Seguici
"Psichiatri, poliziotti e medici, entrati in casa mia per questo motivo" | Rec News dir. Zaira Bartucca "Psichiatri, poliziotti e medici, entrati in casa mia per questo motivo" | Rec News dir. Zaira Bartucca

LA SEGNALAZIONE

“Psichiatri, forze dell’ordine e medici, entrati in casa mia per questo motivo”

© Rec News -

del

Dopo aver pubblicato diverse segnalazioni (qui e qui), riceviamo e pubblichiamo questa nuova lettera di una signora di San Donato Milanese, sperando che chi di competenza si occupi del caso.

Buonasera redazione Rec News,

Oggi – la mail è del 30 marzo, ndr – si sono presentati davanti a casa di mia sorella Michela la psichiatra D.S., un infermiere di nome Sergio, tre agenti della polizia locale, l’assistente sociale G.S. Hanno preteso di entrare in casa, hanno fatto un giro per vedere dove si trova Michela. Ho fatto entrare sole tre persone perché fuori erano almeno 10 persone! Assurdo. Ho provato a spiegare che stava in ospedale per riabilitazione dovuta al operazione protesi anca ma non mi hanno creduta e se non li facevo entrare partiva una denuncia “per sequestro di persona“.

E’ inutile dire che ho fatto presente le loro violazioni ma in risposta mi hanno detto che c’è un altra ordinanza del sindaco Marco Segala di San Giuliano Milanese. Ho chiesto alla dottoressa D.S. come mai a dicembre 2022 Michela si trovava a Vaprio D’Adda e mi ha risposto che era in riabilitazione, in risposta ho detto che prima doveva operarsi e poi si riabilita. Comunque l’infermiere ha voluto che aprissi le ante armadio della camera di mamma per vedere se avevo nascosto Michela nell’armadio.

Ho fatto vedere qualche foto di Michela scattata a dicembre 2022 ma non ho visto tracce sui loro volti di umanità. La dottoressa D.S. mi ha detto che vuole sapere lo pschiatra, chi segue Michela, ho detto il nome ma non le è bastato. In conclusione se non li facevo entrare avrebbero chiamato i pompieri per entrare in casa…Non capisco ci sono innumerevoli articoli del codice civile e del codice deontologico medico che non obbligano la persona ad andare o seguire una prescrizione farmacologica, per diritto ogni individuo è libero di scegliere il medico, costruire un rapporto di fiducia e la cura più adatta.

In questo Paese non siamo più liberi a questo punto e non credo minimamente che la dottoressa D.S. finisce di infastidire Michela anche se andrà da un altro psichiatra. Non c’è nessuna perizia che dica che Michela è schizofrenica paranoide anzi nel 2019 il perito psichiatra aveva fatto una relazione che era sana di mente. I medici che avevano visitato e richiesto TSO e ASO lavorano nella stessa struttura anche se cps è a San Donato. La dottoressa D.S. lavora come dirigente medico al reparto psichiatrico di Melegnano Vizzolo Pedrabissi.

La legge prevede uscita e visita di due psichiatri che non lavorino nello stesso luogo. Comunque oggi mi hanno messo in guardia che se Michela non si fa trovare parte una denuncia di sequestro di persona, ma Michela si trova adesso in ospedale lontano chilometri per cercare di tornare a camminare! Mi sono rivolta associazione diritti umani non li ho più sentiti. Sono pochissimi gli avvocati che seguono questi casi. Spero sempre che tutto finisca come un brutto sogno. Grazie per tutto, cordiali saluti A. M.

LA SEGNALAZIONE

TSO ingiusti, ci giunge una segnalazione inquietante da San Donato Milanese

© Rec News -

del

TSO ingiusti, ci giunge una segnalazione da San Donato Milanese che ha dell'inquietante | Rec News dir. Zaira Bartucca

E’ giunta in redazione una seconda segnalazione (qui la prima) su un caso di TSO “ingiusto” che starebbe avvenendo a San Donato Milanese ai danni di una 54enne. L’uso del condizionale è d’obbligo, visto che i fatti riportati sono ancora oggetto di verifica da parte nostra. Riportiamo la seconda missiva così come ci è giunta, provvedendo ad abbreviare i nomi riportati per intero. Come si leggerà, è una missiva piuttosto inquietante, che racconta di una donna ridotta in stato di disabilità da una serie di ASO e di TSO. Questi sono considerati ingiusti dalla sorella, che riporta anche una serie di violazioni dei diritti umani che si sarebbero verificate. Siamo a disposizione delle associazioni e dei colleghi giornalisti che vorranno occuparsi della vicenda e anche di chiunque altro volesse fornire la sua versione dei fatti.

