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Bounty campaign e le 50 cripto-truffe più in voga che inquinano Bitcoin Talk | Rec News dir. Zaira Bartucca Bounty campaign e le 50 cripto-truffe più in voga che inquinano Bitcoin Talk | Rec News dir. Zaira Bartucca

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Bounty campaign e le 50 cripto-truffe più in voga che inquinano Bitcoin Talk

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Uno dei modi più comuni in cui le persone possono incappare in truffe sulla criptovaluta è aderendo a una campagna Bounty per la promozione sui social. Le truffe Bounty si verificano quando un team di progetto di criptovaluta, o una società di marketing, dicono di offrire incentivi monetari o di altro tipo come parte di una campagna promozionale sui social. Il truffatore può ripagare gli utenti che partecipano, ma spesso non li paga affatto. In questo caso, l’utente ha lavorato per la criptovaluta senza alcun compenso.

Può anche succedere che i truffatori promuovano una criptovaluta fittizia o non esistente, quindi gli utenti che partecipano alla campagna Bounty non ricevono neanche una moneta reale. In altri casi, i truffatori possono utilizzare i dati personali dei partecipanti al fine di rubare denaro o identità. Per evitare queste truffe, è importante fare ricerche sulla criptovaluta e sulla società che la promuove prima di partecipare a una campagna Bounty, assicurandosi che le monete digitali abbiano un Whitepaper, un responsabile della campagna chiaramente indicato per nome e cognome (niente pseudonimi e nomi fittizi) e che soprattutto ci siano un volume reale di transazioni sicure.

Se non si è sicuri e se le piattaforme per qualunque motivo non ispirano abbastanza fiducia, meglio astenersi perché un’adesione alla leggera può causare la perdita di denaro e l’acquisizione impopria di informazioni personali. Ecco alcune delle principali truffe che si possono incontrare aderendo a una campagna Bounty per la promozione sui social di una criptovaluta (scorri in fondo all’articolo per leggere la lista completa delle 50 cripto-truffe).

  1. Phishing: i truffatori possono inviare email o messaggi che sembrano provenire da una campagna Bounty legittima, ma in realtà cercano di ottenere informazioni sensibili come password o informazioni personali.
  2. False campagne: alcuni truffatori creano false campagne Bounty che sembrano ufficiali, ma in realtà non hanno alcun rapporto con la criptovaluta in questione.
  3. ICO Fraudolente: le campagne Bounty spesso promuovono Initial Coin Offering (ICO), che sono vendite di nuove criptovalute. Tuttavia, alcuni ICO possono essere truffe e gli investitori possono perdere i loro soldi.
  4. Airdrop Fraudolenti: alcuni truffatori promettono airdrop gratuiti di criptovalute in cambio di una partecipazione alla campagna Bounty. In realtà, i truffatori possono chiedere di fornire informazioni personali o di effettuare un pagamento per ricevere le criptovalute promesse.
  5. Token non validi: alcuni truffatori possono promuovere token che non esistono, che non sono sul mercato o che non hanno valore, cercando di convincere le persone a investire.
  6. Pump and Dump: alcuni truffatori cercano di manipolare il prezzo di una criptovaluta attraverso campagne Bounty, promuovendo l’acquisto di grandi quantità di token e poi vendendoli improvvisamente per realizzare un profitto.

In generale, è importante fare attenzione quando si partecipa a una campagna Bounty per la promozione sui social di una criptovaluta. Leggere attentamente le condizioni dell’offerta e del contratto, che deve essere ufficiale e sempre presente, verificare l’autenticità della campagna e non fornire mai informazioni personali o di pagamento a meno che non si sia sicuri che la campagna sia legittima. In caso di dubbio, è meglio evitare di partecipare.

Campagne Bounty sui social media

Le campagne Bounty per la promozione di criptovalute sui social media sono diventate una pratica comune nell’industria delle criptovalute. Queste campagne offrono ai partecipanti una ricompensa in criptovaluta in cambio di una serie di attività di promozione su piattaforme social come Twitter, Instagram, Facebook, Telegram, Reddit e altre. Spesso gli imbrogli viaggiano e vengono organizzati tramite forum come Bitcointalk, dove inizialmente si trovavano occasioni ma dove ormai è facile – certo non per colpa del forum ma di chi lo utilizza – incorrere in colossali fregature. Ci sono infatti diverse possibili truffe cui si può incorrere aderendo a una campagna Bounty per la promozione di criptovalute sui social media. Ecco alcune di queste:

