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In ogni tempo si è sentito il bisogno di definire il ritratto e di chiudere in una formula concettuale il concorso da questo dato alla civiltà. Si è chiesto all’attimo che fugge di fissare il volto nell’eterno. E sempre l’attimo ha risposto il suo no. Così ogni volta che si è voluto assegnare quel dato compito ben definito e costante alle attività artistiche in tal senso, ecco che contraddizioni stridenti hanno costretto la formuletta a infrangersi. Il ritratto è uno dei più diffusi e significativi modi della scultura e della pittura. Ma la sua importanza nella storia dell’arte è data dagli sviluppi che esso ebbe attraverso i tempi a seconda del diverso modo di concepirlo.

Accade perciò che l’arte greca arcaica non intese il ritratto come la individuazione di una persona attraverso i suoi caratteri somatici. Non si curò quindi della somiglianza, poiché l’artefice greco, più che un dato individuo tendeva a ritrarre un tipo: atleta, sacerdote, oratore, poeta ecc. Legata a questo concetto la ritrattistica greca si svolse su formule convenzionali. Obbedì soprattutto a intenti celebrativi, specialmente dopo le prime guerre persiane, quando sorse il desiderio di riprodurre le sembianze degli eroi e dei condottieri che avevano contribuito alla grandezza di Atene.

Tuttavia il ritratto si determinò nell’arte greca in un periodo successivo, con l’evolversi della società verso forme in cui l’individualismo aveva modo di affermarsi sempre più. Allora alle immagini dei condottieri si preferirono quelle dei filosofi, dei tragedi, dei pensatori e dei poeti. La ritrattistica vera e propria fiorì invece nel periodo ellenistico, specie con Alessandro Magno, del quale vari artisti, come lo scultore Lisippo, il pittore Apelle e l’incisore di gemme Pirgotele, ritrassero le sembianze. Largo sviluppo ebbe il ritratto scultorio nell’arte romana, che lo ereditò, forse, dagli etruschi. La ritrattistica romana, se pur perseguì intenti celebrativi, fu sempre improntata ad un vivo senso realistico e ad uno studio profondo del carattere.

Nel Medio Evo la tradizione ritrattistica classica vien meno; il fondamento antinaturalistico e astratto su cui si basa l’arte bizantina è antitetico a qualsiasi forma di individuazione. Dopo qualche timido accenno nell’arte del Trecento (Giotto, Sirnone Martini ecc.), il ritratto fiorì rigoglioso nel Rinascimento, periodo storico che ebbe un vero culto per l’individuo, seppure eroicizzato, e per il naturalismo. Capolavori assoluti diede la pittura del Quattrocento nel ritratto per opera di Masaccio, Andrea del Castagno, Piero della Francesca, Botticelli, Ghirlandaio, Pollaiolo, Mantegna, Pisanello, Antonello da Messina, Bellini. Nella scultura, Donatello, il Pollaiolo, il Verrocchio, il Rossellino, Desiderio da Settignano, F. Laurana ecc. realizzarono mirabili busti, ora con vigoroso realismo, ora con meditata astrazione formale. Fuori d’Italia il ritratto raggiunse alte espressioni coi fiamminghi Van Eyck, Roger Van der Weyden, e lo squisito Memlinc.

Nel Cinquecento il ritratto italiano si informa all’arte di Leonardo che legandolo al paesaggio attua per primo una interpretazione psicologica della figura. Raffaello, Andrea del Sarto, Sebastiano del Piombo e il Bronzino danno alla ritrattistica una solenne ed aulica monumentalità. I Veneti, vi aggiungono la malia del colore e la ricchezza suntuosa dei costumi. Giorgione informa i suoi ritratti di un senso di mistero e di melanconia. Tiziano traduce il modulo giorgionesco con accesa fantasia cromatica, e spesso con drammatici accenti. Una commossa e quasi romantica passionalità spira dai ritratti del Lotto, del Savoldo, del Moretto e del Moroni. Il Tintoretto, pur rifacendosi al Tiziano, porta nel ritratto la sua nuova concezione luministica, tutta fosforescenza ed instabilità; Paolo Veronese la viva gioia del suo schietto colorismo. Il ritratto scultoreo del Cinquecento raggiunge nobilissime espressioni con Alessandro Vittoria.