Buonasera redazione di Rec News, vorrei segnalare che ancora ad oggi avvengono questi ricoveri da parte del CPS di San Donato Milanese i dottori D.S. e G. (cognomi) con la collaborazione di G.S. (nome e cognome) un’assistente sociale che è poco del sociale. Queste persone continuano ad attestare che mia sorella è pazza, che è una schizofrenica. Nel 2019 mia sorella Michela aveva fatto fare una relazione medica da parte di una psichiatra iscritto al Foro di Lodi come perito.

Questo psichiatra dopo una serie di incontri aveva comunque concluso che Michela era una persona che non era assolutamente disturbata da un punto di vista psichiatrico, una persona praticamente normale. Questa relazione è stata anche depositata al Tribunale di Lodi presso l’area di volontaria giurisdizione. Nonostante ciò, dopo cinque anni si può dire che ogni mese se mia sorella Michela si rifiuta di fare questo puntura a base di cocktail di psicofarmaci c’è sempre questa dottoressa D.S. Del CPS di San Donato Milanese che fa fare ordinanze da parte del sindaco di San Giuliano Milanese per fare ASO e se mia sorella Michela si ribella a queste decisioni della dottoressa D. S. di fare queste cure partono i ricoveri coatti detti TSO.

Oggi è successo che ci siamo visti arrivare la polizia locale per l’ennesima volta e ci hanno costretti ad andare con l’ambulanza all’ospedale di Melegnano con la scusa di un controllo, ma un controllo non era, c’era una psichiatra con una puntura con una siringa che ha iniettato il braccio di mia sorella e continuava a ripetere che ci sono dieci psichiatri dell’ospedale di Melegnano di Vizzolo che attestano che Michela M. è pazza, schizofrenica.

Quando poi ho chiesto di sapere i nominativi di questi dottori, non mi sono stati assolutamente forniti. Dopo avergli somministrato questo cocktail di farmaci hanno preso mia sorella, l’hanno praticamente sbattuto su una lettiga e l’hanno lasciata lì a marcire per tre ore dopo che la polizia locale aveva assicurato che almeno il rientro a casa sarebbe avvenuto con un’ambulanza chiamata e pagata dall’ospedale di Melegnano Vizzolo Predabissi.

Altro fatto sconcertante è che oltre che aver piegato completamente la volontà di mia sorella, si può dire plagiato e manipolato, l’aspetto più pesante è l’abbandono totale di una persona ridotta oramai in uno stato di totale invalidità. Mia sorella Michela dopo tutti questi massacranti psicofarmaci somministrati non è più autonoma non solo se deve fare anche una visita medica, perché magari sta male fisicamente.

I dottori hanno dei preconcetti che mia sorella si inventi le malattie intanto all’ospedale dove sono, Vizzoli Predebissi, mia sorella all’ultimo ricovero TSO è venuta a novembre 2022 e hanno trascurato completamente una necrosi alla testa del femore e anca gamba destra. Ormai non si può fare neanche più nulla che sostituirla con una protesi ma siamo dovuti andare in un’altra struttura ospedaliera perché a Melegnano si sono rifiutati di procedere a fare l’operazione di protesi.

Sta facendo dei passi indietro ci si chiede come mai una persona si ritrova con questi problemi in un’età adulta di 54 anni. La prima segnalazione al CPS di San Donato Milanese è stata fatta da tre parenti, due sorelle e un cognato di nome O., R. e C. Queste persone hanno fatto false segnalazioni e queste persone invece che lavorano al GPS hanno creduto a tale versione e hanno in questo caso forzato a dei ricoveri TSO presso l’ospedale di Vizzolo. L’unica sono io che non dico falsità: mia sorella non è una malata mentale e nemmeno ci sono parenti o discendenti che abbiano avuto malattie mentali.

Nonostante ciò ogni mese la polizia locale di San Giuliano Milanese si presenta davanti al cancello e fa irruzione nell’abitazione di mia sorella Michela violando in questo caso anche la proprietà privata con la minaccia che se non si fa ricoverare immediatamente partono subito TSO e sono sempre fatti da personale e ospedale di Vizzolo Melegnano con l’autorizzazione del sindaco.

