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Abuso di spyware, in arrivo la relazione della Commissione d’inchiesta del Parlamento europeo
In arrivo la relazione finale della Commissione d’inchiesta del Parlamento europeo sugli usi e gli abusi che riguardano gli spyware. L’organismo dopo un anno di indagini pubblicherà una serie di raccomandazioni. “Spiare oppositori politici, giornalisti o avvocati è illegale e contro i valori fondamentali dell’UE. Quando le forze di sicurezza utilizzano spyware, deve essere all’interno di confini chiaramente definiti. Gli abusi sono state flagranti violazioni dello stato di diritto”. E’ quanto fanno sapere i popolari.
“La Commissione d’inchiesta ha fatto luce sui casi di uso illegale di spyware contro giudici, avvocati, giornalisti e persino l’opposizione democratica. Questo abuso di spyware costituisce una flagrante violazione dello stato di diritto, dei valori dell’UE e dei principi democratici più elementari di elezioni libere ed eque”, ha dichiarato Juan Ignacio Zoido, portavoce del gruppo PPE nella Commissione d’inchiesta.
“Il Gruppo PPE sottolinea la necessità di sostenere coloro che sono stati presi di mira illegalmente con spyware. Ciò dovrebbe includere l’accesso a un ricorso giurisdizionale effettivo basato su norme definite dalla Corte europea dei diritti dell’uomo”, ha detto l’eurodeputato Vladimír Bilčík, che ha negoziato la relazione finale. “Lo spyware non deve essere usato come arma politica contro le istituzioni democratiche, i politici o i giornalisti”, ha sottolineato ancora Bilčík.
“Le nostre forze di sicurezza hanno bisogno di strumenti tecnologici avanzati per affrontare minacce come il terrorismo, la criminalità organizzata o gli attacchi contro l’ordine costituzionale. Tuttavia, dobbiamo assicurarci che questi strumenti spyware vengano utilizzati nel rispetto dei diritti fondamentali e in conformità con i principi dello stato di diritto”, ha fatto eco – concludendo – Zoido.
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Concorsi pubblici, Pallotta (OdG): “Giuridicamente scorretto escludere i pubblicisti”

“Riservare ai soli giornalisti professionisti con l’esclusione dei giornalisti pubblicisti la partecipazione al concorso per l’assunzione di personale nel settore della comunicazione bandito dal Gran Sasso Scienze Insitute, è immotivato e giuridicamente non corretto”. E’ quanto afferma il Presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, Stefano Pallotta, che ha inviato una lettera al direttore generale dell’Istituto, Mario Picasso, per chiedere la modifica del bando ai sensi della legge 150 del 2000. “Si fa notare – si afferma nella lettera – che non esiste un albo dei giornalisti professionisti, ma che l’Ordine dei giornalisti comprende due elenchi, professionisti e pubblicisti e che in materia di concorsi nella Pubblica amministrazione, relativamente all’Ufficio stampa e comunicazione, la legge 150 del 2000 non fa alcuna distinzione tra i due elenchi limitandosi a richiedere l’iscrizione all’Ordine dei giornalisti”, conclude il presidente Pallotta.
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La vicenda di Julian Assange approda alla Camera dei Deputati
La moglie Stella Morris: “Perseguitato perché ha fatto il suo dovere”

“Le persone non comprendono cosa significhi realmente la vicenda di Julian, la cui principale colpa è stata quella di fare luce su cosa accadeva realmente in Afghanistan e svelare la verità su crimini e corruzione da parte di esponenti dell’establishment degli Stati Uniti. E’ una vicenda che riguarda la libertà, non solo negli USA ma anche in Europa”. Così Stella Morris Assange, moglie di Julian, ha iniziato il suo intervento all’iniziativa “Il caso Assange e il diritto alla verità” che si è svolto ieri presso la Camera dei Deputati.
Oltre ai promotori, presente anche il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Carlo Bartoli. “Assange – è quanto ha ricordato – non è né una spia, come molti erroneamente hanno detto, né uno che ha comprato o trafugato documenti riservati mettendo a rischio, come sostengono gli americani, la vita di molte persone. Tutto questo è falso – ha spiegato Bartoli – perché Assange è solo un editore che ha divulgato dei documenti che era nell’interesse di tutti conoscere e che nel farlo ha messo al riparo tutte le persone coinvolte”.
Con l’ingiusta detenzione del fondatore di Wikileaks, ha proseguito il presidente dell’Odg, “si sta mettendo in discussione anche lo stesso Primo emendamento della Costituzione americana che difende la libertà di parola e di pensiero e questo è già di per sé paradossale. E l’ulteriore anomalia è che tutto questo avvenga negli Usa che è il Paese definito delle libertà”. Nel corso dell’intervento, il ringraziamento ai media – pochi – che “hanno accettato la sfida di non tacere. E’ una vera battaglia perché la democrazia non può né deve aver paura della Verità. Continueremo a chiedere che Assange venga liberato in nome della libertà di parola e di espressione e perché si tratta di una persona, un giornalista e un editore rinchiuso ingiustamente in un carcere di massima sicurezza senza processo”.