  1. Promessa di ricompense esagerate: alcune campagne Bounty possono promettere ricompense esagerate per attività relativamente semplici come condividere post sui social media. Queste promesse possono essere allettanti, ma spesso si rivelano essere solo una truffa per attirare le persone a promuovere una criptovaluta di scarso valore o inesistente.
  2. Criptovalute di scarsa qualità: alcune campagne Bounty promuovono criptovalute di scarsa qualità o che non hanno alcun valore reale sul mercato. Partecipare a queste campagne significa promuovere un prodotto che potrebbe essere inutile o addirittura dannoso per il proprio portafoglio.
  3. Piattaforme social fittizie: le campagne Bounty possono richiedere la promozione su piattaforme social fittizie, che sono create solo per ingannare i partecipanti. Queste piattaforme possono sembrare reali, ma in realtà sono controllate dai truffatori per sfruttare i partecipanti e avere nomi simili a quelli delle piattaforme più note.
  4. Scam ICO: molte campagne Bounty sono collegate a Initial Coin Offering (ICO) fraudolenti. Queste ICO possono promettere enormi guadagni, ma in realtà sono solo un’altra forma di truffa. I partecipanti che aderiscono a queste campagne rischiano di perdere i propri fondi investiti.
  5. Clausole ingiuste: le campagne Bounty possono contenere clausole ingiuste che impediscono ai partecipanti di ricevere le ricompense promesse. Ad esempio, una campagna potrebbe richiedere un numero elevato di condivisioni sui social media, ma poi negare la ricompensa sostenendo che le condivisioni non erano di qualità sufficiente.

Per evitare queste truffe, è importante fare attenzione alle campagne Bounty a cui si partecipa e verificare l’autenticità della criptovaluta promossa. Inoltre, è importante leggere attentamente i termini e le condizioni della campagna e assicurarsi di comprendere le clausole. In generale, è sempre consigliabile fare ricerche approfondite prima di aderire a qualsiasi campagna di promozione di criptovalute sui social media, non fermarsi a qualche articolo celebrativo e nemmeno ai numeri apparentemente elevati di adesioni, interazioni e condivisioni. Anche perché è proprio attraverso le campagne Bounty che molte società sono in grado di gonfiare il loro seguito dietro la promessa di compensi.

Le campagne bounty per la promozione sui social di criptovalute sono comunque diventate sempre più popolari negli ultimi anni. Ecco, tuttavia, altri aspetti da tenere in considerazione prima di tuffarsi in queste forme di presunto investimento:

  1. Scambio di criptovalute fraudolente: alcuni bounty manager chiedono ai partecipanti di creare un account su uno specifico scambio di criptovalute e di condividere un link di riferimento. Tuttavia, alcuni di questi scambi potrebbero essere fraudolenti e i partecipanti potrebbero perdere i propri fondi.
  2. Truffe con il wallet della criptovaluta: alcuni bounty manager chiedono ai partecipanti di creare un wallet per una specifica criptovaluta e di condividere l’indirizzo del wallet. Tuttavia, alcuni di questi portafogli digitali potrebbero essere fraudolenti e i partecipanti potrebbero perdere i propri fondi.
  3. Campagne bounty false: alcune truffe consistono nell’organizzazione di una campagna bounty falsa per una criptovaluta che non esiste. I partecipanti potrebbero essere invitati a fare diversi compiti, come la promozione sui social, ma non riceveranno mai la ricompensa promessa.
  4. Social engineering e utilizzo di bot: i truffatori potrebbero cercare di convincere i partecipanti a condividere informazioni personali o a cliccare su link fraudolenti, utilizzando tecniche di social engineering.
  5. Promesse di ricompense eccessive: alcune campagne bounty potrebbero promettere ricompense eccessive per compiti semplici come la promozione sui social, il che potrebbe essere troppo bello per essere vero. In alcuni casi, la promessa di una ricompensa così elevata potrebbe essere una truffa.

In generale, è importante che i partecipanti a una campagna bounty per la promozione sui social di una criptovaluta facciano attenzione e verifichino sempre la reputazione dell’organizzazione che organizza la campagna e l’autenticità della criptovaluta, che deve avere un valore chiaro, riconoscibile e reale. Le criptovalute che non riescono neppure a raggiungere il tetto di un dollaro (o un euro) sono spesso concepite con il solo fine di arricchire i creatori, perché molto difficilmente acquisteranno valore in fase di lancio e saranno in grado di generare guadagni per gli investitori. Inoltre, dovrebbero evitare di condividere informazioni personali, di cliccare su link sospetti e di compilare moduli con troppa leggerezza.