In Francia, nei primi anni del Cinquecento, la ritrattistica si riduce a una documentazione della vita di corte del tempo. Acuti scrutatori del carattere sono invece, i tedeschi: Cranach, Dürer e Hans Holbein. Nel Seicento il genere ritratto fa da argine alla retorica delle grandi composizioni e raggiunge notevole forza di penetrazione; da ricordare tra i ritrattisti: Guido Reni, il Guercino, Giuseppe Maria Crespi, Giovan Battista Gaulli, detto il Baciccio, e, per gli scultori, il Bernini e I’Algardi. Nel Settecento Rosalba Carriera crea a Venezia, con i suoi pastelli, un particolare tipo di ritratto, sensuale e mondano. La gloriosa tradizione cinquecentesca si perpetua nel Tiepolo, con inflessioni più moderne, in Alessandro Longhi, mentre in Lombardia Vittore Ghislandi impersona il tipo del pittore ritrattista, con opere in cui l’immediatezza piacevole va unita ad un saldo e sicuro senso plastico.

In Francia celebri ritrattisti furono H. Rigaud, F. De Troy e N. De Largilliere, e, nel Settecento, Nattier, Watteau, Boucher e Fragonard. In Spagna la ritrattistica del Seicento si mantenne nei limiti del ritratto di corte. Si rinnovò poi col Greco, che vi portò la sua intensità espressiva, e con il fastoso Velasquez. In Fiandra la tradizione cinquecentesca italiana è rivissuta, con genialità e foga sensuale, dal Rubens e dall’aristocratico Van Dyck. In Olanda il ritratto con Rembrandt acquista una spiritualità che ne trasfigura ogni carattere oggettivo, ben lontana dal vigoroso e schietto naturalismo di Franz Hals. In Inghilterra fra i ritrattisti sono da annoverare il malizioso Hogarth e il raffinato Gainsborough.

Nel periodo neoclassico il ritratto è ottimo pretesto per evadere dalle formule accademiche. Si risolve in ponderate sintesi nei busti modellati dal Canova, mentre i pittori francesi, da David ad Ingres, vi si esprimono con forza plastica e acceso sentimento. Col romanticismo il ritratto si fa sempre più interpretazione della vita interiore del personaggio, la cui figura, più che delineata nei tratti fisionomici, è resa in quello che ha psicologicamente di espressivo. Questo è il significato dei ritratti di Goya, di Delacroix, di Daumier e di altri. Per gli impressionisti il ritratto è un motivo, pretesto alle liriche modulazioni del colore e della luce (Manet, Renoir). Una nuova dignità gli conferisce invece Cézanne, esercitandovi il suo spiccato senso strutturale, e, in Italia, G. Fattori, improntandolo della sua forza rude e primitiva.

La crisi del senso dell’individuo che si verifica nella società moderna dei primissimi anni del ‘900 e che è denunciata in modo clamoroso dall’espressionismo, ha determinato una nuova interpretazione del ritratto, come analisi psicologica e sociale febbrile e spesso irritata e spietata (Van Gogh, Toulouse-Lautrec, Kokoschka, Grosz, Modigliani). I movimenti più moderni e all’avanguardia dell’arte, come il cubismo, il fauvisme, l’astrattismo, e, poi, anche la tendenza artistica conosciuta come pop art, quando non lo rifiutano, ne devastano completamente il significato oggettivo, naturalistico e psicologico. E tale devastazione è ancora più evidente nel sec. XX con i britannici Lucian Freud (nipote di Sigmund Freud) e Francis Bacon.

Del XXI sec., invece, è da segnalare il guinness del 2008, quando Christie’s vende il ritratto di Freud “Benefits Supervisor Sleeping” (1995) all’asta, a New York,  per 33,6 milioni di dollari, un record assoluto per valore di vendita di un dipinto di un artista vivente.

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ARTE & CULTURA

I segreti del Gotico

di Paolo Battaglia La Terra Borgese*

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I segreti del Gotico | Rec News dir. Zaira Bartucca

Visitare una cattedrale o un edificio ed essere in grado di distinguerne l’epoca richiede almeno una sommaria conoscenza dei caratteri architettonici delle varie epoche e, principalmente per l’inesperto, il sapere dove posare l’occhio per individuare tali caratteristiche.