La moglie di Julian Assange, Stella Morris
Stella Moris, consorte di Assange: “Punito perché ha fatto bene il suo lavoro”
“Quello in cui un uomo che si è battuto per difendere le regole e i principi è in prigione, è un mondo alla rovescia”. Lo dice con rammarico la moglie di Julian Assange, Stella Morris, che nel corso del convegno che si è svolto a Montecitorio ha puntato il dito contro chi tiene recluso il marito infrangendo i diritti umani e contro chi ha tentato di far calare una cappa di silenzio sul suo caso. “C’è stato un abuso del processo legale per fare di lui un caso e mandare un segnale a chi vorrebbe fare le stesse cose: ossia denunciare i crimini di guerra più terribili e l’impunità di chi li ha commessi”.
“Julian – ha proseguito Stella Morris Assange – ha pubblicato solo la verità sui crimini commessi dagli Stati e sugli insabbiamenti che ne sono seguiti. Ora è un uomo tenuto in un carcere di massima sicurezza insieme ai peggiori criminali. Quelli che vogliono Julian in carcere non credono nella democrazia né nei diritti umani. Il dovere dell’Europa è mobilitarsi in sua difesa perché questo ha ripercussioni su ognuno di voi”.
“Tutti sono d’accordo – ha detto ancora la moglie di Assange – nel ritenere che Julian viene accusato solo di aver fatto il giornalista. Il Regno Unito sta dicendo che i giornalisti devono tenere segreti i crimini di guerra commessi dagli Stati Uniti, ma Julian aveva il dovere come giornalista e l’obbligo come persona di rendere tutto di pubblico dominio. Il caso di Julian è di così alto profilo che crea una nuova realtà, una realtà in cui si possono perseguitare le persone solo perché fanno il loro dovere”.
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“No a nuove leggi per limitare il diritto dei cittadini ad essere informati”

Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, riunito nella seduta del 25 gennaio 2023, ha espresso preoccupazione per l’intenzione di varare una norma che avrebbe l’effetto di limitare fortemente la libertà di stampa e il diritto dei cittadini ad essere informati su indagini penali di rilievo e interesse pubblico.
L’annunciata “stretta” sulle intercettazioni, con la previsione di pesanti sanzioni per i giornalisti – fanno sapere dall’organismo – è in contrasto con la giurisprudenza consolidata della Corte europea dei diritti dell’uomo, che sancisce il diritto/dovere dei giornalisti di fornire alla collettività le notizie di interesse pubblico, soprattutto quando riguardano politici e amministratori, “anche pubblicando le intercettazioni e perfino utilizzando informazioni coperte da segreto”, dicono dall’Odg. E si pone in contraddizione con l’European Media Freedom Act che l’Unione Europea si appresta a varare per salvaguardare il lavoro dei giornalisti e la libertà di stampa, ritenuti di importanza essenziale per la democrazia.
Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha invitato a non dare corso ad una riforma che “avrebbe l’effetto di privare i cittadini di un’informazione essenziale al fine di formare un’opinione pubblica consapevole e di limitare fortemente la libertà d’informazione, già compressa dopo l’entrata in vigore del decreto 188/2021”.
“I giornalisti sono da sempre sensibili di fronte al tema del rispetto della dignità della persona, che include il diritto alla presunzione d’innocenza e il diritto all’oblio: l’Ordine dei giornalisti deve essere messo nelle condizioni di poter intervenire con tempestività per sanzionare le eventuali violazioni. Si chiede pertanto a Governo e Parlamento di impegnarsi per riformare, dopo 60 anni, la legge professionale dei giornalisti per renderla adeguata alle epocali trasformazioni del mondo dell’informazione introdotte dalle più moderne tecnologie in continua evoluzione digitale e multimediale”, concludono dall’Odg.
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Il collettivo di giornalisti per la liberazione di Assange compie tre anni
Nel 2019, il trasporto coatto di Assange dall’Ambasciata dell’Ecuador ha fatto mobilitare tutta la società civile, di tutti i Paesi del Mondo. Ad arrivare troppo tardi sono stati, come sempre, i media mainstream, che anziché denunciare subito la violazione dei diritti umani hanno tentato di costruire un’immagine distorta e inesistente del giornalista. Ma a fianco di queste azioni che si caratterizzano da sole, iniziava a prendere forma un’esperienza virtuosa: quella di un collettivo di giornalisti che si è battuto e si batte per la liberazione incondizionata di un collega che ha apportato un contributo risolutivo al mondo dell’informazione

