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Il cellulare compie 40 anni. Chi inventò il "mattone" e cosa poteva fare | Rec News dir. Zaira Bartucca Il cellulare compie 40 anni. Chi inventò il "mattone" e cosa poteva fare | Rec News dir. Zaira Bartucca

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Il cellulare compie 40 anni. Chi inventò il “mattone” e cosa poteva fare

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L’aprifila è stato il Il Motorola DynaTac 8000X, primo telefono cellulare “portatile” ad essere proposto il 6 marzo del 1983, esattamente 40 anni fa. Soprannominato “il mattone” per la forma non proprio ergonomica e per il peso che sfiorava il chilo, è iniziata lì la storia della comunicazione moderna che nell’arco di qualche decennio ha visto il cellulare trasformarsi in uno smartphone capace di svolgere operazioni ben più complesse. Certo che all’epoca non era così.

Il cellulare degli esordi – ideato dall’ingegnere Martin Cooper (nella foto) – ci metteva 10 ore a caricarsi, poteva ospitare 30 numeri in rubrica e permetteva di fare non più di mezz’ora di conversazione consecutiva. Non era per tutti: costava 3995 dollari e fu venduto in appena 300mila esemplari, prima di essere immesso formalmente in commercio a fine estate dell’83. Per aspettare l’ulteriore diffusione e modelli più compatti e tascabili, si sarebbero tuttavia dovuti aspettare gli anni ’90, per la diffusione diffusa gli anni 2000.

Nel 1998 inizia la corsa di altre marche e modelli più o meno iconici: sono gli anni dei Nokia, degli Startak, degli slidephone, del Blackberry. Da lì in poi nascono dispositivi di tutti i colori, per tutte le esigenze e per tutte le tasche. Gli SMS, gli MMS, la connessione internet e tutte quelle migliorie che negli anni hanno portato all’oggetto che tutti, ormai, portano con sé. Tutte innovazioni che non sarebbero state possibili senza quel primo “mattone” del 1983.

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Riforma del Fisco, l’intelligenza artificiale darà la caccia agli evasori

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Riforma del Fisco, l'intelligenza artificiale darà la caccia agli evasori | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il governo è al lavoro sulla Riforma del Fisco, e per il momento sono trapelati i contenuti della bozza. Si tratta di un testo suddiviso in 5 parti e 22 articoli finalizzato all’adozione di uno o più decreti legislativi, al fine di modificare il sistema tributario attualmente in vigore. Uno dei provvedimenti in fase di approvazione parla di un ricorso via via più massiccio all’intelligenza artificiale, anche per quanto riguarda le tasse e la loro riscossione. Stando a quanto è trapelato, infatti, l’IA e le tecnologie digitali saranno chiamate a “prevenire e ridurre l’evasione fiscale”, con un “meccanismo di premialità” per chi si dimostra collaborativo.

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Truffa NFT, arrestati due imprenditori italiani a Dubai

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Truffa NFT, arrestati due imprenditori italiani a Dubai | Rec News dir. Zaira Bartucca

Arrestati a Dubai nelle scorse settimane due imprenditori italiani, e precisamente trevigiani, C.V. ed E.G. I due sono sotto inchiesta dopo che una prima indagine condotta dal Procura di Pordenone aveva svelato alcuni dettagli legati alla “truffa” in criptovalute tramite New Financial Technology (il cui acronimo è NFT, da non confondere con i Non Fungible Token), società che avrebbe promesso ai singoli utenti il 10% di interessi al mese per ogni investimento in criptovalute. Gli atti subito dopo sono passati alla Procura di Treviso, che si sta occupando del caso.

Secondo quanto emerge dalle prime ricostruzioni, la misura sarebbe stata portata avanti di concerto con le forze dell’ordine degli Emirati. Le ragioni che hanno spinto questi ultimi a chiedere un ordine restrittivo ai due imprenditori sarebbero due capi di imputazione: il primo che prevede i reati “contro la fiducia” e il secondo il “tradimento”. In termini giudiziari italiani si tratterebbe di “truffa aggravata”. Il 13 febbraio c’è stata la convalida dell’arresto, che negli Emirati vale anche come udienza preliminare. Il giudice ha quindi la facoltà di rinviare a giudizio i due indagati, che in caso di condanna a processo rischierebbero fino a 10 anni di carcere.

