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Cos'è Minecraft (e perché sta spopolando tra i giovani) | Rec News dir. Zaira Bartucca Cos'è Minecraft (e perché sta spopolando tra i giovani) | Rec News dir. Zaira Bartucca

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Cos’è Minecraft (e perché sta spopolando tra i giovani)

Come ha fatto questo gioco a battere omologhi molto più blasonati, con personaggi curati fino allo stremo, avventurosi e con ambientazioni da urlo? E cos’è il “Multicraft”?

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Avete presente i blocchi da costruzione? Applicateli dappertutto e moltiplicateli all’infinito e avrete la location di Minecraft, un gioco di ruolo decisamente immersivo che sta spopolando tra i giovani. La dimensione tipo di questo strano mondo è il mattone, protagonista indiscusso di una lotta alla sopravvivenza all’ultimo pixel. Come ha fatto questo gioco a battere omologhi molto più blasonati, con personaggi curati fino allo stremo, avventurosi e con ambientazioni da urlo? Con il discorso inverso: puntando tutto sulla semplicità e sull’esperienza dell’utente. Forse è proprio a questo che deve il suo successo: in un momento in cui si tenta di diminuire la dimensione reale per coltivarne una virtuale (ma è davvero un bene?) e soprattutto in un periodo in cui i giovani si vedono costretti a subire limitazioni ai loro divertimenti, Minecraft per molti è diventato una valvola di sfogo dove si può coltivare la propria propensione all’azione e il proprio desiderio di incidere sugli eventi.

Minecraft non entusiasma tutti, c’è da dirlo, proprio per la sua capacità di assorbire nella sua dimensione quasi straniante. Il “craftare” diventa ben presto l’unico interesse di chi si avvicina a questo gioco, il Multicraft e l’ampio ventaglio di possibilità che offre è invece nei pensieri degli utenti già esperti. Carino, ma siccome siamo fatti di carne e non di pixel, per fortuna la comunità di Minecraft Italia – assieme alle omologhe internazionali – ha già trovato il modo di ovviare all’inconveniente. Così, in tutto il modo si vanno via via moltiplicando gli eventi rivolti agli appassionati, dove ci si può incontrare faccia a faccia, interagire, divertirsi e – perché no – condividere tutti i segreti del gioco del momento, che ha già i suoi cosplayer (in basso, nella foto).

Ma che si fa, nel pratico, su Minecraft? Senza voler spoilerare nulla, dovete immaginate una lotta iniziale alla Robinson Crusoe. Già dalla partenza, dovete scegliere qualcosa: l’ambientazione. La vostra scelta influenzerà tutto il corso del gioco. Suggerimenti accolti un po’ ovunque come passi di consapevolezza, vogliono che la foresta e la pianura siano più rassicuranti. I problemi del proprio avatar sono gli stessi di ogni giorno: garantirsi una mobilità, nutrirsi, ripararsi in un’abitazione, evitare i pericoli. Però questo non si traduce in prendere il tram, tornare a casa tardi e fare uno spuntino o scansare gli ostacoli con il motorino, ma nel raccogliere materiale per assemblare cibo (per esempio il pane, che diventa una risorsa infinita), rifugi di fortuna e attrezzi per cavarsela. All’inizio è tutto piuttosto semplice, poi tutto diventa via via più strutturato.

Anche su Minecraft scende la notte, e questo spesso vuol dire incontrare zombie, mostri e altre creature fantastiche e cubiche. Basta? Macché. Su Minecraft può succedere praticamente di tutto: non si sa mai dove si finisce, cosa si fa e cosa succede. Che sia proprio l’imprevedibilità l’altro segreto del gradimento di chi ci gioca?

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Pasticcio Ue
sull’AI Act

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Pasticcio Ue sull'Ai Act | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il 13 marzo 2024 il Parlamento europeo ha approvato l’AI Act. Cosa cambierà? Secondo gli avvocati Lydia Mendola, Luca Tormen e Francesca Ellena, l’iter legislativo in realtà non è ancora completo e per la sua piena applicabilità ci vorranno alcuni anni, con la conseguenza che la norma nasca obsoleta.

