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Privacy Network ha esaminato i programmi elettorali per tentare di comprendere in che modo i vari partiti affrontano non solo le possibilità ma anche i problemi legati alla tecnologia e alla Privacy. Il metodo di lavoro è stato spiegato dalla stessa organizzazione: “In primis sono stati ripresi i programmi punto per punto, esaminando quanto scritto, parola per parola. Poi è stato usato come indicatore oggettivo il numero volte in cui vengono citate parole come privacy, cybersecurity, intelligenza artificiale, blockchain e altre. Infine, si è e cercato di capire in modo neutrale l’intento di ogni partito e coalizione in questi ambiti”.

Un’attenzione particolare è stata data alla protezione dei dati personali e alla privacy. Spiega Diego Dimalta, avvocato e co-fondatore dell’Associazione Privacy Network:“Una società tecnologica e libera si regge sulla responsabilità di tutti, legislatori, aziende e singoli utenti. Tematiche come cybersecurity e privacy – avverte – devono essere capite”.

“È un tema – prosegue Dimalta – che sarà sempre più centrale nella vita quotidiana di ognuno di noi e purtroppo, in generale, si parla poco di diritto all’uso delle tecnologie come anche di tutela dei diritti delle persone nei confronti delle grandi piattaforme o nei confronti dell’uso incontrollato di sistemi di intelligenza artificiale, come ad esempio dei cosiddetti sistemi di decisione automatica utilizzati soprattutto dalle PA. È per questo che per ogni programma abbiamo cercato di evidenziare i punti legati al mondo delle nuove tecnologie e individuare aspetti positivi e negativi delle scelte operate da coalizioni e partiti, nella speranza che il risultato possa essere utile”.

Dall’analisi dell’organizzazione emerge che quasi tutti i programmi elettorali parlano di diritti digitali e privacy, ma non in modo approfondito, senza avanzare proposte e soprattutto senza presentare possibili soluzioni ai problemi. Ecco una sintesi di quanto emerso.

L’analisi dei programmi elettorali

Secondo Privacy Network, il programma unitario del centrodestra si approccia alle nuove tecnologie come a “degli strumenti utili a raggiungere gli obiettivi di programma, non a caso vi si fa riferimento in numerosi ambiti. Il difetto principale è da rinvenire nell’eccessiva genericità e residualità dei punti programmatici che parlano di digitalizzazione. Del tutto assenti i riferimenti alla privacy e alla tutela dei diritti umani in ambito digitale. Insomma, ci sono riferimenti al digitale ma ancora molto generici”.

Il programma del Pdprosegue l’organizzazione – parla del mondo digitale guardando alla sua funzione strumentale e alle sue possibili derive negative. Dà spazio al tema delle Big Tech e all’uso dei sistemi di intelligenza artificiale. Il programma appare poco leggibile a chi non ha una conoscenza approfondita dei temi. Alcuni propositi risultano una ripetizione di quanto già previsto da norme Europee presenti e future”.

Il Movimento 5 Stelle nel suo programma mette in risalto il valore dei dati ancor prima che quello delle tecnologie. Le informazioni secondo il M5S, devono essere accessibili per consentire un miglioramento della ricerca. Nulla viene detto sulla tutela della privacy o dei diritti fondamentali nei confronti, ad esempio, delle piattaforme americane, si legge ancora nel Rapporto.

“Alleanza Verdi Sinistra evidenzia l’importanza dei dati e suggerisce di utilizzarli in diversi settori. Occorre evidenziare che si si riferisce però non ai dati personali ma a informazioni utili al perseguimento delle ricerche e dello sviluppo, senza porre attenzione al tema dei dati personali. Non solo, il programma di Alleanza Verdi Sinistra dichiara apertamente di voler tracciare i dati dei conti correnti dei cittadini al fine di verificare i casi di evasione. Non è da escludere che anche altre forze politiche abbiano simili mire, ma Alleanza Verdi Sinistra lo scrive nero su bianco”.

“Le nuove tecnologie vengono invece viste da Azione e Italia Viva come un set di strumenti utili a semplificare e migliorare alcuni settori dell’economia del Paese. In questo programma manca però completamente il riferimento ai diritti dei cittadini e alla tutela della loro Privacy contro le Big Tech. Nel programma elettorale di Unione Popolare, infine, manca praticamente del tutto il riferimento alle nuove tecnologie”.