Oltre ai vertici di NFT, gli investitori truffati stanno portando avanti una serie di richieste in varie Procure italiane nei confronti di una settantina di agenti, accusati di esercizio abusivo della promozione finanziaria e truffa aggravata. Oltre all’Italia, tra le inchieste della magistratura italiana e della Consob, si stanno muovendo anche le procure di tutta Europa per rintracciare i soldi sottratti in maniera illecita agli investitori tramite nuove criptovalute poco affidabili.

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Bounty campaign e le 50 cripto-truffe più in voga che inquinano Bitcoin Talk

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Bounty campaign e le 50 cripto-truffe più in voga che inquinano Bitcoin Talk | Rec News dir. Zaira Bartucca

Uno dei modi più comuni in cui le persone possono incappare in truffe sulla criptovaluta è aderendo a una campagna Bounty per la promozione sui social. Le truffe Bounty si verificano quando un team di progetto di criptovaluta, o una società di marketing, dicono di offrire incentivi monetari o di altro tipo come parte di una campagna promozionale sui social. Il truffatore può ripagare gli utenti che partecipano, ma spesso non li paga affatto. In questo caso, l’utente ha lavorato per la criptovaluta senza alcun compenso.

Può anche succedere che i truffatori promuovano una criptovaluta fittizia o non esistente, quindi gli utenti che partecipano alla campagna Bounty non ricevono neanche una moneta reale. In altri casi, i truffatori possono utilizzare i dati personali dei partecipanti al fine di rubare denaro o identità. Per evitare queste truffe, è importante fare ricerche sulla criptovaluta e sulla società che la promuove prima di partecipare a una campagna Bounty, assicurandosi che le monete digitali abbiano un Whitepaper, un responsabile della campagna chiaramente indicato per nome e cognome (niente pseudonimi e nomi fittizi) e che soprattutto ci siano un volume reale di transazioni sicure.

Se non si è sicuri e se le piattaforme per qualunque motivo non ispirano abbastanza fiducia, meglio astenersi perché un’adesione alla leggera può causare la perdita di denaro e l’acquisizione impopria di informazioni personali. Ecco alcune delle principali truffe che si possono incontrare aderendo a una campagna Bounty per la promozione sui social di una criptovaluta (scorri in fondo all’articolo per leggere la lista completa delle 50 cripto-truffe).

  1. Phishing: i truffatori possono inviare email o messaggi che sembrano provenire da una campagna Bounty legittima, ma in realtà cercano di ottenere informazioni sensibili come password o informazioni personali.
  2. False campagne: alcuni truffatori creano false campagne Bounty che sembrano ufficiali, ma in realtà non hanno alcun rapporto con la criptovaluta in questione.
  3. ICO Fraudolente: le campagne Bounty spesso promuovono Initial Coin Offering (ICO), che sono vendite di nuove criptovalute. Tuttavia, alcuni ICO possono essere truffe e gli investitori possono perdere i loro soldi.
  4. Airdrop Fraudolenti: alcuni truffatori promettono airdrop gratuiti di criptovalute in cambio di una partecipazione alla campagna Bounty. In realtà, i truffatori possono chiedere di fornire informazioni personali o di effettuare un pagamento per ricevere le criptovalute promesse.
  5. Token non validi: alcuni truffatori possono promuovere token che non esistono, che non sono sul mercato o che non hanno valore, cercando di convincere le persone a investire.
  6. Pump and Dump: alcuni truffatori cercano di manipolare il prezzo di una criptovaluta attraverso campagne Bounty, promuovendo l’acquisto di grandi quantità di token e poi vendendoli improvvisamente per realizzare un profitto.

In generale, è importante fare attenzione quando si partecipa a una campagna Bounty per la promozione sui social di una criptovaluta. Leggere attentamente le condizioni dell’offerta e del contratto, che deve essere ufficiale e sempre presente, verificare l’autenticità della campagna e non fornire mai informazioni personali o di pagamento a meno che non si sia sicuri che la campagna sia legittima. In caso di dubbio, è meglio evitare di partecipare.

Campagne Bounty sui social media

Le campagne Bounty per la promozione di criptovalute sui social media sono diventate una pratica comune nell’industria delle criptovalute. Queste campagne offrono ai partecipanti una ricompensa in criptovaluta in cambio di una serie di attività di promozione su piattaforme social come Twitter, Instagram, Facebook, Telegram, Reddit e altre. Spesso gli imbrogli viaggiano e vengono organizzati tramite forum come Bitcointalk, dove inizialmente si trovavano occasioni ma dove ormai è facile – certo non per colpa del forum ma di chi lo utilizza – incorrere in colossali fregature. Ci sono infatti diverse possibili truffe cui si può incorrere aderendo a una campagna Bounty per la promozione di criptovalute sui social media. Ecco alcune di queste:

  1. Promessa di ricompense esagerate: alcune campagne Bounty possono promettere ricompense esagerate per attività relativamente semplici come condividere post sui social media. Queste promesse possono essere allettanti, ma spesso si rivelano essere solo una truffa per attirare le persone a promuovere una criptovaluta di scarso valore o inesistente.
  2. Criptovalute di scarsa qualità: alcune campagne Bounty promuovono criptovalute di scarsa qualità o che non hanno alcun valore reale sul mercato. Partecipare a queste campagne significa promuovere un prodotto che potrebbe essere inutile o addirittura dannoso per il proprio portafoglio.
  3. Piattaforme social fittizie: le campagne Bounty possono richiedere la promozione su piattaforme social fittizie, che sono create solo per ingannare i partecipanti. Queste piattaforme possono sembrare reali, ma in realtà sono controllate dai truffatori per sfruttare i partecipanti e avere nomi simili a quelli delle piattaforme più note.
  4. Scam ICO: molte campagne Bounty sono collegate a Initial Coin Offering (ICO) fraudolenti. Queste ICO possono promettere enormi guadagni, ma in realtà sono solo un’altra forma di truffa. I partecipanti che aderiscono a queste campagne rischiano di perdere i propri fondi investiti.
  5. Clausole ingiuste: le campagne Bounty possono contenere clausole ingiuste che impediscono ai partecipanti di ricevere le ricompense promesse. Ad esempio, una campagna potrebbe richiedere un numero elevato di condivisioni sui social media, ma poi negare la ricompensa sostenendo che le condivisioni non erano di qualità sufficiente.

Per evitare queste truffe, è importante fare attenzione alle campagne Bounty a cui si partecipa e verificare l’autenticità della criptovaluta promossa. Inoltre, è importante leggere attentamente i termini e le condizioni della campagna e assicurarsi di comprendere le clausole. In generale, è sempre consigliabile fare ricerche approfondite prima di aderire a qualsiasi campagna di promozione di criptovalute sui social media, non fermarsi a qualche articolo celebrativo e nemmeno ai numeri apparentemente elevati di adesioni, interazioni e condivisioni. Anche perché è proprio attraverso le campagne Bounty che molte società sono in grado di gonfiare il loro seguito dietro la promessa di compensi.

Le campagne bounty per la promozione sui social di criptovalute sono comunque diventate sempre più popolari negli ultimi anni. Ecco, tuttavia, altri aspetti da tenere in considerazione prima di tuffarsi in queste forme di presunto investimento:

  1. Scambio di criptovalute fraudolente: alcuni bounty manager chiedono ai partecipanti di creare un account su uno specifico scambio di criptovalute e di condividere un link di riferimento. Tuttavia, alcuni di questi scambi potrebbero essere fraudolenti e i partecipanti potrebbero perdere i propri fondi.
  2. Truffe con il wallet della criptovaluta: alcuni bounty manager chiedono ai partecipanti di creare un wallet per una specifica criptovaluta e di condividere l’indirizzo del wallet. Tuttavia, alcuni di questi portafogli digitali potrebbero essere fraudolenti e i partecipanti potrebbero perdere i propri fondi.
  3. Campagne bounty false: alcune truffe consistono nell’organizzazione di una campagna bounty falsa per una criptovaluta che non esiste. I partecipanti potrebbero essere invitati a fare diversi compiti, come la promozione sui social, ma non riceveranno mai la ricompensa promessa.
  4. Social engineering e utilizzo di bot: i truffatori potrebbero cercare di convincere i partecipanti a condividere informazioni personali o a cliccare su link fraudolenti, utilizzando tecniche di social engineering.
  5. Promesse di ricompense eccessive: alcune campagne bounty potrebbero promettere ricompense eccessive per compiti semplici come la promozione sui social, il che potrebbe essere troppo bello per essere vero. In alcuni casi, la promessa di una ricompensa così elevata potrebbe essere una truffa.

In generale, è importante che i partecipanti a una campagna bounty per la promozione sui social di una criptovaluta facciano attenzione e verifichino sempre la reputazione dell’organizzazione che organizza la campagna e l’autenticità della criptovaluta, che deve avere un valore chiaro, riconoscibile e reale. Le criptovalute che non riescono neppure a raggiungere il tetto di un dollaro (o un euro) sono spesso concepite con il solo fine di arricchire i creatori, perché molto difficilmente acquisteranno valore in fase di lancio e saranno in grado di generare guadagni per gli investitori. Inoltre, dovrebbero evitare di condividere informazioni personali, di cliccare su link sospetti e di compilare moduli con troppa leggerezza.