    La lista delle Top 50 cripto-truffe

    Ecco dunque la lista delle top 50 truffe cui si può incorrere aderendo a una campagna bounty per la promozione sui social di una criptovaluta:

    1. Scambio di criptovalute fraudolente
    2. Truffe con il wallet della criptovaluta
    3. Campagne bounty false
    4. Social engineering
    5. Promesse di ricompense eccessive
    6. Richiesta di pagamenti iniziali
    7. Falsi airdrop
    8. Airdrop che richiedono un pagamento iniziale
    9. Schema ponzi
    10. Progetti fraudolenti
    11. ICO e IDO fraudolente
    12. Telegram phishing
    13. Truffe con il bot Telegram
    14. Scam con i wallet hardware
    15. Ransomware
    16. Cryptojacking
    17. Mining fraudolento
    18. Scam con i segnali di trading
    19. Truffe con i robot di trading
    20. Truffe con i contratti intelligenti
    21. Truffe con i programmi di affiliazione
    22. Phishing sui social media
    23. Truffe di phishing tramite email
    24. Truffe con le criptovalute sugli e-commerce
    25. Scam su Telegram per la raccolta di fondi
    26. Scam con i bounty di pre-registrazione
    27. Scam con i bounty di referral
    28. Truffe con la vendita di token falsi
    29. Truffe con i token exchange
    30. Scam con i sistemi di gestione del portafoglio
    31. Truffe con le app mobile di criptovalute
    32. Truffe con i programmi di ricompense
    33. Scam con i social media bot
    34. Scam con i bot di telegram per la promozione sui social
    35. Truffe con i gruppi Telegram di segnali di trading
    36. Scam con i gruppi Telegram di pump and dump
    37. Truffe con i gruppi Telegram di crypto VIP
    38. Truffe con le chat di trading su WhatsApp
    39. Scam con le chat di gruppo di trading su Facebook
    40. Scam con le chat di gruppo di trading su Telegram
    41. Truffe con le app di trading automatico
    42. Truffe con i segnali di trading su Instagram
    43. Truffe con i bot di trading su Twitter
    44. Truffe con i gruppi di trading su Reddit
    45. Truffe con le app di trading social
    46. Truffe con i portafogli di trading
    47. Truffe con i robot di trading di criptovalute
    48. Scam con i programmi di scambio di criptovalute
    49. Truffe con le app di scambio di criptovalute
    50. Truffe con i programmi di formazione di trading di criptovalute
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    Rischio fishing con il sistema di allarme It Alert. Come difendersi

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    Rischio fishing con il sistema di allarme It Alert. Come difendersi | Rec News dir. Zaira Bartucca

    It Alert, il servizio nazionale di allarme e controllo promosso dal governo e dalla protezione civile, non ha mancato di sollevare critiche per i rischi connessi alla privacy e per l’effettiva inefficacia nel segnalare le calamità. Nonostante tutto continua la sperimentazione: il 19 settembre è stata la volta di Lombardia, Molise e Basilicata, mentre i cittadini di altre regioni saranno interessati dall’invio di notifiche di massa nei prossimi giorni. I test andranno avanti fino a ottobre.

    C’è da dire subito che chi non vuole ricevere le notifiche push di It Alert può disattivare una specifica funzione presente negli smartphone, come si leggerà nei prossimi paragrafi. Si tratta di un buon modo per troncare a monte le possibilità di finire nella rete dei cybercriminali, che stanno sfruttando il sistema di allarme e controllo per inviare messaggi e notifiche del tutto simili a quelle inviate dalla protezione civile.

    Gli avvisi e il rischio di incorrere nella rete dei cyber-criminali

    IT Alert potrebbe infatti rappresentare un ponte tra l’utente del tutto ignaro e i malintenzionati che sfruttano le dinamiche digitali. E’ quanto ha affermato il Cybersecurity di NordVPN Adrianus Warmenhoven, che ha chiarito come “gli avvisi governativi possano essere utilizzati in modo improprio da terzi che non hanno buone intenzioni”. Il riferimento è alle truffe via phishing, e al rischio di ricevere messaggi contenenti link che molti potrebbero essere indotti a cliccare nella convinzione che si tratti degli avvisi di It Alert.

