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Quando si va al cinema per vedere un film di Emmerich (“The Day After Tomorrow”, “Indipendence Day”), ci si aspettano grandi sobbalzi. Con “Moonfall” non è diverso. Il genere è quello che lo ha fatto diventare famoso e abbordabile dai canali tv: apocalittico. Pur essendo ambientato prevalentemente nello spazio, non vengono risparmiate incursioni nelle città strapazzate dalle maree e dalla distruzione. Perché a decidere la tranquillità del pianeta è solo una cosa: la Luna, che improvvisamente impazzisce e inizia ad orbitare sempre più vicino alla Terra.

Tutto ruota attorno al satellite artificiale, alle storie e alle azioni salvifiche di un trio singolare: un nerd tutto osservazioni e calcoli matematici, un’astronauta dalla vita privata travagliata e un comandante della NASA, Halle Berry nel suo ritorno action dopo la parentesi felice della saga John Wick. La pellicola è ambiziosa: in alcune scene luminose e intense cita il Kubrick del caposaldo del genere 2001 Odissea nello Spazio, come quando uno dei tre protagonisti ha un contatto ravvicinato con l’intelligenza artificiale “creatrice”.

Il "segreto" della Luna nel nuovo film di Emmerich | Rec News dir. Zaira Bartucca

Un film riuscito, in grado di dire qualcosa di più rispetto alle produzioni tutte uguali degli ultimi anni e che tutto sommato può generare due tipi di reazione. Può piacere, interessare, incuriosire, spingere a farsi domande. Oppure, al contrario, può disarmare per la scelta di appoggiare al cento per cento le teorie che vogliono che la Luna nasconda segreti connessi all’origine della Terra e alla sua sopravvivenza. Che, cioè, sia sorvegliata da particolari entità che c’entrano con la creazione dell’uomo, che al suo interno nasconda un deposito di generi di prima necessità, che sia stata messa in orbita dopo una guerra spaziale e che abbia un lato nascosto, oscuro. Lo stesso di cui cantavano i Pink Floyd. Comunque la si pensi, tanta roba.

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Giuseppe Casamassima

Non sono d’accordo con la recensione. Nel film c’è davvero sul “tanta roba” ?
Le citazioni metacinematografiche sono almeno 6. E la più palese riguarda sicuramente il Mission to Mars di Brian De Palma.
Credo che c’è davvero poco di veramente originale in questo film, che presenta inoltre evidenti incoerenze sia a livello drammaturgico, sia a livello narrativo.
Emmerich, come regista, è già tutto un programma di catastrofismo irrazionalistico postmoderno.
Credo che in coda a tutti i film di questo genere si dovrebbe aggiungere, con discrezione, la didascalia che “trattasi di pura fantasia”. Perché altrimenti possono risultare diseducativi, aumentando l’ignoranza delle masse riguardo alla conoscenza della Storia e delle Scienze.
Come si può, ad esempio, addurre l’idea che la Luna nasconda davvero cotali segreti ? Pochi giorni fa, una missione spaziale cinese ha esplorato da vicino proprio la faccia nascosta della Luna. E vi ha anche sparato un missile per testarlo segretamente. Non aggiungo altro se non che, a mio giudizio, Moonfall non è un granché, né tiene il confronto, tra quelli usciti finora nel 2022, con Tomorrow War.

carmine costanzo

io l’ho visto questo sabato al cinema e devo dire che a me e’ piaciuto. non so come può venire in mente di specificare con una didascalia che si tratta di una opera di fantasia; chiaro che lo e’, e’ un film di fantascenza non un documentario. poi la recensione e’ un punto di vista e su un film ognuno ha la propria impressione personale. io per esempio di de palma non ci vedo nulla

Giuseppe Casamassima

Fantascienza è la traduzione fuorviante di science-fiction, che presuppone un genere narrativo scientificamente fondato. Fuori da questo seminato, si va nel genere del fantasy. E già in base a questo criterio di base viene facile giudicare Moonfall come un film mediocre, come il suo regista che, essendo americano, non può esprimere neanche una vera autorialità artistica.
Premesso questo, ribadisco che la didascalia sarebbe necessaria perché ci sono milioni di persone che credono veramente alla fantasia che l’origine della vita su questo pianeta sia un prodotto di ingegneria genetica aliena, o che siano esistite nella preistoria civiltà antichissime tecnologicamente super-evolute ecc. C’è la necessità quindi di aggiungere una breve avvertenza riguardo al fatto che “le situazioni e i personaggi narrati sono il frutto di pura immaginazione”, come del resto si fa in tanti altri film.
E dico che c’è necessità di questo, perché su tali temi è in forte crescita una subcultura antistorica e antiscientifica. Che è deleteria, poiché alimenta molto la stupidita’ di massa.
Non tutti capiscono che trattasi di mera fantasia. Perciò è bene sottolinearlo con una didascalia. In modo discreto, certo, ma obbligatorio per Legge, dal momento che è dovere dello Stato tutelare l’educazione culturale dei cittadini.
Infine, il fatto che in questo mediocre Moonfall tu non abbia visto “nulla di De Palma” (io parlo di Mission to Mars + altri 5 non di De Palma ovviamente), non significa che tali riferimenti metacinematografici non vi siano. Significa solo che a te manca l’occhio clinico per coglierli.
Un film di solito lo si va a vedere nel tempo libero per svago o per curiosità.
Io invece vedo ogni film per studio e per interesse professionale. È dal 1996 che faccio ricerca di storia del cinema. E ho anche operato nel settore audiovisivo con iscrizione all’AGPCI. Fino a maggio 2019. Perciò è chiaro che non tutti vediamo un film alla stessa maniera e con lo stesso grado di analisi e interpretazione. Saluti.

