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“E’ da tempo uno dei paesi più sicuri dell’Africa occidentale, ma ha dovuto aspettare qualche tempo per beneficiare di una crescita all’altezza delle aspettative create dalla stabilità politica”. Il ritratto che il Post fa del Ghana, è emblematico. Uno Stato, quello della prospera capitale Accra (nella foto), benedetto da “una prima espansione avvenuta fra gli anni Novanta e Duemila” dovuta “alla scoperta di ricchi giacimenti di petrolio: fra 2005 e 2013 – fanno sapere dal sito di informazione – il Pil è diventato cinque volte più grande, passando da 10 a 47 miliardi di dollari”. Una situazione confermata dai dati dello stesso Fondo monetario internazionale, che addirittura ha intravisto per il 2018 e per il futuro il suo “potenziale” di guidare un’economia sempre più diversificata.

Per lo Stato africano, dunque, a differenza dei Paesi asciugati dalla crisi come l’Italia, si tratta di stabilizzare la propria ricchezza. Estenderla e conservarla. Il cacao, parallelamente all’oro nero, è parte di un indotto assai redditizio. Tanto che la Niche Cocoa, azienda che ne lavora la materia prima per produrre cioccolato e burro, ha addirittura raddoppiato la sua produzione. L’anno corrente l’azienda, diversamente da quelle barcollanti del Belpaese, lo ha salutato con più di cento nuovi dipendenti. Ordini da evadere? Macché. Per l’anno corrente ha venduto anche quello che ancora deve produrre.

Stupirà, ma è proprio qui che il ministro dell’Interno Matteo Salvini porta avanti politiche di ausilio economico. Della volontà di regalare più di un miliardo al Nord Africa e avevamo già scritto, e questa mattina da piazza del Popolo è arrivata la conferma: “Stiamo lavorando con alcuni imprenditori italiani – ha detto il titolare del Viminale – per dare la possibilità di studiare e di lavorare a 800 ragazzi del Ghana”. Per quale motivo Salvini sia desideroso di foraggiare il ceto medio africano, visto che il Ghana è uno degli Stati più ricchi al mondo oltre che quello che cresce più rapidamente, rimane da chiarire. Forse c’entra il fatto che l’Africa – abbiamo scritto anche questo – è l’oro del futuro. E’ la “pacchia” di tanti titolari di imprese italiane che, incuranti dei danni provocati all’economia nazionale, sono di stanza nel continente nero, dove avviene la corsa agli investimenti.

Anche Theresa May ci è andata in pellegrinaggio – esattamente come Salvini – varie volte nel corso di quest’anno. Il Primo ministro inglese ha annunciato l’intenzione di aumentare la presenza economica in Africa. Bloomberg è chiaro: Londra sarà il più grande investitore del continente tra i paesi del G7, con ben 55 miliardi di dollari l’anno. In volata, tra l’altro, rispetto alla Francia che si ferma a 49 miliardi, peggio degli Stati Uniti che rimpolpano il continente con 57 miliardi l’anno.

Un quadro di investimenti degno dell’Oriente più ricco o degli Stati Uniti, che sta preparando l’Africa a essere il nuovo competitor su scala mondiale. Povertà, guerre? Stando ai dati di Guerre nel Mondo la scontano 5 paesi africani su 54. In 24 casi, si tratta invece di guerriglie e di scontri (anche solo sociali). Scrive Marco Cochi di Afro Focus: “Il continente ospita 54 paesi: 17 non hanno mai subito un attacco terroristico, mentre, dal 2013, più della metà dei Paesi africani non ha mai avuto una morte connessa al terrorismo. E altri sei paesi hanno registrato meno di dieci vittime causate da attentati”.

Ancor meno c’entrano il pacifico Ghana e l’altrettanto fiorente Accra che, a eccezione di quartieri dal discreto tasso di criminalità come Agbogbloshie, non presentano alcun fattore di rischio. Il Ghana è un Paese politicamente democratico e stabile, sorretto da un governo totalmente legittimo. Scrive Info Mercati esteri:

Le elezioni presidenziali tenutesi il 7 dicembre 2016 sono state vinte da Nana Addo Dankwa Akufo-Addo, leader del partito liberal-conservatore New Patriotic Party (Npp), che ha ottenuto il 53,85 per cento dei suffragi a fronte del 44,40 per cento riportato dal suo principale avversario, il presidente uscente Mahama, espressione dei democratici. L’affluenza si è attestata al 68,6 per cento per elezioni che sono state giudicate come libere, credibili e trasparenti. Lo stesso 7 dicembre 2016 si sono tenute anche le elezioni per il rinnovo del Parlamento. Il New patriotic party ha conquistato anche la maggioranza dei seggi parlamentari. Si tratta delle settime elezioni consecutive che si svolgono in Ghana in un clima pacifico da quando nel 1992 fu restaurata la democrazia. Il governo formatosi a seguito delle elezioni del dicembre 2016 ha adottato un’agenda che si ripromette di rilanciare l’economia, ridurre la corruzione e promuovere un’industrializzazione accelerata del Paese.