    Come disattivare It Alert

    Per disattivare il servizio IT-Alert sui dispositivi Android:

    1. Accedere alle Impostazioni dello smartphone.
    2. Fare clic su “Sicurezza ed emergenza” o “Password e Sicurezza” oppure “Alert e terremoti”, a seconda del tipo di dispositivo.
    3. Nella sezione “Avvisi di emergenza” o “Allarmi pubblici” troverete l’opzione IT-Alert. Potrete disattivarla semplicemente rimuovendo il flag di attivazione. Per evitare di ricevere notifiche, è però necessario deselezionare tre voci: “Consenti allerte“, “IT Alert” e “Messaggi di test“. E’ inoltre necessario selezionare la voce “Mai” nella scheda “Promemoria allerte”. Queste funzioni sono poste una di seguito alle altre. Per verificare se è già stata ricevuta una notifica IT Alert, si può invece cliccare su “Cronologia allerte di emergenza”.

    Per chi utilizza dispositivi Apple, disattivare IT-Alert è altrettanto semplice:

    1. Accedere alle Impostazioni.
    2. Selezionare “Notifiche” e scorrere verso il basso fino alla sezione denominata “Avvisi di emergenza”.
    3. Disattivare la funzione IT-Alert in questa sezione per non ricevere più notifiche e controllare le aree che potrebbero aggiungersi a seguito di aggiornamenti dello smartphone.
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    Settore marittimo, in arrivo la nuova classe di navi all’avanguardia Porrima

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    Settore marittimo, in arrivo la nuova classe di navi all'avanguardia Porrima | Rec News dir. Zaira Bartucca
    Comunicato Stampa - Foto di Audrey Meunier

    Stan Shih – iconico rappresentante dell’industria elettronica in Asia e fondatore del Gruppo ACER con ora 24 aziende quotata in borsa – e Gunter Pauli, imprenditore e ideatore della Blue Economy, hanno annunciato un approccio rivoluzionario congiunto al trasporto marittimo e allo sviluppo delle isole. Sulla base dei 12 anni di esperienza pratica, Stan e Gunter (supportati da un elenco di leader del settore) hanno annunciato la costruzione di un nuovo tipo e serie di navi a emissioni zero per la “creazione di una nuova industria mondiale”.

    Porrima, progetto all’avanguardia che incarna l’idea dello shipping sostenibile, subirà un refit completo a Taiwan nel Kaohsiung a partire da questo autunno. Il refit – ispirato a 160.000 km di circumnavigazione della terra – sarà utilizzato come una piattaforma di apprendimento fast-track per formare un gruppo di base di ingegneri navali per costruire questa nuova classe di navi. La nuova impresa procederà immediatamente con la costruzione di tre versioni più piccole di Porrima, che saranno pronti entro febbraio 2025.

    L’integrazione del solare, dell’idrogeno ricavato da acqua di mare e di un aquilone intelligente per il recupero della potenza dal mare invertendo l’elica, è stata testata e messa in pratica con successo su Porrima negli ultimi dieci anni. La fusione tra l’esperienza pratica di Porrima e le capacità di progettazione frammiste all’IA applicata al settore marittimo, creeranno una barca altamente competitiva realmente a emissioni zero che non richiederà mai carburante e nemmeno un generatore diesel di riserva.

    “Il Gruppo di società ACER, che ha scorporato Wistron nel 2001 padroneggia l’IA. L’applicazione dell’IA all’industria marittima offre l’ingresso per l’azienda in un settore multimiliardario che oggi è classificato come la forma di trasporto maggiormente inquinante. Possiamo fare la differenza”, commenta Stan Shih, fondatore e presidente onorario di ACER. Diversi leader tecnologici hanno espresso il loro interesse ad aderire a questa iniziativa. Wistron, che si occupa della progettazione di prodotti correlati all’informazione e alla comunicazione, agirà nella produzione, nei servizi e nei sistemi saranno strumentali all’industrializzazione della produzione della famiglia di navi Porrima.

    Formosa Plastics supporterà la creazione di un nuovo carbonio fibra per costruire i demi-scafi super leggeri e performanti che caratterizzano la famiglia di barche Porrima. Le celle solari saranno dotate dell’ultimo spin-off di ITRI chiamato RePV con già il 92% di celle solari riciclate, che riduce l’impronta di carbonio del 60%. Mobilità Xing, startup con sede a Taipei, fornirà i pacchi batteria raffreddati ad immersione.

