
Tsunami sulle Big Tech in europarlamento
La denuncia di tre eurodeputati contro otto società e gruppi di pressione: “Perseguono loschi interessi di lobby”. Chiesto il divieto di entrare nei Palazzi dell’Ue per incontrare politici, legislatori e diplomatici. Con l’introduzione del DMA e del DSA le aziende tecnologiche che non rimuovono i contenuti illegali o manipolati rischiano multe multimiliardarie
Google, Meta Amazon hanno compiuto pressioni indebite attraverso organizzazioni di facciata più piccole. E’ quanto affermano i legislatori Paul Tang, René Repasi e Christel Schaldemose, che lo scorso giovedì hanno presentato denunce contro otto società e gruppi di pressione, chiedendo che alle aziende coinvolte sia vietato di impegnarsi con le istituzioni dell’Unione europea e di entrare nei palazzi dell’UE per incontrare politici, legislatori e diplomatici. I dettagli sulle azioni intraprese contro le Big Tech sono stati resi noti da Politico.
I deputati hanno chiesto un’indagine su Google, Meta e Amazon, e anche su diversi gruppi di pressione come l’associazione di categoria tecnologica Computer & Communications Industry Association (CCIA) e il gruppo di inserzionisti IAB Europe. Altre tre lobby che rappresentano le piccole e medie imprese – SME Connect, Allied for Startups e Connected Commerce Council – sono anch’esse state denunciate.
Secondo quanto reso pubblico, le aziende tecnologiche hanno ingannato i legislatori europei durante i negoziati sul Digital Markets Act (DMA) e il Digital Services Act (DSA), nascondendosi dietro lobby che rappresentavano piccole e medie imprese, a cui avrebbero fornito finanziamenti e istruzioni. Nel frattempo, le lobby avrebbero “finto di essere i rappresentanti ufficiali delle PMI” mentre promuovevano e difendevano gli interessi commerciali delle Big Tech” omettendo le loro connessioni.
“Questo è un gioco scorretto che viola l’intera trasparenza sul lobbismo. Devi identificarti, dobbiamo sapere come eurodeputati o come altri funzionari dell’Unione europea con chi abbiamo a che fare”, ha detto l’eurodeputato Paul Tang. Il DMA e il DSA, che sono stati adottati quest’anno, imporranno nuovi requisiti per limitare il potere di mercato delle grandi piattaforme tecnologiche, arginare la diffusione di contenuti illegali online e limitare gli annunci mirati. In caso di violazioni, le grandi aziende tecnologiche potrebbero dover affrontare multe multimiliardarie.
Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it recensioni
TECH
A Firenze il convegno sulle competenze digitali

In occasione della pubblicazione ufficiale in lingua italiana del Digital Competence Framework for Citizens 2.2, a cura del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Repubblica Digitale, la Direzione generale per i fondi strutturali per l’istruzione, l’edilizia scolastica e la scuola digitale (DG EFID) del Ministero per l’istruzione e il merito promuove un evento dedicato alle competenze digitali. Se ne parlerà a Firenze il 24 marzo dalle ore 9.30 nell’ambito del “DigCom 2.2 – Competenze e curricoli Digitali”.
TECH
Riforma del Fisco, l’intelligenza artificiale darà la caccia agli evasori

Il governo è al lavoro sulla Riforma del Fisco, e per il momento sono trapelati i contenuti della bozza. Si tratta di un testo suddiviso in 5 parti e 22 articoli finalizzato all’adozione di uno o più decreti legislativi, al fine di modificare il sistema tributario attualmente in vigore. Uno dei provvedimenti in fase di approvazione parla di un ricorso via via più massiccio all’intelligenza artificiale, anche per quanto riguarda le tasse e la loro riscossione. Stando a quanto è trapelato, infatti, l’IA e le tecnologie digitali saranno chiamate a “prevenire e ridurre l’evasione fiscale”, con un “meccanismo di premialità” per chi si dimostra collaborativo.
TECH
Il cellulare compie 40 anni. Chi inventò il “mattone” e cosa poteva fare

L’aprifila è stato il Il Motorola DynaTac 8000X, primo telefono cellulare “portatile” ad essere proposto il 6 marzo del 1983, esattamente 40 anni fa. Soprannominato “il mattone” per la forma non proprio ergonomica e per il peso che sfiorava il chilo, è iniziata lì la storia della comunicazione moderna che nell’arco di qualche decennio ha visto il cellulare trasformarsi in uno smartphone capace di svolgere operazioni ben più complesse. Certo che all’epoca non era così.
Il cellulare degli esordi – ideato dall’ingegnere Martin Cooper (nella foto) – ci metteva 10 ore a caricarsi, poteva ospitare 30 numeri in rubrica e permetteva di fare non più di mezz’ora di conversazione consecutiva. Non era per tutti: costava 3995 dollari e fu venduto in appena 300mila esemplari, prima di essere immesso formalmente in commercio a fine estate dell’83. Per aspettare l’ulteriore diffusione e modelli più compatti e tascabili, si sarebbero tuttavia dovuti aspettare gli anni ’90, per la diffusione diffusa gli anni 2000.
Nel 1998 inizia la corsa di altre marche e modelli più o meno iconici: sono gli anni dei Nokia, degli Startak, degli slidephone, del Blackberry. Da lì in poi nascono dispositivi di tutti i colori, per tutte le esigenze e per tutte le tasche. Gli SMS, gli MMS, la connessione internet e tutte quelle migliorie che negli anni hanno portato all’oggetto che tutti, ormai, portano con sé. Tutte innovazioni che non sarebbero state possibili senza quel primo “mattone” del 1983.
TECH
Truffa NFT, arrestati due imprenditori italiani a Dubai

Arrestati a Dubai nelle scorse settimane due imprenditori italiani, e precisamente trevigiani, C.V. ed E.G. I due sono sotto inchiesta dopo che una prima indagine condotta dal Procura di Pordenone aveva svelato alcuni dettagli legati alla “truffa” in criptovalute tramite la società NFT(il cui acronimo non è confondere con i Non Fungible Token), che avrebbe promesso ai singoli utenti il 10% di interessi al mese per ogni investimento in criptovalute. Gli atti subito dopo sono passati alla Procura di Treviso, che si sta occupando del caso.
Secondo quanto emerge dalle prime ricostruzioni, la misura sarebbe stata portata avanti di concerto con le forze dell’ordine degli Emirati. Le ragioni che hanno spinto questi ultimi a chiedere un ordine restrittivo ai due imprenditori sarebbero due capi di imputazione: il primo che prevede i reati “contro la fiducia” e il secondo il “tradimento”. In termini giudiziari italiani si tratterebbe di “truffa aggravata”. Il 13 febbraio c’è stata la convalida dell’arresto, che negli Emirati vale anche come udienza preliminare. Il giudice ha quindi la facoltà di rinviare a giudizio i due indagati, che in caso di condanna a processo rischierebbero fino a 10 anni di carcere.
Oltre ai vertici di NFT, gli investitori truffati stanno portando avanti una serie di richieste in varie Procure italiane nei confronti di una settantina di agenti, accusati di esercizio abusivo della promozione finanziaria e truffa aggravata. Oltre all’Italia, tra le inchieste della magistratura italiana e della Consob, si stanno muovendo anche le procure di tutta Europa per rintracciare i soldi sottratti in maniera illecita agli investitori tramite nuove criptovalute poco affidabili.
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