Io ritengo che è stato violato comunque il diritto di tutti noi esseri umani non solo di mia sorella, il diritto di libertà di scelta del medico e delle cure. Ci sono un infinito repertorio di leggi costituzionali che sono state violate da questi individui. Questa cosa non finirà perché ogni mese si ripresenta inesorabilmente, perché non dicono quando smetteranno con queste cure balorde che somministrano alla povera Michela, persona comunque indifesa che tutto il resto della società umana tranne voi della redazione si sono completamente dimenticati di aiutarla e applicare quelle che sono le regole del buon samaritano.

Non ci vuole poi tanto, talvolta basterebbe anche un sorriso e lasciare le persone libere di scegliere e andare dai dottori più idonei, dove viene riposta fiducia. Vi chiedo gentilmente di aggiungere questa comunicazione alla vostra testata giornalistica. Vi ringrazio siete gli unici che mi avete dato una mano, mi sono rivolta anche a più di un’associazione dei diritti umani ma non sono mai stata contattata nemmeno dall’avvocato C. Ringrazio di cuore, Anna M.

Continua a leggere

LA SEGNALAZIONE

“Mia sorella sottoposta senza motivo a quattro TSO”

© Rec News -

del

"Io, minacciato e obbligato a più di una decina di TSO, solo perché ho risposto a un vicino" | Rec News dir. Zaira Bartucca

Buongiorno gentilissima redazione. Vorrei narrarvi la storia di mia sorella di 54 anni, 4 tso e altrettanti ASO. Ultimo oggi, con obbligo iniezione con farmaco psichiatrico. È partito tutto da alcuni parenti che hanno segnalato al CPS di San Donato Milanese, dopodiché da anni siamo bersagliate da continue pressioni a fare cure inadeguate. Per evitare i TSO mia sorella ha dovuto accettare di fare questa iniezione mensile. Ci siamo rivolti a diverse associazioni e anche ad avvocati chiedendo aiuto, ma nulla è servito.

Mia sorella, M.M., ha fatto una relazione psichiatrica ed è stata riconosciuta sana di mente, ma dall’ospedale di Melegnano sostengono il contrario. Per loro mia sorella non è sana di mente, per loro è una persona schizofrenica e paranoide. Non hanno mai fatto una perizia che dimostri questa loro teoria, ma comunque loro continuano a fare ricoveri forzati e a propinare tutti questi farmaci che comunque nel tempo hanno lasciato i loro segni. Io stessa che non ho subito una violenza come il TSO ma ne subisco indirettamente gli effetti mi sento impotente, avvilita, priva di forze e sconfitta davanti a un sistema che ritengo sia dittatoriale.

Perché priva non solo la persona ma tutta la famiglia delle libertà di scelta di andare dal medico che ispira fiducia e scegliere le cure con piena consapevolezza. Chiedo a voi di pubblicare questa lettera e attendo vostre notizie speranzosa, ringraziando porgo cordiali saluti. A.M.

Continua a leggere

INCHIESTE

L’Odissea lunga otto ore, poi il decesso. Storia di A., vittima di un caso di “malasanità” in Calabria

© Rec News -

del

"Morto per una serie di disattenzioni". L'Odissea di A., vittima di un caso di malasanità in Calabria | Rec News dir. Zaira Bartucca

Commissariamenti, carenze di posti letto, personale e attrezzature, negligenze. Pur esistendo picchi di eccellenze, curarsi e ricevere soccorso in Calabria si rivela spesso un terno al Lotto, con esiti anche letali. Lo documentano i numerosi fatti di cronaca e lo sa bene la famiglia di A.C., 72enne di Guardia Piemontese. E’ il 5 marzo di quest’anno quando – intorno alle 18.00 – avverte un dolore lombare che nel giro di una decina di minuti si trasforma in un malessere generale. Alle 18.50 circa è chiaro che la situazione è preoccupante, ma recuperabile. Nel giro di un’ora A. tenta di farsi spalmare un unguento nell’illusione di poter allievare il dolore, cerca di misurarsi la pressione e alla fine si accascia al suolo. Sta male ma da lì alla serata rimarrà“vigile, collaborante e orientato nel tempo e nello spazio”, si legge nella relazione del Tirrenia Hospital di Belvedere Marittimo, dove giungerà alle 19.31. Di tenore differente quanto scritto dall’ASP di Cosenza, dove si parla di “paziente non cosciente” già alle 18.48.