Carmine Costanzo

scrivere obbligatoriamente per legge che si tratta di fantasia?? che cosa assurda, e’ proprio vero che senza ingabbiarvi anche nelle piccole cose non riuscite a vivere…io non sono un’esperto come te ma credo che il cinema non dovrebbe avere condizionamenti di questo tipo, gia’ e’ troppo politicizzato…grazie per il saggio ma questo non modifica la mia opinione positiva. io guardo i film per svagarmi, non ho 70 anni e di certe cose mi importa poco. a me moonfall è piaciuto e mi piacerebbe che ci fosse anche un seguito. spero di essere libero di pensarla come voglio, buona giornata

ARTE & CULTURA

Riferimenti e segreti de “L’esorcista del Papa”

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Riferimenti e segreti de "L'esorcista del Papa"

L’Esorcista del Papa non è quello che si definirebbe un horror in senso lato. Non mancano, certo, le scene con un po’ di tensione e tutto il corollario caro al genere, anche se l’effetto di alcune trovate è più comico che spaventoso. Rimane comunque una pellicola permeata di simbolismi, mistero, segreti e riferimenti a quelli che sembrano fatti di cronaca realmente accaduti, ma rivisitati in chiave romanzata.

La storia di padre Gabriele Amorth – impersonato da un inedito Russell Crowe – si apre a Tropea, in Calabria, negli anni ’70. È li che il prete si misura con il caso di possessione di un ragazzo, che risolve suscitando, però, le ire del Vaticano. Ben presto si trova infatti a dover relazionare sull’accaduto davanti a una Commissione risoluta a demansionarlo.

Non si ferma, tuttavia, la sua attività, che prosegue fino al caso più difficile. Sarà la storia di una famiglia ad allontanarlo provvisoriamente dall’Italia per catapultarlo in Castiglia, dove svelerà un segreto sepolto da secoli e si districherà in uno dei 200 luoghi sparsi per il mondo governati dal maligno.

Il film è attraversato dalla storia spesso evocata da Padre Amorth di Rosaria, una giovane cittadina del Vaticano che chiede aiuto al prete. Qualcuno ci ha visto un riferimento al caso di Manuela Orlandi, a cominciare dall’anno della scomparsa citato nel film, il 1983. Nell’Esorcista del Papa, comunque, non si segue alcuna pista ma ci si limita alle suggestioni visionarie del protagonista.

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FILM

“The Report” e l’altra faccia dell’11 settembre

“The Report” è un docufilm diretto da Scott Z. Burns che racconta senza troppi fronzoli le manipolazioni piscologiche e le torture moderne utilizzate dalla CIA contro i prigionieri di guerra rinchiusi nei cosiddetti Black sites dopo i fatti dell’11 settembre. Senza fronzoli perché a guidare la narrazione è l’adesione scrupolosa ai fatti e ai documenti della storia recente

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"The Report" e l'altra faccia dell'11 settembre | Rec News dir. Zaira Bartucca

“The Report” è un docufilm diretto da Scott Z. Burns che racconta senza troppi fronzoli le manipolazioni piscologiche e le torture moderne utilizzate dalla CIA contro i prigionieri di guerra rinchiusi nei cosiddetti Black sites dopo i fatti dell’11 settembre. Senza fronzoli perché a guidare la narrazione è l’adesione scrupolosa ai fatti e ai documenti della storia recente. Tra piloni di scartoffie, in una stanza sotterranea con una squadra ridotta all’osso, si muove Daniel J. Jones, investigatore del Senato degli Stati Uniti presentato con il suo vero nome e la sua vera qualifica.

Il film ne racconta le vicende che lo hanno portato a confrontarsi con una realtà fino a quel momento sommersa. Dopo una rapida scalata all’interno dell’FBI e di altri organismi di Intelligence, diventa assistente della senatrice Dianne Feinstein, democratica a suo agio nel suo ruolo di potere, oggi 89enne. Negli anni riesce a scalfirne riserve e il clima di protezione di agenti colpevoli di crimini atroci, di torture e di manipolazioni che Jones porterà allo scoperto grazie a un lavoro certosino lungo anni. Svelerà, alla fine, in cosa consistevano i fantomatici “interrogatori avanzati”.