Insomma, conclude il rapporto: gli spiragli di apertura ci sono, ma sono poco specifici. Ogni programma ne vede una parte, ma nessuno ha un piano complessivo e approfondito che ne tocca tutti gli aspetti. Nella maggior parte dei casi si citano i temi importanti, senza però specificare come si affronteranno. C’è poi troppa poca attenzione agli aspetti della privacy che impattano sulla vita quotidiana di ogni cittadino.

Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it

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TECH

Il boomerang del politicamente corretto si ripercuote su Google

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Il boomerang del politicamente corretto si ripercuote su Google | Rec News dir. Zaira Bartucca

Nuova tegola sulla Big Tech Google, che dopo le multe per abuso di posizione dominante e per la mancata rimozione dei contenuti illeciti dovrà pagare un altro milione di dollari. Il motivo è paradossale, se si pensa che il colosso tecnologico arcobaleno – che sostiene di difendere i diritti delle persone – dopo una causa intentata nei suoi confronti dovrà sborsare questa cifra di tutto rispetto per aver discriminato una donna. Colpevole, forse, di non rappresentare le categorie che l’azienda gradisce maggiormente.

Si tratta di Ulku Rowe (nell’immagine) l’esecutivo di Google Cloud che ha citato in giudizio l’azienda per aver favorito l’ascesa degli uomini, “dando loro – scrive Player.it – maggiori stipendi e garantendo loro promozioni nonostante non fossero portati per i ruoli garantiti. La giuria che ha presieduto al processo ha dato ragione alla donna e per questo Google deve a lei sia i danni materiali, sia quelli emotivi. A peggiorare la situazione ci ha anche pensato la compagnia, che prima del processo pare l’abbia pure trattata male”.

Definitivo il commento della legale di Ulku Rowe, Cara Green, che ha sottolineato come “tante grandi aziende si siano create un’aurea di inclusione solo di facciata, che nel concreto si è rivelata completamente falsa”.

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TECH

Caller ID Spoofing, cos’è e come difendersi

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Caller ID Spoofing, cos'è e come difendersi | Rec News dir. Zaira Bartucca

Un successo pieno, che potrebbe segnare una nuova fase nelle truffe bancarie a favore delle vittime. Questo il giudizio dell’associazione Codici in merito al pronunciamento dell’Arbitro Bancario Finanziario sulla frode subita da una cliente di una nota banca, che si è conclusa con il riconoscimento del rimborso dell’intero importo sottratto dai malviventi. Un caso di caller ID spoofing, una tecnica fraudolenta che consiste nel modificare il numero del chiamante, fingendosi ad esempio un istituto bancario, per indurre la vittima a comunicare dati personali utili ad attuare la truffa. Nel caso seguito dall’associazione Codici, la cliente di ING Bank, una cittadina bergamasca, ha ricevuto prima una telefonata e poi un SMS da numeri ufficiali dell’istituto.

“La truffa – spiega Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici – è iniziata con una chiamata sul cellulare della nostra assistita da parte di un soggetto che si è presentato come operatore ING e che la informava che erano in corso operazioni fraudolente tramite la carta di credito e la carta di debito. Attenzione, la chiamata arrivava dal numero ufficiale della banca, quindi per la cliente non c’era motivo di insospettirsi, anzi, si è subito attivata per cercare di bloccare i tentativi di furto.

Seguendo le indicazioni dell’operatore, ha fornito le ultime quattro cifre delle proprie carte come operazione di verifica. Poco dopo, ha constatato che erano stati effettuati dei prelievi di circa 800 euro su entrambe le carte e successivamente ha ricevuto anche un SMS, sempre dal numero della banca, in cui veniva informata prima degli addebiti e poi del riaccredito delle somme. Il giorno successivo, però, il riaccredito non era ancora avvenuto. A quel punto ha contattato il servizio clienti della banca, scoprendo di essere stata vittima di una truffa. Da lì la denuncia ai Carabinieri e la comunicazione all’istituto di non aver autorizzato le due operazioni.

La banca, però, non ha riconosciuto le ragioni della cliente ed a quel punto è iniziato l’iter che ha portato al ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario, che nei giorni scorsi si è concluso con una vittoria. L’Abf, infatti, ha disposto il rimborso della nostra assistita. Una pronuncia importante, quasi in controtendenza, perché finora alle vittime è stata attribuita la responsabilità della truffa. Il caso che abbiamo seguito, uno dei tanti che quasi quotidianamente arrivano ai nostri sportelli, dimostra che non è così. I clienti ricevono le comunicazioni da canali ufficiali della propria banca, quindi è logico che si fidino, che seguano le indicazioni che arrivano dagli operatori, soprattutto in una situazione delicata, nel corso di un’operazione fraudolenta.