Allora, se visitiamo una chiesa, gettiamo anzitutto un’occhiata alla parte esterna, osservandone la facciata, le finestre, i portali e i contrafforti, gli archi rampanti, i campanili, fissando la nostra attenzione alle loro caratteristiche; entreremo poi nell’interno, dove osserveremo la pianta della costruzione, le colonne, i capitelli, le volte, gli archi, cercando di captarne i principali particolari costruttivi; diciamo i principali particolari costruttivi poiché, va detto subito ed è importante, non dobbiamo pretendere di voler determinare l’epoca esatta di un’opera d’architettura basandoci esclusivamente sui caratteri stilistici che abbiamo sotto gli occhi.

Le chiese, specialmente, non sono state di solito costruite in “una sola stagione” e di frequente vi si trovano mescolati e gli stili di varie epoche e i vari sistemi costruttivi. Quanti soffitti e quante facciate, per esempio, sono stati rifatti per cause diverse ed eseguiti in epoche posteriori senza preoccuparsi di rispettare la struttura originaria!

Dopo aver cercato di individuare l’epoca del monumento che visitiamo cominceremo a meglio comprenderne la possanza dell’insieme e la bellezza dei particolari e, nella nostra pochezza, saremo più preparati e meno intimiditi di fronte alla creazione d’arte che ci dà tanta emozione.

Contrariamente alla credenza popolare che lo vuole tipica espressione dell’arte tedesca (anche il Vasari la chiama, impropriamente, “tedesca”), questo stile nacque in Francia e di là si diffuse in tutta l’Europa.

Si potrebbe dire che le nuove aspirazioni ed il raffinarsi della civiltà artistica, il senso religioso ancor più legato alle cerimonie del culto ed il desiderio, forse, di esprimere il misticismo in una sinfonia di linee lanciate verso l’alto con l’arco a sesto acuto che sembra voler ripetere il gesto delle mani congiunte nell’atto di pregare, siano stati il lievito che ha contribuito allo sviluppo del passaggio dalle forme romaniche al Gotico. Inoltre, rispetto al Romanico pesante e massiccio, perché rispondente a regole costruttive empiriche, il gotico si basa sul calcolo matematico, adottando le prime regole della statica; regole che saranno poi approfondite nel Rinascimento, dominato dal sommo Michelangelo, che all’austerità ed alla forza unirà forme leggiadre ed eleganti.

Caratteristico del Gotico è l’uso diffusissimo dell’arco a doppio centro, a sesto acuto, e lo slanciarsi verso l’alto delle strutture del fabbricato.

I contrafforti che prima erano quasi dissimulati poiché inderogabile necessità costruttiva, diventano, nel Gotico, parte integrante della decorazione, legano l’edificio come in una armatura che pare voglia fare individuare i punti dove è concentrato il gioco tra il peso e il sostegno.

L’arco a sesto acuto, lanciandosi verso l’alto, richiede che i piedritti sui quali appoggia siano ravvicinati e perciò le colonne si moltiplicano. Le finestre aumentano di numero e illuminano maggiormente gli interni.

I pilastri sono dei veri fasci di colonne verso le quali vanno a terminare i costoloni e i sottoarchi.

I capitelli finiscono per essere delle specie di nicchie dove sono solitamente posate delle statue.

La decorazione è ricca, esuberante di statue e di fregi di ogni dimensione con soggetti estremamente vari. La pianta, nell’architettura chiesastica, è quella basilicale dove però le campate crescendo di numero – per una necessità di una più fitta serie di pilastri – diventano spesso rettangolari con il lato più lungo volto verso la larghezza della navata centrale. L’abside è sostenuta dal coro poligonale circondato da cappelle e la cripta quasi sempre è sparita.

La tipica copertura è formata dalla volta a crociera. I campanili hanno una base quadrata, ma spesso più in alto sono ottagoni.

