
Termovalorizzatore a Roma, critica e delusa Legambiente
L’associazione guarda a nuove isole ecologiche e a biodigestori per l’organico: “Incentivare ciclo virtuoso e pulito, con i termovalorizzatori l’impatto ambientale non è nullo”
Dall’Aula Giulio Cesare e dal sindaco Gualtieri è stata manifestata oggi l’intenzione di realizzare a Roma un Termovalorizzatore da 600mila tonnellate annue di rifiuti. Durissima la reazione di Legambiente: “La costruzione di quello che sarebbe il secondo più grande Termovalorizzatore italiano nella Capitale è una scelta totalmente sbagliata, contraria alle politiche ambientaliste e ai principi di sviluppo ecosostenibile ed economia circolare”. Lo dichiarano Roberto Scacchi – presidente di Legambiente Lazio – e Stefano Ciafani presidente nazionale di Legambiente. “Un progetto simile – proseguono – andrebbe in direzione esattamente contraria anche a percorsi virtuosi messi in campo da questa stessa amministrazione”.
“Secondo i dati Ispra – riporta Legambiente – la capitale ha una produzione di 1.700.000 tonnellate annue di rifiuti (con la sola eccezione del dato più basso del 2020 anno del lockdown), 600.000 tonnellate sarebbero quindi l’enorme residuo, se si arrivasse al 65% di raccolta differenziata e non oltre, obiettivo di legge che ogni comune avrebbe dovuto raggiungere entro il 2012, da 10 anni”.
“Il dimensionamento ipotizzato per questo impianto, – concludono i rappresentanti dell’associazione – condannerebbe addirittura Roma a non poter superare il 65% di differenziata, proprio per la necessità di alimentarlo di rifiuti: immaginare poi che un Termovalorizzatore del genere possa provocare un impatto ambientale sostanzialmente nullo come abbiamo letto, è chiaramente falso. Chiediamo al Campidoglio di tornare indietro e faremo tutto il necessario perché ciò avvenga. Bisogna invece spingere il porta a porta a tutte le utenze domestiche, puntare ad una differenziata altissima, alla tariffa puntuale, a nuove isole ecologiche e biodigestori per l’organico, dinamiche che sembravano essere parte delle scelte dell’amministrazione capitolina e che invece verrebbero spazzate via in un attimo dall’idea di costruire un enorme Termovalorizzatore”.

L’associazione ambientalista Fare Verde ETS ODV ha espresso “forti perplessità” in merito alla premiazione ricevuta da Acea Ambiente per l’impianto di San Vittore del Lazio alla fiera eco-green sull’economia circolare Ecomondo 2023, anche in considerazione delle “numerose segnalazioni alla Commissione Europea e alla varie procure inerenti la scarsa sostenibilità dell’impianto e addirittura la presunta erronea classificazione ad “impianto a recupero energetico”.
“L’area dove è ubicato l’impianto – fanno sapere dall’associazione – è considerata area di risanamento per ciò che concerne i PM10. Lo stesso sembrerebbe non essere autorizzabile ad operazioni a recupero energetico e quindi assimilabile a “termovalorizzazione”, ma in maniera inverosimile risulta piuttosto essere un semplice inceneritore a terra. Che un semplice inceneritore possa essere premiato ad una fiera “eco-green” – rimarcano gli interessati – è alquanto esilarante, soprattutto in considerazione del fatto che l’impianto è causa di un problema di doppio inquinamento, scaturito dal mancato utilizzo ogni anno di enormi quantitativi di energia termica che in Comuni ad alta densità di popolazione devono poi essere prodotti attraverso combustibili fossili, pellet, lega ecc., e di “triplo inquinamento” dovuto al fatto che la maggior parte dei rifiuti trattati provengano dal Comune Roma distante circa 150 km da San Vittore”.
“Circa 15.000 viaggi all”anno su appositi camion adibiti al trasporto di rifiuti conducono – concludono dall’associazione – a un’immissione in atmosfera di una quantità di anidride carbonica superiore a quella direttamente derivante dall’attività dell’inceneritore stesso. Senza alcun pregiudizio e convinti del fatto che gli organizzatori non potevano essere a conoscenza di quanto esposto, si invita gli stessi ad effettuare valutazioni più attente e conformi”.
LAZIO
Il depuratore di Anagni, gli stop e gli avvicendamenti politici