Riteniamo che più che chiedere ai clienti di trasformarsi in esperti informatici per smascherare i tentativi di truffa, sia necessario imporre agli istituti di migliorare i sistemi di sicurezza per garantire un livello di protezione maggiore ai propri clienti, intervenendo rapidamente per tutelarli invece di scaricare su di essi ogni responsabilità. Ci auguriamo che la pronuncia ricevuta dall’Abf nel caso seguito segni l’inizio di una nuova fase, più attenta ai consumatori. Naturalmente rinnoviamo l’invito a mantenere alta la guardia. Bisogna fare attenzione alle comunicazioni che si ricevono dalla banca, anche quando arrivano da canali ufficiali. È necessario mantenere la calma e contattare subito il servizio clienti per verificare la situazione. Bisogna essere prudenti e proteggere i dati personali”.

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Lavoro, sempre più richiesta la figura del Cloud Developer. Ecco cosa fa

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Lavoro, sempre più richiesta la figura del Cloud Developer. Ecco cosa fa | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il mondo dell’IT è in costante evoluzione, e per farne parte è necessaria una formazione continua. Secondo i dati di Fòrema – ente di formazione di Assindustria Veneto Centro – le aziende sono alla costante ricerca di cloud developer, professionisti della programmazione capaci di tenere in piedi l’infrastruttura digitale aziendale. Infatti, gli investimenti fatti in produzione e negli uffici per sfruttare il potenziale delle tecnologie digitali, richiedono figure preparate a governare i software e dialogare con i sistemi informativi. Figure strategiche non solo per la capacità di scrivere e sviluppare codice, ma anche per farsi portatori di un approccio funzionale alle attività d’impresa.

“Sempre più aziende richiedono la costruzione e manutenzione di servizi in cloud”, dichiara Roberto Baldo, responsabile attività finanziate di Fòrema. “La figura del Cloud Developer nasce in risposta a questo bisogno, contribuendo alla pianificazione, all’implementazione e al deployment in ambiente cloud degli applicativi. Siamo sicuri che il corso che proponiamo sia un ottimo modo per entrare nel mondo del lavoro proponendosi con skill molto ambite e richieste dagli imprenditori”.

Queste tesi vengono supportate anche da un recente sondaggio di Fòrema sui “fabbisogni professionali delle imprese” condotto lo scorso anno su di un campione di 208 intervistati, tra manager delle risorse umane, imprenditori, responsabili di funzione. Tra i profili professionali che mancano sul mercato, il cloud developer si colloca al primo posto tra i ruoli non operativi, grazie alla sua versatilità che gli permette di inserirsi in aziende produttive, software house e service companies. Sette aziende venete su dieci cercano profili di questo genere attivamente.

Il corso biennale per diventare Cloud developer

Da qui, la nascita di un corso biennale promosso dalla Fondazione “Digital Academy Mario Volpato” e gestito da Fòrema, un corso da 1000 ore di formazione e 800 di tirocinio aziendale, che si è posto come obiettivo la creazione dei cloud developer del futuro.

I giovani iscritti impareranno, tra le altre cose, a implementare script, utility e semplici applicazioni con l’utilizzo del linguaggio e della piattaforma più adatti alle specifiche funzionalità che devono essere supportate, garantendo criteri qualitativi di efficacia ed efficienza attraverso l’utilizzo adeguato di strutture dati, algoritmi e frameworks. Ma anche a raggiungere una piena autonomia nello sviluppo di applicazioni server side per la gestione della comunicazione tramite web service. Partendo da diverse tipologie di mockup, saranno in grado di interpretare in maniera corretta la struttura organica più appropriata per la trasposizione degli elementi in rete e utilizzare i servizi base di un tipo di piattaforma Cloud.