L’Arte Gotica è originaria della fine del XII secolo ed ha avuto il suo massimo splendore nel secolo XIV. Le varie forme di Gotico si raggruppano normalmente in gotico francese, tedesco, italiano, inglese e spagnolo. Ma mentre il Gotico francese e tedesco hanno tra loro una affinità dovuta alla priorità di adozione di questo stile, il Gotico italiano rifiuta, si può dire, gli elementi decorativi stranieri e finisce col diventare un gotico a sé, con caratteristiche rispecchianti il gusto latino (S. Maria del Fiore ne è un tipico esempio). In Italia solo il Duomo di Milano si può dire rispettoso delle più pure regole costruttive e decorative del Gotico francese e tedesco. Altra caratteristica del Gotico italiano è la pittura murale che Giotto introdusse abolendo in parte le superfici a grandi vetrate che avevano tolto lo spazio necessario alla pittura.

È necessario citare fra gli esempi tipici di arte gotica in Italia, veri incomparabili gioielli (oltre alla già citata S. Maria in Fiore ed il Duomo di Milano), la Cattedrale di Orvieto, la Chiesa di S. Francesco in Assisi, S. Petronio di Bologna, il Duomo di Siena, per tacere di numerose altre chiese.

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ARTE & CULTURA

Cucinotta a Rec News: “Il mio Sud nel nuovo film da protagonista” (Video e Gallery)

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Maria Grazia Cucinotta a Rec News: "Vi racconto il mio Sud nel nuovo film da protagonista" (Gallery) - Gli agnelli possono pascolare in pace anteprima
Foto ©Denys Shevchenko/REC NEWS

Maria Grazia Cucinotta è la protagonista del nuovo film di Beppe Cino “Gli agnelli possono pascolare in pace”, presentato ieri in anteprima a Roma al Cinema Caravaggio e nelle sale dall’11 aprile. Nella pellicola ambientata in Puglia è Alfonsina, donna ingenua con abitudini singolari che a un certo punto viene colta da sogni rivelatori.

Bidella in pensione devota al culto dei cari defunti e lontana dal fratello, sarà un inaspettato incontro con il Sacro a mettere ordine in tutti quegli aspetti della sua vita rimasti in ombra, e a svelare i legami e i segreti che animano il borgo pugliese dove abita. Abbiamo intervistato Maria Grazia Cucinotta a margine della proiezione dell’anteprima romana.

Quanto c’è di lei nel film “Gli agnelli possono pascolare in pace?

Di sicuro il Sud. Il Sud mi appartiene e di conseguenza c’è molto di questo suo modo di essere. Attaccata alla terra, attaccata agli affetti, attaccata alla verità. E’ anche un personaggio molto distante. E’ una bidella che ama Pasolini e sembra uscita un po’ fuori da una favola. Anche il mondo che la circonda sembra essere uscito fuori da un piccolo metaverso che si muove in un mondo moderno.

Il film ha un messaggio particolare?

Ce ne sono tanti di messaggi, tra l’altro attualissimi. Tutte le guerre sono dettate dai confini e dal potere e un po’ questo film parla proprio di questo e al fatto che tutti i confini e tutti i pregiudizi portano alla fine alla rabbia e alla non accettazione. E’ un messaggio molto importante. Tra le risate e queste visioni c’è una grande verità.

Progetti futuri che può anticiparci?

Questo film è in uscita quindi aspettiamo di vedere come va. L’11 uscirà in tutta Italia e speriamo che la gente torni al cinema.

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Premio Sila, i dieci autori selezionati incontrano il pubblico

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Premio Sila, i dieci autori selezionati incontrano il pubblico | Rec News dir. Zaira Bartucca
Comunicato Stampa

Dopo la pausa pasquale, riprendono gli appuntamenti con la presentazione dei dieci libri che concorrono per aggiudicarsi il Premio Sila ’49, riconoscimento letterario giunto alla sua dodicesima edizione. Lunedì 8 aprile, alle 18, la location dell’evento sarà la libreria Mondadori di Cosenza di Corso Mazzini. Protagonista dell’incontro Greta Pavan e il suo libro “Quasi niente sbagliato” (Bollati Boringhieri editore), un romanzo di formazione che racconta uno spaccato generazionale.

Giovedì 11 aprile sarà la volta di un altro libro della Decina 2024. Sempre alle 18, nei locali della libreria Ubik di Cosenza, Pierpaolo Vettori illustrerà al pubblico cosentino il suo “L’imperatore delle nuvole” (Neri Pozza editore).