Il signor A. non aveva malattie, anzi – pur assumendo farmaci – era un uomo che si definirebbe, almeno in apparenza, in salute. “Lui era quello che a 72 anni riusciva ancora a rincorrere un treno”, racconta la figlia senza riuscire a celare l’emozione. Quel pomeriggio tutto lascia pensare che può farcela: l’ambulanza del PET di Cetraro è nei paraggi e arriva sul posto nel giro di 7 minuti. Ma da lì a poco iniziano una serie di eventi concatenati che porteranno nel giro di 7 ore e mezzo al decesso. Tutto inizia da un tracciato diagnostico ECG teletrasmesso dal 118 ma mai arrivato all’ASP di Cosenza. “Problemi di linea dati”, si legge nella relazione del Direttore della centrale operativa dei soccorsi.

In centrale iniziano a piovere chiamate dai famigliari di A. e dal medico che ha fatto la prima diagnosi, che per giunta poi si rivelerà errata. Si tenta di capire che fine abbia fatto l’ECG, ma dall’altro capo del telefono – documentano gli audio – si succedono stranianti attese con tanto di registrazioni della “Primavera” di Vivaldi e infermieri flemmatici e in alcuni casi sgarbati, come se in quelle drammatiche ore non si decidesse della vita e della morte di una persona. “Quello che mi fa ancora male – racconta una delle due figlie di A. – è la mancanza di tatto e di umanità da parte di alcuni che hanno dovuto subire mio padre e la mia famiglia”.

Ascoltando le registrazioni audio si sente infatti a un “Che vuoi?”, leggendo i resoconti si apprende che il povero A. nelle quasi otto ore angoscianti che sono intercorse tra il malore e la morte è stato maltrattato dall’infermiere della PET di Cetraro che provvedeva al posizionamento dell’agocannula per la somministrazione di un farmaco e trasportato fuori di casa seminudo in sedia a rotelle per essere imbarcato in una delle ambulanze che ha visto quel giorno. “E’ stata mia mamma a mettergli un plaid addosso”, ricorda la figlia amareggiata e ancora addolorata per quell’immagine del padre. Anche l’istantanea di un autista del 118 fermo e “occupato a fumarsi tranquillamente una sigaretta” mentre il papà aspetta di essere trasportato in un altro presidio sanitario è un qualcosa che non dimenticherà facilmente.

Sballottato da una parte all’altra in forza di convinzioni e diagnosi che poi si riveleranno errate, A. riesce a raggiungere il reparto di Chirurgia dell’Ospedale Annunziata di Cosenza solo alle 22.37, quasi cinque ore dopo il malore. Alle 23.10, si tenta di intervenire per l’“aneurisma soprarenale dell’aorta addominale di 10 centimetri” finalmente diagnosticato. All’1.30 subentra il decesso, che forse poteva essere evitato. All’arrivo dei soccorsi – documenta un verbale del 118 – A. è infatti in grado di tenere gli occhi aperti, risponde agli stimoli esterni, è in grado di interloquire, non presenta asimmetrie facciali, disartrie o afasie e non ha emiparesi o ipostenie agli arti. Ma dalla richiesta di soccorso all’arrivo in Chirurgia in codice rosso – complici le diagnosi errate, la mancanza di posti letto e i veti posti al ricovero di cui riferisce la famiglia – trascorrono quasi otto lunghe ore che saranno, purtroppo, le ultime di A.

Oggi, nove mesi dopo il decesso del loro congiunto, per i familiari di A. è stato il Natale più triste. C’è poca voglia di festeggiare ma non si perde la speranza, perché c’è una battaglia da combattere. Quella per far sì che la morte – per quanto dolorosa e ingiusta – di un marito e di un padre non sia stata vana. “Credo fortemente – scrive a Rec News Valentina, una delle due figlie – che portare all’attenzione della opinione pubblica questi episodi non sia solo un dovere civico ma sia importante per far risvegliare sempre più le coscienze di coloro che devono decidere, nella speranza che le cose cambino“. Parole che vengono dalla Calabria buona, quella che non si arrende alle ingiustizie, non si nasconde e lotta per un futuro in cui non si debba morire per le attese infinite, per la mancanza di posti letto, per le disattenzioni croniche e per le diagnosi errate. Tutte cose che il povero A. ha dovuto subire e che ancora oggi provocano “rabbia e tristezza” nei familiari.