La testata economica fornisce ulteriori dati interessanti, aggiornati a novembre di quest’anno: “Gli ultimi dati pubblicati dall’ente statistico ghanese, fotografano il ritorno a una crescita economica sostenuta, trainata dal settore oil & gas: nel 2017 l’aumento del Pil su base annua è stato pari all’8,5 per cento; nel primo trimestre 2018 al 6,8 per cento; nel secondo trimestre 2018 al 5,4 per cento. Il Fondo monetario internazionale, nel suo Regional economic outlook pubblicato nell’aprile 2018, stima una crescita nel 2018 e nel 2019 rispettivamente pari al 6,3% e al 7,6%. L’economia ghanese è attesa beneficiare sia dello sfruttamento delle risorse di idrocarburi al largo delle coste ghanesi, incluso il campo offshore Octp operato da Eni, sia della componente non-oil (secondo le previsioni del Fmi, +5 per cento nel 2018 e +6 per cento nel 2019)”.


Tanto che nel 2015 lo stesso Fondo Monetario Internazionale ha approvato una linea creditizia ampliata (“Extended Credit Facility”) triennale di 918 milioni di dollari per supportarne le riforme economiche di medio termine. Il programma servirà a favorire l’elevata crescita economica, oltre ad agevolare la creazione di ulteriori posti di lavoro. Il presidente Akufo-Addo nel corso del suo discorso alla Nazione all’inizio di quest’anno ha addirittura parlato di “brillanti risultati ottenuti”, confermando quanto sostenuto finora: il Ghana corre più veloce di tutti. Senza l’intervento della povera Italia che, a quanto pare, si priva di una costola per far piovere sul bagnato.

OPINIONI

Quello di Mollicone in realtà è un assist ai sostenitori dell’utero in affitto. Se non peggio

La frase del presidente della commissione Cultura della Camera ed esponente di FdI ha scatenato aspre polemiche sia tra i sostenitori della mercificazione del corpo della donna e sia, di contro, in chi ci vede un qualcosa di assolutamente ambiguo e fuori luogo

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Quello di Mollicone è un assist ai sostenitori dell'utero in affitto. Se non peggio | Rec News dir. Zaira Bartucca

“L’utero in affitto è un reato più grave della pedofilia”. Lo ha detto questa mattina il presidente della commissione Cultura della Camera ed esponente di FdI Federico Mollicone, ospite di Omnibus di La7. La frase ha scatenato aspre polemiche sia tra i sostenitori della mercificazione del corpo della donna e sia, di contro, in chi ci vede un qualcosa di assolutamente ambiguo e fuori luogo. Per quanto infatti Mollicone si sia affrettato a chiarire che lo sfruttamento di minori indifesi sia “un reato gravissimo”, rimane il mistero dell’utilità del paragone utilizzato.

Si può scomodare un reato che continua a mietere un sacco di vittime – con la compiacenza di tutti i governi che si succedono, compreso quello di Giorgia Meloni – e, in qualche modo, sdoganarlo e quasi scusarlo nell’ottica che ci sia qualcosa di “più grave”? Non sarebbe invece il caso che Fratelli d’Italia, oltre alla lecita battaglia sull’utero in affitto, cominciasse a dissociarsi da uscite assolutamente fuori luogo come quella di Mollicone e Nordio e iniziasse a rispondere a quella parte (tanta) dell’elettorato che anziché dichiarazioni ambigue chiede la punizione immediata di tutti i colpevoli di reati ai danni di bambini e minorenni? Perché fare una cosa non esclude l’altra, e bisognerebbe informare il presidente della Commissione Cultura che non ci sono reati migliori di altri.

Che poi dire una frase come quella pronunciata da Mollicone è come fare un clamoroso autogol, o meglio come dare un assist – cosa che in effetti ha fatto – ai sostenitori della pratica dell’utero in affitto. Messa così, l’ascoltatore medio chiamato a decidere quale reato sia più grave, è quasi tentato a provare più simpatia per la maternità surrogata se dall’altro lato della bilancia ci sono le violenze a danno di malcapitati minori. Insomma secondo gli ideatori di dichiarazioni di questo tipo – ovviamente riprese da tutta la stampa mainstream – il risultato in un modo o nell’altro è sempre garantito, se con risultato si intende il tentativo di normalizzare delle pratiche abominevoli e disumane, oltre che illegali.