Un corso che permetterà ai partecipanti di ottenere un diploma Its. Gli Its, istituti tecnici superiori, va ricordato, avviano percorsi di specializzazione tecnica post diploma, riferiti alle aree considerate prioritarie per lo sviluppo economico e la competitività del paese, corsi che esistono dal 2008. Sono lezioni altamente tecniche: almeno il 30% della durata dei corsi è svolto in azienda, il 69% degli insegnanti proviene dal mondo del lavoro e mediamente si organizzano corsi da quattro semestri (1.800 ore) per classi composte da 20/25 studenti. È una delle migliori porte di accesso alle aziende: in media l’86% degli studenti trovano lavoro anche perché il 56% delle loro ore sono dedicate agli stage aziendali.

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO

COSA FA UN CLOUD DEVELOPER? Progetta, sviluppa e ingegnerizza singoli componenti per applicazioni web; progetta e realizza API e microservizi; sviluppa applicazioni Web e Mobile connesse ai servizi Cloud; implementa architetture software di alta affidabilità e alte prestazioni; implementa processi di orchestrazione e automazione del deployment; collabora proattivamente nei team di sviluppo e manutenzione evolutiva delle soluzioni software con metodi Agile. In azienda può occupare diversi ruoli. Cloud Architect: implementa infrastrutture. DevOps Engineer: Gestisce l’infrastruttura aziendale. Cloud Security Specialist: sviluppa piani di sicurezza e implementa misure adeguate per proteggere i dati. Cloud Data Analyst: Utilizza le tecnologie cloud per analizzare grandissime mole di dati.

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CONTROLLO

Rischio Phishing con il sistema di allarme It Alert. Come difendersi

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Rischio fishing con il sistema di allarme It Alert. Come difendersi | Rec News dir. Zaira Bartucca

It Alert, il servizio nazionale di allarme e controllo promosso dal governo e dalla protezione civile, non ha mancato di sollevare critiche per i rischi connessi alla privacy e per l’effettiva inefficacia nel segnalare le calamità. Nonostante tutto continua la sperimentazione: il 19 settembre è stata la volta di Lombardia, Molise e Basilicata, mentre i cittadini di altre regioni saranno interessati dall’invio di notifiche di massa nei prossimi giorni. I test andranno avanti fino a ottobre.

C’è da dire subito che chi non vuole ricevere le notifiche push di It Alert può disattivare una specifica funzione presente negli smartphone, come si leggerà nei prossimi paragrafi. Si tratta di un buon modo per troncare a monte le possibilità di finire nella rete dei cybercriminali, che stanno sfruttando il sistema di allarme e controllo per inviare messaggi e notifiche del tutto simili a quelle inviate dalla protezione civile.

Gli avvisi e il rischio di incorrere nella rete dei cyber-criminali

IT Alert potrebbe infatti rappresentare un ponte tra l’utente del tutto ignaro e i malintenzionati che sfruttano le dinamiche digitali. E’ quanto ha affermato il Cybersecurity di NordVPN Adrianus Warmenhoven, che ha chiarito come “gli avvisi governativi possano essere utilizzati in modo improprio da terzi che non hanno buone intenzioni”. Il riferimento è alle truffe via phishing, e al rischio di ricevere messaggi contenenti link che molti potrebbero essere indotti a cliccare nella convinzione che si tratti degli avvisi di It Alert.

Come disattivare It Alert

Per disattivare il servizio IT-Alert sui dispositivi Android:

  1. Accedere alle Impostazioni dello smartphone.
  2. Fare clic su “Sicurezza ed emergenza” o “Password e Sicurezza” oppure “Alert e terremoti”, a seconda del tipo di dispositivo.
  3. Nella sezione “Avvisi di emergenza” o “Allarmi pubblici” troverete l’opzione IT-Alert. Potrete disattivarla semplicemente rimuovendo il flag di attivazione. Per evitare di ricevere notifiche, è però necessario deselezionare tre voci: “Consenti allerte“, “IT Alert” e “Messaggi di test“. E’ inoltre necessario selezionare la voce “Mai” nella scheda “Promemoria allerte”. Queste funzioni sono poste una di seguito alle altre. Per verificare se è già stata ricevuta una notifica IT Alert, si può invece cliccare su “Cronologia allerte di emergenza”.

Per chi utilizza dispositivi Apple, disattivare IT-Alert è altrettanto semplice:

  1. Accedere alle Impostazioni.
  2. Selezionare “Notifiche” e scorrere verso il basso fino alla sezione denominata “Avvisi di emergenza”.
  3. Disattivare la funzione IT-Alert in questa sezione per non ricevere più notifiche e controllare le aree che potrebbero aggiungersi a seguito di aggiornamenti dello smartphone.
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