
Il governo Gentiloni e la pioggia di milioni per chiudere i porti africani
Le cospicue sovvenzioni da un ministero e l’addestramento di libici ed etiopi, tra gli altri, affinché “difendessero le loro frontiere”. Di mezzo anche un aeroporto e una decina di motovedette. In Patria, intanto, era caos migrazione di massa
Articolo scritto il 04/04/19 e aggiornato il 06/07/19
“Apriamo i porti”. Gentiloni, Minniti, perfino Alfano – malleabile uomo di destra prestato alla nuova compagine di governo – lo ripetevano come un mantra nel corso della passata legislatura. E intanto infilavano un documento dietro l’altro (dal 22 maggio al 15 settembre 2017), in cui il Ministero degli Affari Esteri su input di quello degli Interni facevano fioccare milioni per aiutare gli africani a chiudersi verso i loro corregionali. Intanto, in Italia era caos migrazioni di massa.

Settantatré pagine raccontano l’ipocrisia dei “democratici”
E’ un dossier di 73 pagine in cui sono raccolti gli atti vidimati dai ministeri competenti (che portano la firma del Direttore generale per gli Italiani all’Estero e le politiche migratorie Luigi Maria Vignali e del viceministro degli Esteri Mario Giro), a sbugiardare e a denudare nella loro realtà le politiche portate avanti da Gentiloni & Co. In questo vengono elencate con i relativi capitoli di spesa le “iniziative tese a supportare i Paesi africani nel controllo del territorio e delle proprie frontiere”. L’Italia, contemporaneamente, era chiamata ad accogliere, a solidarizzare, ad aprirsi agli altri a scapito di se stessa. Calcoli alla mano e facendo fede al documento, i milioni che ha sborsato al solo fine di proteggere le coste degli altri a sfavore delle proprie sono stati 74.

Al Niger la tranche più ghiotta, che ha pagato pure un aeroporto
Tranche più cospicua, quella da cinquanta milioni che, si legge, è servita per la “creazione in Niger di nuove unità specializzate necessarie al controllo delle frontiere, di nuovi posti di frontiera fissa e dell’ammodernamento di quelli esistenti, di un nuovo centro di accoglienza a Darkou e per la riattivazione della pista di atterraggio”. Altri dodici milioni, sono stati contestualmente foraggiati dall’allora ministero dell’Interno alle autorità tunisine sempre per “migliorare la gestione delle frontiere” con sei motovedette e altri mezzi per il pattugliamento. Altre quattro motovedette sono state fornite alla Libia (da 35 e da 22 metri), assieme al resto del pacchetto anti-migranti, che ha previsto anche la copertura assicurativa dei mezzi, ricambi, strumenti informatici e il corso di addestramento di 22 libici da tenersi presso il Centro nautico sommozzatori (CNES) della Polizia di Stato di La Spezia e presso i Cantieri navali Vittoria.
Da chi e verso dove viaggiavano i milioni
Le cifre erano stanziate dal Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, e in quasi tutti i casi erano accreditati sul conto “Eu/Africa” intestato alla Commissione europea, in Rue de la Loi 200, a Bruxelles. Le missioni che in realtà nascondevano il supporto coatto e la protezione delle coste africane erano tre: L’Italia in Europa e nel Mondo (n.4), Italiani nel mondo e politiche migratorie (n.3) e Cooperazione migratoria (n.8). Con la scusa di aiutare gli italiani nel mondo venivano, insomma, devastati quelli che erano rimasti in Patria, in balia di un’apertura che per il governo Gentiloni doveva riguardare solo l’Italia.
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Abbandono scolastico, audizione presso la settima commissione del Senato

Il testo dell’audizione presso la 7° Commissione del Senato che si è tenuta il 9 maggio su contrasto a povertà educativa, abbandono e dispersione scolastica
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Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D’Alema con la Bicamerale

Il tentativo del governo Meloni di superare l’assetto istituzionale attuale è solo l’ultimo in ordine di tempo (come spiega il professore Musacchio in un’interessante analisi pubblicata su Rec News), ma tanti ne sono stati fatti dalla cosiddetta Seconda Repubblica in poi. Farà riflettere senz’altro gli elettori di centrodestra come uno dei primi esponenti politici a volere un premierato sia stato l’ex leader della sinistra Massimo D’Alema, tesserato del PCI nel 1968 e tra i padri fondatori del Partito democratico della sinistra.

Sua l’idea – come molti ricorderanno – di instaurare nel 1997 una Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, formata da 70 parlamentari. L’obiettivo era sempre lo stesso, e cioè accentrare ancora più poteri nelle mani del presidente del Consiglio, chiamato – tra le altre cose – a nominare e revocare i ministri a suo piacimento. L’esito della Bicamerale fu tutt’altro che scontato: i democratici di sinistra di D’Alema votarono ovviamente a favore, mentre i berlusconiani – oggi incarnati da Tajani e più vicini al premierato – votarono assieme alla Lega Nord a favore del semipresidenzialismo, come testimonia un articolo dell’epoca (in basso).

“L’Unità” del 05/06/1997
I lavori della Commissione si interruppero bruscamente un anno dopo, nel 1998, perché i partiti non riuscirono a trovare una quadra e perché le manovre di palazzo risultavano incomprensibili per l’elettorato. Un copione che potrebbe ripetersi anche stavolta.
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Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane

Forte calo della spesa delle famiglie. Lo registra Istat nella nota sull’andamento dell’economia italiana di febbraio appena pubblicata. “Lo scenario internazionale – rileva l’Istituto Nazionale di Statistica – resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. Si inizia a profilare un percorso di rientro dell’inflazione più lungo di quanto inizialmente previsto. Il Pil italiano, nel quarto trimestre 2022, ha segnato una lieve variazione congiunturale negativa a sintesi del contributo positivo della domanda estera netta e di quello negativo della domanda interna al netto delle scorte”. In basso il report integrale
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TSO a una 54enne, ci scrive il sindaco di San Giuliano Milanese

Negli scorsi giorni abbiamo pubblicato una segnalazione da San Donato Milanese da parte di una signora – Anna M. – che riferiva di “quattro TSO ingiusti” a cui sarebbe stata sottoposta la sorella. In quel contesto ci siamo appellati ai colleghi giornalisti e alle associazioni di settore che avessero voluto occuparsi del caso, registrando la totale assenza da parte degli uni e degli altri. Ci è però giunta una risposta dal sindaco di San Giuliano Milanese, che pubblichiamo per completezza di informazione.
“La funzione svolta dal sindaco in materia di TSO e ASO, si riconduce al ruolo svolto quale autorità sanitaria locale, come previsto dalle norme vigenti (Legge n.180 e Legge n.833 del 1978). Il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) e l’Accertamento Sanitario Obbligatorio (ASO), rappresentano atti di carattere eccezionale rispetto alla generalità dei trattamenti sanitari volontari. Infatti il superamento dell’obbligo del consenso cosciente ed informato, avviene per tutelare la salute del paziente in quanto bene ed interesse della collettività, oltre che del soggetto stesso. Per tali ragioni i suddetti trattamenti sono due strumenti cautelari che richiedono una proposta da parte di medici competenti, condizione necessaria per la predisposizione dell’ordinanza da parte del sindaco quale autorità sanitaria locale. Cordiali Saluti”.