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Per non dimenticare. Il ministro Valditara rende omaggio alla Foiba di Basovizza | Rec News dir. Zaira Bartucca Per non dimenticare. Il ministro Valditara rende omaggio alla Foiba di Basovizza | Rec News dir. Zaira Bartucca

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Per non dimenticare. Il ministro Valditara rende omaggio alla Foiba di Basovizza

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La cosiddetta “Foiba di Basovizza”, in origine pozzo minerario, nel 1945 è stato il teatro a lungo dimenticato di esecuzioni sommarie perpetrate dal regime comunista del dittatore Tito. Gli eventi seguirono alla presa di Fiume, dell’Istria e della Dalmazia da parte della Jugoslavia, e provocarono svariati morti tra prigionieri, militari, poliziotti e civili, senza contare gli internamenti nei campi di concentramento in Slovenia e in Croazia.

Gli accadimenti vengono descritti così dal Centro di Documentazione della Foiba di Basovizza: “Le vittime destinate ad essere precipitate nella voragine di Basovizza venivano prelevate nelle case di Trieste, durante i 40 giorni di occupazione jugoslava della città (dal 1 maggio 1945). A Basovizza arrivavano gli autocarri della morte con il loro carico di disgraziati. Questi, con le mani straziate dal filo di ferro e spesso avvinti fra loro a catena, venivano sospinti a gruppi verso l’orlo dell’abisso. Una scarica di mitra ai primi faceva precipitare tutti nel baratro. Sul fondo chi non trovava morte istantanea dopo un volo di 200 metri, continuava ad agonizzare tra gli spasmi delle ferite e le lacerazioni riportate nella caduta tra gli spuntoni di roccia. Molte vittime erano prima spogliate e seviziate”.

Almeno 20mila le uccisioni, oltre 250mila gli sfollati del genocidio italiano a lungo dimenticato

A dicembre del 1945, l’allora premier italiano Alcide De Gasperi presentò agli Alleati una lista di nomi di 2500 deportati dalle truppe jugoslave nella Venezia Giulia e indicò “in almeno 7500 il numero degli scomparsi”. In realtà, scrive la rivista Focus, “il numero degli infoibati e dei massacrati nei lager di Tito fu ben superiore a quello temuto da De Gasperi. Le uccisioni di italiani – nel periodo tra il 1943 e il 1947 – furono almeno 20mila; gli esuli italiani costretti a lasciare le loro case almeno 250mila”.

Quindici giorni di eventi per ricordare l’eccidio di Basovizza

Nonostante la crudezza degli accadimenti, quanto è accaduto nella Foiba di Basovizza e in altre Foibe fatica a superare la cortina del dimenticatoio. Succede, quando la storia si usa in maniera politica e strumentale e si preferisce parlare solo e soltanto di ebrei e di campi di concentramento nazisti, come se ci fossero morti di serie A e morti di serie B, dittatori da condannare e dittatori da esaltare, regimi da esecrare e regimi da ignorare. Si fanno, comunque, passi avanti, e quest’anno all’eccidio di Basovizza oltre al Giorno della Memoria che ormai si celebra ogni anno il 10 febbraio è stato dedicato un ciclo di eventi e commemorazioni che si è concluso ieri con il viaggio “nei luoghi del Ricordo” del ministro all’Istruzione Giuseppe Valditara. Di seguito il discorso pronunciato.

Cari studentesse e studenti, professoresse e professori, presidenti delle associazioni degli esuli Istriani, Fiumani e Dalmati, signore e signori presenti, Basovizza, calvario, col vertice sprofondato nelle viscere della terra, secondo l’espressione dell’allora vescovo di Trieste e Capodistria, monsignor Antonio Santin, è il luogo in cui nel maggio del 1945 hanno trovato la morte i destinatari di un odio implacabile e al tempo stesso è il sacrario in onore di tutte le vittime delle Foibe, nella Venezia Giulia, come a Fiume, come a Zara, dall’8 settembre del 1943 in poi.