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POLITICA

Edilizia scolastica, stanziati 936 milioni per 399 istituti. Gli interventi regione per regione

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Edilizia scolastica, stanziati 936 milioni per 399 istituti. Gli interventi regione per regione | Rec News dir. Zaira Bartucca
Comunicato Stampa

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha pubblicato l’elenco di 399 interventi di edilizia scolastica indicati dalle Regioni a seguito dello stanziamento di risorse aggiuntive avvenuto con decreto del Ministro del 7 dicembre 2022 e finanziati con circa 936 mln di risorse nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, immediatamente attuativi.

Gli interventi sono dedicati a messa in sicurezza degli istituti, alla riqualificazione, all’adeguamento sismico e antincendio, all’eliminazione delle barriere architettoniche e sono stati individuati nei Piani presentati dalle Regioni entro lo scorso 17 febbraio. I Comuni e le Province possono avviare subito la definizione delle progettazioni e le procedure per l’appalto dei lavori. Con successivo decreto verranno autorizzati alcuni ulteriori interventi, utilizzando i residui della programmazione (scorri in basso per vedere la tabella con gli interventi, regione per regione).

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ESTERI

Cooperazione russo-cinese, annunciata la firma di documenti bilaterali

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Cooperazione russo-cinese, annunciata la firma di documenti bilaterali | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il 20 marzo 2023 il presidente cinese Xi Jinping si recherà in visita di Stato in Russia. Durante i colloqui verranno discusse questioni inerenti lo sviluppo del partenariato globale e della cooperazione strategica tra Russia e Cina. In agenda anche la cooperazione russo-cinese sulla scena internazionale. Da parte del Cremlino l’annuncio della firma di “importanti documenti bilaterali”.

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POLITICA

Un’altra incongruenza della Riforma Cartabia

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Un'altra incongruenza della Riforma Cartabia | Rec News dir. Zaira Bartucca

Si tratta di una materia tecnica e articolata, ma ha un effetto diretto su centinaia di migliaia di famiglie italiane, quelle cioè che hanno un’esecuzione immobiliare in corso. Una casa in asta, insomma. Solo nel 2022 sono state pubblicate sul Portale di Vendite Pubbliche oltre 191.000 aste, da sommare alle centinaia di migliaia di lotti pubblicati negli anni precedenti e non assorbiti dal mercato. E con il D. Lgs n. 149/2022, attuativo della Riforma Cartabia, cambiano molte cose. Il 30 giugno entrerà in vigore, tra l’altro, una novità che ha un impatto diretto sulle esecuzioni immobiliari. Peccato che ci sia un’incongruenza che potrebbe rendere del tutto nulla la novità. Lo spiega Lucjiana Lozancic, amministratore delegato di Case Italia e Rendimento Etico, società di servizi immobiliari specializzati nella risoluzione del debito.

“Con la riforma Cartabia, il legislatore introduce la “vendita diretta” dei beni esecutati in alternativa alla vendita all’asta “ordinaria”. In parole semplici, chi si è visto pignorare la casa avrà la possibilità di venderla ad acquirenti privati. Lo scopo è coinvolgere l’esecutato nella vendita del bene pignorato. Perché dovrebbe farlo? Semplice: per evitare che, in caso di asta deserta, la casa sia rimessa in vendita a un prezzo inferiore”. Infatti, spiega l’esperta, “la vendita in asta di una casa spesso non risolve i problemi di debito dei proprietari”. I meccanismi delle aste portano spesso alla svalutazione dell’immobile, con il risultato che nella maggior parte di casi la vendita non soddisfa i diritti dei creditori.

“Riteniamo che la vendita diretta potrebbe rappresentare un’alternativa interessante per la persona con la casa in asta. Inoltre, la riforma vorrebbe tutelare i creditori dalla svalutazione del bene. Peccato che la vendita diretta al momento risulti “monca”. Infatti, chiunque voglia presentarsi a un’asta, sa che vi è la possibilità di offrire fino al 25% in meno rispetto al prezzo base d’asta, partecipando con un’offerta minima. Se l’acquirente acquista direttamente dall’esecutato, stando alle interpretazioni attuali della riforma, deve corrispondere il prezzo base. Insomma: non gli conviene”.

“E questo dettaglio – prosegue Lozancic – fa la differenza: potrebbe rappresentare un passo indietro per la risoluzione definitiva del debito. Riteniamo che per la risoluzione del debito l’attività dei professionisti in grado di trattare direttamente con i creditori, continuerà ad essere indispensabile anche dopo l’attuazione della riforma, anche perché cercare una soluzione professionale PRIMA che la casa vada all’asta è sempre preferibile e spesso anche possibile”.

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