Julian Assange, giornalista pluripremiato e fondatore di Wikileaks, è detenuto in un carcere britannico da quasi quattro anni. La sua colpa è di aver fatto conoscere al mondo la verità su numerosi crimini di guerra e sul malaffare che gira intorno a certe organizzazioni, a certa politica e a certi partiti. Per Assange, che ha svelato i punti deboli dei clintoniani e dei democratici americani, oggi non esiste nessuna grazia che provenga dal presidente americano, sebbene alcuni per la sua liberazione facessero affidamento – errando – nel ricambio alla Casa Bianca. Il problema non era – evidentemente – Trump, perché negli Stati Uniti di Biden si graziano tacchini ma non uomini che con il loro lavoro hanno tentato di aiutare la collettività a liberarsi dalle catene che la tengono imbrigliata.
Nel 2019 il trasporto coatto di Assange dall’Ambasciata dell’Ecuador ha fatto mobilitare tutta la società civile, di tutti i Paesi del Mondo. Ad arrivare troppo tardi sono stati, come sempre, i media mainstream, che anziché denunciare subito la violazione dei diritti umani in corso hanno tentato di costruire un’immagine distorta e inesistente del giornalista. Ma a fianco di queste azioni che si caratterizzano da sole, iniziava a prendere forma un’esperienza virtuosa: quella di un collettivo di giornalisti che si è battuto e si batte per la liberazione incondizionata di un collega che ha apportato un contributo risolutivo al mondo dell’informazione. Quel collettivo si chiama “Speak Up for Assange”, e quest’anno compie tre anni.
In un triennio questa realtà è riuscita a mettere insieme oltre duemila giornalisti provenienti da tutto il mondo (tra loro, anche la fondatrice di Rec News) e da tantissime redazioni che chiedono la liberazione di Julian Assange e la fine di ogni violazione dei suoi diritti inalienabili. Questo il comunicato che è stato diffuso in occasione dell’anniversario del collettivo.
Cari amici e colleghi, esattamente tre anni fa, dopo la preoccupazione che i giornalisti non prestassero abbastanza attenzione al caso di Julian Assange, è nata l’iniziativa #Journalistspeakupforassange. Da piccoli inizi, è cresciuto fino a oltre 2.100 nomi in tre anni.
Dopo aver lanciato la dichiarazione dei giornalisti internazionali nel 2019, è stato trasformato in un video di successo su YouTube e Twitter l’anno successivo. Da allora, mentre aggiornavamo i firmatari con notizie e risorse sul caso legale in corso, abbiamo organizzato annunci sui giornali che pubblicizzavano il nostro disaccordo collettivo all’accusa, oltre a inviare una lettera di opposizione insieme a una copia della nostra lista dei firmatari all’ex ministro degli interni del Regno Unito Priti Patel prima della sua decisione sull’estradizione.
Riteniamo che collettivamente abbiamo contribuito a spostare l’ago della bilancia nel rendere accettabile che altri giornalisti esprimessero pubblicamente la loro difesa di Assange. Anche se può avere i suoi difetti, la lettera congiunta della scorsa settimana di alcune testate è stata un’ammissione attesa da tempo. E ‘ un passo nella giusta direzione.
Inoltre, c’è stato l’importante sviluppo che Assange e il suo team hanno presentato un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Nel frattempo, anche se una data deve ancora essere confermata, l’appello di Assange nel Regno Unito dovrebbe iniziare all’inizio del nuovo anno. Incoraggiamo sempre a continuare a indagare, scrutare e porre l’attenzione pubblica sul caso Assange.
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