“Il testo dell’AI Act – affermano gli avvocati – è tuttora soggetto a un controllo finale e manca l’approvazione del Consiglio europeo. Anche i tempi di entrata in vigore degli obblighi e delle sanzioni previsti dal testo di legge non sono immediati, posto che l’AI Act entrerà in vigore 20 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale e sarà pienamente applicabile solo 24 mesi dopo la sua entrata in vigore, ad eccezione di alcune previsioni che prevedono tempistiche ancora più lunghe: le previsioni sulle applicazioni AI vietate (6 mesi dopo la data di entrata in vigore); le previsioni sui codici di condotta (9 mesi dopo l’entrata in vigore); le regole AI di portata generale, compresa la governance (12 mesi dopo l’entrata in vigore) e gli obblighi per i sistemi AI ad alto rischio (36 mesi dopo l’entrata in vigore). E proprio questa scaletta temporale ha sollevato alcuni commenti negativi, perché la norma rischierebbe di nascere obsoleta.”

Chi sono i destinatari del Regolamento?

“Sono gli sviluppatori/fornitori (providers), i distributori, i produttori, gli importatori di sistemi di intelligenza artificiale, anche con sede fuori dall’Unione europea purché utilizzino dati di soggetti residenti nel territorio europeo o offrano servizi a questi ultimi (si parla di efficacia extra-territoriale del Regolamento). Ci sono poi previsioni anche per gli utilizzatori (deployers) di sistemi di intelligenza artificiale.”

Quali sono gli obblighi di natura tecnica in capo ai soggetti interessati?

Essenzialmente, la maggior parte degli obblighi sono posti a carico dei provider di sistemi di AI. Ad esempio, sono i provider di sistemi di general purpose AI a dover soddisfare gli obblighi di disclosure previsti dal Regolamento (e.g. pubblicazione dei contenuti usati per il training per le verifiche copyright, messa disposizione di documentazione tecnica e istruzioni per l’uso), così come sono i provider di sistemi di AI ad alto rischio a dover condurre valutazioni di rischio, assicurare supervisione umana dei sistemi e gestire le richieste di informazioni dei cittadini. Le sanzioni previste per Il mancato rispetto di questa normativa sono significative. A seconda della gravità della violazione, è infatti previsto che le sanzioni varino in un range tra 10 e 40 milioni di euro o tra il 2% e il 7% del fatturato annuo globale dell’azienda.”

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Amazon umanizza Alexa per l’8 marzo

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Amazon umanizza Alexa per l'8 marzo | Rec News dir. Zaira Bartucca

Ogni giorno Alexa – l’assistente vocale di Amazon – riceve diverse richieste e a quanto pare anche insulti. Un’indagine condotta nell’ambito di una partnership con ActionAid racconta che in molti oltre a interrogarla la fanno diventare bersaglio di frasi poco gradevoli. E, per quanto Alexa sia un oggetto inanimato privo di identità e coscienza, Amazon ha pensato di approfittare della ricorrenza dell’8 marzo per “farla rispondere alle offese”. Un’idea che a detta della Big Tech contribuirà ad arginare la violenza verbale contro le donne.

“Si parla di violenza verbale – dicono i promotori dell’iniziativa – quando gli attacchi rivolti a una persona diventano regolari e sistematici. La violenza verbale può essere agita nella sfera pubblica (in cui è compreso anche lo spazio online) e privata e può includere atteggiamenti umilianti, ridicolizzanti, uso di parolacce, insulti e minacce nei confronti della vittima e dei suoi cari, ma può avere come oggetto anche religione, cultura, lingua, orientamento sessuale della vittima. A seconda delle aree emotivamente più sensibili della vittima, l’autore di violenza sceglie consapevolmente quale argomento utilizzare per agire violenza”.