È per noi il simbolo dell’ondata di violenza politica che si è abbattuta sugli italiani del confine orientale alla fine del secondo conflitto mondiale. Qui riecheggiano la terribile fine di Norma Cossetto e di altre donne e uomini inermi; i cento morti di Vergarolla, prima strage impunita e ancora avvolta di mistero della storia della nostra Repubblica; i trecentomila esuli, che con lo sguardo al di là dell’Adriatico hanno saputo vincere la delusione e il dolore e impegnarsi fino in fondo nel ricostruire la propria esistenza, contribuendo in modo essenziale anche al rilancio del nostro Paese.

Basovizza è anche un presidio della memoria, dove raccogliere il sentimento di quanti riconoscono quei drammatici avvenimenti come parte integrante della nostra storia nazionale, che deve essere spiegata alle nuove generazioni. Oggi qui, insieme a studenti e docenti, alle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani, Dalmati e alla Lega Nazionale, si rinnova l’impegno del MIM per la conoscenza delle vicende turbinose delle Genti giuliano-dalmate, per la tragedia delle Foibe e per la catastrofe dell’Esodo.

È un impegno a contribuire a diffondere nelle scuole di ogni ordine e grado la storia di coloro che furono italiani due volte, per nascita e per scelta: nostri connazionali di allora e di sempre, che troppe volte hanno pagato con la vita il loro amore per la Patria e che per rimanere italiani hanno dovuto prendere la via dell’esilio dalla loro terra natale.

La loro memoria va custodita con reverenza, portando gli studenti a contatto con la sua voce che rompe il silenzio: sono testimonianze in prima persona oppure salvate a fatica dall’oblio, sono voci tramandate, ricordi di figli e nipoti, sono luoghi in alcuni casi ancora esistenti, sono sedimenti archivistici capaci di ridare la parola a chi l’aveva perduta. Questo è quanto è stato proposto di fare nelle scuole di tutt’Italia, suggerendo di partire dalle tracce vicine, dal territorio, dalle impronte materiali che la realtà dell’esilio vi ha impresso e da quelle immateriali custodite nelle memorie dei protagonisti, dei loro discendenti e delle comunità accoglienti: è questo, concreto ed evocativo al tempo stesso, un modo privilegiato per accostarsi ad una storia non ancora remota e quindi ricca di tutto il suo spessore di umanità, fra dolore, nostalgia e speranze.

Ai presenti, molti dei quali testimoni diretti dell’italianità negata, che custodiscono nella mente e nel cuore le ferite dei padri, voglio anch’io dare una testimonianza: testimoniare che la loro è una ferita che ci appartiene, che è di tutti noi, della Nazione e dello Stato italiani; voglio testimoniare il riconoscimento pieno della sofferenza e del rispetto, dovuti ma per anni taciuti, a quanti hanno visto le loro famiglie distrutte e la loro terra divenuta straniera.

Basovizza è stata un abisso, l’emblema dolente dei lutti provocati dallo scatenarsi della furia ideologica che travolge ogni senso di umanità. Oggi però può e deve trasformarsi in luogo di rispetto e di riconciliazione. Una ricomposizione di intenti testimoniata dalla presenza del presidente Mattarella e dell’allora presidente sloveno Pahor, che a luglio del 2020, resero omaggio ai morti italiani delle diverse cavità carsiche e al cippo che ricorda i giovani antifascisti sloveni uccisi nel 1930 e che indica, nel processo unitario europeo, la strada della comune volontà di pace e democrazia. Si realizza così l’auspicio del Vescovo di Trieste e Capodistria e cioè che questo calvario di pietra costituisca una grande cattedra, che indica nella giustizia e nell’amore le vie della pace.

E il confronto, il dialogo, la pace, il rispetto dei diritti siano gli obiettivi della formazione delle nostre scuole: sempre, ed in particolare oggi, quando i fantasmi della guerra sembrano di nuovo volersi scatenare sul nostro continente.