IL PREMIO SILA’49

Nel 1949 veniva istituito il Premio Sila, per rispondere alla necessità di ricostruzione culturale, di rinascita materiale e intellettuale di una Italia e di una Calabria uscite dalla guerra. Nel maggio del 2010 è stata costituita la Fondazione Premio Sila allo scopo di avviare una nuova fase del prestigioso premio che vide le sue ultime edizioni negli anni novanta. Il Sila, tra i più antichi premi letterari italiani collocò, sin dalle sue prime edizioni, la Calabria nei circuiti culturali nazionali e nel vivo del dibattito tra correnti letterarie, scoprendo talenti e coinvolgendo nelle Giurie personalità come Giuseppe Ungaretti, Carlo Bo e Leonida Répaci.

Il nuovo Premio Sila ’49 vuole “riprendere le fila di un discorso interrotto per stimolare, in un periodo storico complesso e difficile, la ricostruzione di un tessuto sociale attraverso percorsi culturali che richiedono attenzione, sensibilità e partecipazione. Oggi più che mai si vuole ribadire il primato della cultura, della conoscenza, dell’esercizio dello spirito critico”.

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Gli arazzi che
hanno catturato
il gotha degli artisti
contemporanei

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Gli arazzi che hanno catturato il gotha degli artisti contemporanei | Rec News dir. Zaira Bartucca

Come cinque secoli fa, sono così rari e preziosi che ormai quasi nessuno più li realizza. Gli arazzi ad alto liccio, oggi, mantengono lo status di splendide e ricercate opere d’arte, ma si discostano dai colori piatti e dai soggetti mitologici delle manifatture secentesche. Oggi gli arazzi si sono evoluti, parlano una nuova lingua, attuale ed emozionante. Si ispirano all’arte contemporanea, hanno colori vibranti, cangianti, ricchi e corposi, grazie alla raffinata tecnica inventata a fine anni Cinquanta dall’appassionato d’arte Ugo Scassa.

Una occasione di ammirare la collezione di Arazzi Scassa sarà l’esclusivo evento fuori salone in programma martedì 16 aprile durante la Design Week ne La Boutique di via Gastone Pisoni 6.

La location accanto a via Manzoni, appena ristrutturata a firma dell’architetto Fabio Rotella, accoglierà meravigliosi arazzi e tappeti d’arte, realizzati da Arazzeria Scassa, su soggetti originali di artisti e designer contemporanei. 

Giuseppe Capogrossi, Paul Klee, Joan Mirò,  Umberto Mastroianni ed Andy Warhol sono gli autori che hanno ispirato le opere in esposizione, ma rappresentano solo un dodicesimo degli artisti che, in 60 anni di attività, hanno ispirato l’Arazzeria astigiana.

Massimo Bilotta, amministratore delegato dell’Azienda, interviene: «Sono davvero moltissimi gli artisti che hanno collaborato con mio zio, Ugo Scassa, dando vita a sodalizi artistici fecondi e duraturi, che, i certi casi, si sono trasformati in sincere amicizie».

Bilotta continua, elencando: «L’Arazzeria è stata ed è fucina di idee e luogo di incontro tra artisti e mecenati. Molti, davvero, sono stati i creativi incuriositi dalle potenzialità di un tessuto d’arte: da Ernst, Guttuso e Casorati, fino a Ezio Gribaudo, Giorgio de Chirico, Antonio Corpora, Corrado Cagli e Renzo Piano, per il quale abbiamo realizzato, tra gli altri, un tappeto monumentale che riproduce il progetto del Centre Pompidou di Parigi. Alcune amicizie hanno dato vita a collaborazioni stimolanti, come quella con Umberto Mastroianni, che si  estese a comprendere ben 22 arazzi».

«Sono molto felice di annunciare con questo evento ne La Boutique, durante la Design Week di Milano, la ripresa creativa ed energica delle attività all’interno di Arazzeria Scassa, dopo la temporanea sospensione, seguita alla scomparsa del fondatore e al Covid», prosegue Bilotta, che poi conclude: «Nell’elegante location al numero 6 di via Pisoni abbiamo progettato un evento dedicato agli amanti della bellezza e dell’arte, ai professionisti dell’arredamento e del design, con cui desideriamo colloquiare sempre più intensamente».

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