La trentennale storia del depuratore consortile di Anagni potrebbe (condizionale d’obbligo) avviarsi a conclusione. Almeno questa è la convinzione che si può ricavare dalle affermazioni del sindaco Natalia durante la trasmissione “Buongiorno Regione” di questa mattina. Natalia ha informato sugli esiti del tavolo tecnico del 12 settembre scorso e sull’intenzione della Regione Lazio di finanziare con circa 15 milioni di euro le operazioni necessarie per la messa in esercizio dell’impianto. Durante la trasmissione sono intervenuti i rappresentanti delle associazioni di categoria (Unindustria e Coldiretti) e le associazioni ambientaliste che non hanno mai cessato di sollecitare la classe politico-amministrativa sul tema.
“Se fosse in esercizio, il depuratore consortile sarebbe un sicuro vantaggio per il patrimonio naturale, a cominciare dal miglioramento della qualità delle acque del fiume Sacco”, ha dichiarato Rita Ambrosino, presidente del Circolo Legambiente di Anagni: “La mancata messa in opera di questo impianto è l’esempio lampante di decenni di rimpalli di responsabilità, costati alla collettività decine di milioni di euro oltre agli incalcolabili danni per l’ambiente già pesantemente gravato. Ci aspettiamo che questo rinnovato interesse porti anche ad una ricerca delle negligenze e delle responsabilità che hanno causato tale inqualificabile ritardo”.
Per capire la vicenda, si deve tornare al novembre 1992, quando la Regione Lazio consegna alla città il depuratore “ultimato”, nonostante importanti problemi impiantistici che ne rendevano impossibile l’utilizzo. Undici anni dopo, nel 2003, la Regione (Presidente Storace) decide di adeguare l’impianto affidandolo ad ACEA ATO5 che nel 2005 realizza la prima fase del progetto con una spesa di circa 4 milioni di euro. Nel marzo 2005 il Sacco assurge agli onori della cronaca con la dichiarazione di stato di emergenza ambientale per il ritrovamento di elevati livelli di beta-esaclorocicloesano (β-HCH) nel latte proveniente da alcune industrie zootecniche di nove comuni attraversati dal fiume.
Viene istituito il SIN e tra le attività decise dal Commissario delegato per l’Emergenza c’è anche l’avvio del Depuratore Consortile di Anagni. Con delibera del 3 agosto 2007 la Giunta della Regione Lazio (Presidente Marrazzo) stanzia 4 milioni di euro per i lavori di completamento. Nel marzo 2012, la Regione (Presidente Polverini) affida la gestione provvisoria dell’impianto al Consorzio per lo Sviluppo Industriale Frosinone (Consorzio ASI), che segnala la necessità di ulteriori lavori di adeguamento dell’impianto, aggiuntivi rispetto a quelli decisi dall’ufficio commissariale che saranno effettuati, conclusi e collaudati, con esito positivo, il 3 luglio 2014.
Il consorzio ASI, quindi, presenta un nuovo piano di lavori che verranno finanziati solo due anni dopo, nel 2016, con circa 130mila euro. Nel marzo 2017 viene approvato dalla Regione Lazio (Presidente Zingaretti) uno “Schema di Protocollo d’intesa con il Consorzio per lo Sviluppo industriale Frosinone per la presa in carico ed avviamento dell’impianto di depurazione di Anagni”.
In questi anni ai lavori di adeguamento dell’impianto non è mai seguita la messa in funzione. Sono stati numerosi, al contrario, i saccheggi del sito del depuratore, evidentemente poco controllato, con l’asportazione di materiali ed apparecchiature. La storia del depuratore e dei suoi interminabili lavori è stata oggetto di interrogazioni parlamentari, articoli di giornale, servizi TV, mentre contemporaneamente il fiume Sacco veniva ripetutamente colpito da sversamenti abusivi, anche con effetti molto appariscenti, che ne hanno peggiorato la qualità delle acque.
Una emergenza decennale che ha travalicato i confini nazionali entrando a far parte dei casi di mala-depurazione sui quali l’Europa ha richiamato più volte il nostro Paese, destinatario di ben quattro procedure di infrazione per la mancata conformità alla Direttiva Acque Reflue (91/271/CEE).
“Restiamo in attesa degli sviluppi dell’impegno della Regione (presidente Rocca) – conclude Legambiente – e siamo pronti insieme a tutta la cittadinanza attiva e ambientalista, a vigilare e incalzare amministrazione e gestori perché, dopo più di 30 anni, sia finalmente la volta buona che nel depuratore consortile di Anagni, oltre ad un fiume di soldi pubblici, entrino anche reflui da depurare per restituire acqua pulita e dignità al territorio.”
LAZIO
Musica, animazione, dirette. L’estate dei romani e gli eventi da non perdere ad agosto e settembre

Porta di Roma Live è stato solo il primo degli appuntamenti estivi imperdibili promossi da Radio Roma, la prima radio tv della capitale che quest’anno è al suo quarantottesimo anno di attività. Dopo il successo della kermesse di luglio, ad agosto e poi a settembre si entra ancor più nel vivo dell’intrattenimento, del relax e della musica, con le voci degli speaker che accompagneranno i romani direttamente dal parco acquatico Hydromania.
Proprio l’acquapark di Casale Lumbroso quest’anno attende, per la stagione estiva, circa 300mila presenze. Ad avvicinarle un’offerta ampia e variegata, a cui ora si aggiungeranno le apprezzate voci di Radio Roma (iVanale, Brugia&Paciullo, Rush e tanti altri), che tutti i giorni dalle 10 alle 13 fino al 10 settembre coinvolgeranno i presenti e accompagneranno le loro giornate, rendendole indimenticabili.
Un tuffo, letteralmente, nel divertimento e nella freschezza. Le dirette si possono seguire su Radio Roma (FM 104 a Roma e nel Lazio) e su Radio Roma TV, canale 15 del digitale terrestre a Roma e nel Lazio), ma anche sul sito www.radioroma.it e sulle app collegate.
LAZIO
L’Italia è l’outlet d’Europa: il Colosseo sarà gestito dalla francese Socotec
Cosa farà la multinazionale a Roma e come potrebbe cambiare il volto della Capitale per Expo 2030

Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it