Dobbiamo conservare e rinnovare la memoria della tragedia delle migliaia di italiani uccisi e infoibati e delle centinaia di migliaia di nostri connazionali costretti a esodare dalle terre dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia nel secondo dopoguerra. Quelle tragedie sono state possibili perché l’ideologia ha misconosciuto la centralità della persona umana, e rinnegato i valori della democrazia. Proprio oggi che la violenza è tornata ad insanguinare terre d’Europa, è fondamentale ribadire come il rispetto verso ogni essere umano e lo stato di diritto siano i due decisivi baluardi contro ogni barbarie.

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DDL Semplificazioni e farmacia dei servizi, “risolvere le criticità”

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DDL Semplificazioni e farmacia dei servizi, "risolvere le criticità" | Rec News dir. Zaira Bartucca
Comunicato stampa

“In relazione al DDL Semplificazioni, recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri e non ancora formalizzato in Parlamento, la FNO TSRM e PSTRP desidera esprimere con spirito propositivo alcune considerazioni in merito agli annunciati contenuti dell’articolato atto a promuovere l’erogazione dei sevizi presso le farmacie”.

“In premessa, va sottolineato come siano del tutto condivisibili le finalità che il legislatore intende perseguire. Soprattutto nei piccoli centri abitati la possibilità per i cittadini di poter usufruire di tutta una serie di servizi, dalla telemedicina alla possibilità di effettuare la scelta del medico di famiglia o di eseguire test diagnostici per il contrasto all’antibiotico resistenza, sono alcuni degli aspetti certamente positivi della norma”.

“Di contro vanno evidenziate alcune possibili criticità nell’implementazione delle analisi in farmacia, rispetto ai laboratori clinici. In particolare nella fase pre-analitica dell’effettuazione del prelievo, che risulta essere fondamentale per garantire l’affidabilità e la sicurezza dei risultati, è necessario il rispetto degli standard universalmente riconosciuti, come del resto nella successiva fase analitica solo la conoscenza dei processi e la corretta gestione dei controlli di qualità da parte dei professionisti di laboratorio può garantire affidabilità e precisione dei dati acquisiti”.

“Da non sottovalutare neppure la fase di refertazione dei risultati dove è necessario garantire al cittadino una chiara e corretta comunicazione soprattutto nei casi in cui siano emersi valori critici”.

“L’articolo del DDL Semplificazioni circolato a mezzo stampa, sembra invece voler trasformare le farmacie in spazi multifunzionali del tipo “diagnostica di base in una casa di comunità” e autorizza la farmacia, a differenza di un laboratorio analisi. La consegna degli esami attraverso uno scontrino senza firma del clinico, saltando la fase di validazione tecnica che è la sintesi di competenze analitiche, conoscenze biochimiche, biologiche e di capacità comunicative (ISO 15189:2023) proprie del professionista Tecnico sanitario di laboratorio medico (TSLB) al quale spetta anche la verifica dell’attendibilità dei risultati oltre all’assunzione di responsabilità nei confronti della persona che riceve i risultati e o referto”.

“Allo stato attuale i test eseguiti nelle farmacie sono paragonabili agli esami eseguiti in autotest. Per ogni esame sarà invece necessario utilizzare specifica strumentazione nel rispetto degli standard e delle metodiche in grado di garantire la qualità del parametro analizzato. L’uso dei sistemi Point of care testing (PoCt) risulta infatti adeguato nella fase di autocontrollo e monitoraggio della malattia, mentre è inadeguato nella fase di diagnosi. Per questo motivo è necessaria la corretta gestione di questi dispositivi anche per evitare le potenziali conseguenze derivanti dall’uso di risultati non attendibili degli esami”.

“È necessario approfondire infine la portata della previsione, certamente innovativa, che consente l’erogazione di questa tipologia di analisi su prescrizione medica e rimborsate alla farmacia dal SSN anziché decisa e pagata “out of pocket” dal cittadino. Non va trascurato il tema dell’accreditamento della farmacia dei servizi in qualità di struttura convenzionata con il SSN, al pari di un laboratorio privato convenzionato, implicando specifici requisiti nei confronti dell’accreditamento istituzionale, ossia dal punto di vista dei locali e delle attrezzature, sia dal punto di vista delle competenze certificate che devono essere possedute dal personale che esegue i test analitici”.