    Porrima al largo della costa di Taiwan, nel Mar Cinese Meridionale (Foto di Photo Audrey Meunier)

    Gli SkySails dalla Germania che erano già parte di Porrima dal 2017, saranno completamente automatizzati, ampliati a 60 m2 e prodotto da Wistron. I 12 anni di know-how di navigazione attraverso tutti gli oceani, combinati con le innovazioni integrate nel 2023, la produzione in serie e l’IA creeranno un motore di crescita nell’economia regionale e non solo. “Sono amico di Stan da 40 anni. Ho imparato in questi anni che Taiwan ha decine di innovazioni che giustificano la creazione di un nuovo progetto altamente competitivo per l’industria marittima”, ha fatto sapere Gunter Pauli, proprietario di Porrima che si unirà come azionista della nuova società con sede a Taipei.

    “Taiwan è già il 4° più grande produttore di yacht al mondo. Tuttavia, la nave i costruttori importano design e componenti dall’estero. Questo cambierà radicalmente sotto la guida di questa nuova impresa, e influenzerà l’intera economia del settore. Taiwan è casa per Evergreen, Yang Ming e Wan Hai, tre delle prime dieci compagnie di navigazione al mondo che controllano più del 10% del trasporto mondiale di container. Yang Ming e Wan Hai hanno già sottoscritto la mia visione per creare una nuova categoria di navi: le navi realmente a emissioni zero, che non bruciano carburante o diesel di riserva e sono guidate dall’intelligenza artificiale”.

    “La potenza del modello di nave AI – ha proseguito Pauli – è che lo stesso mix tecnologico può essere applicato alle piccoli isole: quasi tutte dipendono al 100% dai generatori diesel per l’energia e l’acqua potabile. Ciò significa che la nuova società Porrima Inc che è stata fondata nel mese di agosto di quest’anno avrà due mercati: oltre alle 60.000 navi diesel marittime che dovranno essere sostituiti nei prossimi 25 anni, ci sono 600.000 piccole comunità insulari che necessitano di forme di alimentazione realmente pulite. Se il carburante diventa rinnovabile, il denaro usato per far flusso al di fuori delle economie delle piccole isole rimarrà nell’economia locale, contribuendo alla crescita e la competitività”.

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    Reputazione online, cosa (e chi) si nasconde dietro i servizi di rimozione di contenuti diffamatori

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    Reputazione online, cosa (e chi) si nasconde dietro i servizi di rimozione di contenuti diffamatori | Rec News dir. Zaira Bartucca

    Sarà capitato a più d’uno o a più d’una di diventare il bersaglio dell’hater di turno che agisce online. Molti assimilano questa figura a quella di un disturbatore, di un frustrato o di una persona che non rispetta le opinioni altrui, e in effetti in molti casi è così. Ma quello che molti non sanno è che raramente si tratta di casi isolati o di schegge impazzite. Sì perché ormai molti account social e diversi siti sono gestiti da spin doctor che fanno capo a determinate organizzazioni, politiche e no.

    Hanno diversi compiti: orientare l’opinione pubblica sui temi scottanti e divisivi, caricare di una connotazione negativa determinate notizie catalogandole come “Fake News”, tacitare il dissenso colpendo i personaggi in vista o che non si piegano al politically correct facendo restituire sul loro conto risultati infamanti dai motori di ricerca. Per capire quanto una persona sia indipendente, infatti, ormai basta farsi un giro su Google: se il motore di ricerca restituisce risultati palesemente falsi e infamanti scritti da testate commerciali, da presunti fact checker o da piattaforme che utilizzano discorsi d’odio, si può sapere che la vittima con ogni probabilità è una persona libera che esprime senza paura le proprie opinioni.

    Se gli operatori di settore comprendono con facilità tutto questo e sono in grado di riconoscere questi casi e le dinamiche che li hanno creati, la situazione è più complessa per il cittadino. Spesso il malcapitato di turno si trova a dover subire conseguenze negative sul proprio lavoro o nella propria vita privata solo perché, magari, ha scritto un’opinione legittima ma in controtendenza su Facebook o perché ha commentato la pagina di un personaggio pubblico.

    A quel punto si trova, inspiegabilmente, bersagliato da decine e decine di account che “prendono in carico il caso”, provvedendo a demonizzare la persona sui social o tramite articoli e recensioni negative. Un sistema che serve a molte cose: tacitare le critiche, riscrivere comportamenti sociali, instillare idee, sdoganare comportamenti e ottenere gradimento politico. I temi maggiormente attenzionati e seguiti da queste organizzazioni e dai loro account e comunicatori (talvolta anche giornalisti insospettabili) attualmente sembrano essere il presunto cambiamento climatico, la guerra in Ucraina, virus e vaccini, utero in affitto e quanto gravita intorno all’ideologia lgbt.