Un futuro dove la vita di un paziente venga considerata preziosa, dove l’assistenza di qualità e la solidarietà prendano il posto delle negligenze e del cinismo che paradossalmente spesso si registra in molti operatori sanitari, cioè in chi è preposto al soccorso e alla cura delle persone. Un caso di malasanità – l’ennesimo in una Regione vittima di tagli selvaggi alla Sanità – che è giunto anche al Ministero della Salute con protocollo 7374-31/03/2022, che però poi si è perso nel turnover politico e in richieste di relazioni inoltrate alla Regione Calabria che fino a questo momento non hanno avuto seguito.

Continua a leggere

CALABRIA

Cosenza, la rabbia di una paziente oncologica a rischio: “I nostri mali non aspettano che sparisca il covid”

La storia clinica da carcinoma, il rischio aumentato del 70% di ricontrarlo a causa di un gene mutato, il gonfiore, il dolore e il monito dell’oncologo di eseguire una Tac total body “nell’immediato”. Ma l’Annunziata di Cosenza le chiede di aspettare fino al 22 giugno. “Non so se arriverò a quella data”

© Rec News -

del

Cosenza, la rabbia di una paziente oncologica a rischio: "I nostri mali non aspettano che sparisca il covid" | Rec News dir. Zaira Bartucca

L’Odissea di Flora Caruso – pubblichiamo il nome su sua indicazione – inizia quattro anni fa. Le viene diagnosticato un carcinoma al seno e inizia la sua lotta. Lo tiene a bada con terapie e i controlli continui tipici di queste patologie, sballottata da un nosocomio all’altro. “Cetraro, Praia a Mare, Castrovillari, ho visto quasi tutti gli ospedali della provincia. Ora non ce la faccio più a spostarmi, il mio corpo non me lo consente”. Ma l’Annunziata di Cosenza non è in grado di garantirle una visita in tempi brevi, neppure ora che il male si sta ripresentando. “Ho un gonfiore e sono dolorante”, ha raccontato afflitta. “Ho un gene mutato che mi causa oltre il 70% di possibilità di ricadere nel tumore, ho bisogno di esami tempestivi: quando il mio oncologo ha constatato il gonfiore del tessuto, mi ha detto di fare nell’immediato una Tac total body”.

Ma quell’immediatezza per il nosocomio cosentino si traduce nel 22 giugno. “Non posso aspettare cinque mesi. Non so cosa mi può accadere nel frattempo”. Domandiamo se l’ospedale è informato della gravità del suo caso. “La loro unica risposta è che non c’è posto. Io non do la colpa a loro, a chi prenota l’esame, perché è tutto il sistema non funzionante. Ho provato a prenotarmi anche con la richiesta con la dicitura “Urgenza”, ma non cambia nulla”. A Lecce c’è un polo oncologico distaccato dal resto degli ospedali, sono stata anche lì. Perché non si può fare anche in Calabria? Perché non si dà priorità alle malattie gravi? Non esiste solo il covid anzi a me, malata oncologica, del covid non me ne frega nulla”.

La rabbia verso un virus piuttosto insignificante ma fruttuoso, che viene prima della sua patologia, è tanta: “In questi quattro anni la mia prognosi non è mai stata sciolta, ma il covid ha fatto in modo che i miei controlli venissero bloccati. Non ho fatto visite per tutto il 2020, la prima, in due anni, è stata a marzo del 2021. Chiedo al governatore Occhiuto se tutto questo è normale, se in un momento in cui si straparla di Sanità sia giusto che il CUP di CosenzaCentro Unico di Prenotazione, nda – faccia fare quattro ore di fila allo sportello a persone disabili, a donne incinta, a gente che non si regge in piedi a causa delle malattie che devono sopportare. E’ vergognoso“.

Non si tratta di critiche sterili, ma di constatazioni oggettive, tanto più che la famiglia della signora Caruso ancora patisce i segni dell’abbandono degli altri malati:La figlia di mia cugina è morta perché il suo intervento è stato rimandato causa covid. Aveva 32 anni. Ci dicano di che morte dobbiamo morire e se il diritto a essere curati esiste ancora, ci diano delle risposte immediate perché le nostre malattie non aspettano che il virus sia scomparso”.

Continua a leggere

Ora di tendenza

© 2018-2023 Rec News - Lontani dal Mainstream. Iscrizione Registro Operatori della Comunicazione (ROC) n. 31911. Copyright WEB121116. Direttore Zaira Bartucca, P.IVA 03645570791 - Testata online con ricavi inferiori ai 100.000 euro esente da registrazione in Tribunale (Decreto Editoria n. 63/2012 convertito con la legge 103/2012). Vietata la riproduzione anche parziale

error: Vietata ogni tipo di copia e di riproduzione