“L’auspicio è che nel corso dell’iter parlamentare del DDL le succitate criticità possano essere spunto per un’attenta riflessione e contribuiscano a migliorare i contenuti della norma nell’esclusivo interesse della popolazione e a tutela della loro salute”. Così la Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione.

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Presentata alla Farnesina la Commissione Economica Mista Italia-Cina (CEM)

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Carenze energetiche, governo al lavoro, ma per l'Africa | Rec News dir. Zaira Bartucca
Comunicato stampa

Si è tenuta oggi presso la Sala Aldo Moro della Farnesina la conferenza stampa di presentazione della Commissione Economica Mista Italia-Cina (CEM) e del Business and Dialogue Forum bilaterale che si terrà a Verona l’11 e il 12 aprile. All’evento oltre al ministro agli Affari Esteri Antonio Tajani ha preso parte il Ministro del Commercio cinese Wang Wentao.

La Commissione Economica Mista Italia-Cina (CEM) è uno strumento di cooperazione con la Cina in materia economica e commerciale ed è inclusa tra i meccanismi di dialogo del Partenariato Strategico Globale istituito nel 2004. Dal 2019, la CEM è coordinata ed organizzata per parte italiana dalla Farnesina e si svolge a livello di Ministri.

Il Business and Dialogue Forum Italia-Cina si propone di offrire un foro di dialogo e di promozione della cooperazione economica in settori individuati come prioritari, oggetto anche dell’agenda dei lavori della CEM (agritech, e-commerce, investimenti, farmaceutico e biomedicale). Oltre al Ministro Tajani ed al Ministro Wentao sono intervenuti rappresentanti di ICE, Confindustria e delle relative controparti cinesi membri della Segreteria tecnica del Business Forum, oltre che esponenti del polo per l’internazionalizzazione (SACE, SIMEST, CDP) e una selezione di aziende italiane e cinesi.

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Alemanno (Indipendenza): “L’Europa va azzerata e ricostruita”

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Alemanno (Indipendenza): "L'Europa va azzerata e ricostruita" | Rec News dir. Zaira Bartucca

“L’idea di Movimento Indipendenza è che l’Italia sia più indipendente rispetto ai vincoli dell’Unione Europea e rispetto alle guerre che facciamo grazie alla NATO e per una sudditanza nei confronti degli Stati Uniti da cui ci dobbiamo liberare. Allo stesso tempo, l’UE ci impone dei vincoli economici che ci impediscono di crescere e difendere i nostri diritti sociali e anche da questi vincoli bisogna liberarsi, questo significa indipendenza”.

A parlare è Gianni Alemanno, fondatore di Indipendenza, ospite a Radio Cusano Campus nel corso del programma ‘L’Italia s’è desta’ condotto dal direttore del giornale radio Gianluca Fabi e Roberta Feliziani.

“Siamo sovranisti – precisa l’ex sindaco di Roma – però siccome sovranismo è una parola che può creare confusione parliamo di indipendenza dell’Italia, un principio statuito nella Costituzione ma che purtroppo i nostri governanti hanno completamente tradito.  La globalizzazione è finita con la guerra in Ucraina e con il conflitto tra l’unipolarismo americano e i BRICS, l’alleanza fra Russia, Cina, India, Brasile, Iran, Sud Africa che, sostanzialmente, si sono uniti perché vogliono un mondo multipolare, in cui ogni popolo abbia la propria sovranità e possa esprimere il proprio orientamento. Ma non sarò eletto – precisa Alemanno – non sarò eletto perché un decreto voluto da Fratelli d’Italia, approvato anche dal Presidente della Repubblica, impedisce a noi movimenti di derogare alla raccolta di firme. Questa decisione è stata presa a un mese dal termine della raccolta delle firme, quindi in un tempo in cui non ci è consentito recuperare”.