    La lista delle Top 50 cripto-truffe

    Ecco dunque la lista delle top 50 truffe cui si può incorrere aderendo a una campagna bounty per la promozione sui social di una criptovaluta:

    1. Scambio di criptovalute fraudolente
    2. Truffe con il wallet della criptovaluta
    3. Campagne bounty false
    4. Social engineering
    5. Promesse di ricompense eccessive
    6. Richiesta di pagamenti iniziali
    7. Falsi airdrop
    8. Airdrop che richiedono un pagamento iniziale
    9. Schema ponzi
    10. Progetti fraudolenti
    11. ICO e IDO fraudolente
    12. Telegram phishing
    13. Truffe con il bot Telegram
    14. Scam con i wallet hardware
    15. Ransomware
    16. Cryptojacking
    17. Mining fraudolento
    18. Scam con i segnali di trading
    19. Truffe con i robot di trading
    20. Truffe con i contratti intelligenti
    21. Truffe con i programmi di affiliazione
    22. Phishing sui social media
    23. Truffe di phishing tramite email
    24. Truffe con le criptovalute sugli e-commerce
    25. Scam su Telegram per la raccolta di fondi
    26. Scam con i bounty di pre-registrazione
    27. Scam con i bounty di referral
    28. Truffe con la vendita di token falsi
    29. Truffe con i token exchange
    30. Scam con i sistemi di gestione del portafoglio
    31. Truffe con le app mobile di criptovalute
    32. Truffe con i programmi di ricompense
    33. Scam con i social media bot
    34. Scam con i bot di telegram per la promozione sui social
    35. Truffe con i gruppi Telegram di segnali di trading
    36. Scam con i gruppi Telegram di pump and dump
    37. Truffe con i gruppi Telegram di crypto VIP
    38. Truffe con le chat di trading su WhatsApp
    39. Scam con le chat di gruppo di trading su Facebook
    40. Scam con le chat di gruppo di trading su Telegram
    41. Truffe con le app di trading automatico
    42. Truffe con i segnali di trading su Instagram
    43. Truffe con i bot di trading su Twitter
    44. Truffe con i gruppi di trading su Reddit
    45. Truffe con le app di trading social
    46. Truffe con i portafogli di trading
    47. Truffe con i robot di trading di criptovalute
    48. Scam con i programmi di scambio di criptovalute
    49. Truffe con le app di scambio di criptovalute
    50. Truffe con i programmi di formazione di trading di criptovalute
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    Viale del tramonto per le recensioni false, una Direttiva le penalizzerà

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    Viale del tramonto per le recensioni false, una Direttiva le penalizzerà | Rec News dir. Zaira Bartucca

    In rete si assiste spesso a seguiti gonfiati artificialmente. Mi piace, repost, commenti: tutto è oggetto di possibile manipolazione. Non fanno eccezione le recensioni, da anni associate a un vero e proprio mercato dove a guadagnare sono venditori che non si fanno scrupoli e scribacchini che regalano opinioni fasulle su oggetti mai acquistati e spesso privi di qualità. A farne le spese, manco a dirlo, il malcapitato consumatore, che spesso non è informato dei rischi del web e tende a giudicare un prodotto dal numero di stelle a cui è associato.

    A tutto metterà un freno la direttiva UE 2019/2161 e il relativo Codice del Consumo (n. 206/2005), negli scorsi giorni all’esame del consiglio dei ministri per l’approvazione definitiva. Per i venditori cambieranno i criteri di gestione delle bacheche virtuali, visto che sarà obbligatorio pubblicare un’avvertenza in cui si garantisce che le recensioni sono state scritte da chi davvero ha acquistato il prodotto e si dovranno scremare le recensioni farlocche con dei filtri. Difficile se non impossibile dovrebbe poi diventare assoldare qualcuno che scriva commenti falsi favorevoli, oppure auto-recensirsi.

    Una tegola pronta a colpire gli e-commerce più noti ma anche i motori di ricerca, che per dar seguito alla Direttiva in fase di approvazione saranno costretti a prevedere criteri di trasparenza su come organizzano le ricerche, e in base a quale algoritmo, pena multe salate. I parametri di classificazione, in particolare, dovranno essere esposti in chiaro e resi accessibili dalla pagina in cui sono presentati i risultati. Dovrà inoltre essere chiaramente indicato tramite appositi disclaimer quali risultati di ricerca sono frutto di campagne a pagamento.

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