solidale” e “commerciale”. L’articolano in questi termini ormai tutti i media mainstream, le associazioni e anche alcuni partiti, facendo un po’ il verso alla legislazione britannica che da tempo permette la surroga “altruistica”, con tanto di “rimborsi” e compensi ammessi.
Questo per rispondere al tentativo – promosso da Fratelli d’Italia – di rendere l’utero in affitto reato universale. E’ di ieri la notizia del primo via libera della Camera alla proposta di legge della deputata Carolina Varchi. A guardarla di fretta ce ne sarebbe abbastanza per esultare. Ma prima di farlo bisognerebbe domandarsi cosa rimarrà, alla fine di tutto l’iter, di questa proposta di legge.
Ci si deve anzitutto augurare che non sia l’ennesimo cavallo di Troia per trasformare quello che oggi è un reato in una pratica da sfaldare, un domani, con una modifica dopo l’altra alla legge che sarà, oppure con la solita serie di sentenze strumentali che spesso si antepongono alle stesse leggi.
E’ forse in questo contesto che va inserito un dibattito preparatorio e una propaganda che cerca costantemente di avvicinare e rendere familiari determinati argomenti. Senza, si badi bene, mai demolirli, criticarli e chiamarli con i giusti termini, che sono quelli che non ammettono sfumature di sorta.
In questo intreccio sembrano muoversi, con gli stessi identici fini, sia i cerchiobottisti che quelli che danno platealmente all’utero in affitto una connotazione solidale e, dunque, in fin dei conti accettabile e positiva.
La GPA rimane comunque commerciale anche quando è altruistica (perché comunque prevede un pagamento e, letteralmente, la vendita del malcapitato bambino) ma per convenienza viene chiamata in un altro modo, così da darle un valore etico e morale che venga accettato dai più distratti. Che, spesso, non sanno nemmeno cosa si celi dietro determinati acronimi o dietro gli slogan della politica.
Se fa orrore l’idea di arrivare a commercializzare anche la Vita che nasce? Ovviamente sì, o, almeno, alle persone normali o per intenderci umane dovrebbe farne. Eppure l’opera di sdoganamento continua imperterrita senza che nessuno batta ciglio, anzi a utilizzare questi termini spesso sono proprio quelli che dicono di battersi contro l’utero in affitto.
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