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FILM

In “Memory” la piaga del traffico umano di minorenni negli USA

La storia ha come protagonista Alex Lewis (Liam Neeson) e come eminenza grigia Davana Sealman, una Monica Bellucci senza scrupoli convinta dell’utilità della manipolazione genetica: “Il DNA è un algoritmo”, dice mentre si fa curare dal medico che oltre alla situazione salutare ne custodisce i segreti peggiori. E’ lei il caposaldo della tratta minorile in cui Alex, sicario con un suo codice etico, si ritrova immischiato suo malgrado

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Liam Neeson "Memory", il film che racconta la piaga del traffico umano di minorenni negli USA | Rec News dir. Zaira Bartucca
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Il 2022 è stato l’anno della ripresa cinematografica post-covid, complici il ritorno del pubblico nelle sale e alcune iniziative culturali. Se si getta l’occhio sulle produzioni nel loro complesso, si nota che ci sono sempre più film realistici o con riferimenti precisi all’attualità. Il 15 settembre per esempio è uscito nelle sale “Memory” che non è, come si può pensare al primo impatto giudicando dal titolo, un thriller psicologico.

La storia ha come protagonista Alex Lewis (Liam Neeson) e come eminenza grigia Davana Sealman, una Monica Bellucci senza scrupoli convinta dell’utilità della manipolazione genetica: “Il DNA è un algoritmo”, dice mentre si fa curare dal medico che oltre alla situazione salutare ne custodisce i segreti peggiori. E’ lei il caposaldo della tratta minorile in cui Alex, sicario con un suo codice etico, si ritrova immischiato suo malgrado per una serie di regolamenti dei conti.

"Memory", il film che racconta la piaga del traffico umano di minorenni negli USA | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il suo è un cammino irrequieto che attraversa tutto il Texas e il Nuovo Messico, alla ricerca di magnati disumani e di fili da riagganciare al meglio delle sue possibilità: non deve combattere solo con i trafficanti, ma con una memoria che si fa sempre più fievole a causa dell’avanzare dell’alzheimer. Nella lotta non è solo come crede: anche l’agente Serra (Guy Pearce) con due sottoposti cerca di mettere insieme i pezzi, contravvenendo agli ordini dei vertici dell’FBI che vorrebbero insabbiare tutto.

Abituato a uccidere per lavoro, Alex Lewis cambierà pelle e si dimostrerà più umano dei criminali quando capirà che a essere immischiati nei loro giri ci sono malcapitati minorenni. Risoluto, a quel punto, a fare giustizia a suo modo, si trasformerà in una sorta di eroe-punitore che salva e fa soccombere allo stesso tempo.

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FILM

Virus e biolab militari nella pellicola svedese “Granchio nero”

Opera prima per lo scrittore Adam Berg, che dopo alcune esperienze con i cortometraggi ha confezionato un film di azione denso di tensione, drammatico e a tratti inquietante, che però lascia spazio a una speranza finale

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Virus e biolab militari nella pellicola svedese "Granchio nero" | Rec News dir. Zaira Bartucca

Un futuro catastrofico caratterizzato dalla guerra, civili ridotti in cattività e un team di militari selezionati costretti ad attraversare il mare ghiacciato per portare a compimento una missione riservata. Sono i tratti salienti di “Granchio nero”, pellicola svedese del 2022 di Adam Berg. E’ l’opera prima per lo scrittore, che dopo alcune esperienze con i cortometraggi ha confezionato un film di azione denso di tensione, drammatico e a tratti inquietante.

Non è dato sapere con precisione in che periodo storico e in quale contesto geografico agiscano i personaggi: quel che è certo è che si tratta di un Paese nordico e che socialmente ed economicamente non va tutto alla grande. Berg tesse una trama fitta che incrocia la storia di Caroline Edh e di sua figlia con l’evolversi del viaggio suicida che solo alcuni riusciranno a portare a termine, anche se a caro prezzo. La cosa surreale: i militari si lanciano sul mare ghiacciato a bordo di semplici pattini, perché le lastre di ghiaccio sottile a stento reggono il peso di una persona e del equipaggiamento che pesa venti chili.

Li spinge a fare la traversata il trasporto eccezionale di due capsule di cui non conoscono il contenuto, che devono proteggere a costo della vita. Iniziano a titubare quando comprendono che stanno rischiando tutto per proteggere un virus che, scoprono, i loro superiori vogliono venga usato per decimare gli internati nei campi di smistamento. Lì c’è (forse) la figlia di Caroline, e lì è finita la protagonista quando è stata strappata dalla sua routine familiare ed è stata costretta ad arruolarsi. Il finale è realmente degno di un action, e forse è l’unica cosa che poteva essere pensata in maniera più originale. Si svolge in un bio-laboratorio ad alto livello di sicurezza e nonostante le atmosfere cupe e le scene a volte cruente consegna una speranza allo spettatore.

Virus e biolab militari nella pellicola svedese "Granchio nero". La recensione | Rec News dir. Zaira Bartucca

Edh, di nuovo decisiva, ormai stravolta nel suo essere e nella sua umanità dopo l’esperienza bellica e dopo il viaggio che travalica i limiti del sopportabile, non ha più nulla da perdere e si concede l’ultimo gesto eroico che salverà la vita di migliaia di persone.

Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it

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