    Se si dice quello che si pensa o se si presentano determinate evidenze su questi argomenti, si può star certi di finire spiattellati su un qualche motore di ricerca e su Google in particolare, che nella maggior parte dei casi – come si può leggere nella Community di riferimento – rifiuterà la richieste di rimozione dei contenuti diffamatori che gli spin doctor hanno provveduto a spargere.

    E’ qui entrano in gioco le Agenzie per la rimozione dei contenuti. In molti casi sono gestite proprio da personale contemporaneamente occupato in motori di ricerca come Google o con un passato nelle Bigh Tech, in altri sembrano vantare collegamenti di tutto rispetto. Fanno parte di un sistema sfaccettato dove si muovono figure disparate e dove si generano problemi di web reputation per poi guadagnare con la loro risoluzione.

    Tra le Agenzie che abbiamo interpellato per capirne un po’ di più, c’è chi ha sbandierato collegamenti, oltre che con i motori di ricerca, con organizzazioni come Cyber Right, chi si è detto forte di facce amiche che lavorano nelle polizie internazionali e chi ha svelato legami con altre organizzazioni. “Tanto – è quanto ci ha detto il CEO Europe di una delle Agenzie – denunce e richieste di rimozione le fanno cadere tutte nel vuoto, e in quel caso possiamo entrare in gioco noi”.

    “Entrare in gioco” significa assicurare la rimozione dei contenuti che ledono la reputazione online in tempi brevi, dietro il pagamento di una cifra che può partire dai 2000 euro e può raggiungere i 12.000 euro, che è la somma più alta in cui ci siamo imbattuti nel corso della nostra indagine. Un sistema distorto in cui il cittadino, del tutto inconsapevole dei collegamenti tra motori di ricerca e Agenzie, può cadere, convincendosi a pagare anziché esercitare i propri diritti per vie gratuite, legali e convenzionali.

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    Trappola su Google Play. C’è un malware scaricato da 420 milioni di utenti. Ecco quali App riguarda

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    Trappola su Google Play. C'è un malware scaricato da 420 milioni di utenti. Ecco quali app riguarda | Rec News dir. Zaira Bartucca

    Di nuovo brutte notizie per gli utenti di Google Play, lo Store dove scaricare App molto utilizzato negli smartphone Android, dove è preinstallato. Prima di addentrarci nell’argomento (l’ennesimo malware o virus) e fornire la lista di app interessate, diciamo subito una cosa: le alternative per fortuna esistono e noi le abbiamo già segnalate in un precedente articolo.

    Ma andiamo ad addentrarci nel problema. La società di sicurezza informatica Doctor Web – come riporta Esquire Italia – ha comunicato di aver scoperto un nuovo malware presente in molte app di Play Store, che è stato chiamato “SpinOK“. Il nome è lo stesso del software per la gestione automatica degli invii telematici verso l’Agenzia delle Entrate, per il Sistema Tessera Sanitaria e per la gestione del cassetto fiscale, anche se ovviamente si tratta di un semplice caso di omonimia.

    Si tratta di un virus piuttosto pericoloso, perché riesce a estrarre dati dai dispositivi e ad esportali, pur non avendo i permessi e aggirando le impostazioni proxy. Un componente dannoso che ha già infettato 420 milioni di dispositivi e 101 App. Esquire Italia ha fornito la lista delle prime 10 più scaricate, che riportiamo.

    10 delle 101 App pericolose presenti su Google Play

    • Noizz: editor video con musica (almeno 100.000.000 di download).
    • Zapya: Trasferimento file, condivisione (almeno 100.000.000 di download).
    • VFly: editor video e creatore di video (almeno 50.000.000 di download).
    • MVBit: Creatore di stato video MV (almeno 50.000.000 di download).
    • Biugo: video maker&video editor (almeno 50.000.000 di download).
    • Crazy Drop: (almeno 10.000.000 di download).
    • Cashzine: Guadagna premi in denaro (almeno 10.000.000 di download).
    • Fizzo Novel: Lettura offline (almeno 10.000.000 di download).
    • CashEM: ottieni premi (almeno 5.000.000 di download).
    • Tick: guarda per guadagnare (almeno 5.000.000 di download).
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