Da qui, l’idea di permettere ad Alexa di “rispondere” agli insulti. Succederà a partire da oggi, 8 marzo, quando “Alexa risponderà a tono”, fanno sapere da Amazon , “sottolineando come la violenza verbale sia in grado di lasciare un’impronta su chi ne diventa oggetto“. Non solo: pronunciando le parole “Alexa, dì la tua”, partiranno dei messaggi preimpostati per “ascoltare informazioni e approfondimenti legati al fenomeno della violenza”.

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L’orrore dentro Gaza e la tecnologia omicida. Così l’IA fabbrica 100 obiettivi militari al giorno

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L'orrore dentro Gaza e la tecnologia omicida. Così l'IA fabbrica 100 obiettivi militari al giorno | Rec News dir. Zaira Bartucca

L’uso dell’intelligenza artificiale in campo militare sta sollevando importanti questioni etiche, a partire dall’utilizzo da parte di Israele nei raid. Prima dell’utilizzo dell’IA nei conflitti, aveva spiegato lo scorso anno in una intervista ad Ynet il capo del personale delle Idf Aviv Kochavi, gli obiettivi militari generati erano circa 50 all’anno. Adesso si arriva senza difficoltà a 100 obiettivi militari al giorno. Questo aumento esponenziale e questo utilizzo fuori controllo della tecnologia sono la causa, rileva Lorenzo Forlani dalle colonne del Fatto Quotidiano, di una vera e propria “fabbrica di omicidi di massa“.

L’IA è uno strumento potente per la generazione di obiettivi militari sfruttato dalle intelligence di tutto il mondo. Attraverso complessi algoritmi di riconoscimento delle immagini e di analisi dei dati, i sistemi basati sull’Intelligenza Artificiale possono identificare in modo rapido e preciso possibili bersagli. Grazie alla loro rapidità di elaborazione, questi algoritmi possono generare una quantità impressionante di obiettivi militarmente sensibili ogni giorno. E’ chiaro, però, che l’IA non è in grado di tenere conto – né mai lo sarà – dei risvolti etici, di comprendere quali siano i risultati degli attacchi e di considerare i danni gravissimi e spesso letali che si infliggono a intere popolazioni.

L’uso dell’IA nella generazione di obiettivi militari solleva infatti preoccupazioni legate alla responsabilità e all’impatto umanitario. Le decisioni relative all’utilizzo di obiettivi militari generati tramite IA richiedono un’adeguata ponderazione delle conseguenze e delle implicazioni reali. Mentre l’IA può fornire informazioni utili per guidare le operazioni militari o prevenirle, la decisione di agire deve ancora appartenere agli esseri umani, in modo da garantire il rispetto per i diritti umani e dei trattati internazionali e la sicurezza dei civili.

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Il boomerang del politicamente corretto si ripercuote su Google

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Il boomerang del politicamente corretto si ripercuote su Google | Rec News dir. Zaira Bartucca

Nuova tegola sulla Big Tech Google, che dopo le multe per abuso di posizione dominante e per la mancata rimozione dei contenuti illeciti dovrà pagare un altro milione di dollari. Il motivo è paradossale, se si pensa che il colosso tecnologico arcobaleno – che sostiene di difendere i diritti delle persone – dopo una causa intentata nei suoi confronti dovrà sborsare questa cifra di tutto rispetto per aver discriminato una donna. Colpevole, forse, di non rappresentare le categorie che l’azienda gradisce maggiormente.

Si tratta di Ulku Rowe (nell’immagine) l’esecutivo di Google Cloud che ha citato in giudizio l’azienda per aver favorito l’ascesa degli uomini, “dando loro – scrive Player.it – maggiori stipendi e garantendo loro promozioni nonostante non fossero portati per i ruoli garantiti. La giuria che ha presieduto al processo ha dato ragione alla donna e per questo Google deve a lei sia i danni materiali, sia quelli emotivi. A peggiorare la situazione ci ha anche pensato la compagnia, che prima del processo pare l’abbia pure trattata male”.

Definitivo il commento della legale di Ulku Rowe, Cara Green, che ha sottolineato come “tante grandi aziende si siano create un’aurea di inclusione solo di facciata, che nel concreto si è rivelata completamente falsa”.

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