Alemanno a tal proposito si appella alla Costituzione Italiana dicendo: “È assolutamente incostituzionale, lo abbiamo anche scritto al Presidente della Repubblica che ci ha ignorato. Detto questo, in Europa il passo fondamentale è quello di riuscire a recuperare un’autonomia rispetto a quelli che sono i parametri rigoristi di Bruxelles”. E guardando al nostro Paese, “Il problema più grave è il patto di stabilità firmato da Giorgetti che obbligherà l’Italia nei prossimi 10 anni a fare manovre correttive di 14miliardi di euro l’anno senza quindi poter crescere”.

Riguardo invece all’Unione Europea: “Continuiamo a dire che vogliamo cambiare l’Europa , peccato che la Germania e i paesi del nord non abbiano nessuna voglia di cambiare l’Europa. Questa Europa va azzerata e ricostruita da capo, perché così non si va da nessuna parte”, ha sottolineato l’esponente di Indipendenza. E continuando sui recenti conflitti internazionali, Alemanno ha poi aggiunto: “Manca percezione della realtà, continuiamo a dire che l’Ucraina può vincere contro la Russia quando in realtà tutti gli analisti militari dicono che questo è assolutamente impossibile. Continuiamo a dire che Netanyahu sta sbagliando, che nella striscia di Gaza è in atto un eccidio, ma non si fa nulla per fermare Israele. La storia ci insegna che tutti i conflitti mondiali sono nati in base alla mancanza di percezione della realtà”, ha detto ancora Alemanno.

Riguardo invece all’accordo saltato con Cateno De Luca: “Da un certo momento in poi De Luca ha voluto imporre una propria leadership molto netta su questa aggregazione, praticamente andando ad aggregare tutto il contrario di tutto, ma non si può andare alle elezioni a tutti i costi e rischiare di confondere il proprio messaggio”.

Infine Alemanno ha voluto spiegare le differenze tra la sua concezione di destra e quella di Giorgia Meloni. “Quella della Meloni è la classica destra liberista e neoconservatrice di stampo americano, mentre la mia è una destra sociale, una destra critica nei confronti dell’americanismo. Sostanzialmente c’è una critica antiamericana che ha origini dalla seconda guerra mondiale ai giorni nostri. Ma il fatto che esistano due destre così diverse, torna quello che ho detto prima, forse i vecchi schemi di destra e sinistra sono un po’ superati”, ha concluso. 

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L’altra versione su Ilaria Salis

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L'altra versione su Ilaria Salis

Ilaria Salis è il nuovo mito di quella parte di sinistra che si identifica con Mimmo Lucano e Soumahoro, tanto che (al pari di altri personaggi idolatrati dall’universo progressista) si è tentato di farle ottenere l’immunità facendola candidare nelle fila del Pd – dove sennò – per le prossime europee. Ipotesi scongiurata dalla stessa Elly Schlein, che in queste ore ha rispedito al mittente le velleità politiche dell’insegnante attualmente sotto processo in Ungheria.

Salis è accusata di due aggressioni fisiche – che motiverebbero le misure di contenzione di cui è stata oggetto – e stando a quanto scrive Panorama si sarebbe già dovuta misurare con 4 condanne e 29 denunce.

Sull’argomento è intervenuto il fondatore di Indipendenza Gianni Alemanno che, intervistato da Radio Cusano ha detto: “La Salis è accusata di un’aggressione che ha quasi portato alla morte di due persone, aldilà che fossero neonazisti o meno. Il reato viene giudicato dalla giustizia ungherese che ha una sua autonomia, quindi la possibilità dell’Italia di interferire su questo procedimento è molto discutibile. Da questo punto di vista credo che prevalga inevitabilmente la sovranità ungherese”.

“Detto questo – ha proseguito Alemanno – credo che una pressione forte da parte dell’Italia nei confronti dell’Ungheria vada fatta, perché le immagini della Salis al guinzaglio e questa durezza sicuramente feriscono e colpiscono”. E più precisamente: “rispetto per la sovranità dell’Ungheria e smettiamo di demonizzare la legge ungherese, ma dal punto di vista delle relazioni diplomatiche e del rapporto che c’è di amicizia fra Giorgia Meloni e Orbán, una soluzione si dovrebbe trovare. La sovranità non deve essere estranea all’equilibrio e al buon senso”.

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