Il mainstream negli scorsi mesi ha esultato: la Grecia è uscita dalla crisi, l’Austerity è ormai un ricordo. Niente di più inesatto. La Patria della filosofia e della civiltà è piegata dalle politiche correlate alla Troika, che hanno causato un debito totale che fino a qualche tempo fa si attestava a 153,06 miliardi. L’ultima tranche – quella che ha fatto inspiegabilmente esultare gli economisti dell’ultima ora – riguarda solo il 40 per cento del debito ellenico da record. Conti alla mano, infatti, la Grecia si trova a dover corrispondere ancora ancora 96 miliardi.
L’Italia non è l’unico Paese che soccombe sotto il peso di politiche europeiste distorte, cui solo apparentemente sembra non si possa rinunciare. Stando agli ultimi dati Eurostat disponibili, quelli del 2017, la Grecia è l’ultima in Europa per occupazione. Un dato confermato dal crollo del reddito medio e dalle aziende che, proprio come in Italia, continuano a morire una dopo l’altra. Siemens e Novartis, sono solo alcuni dei pezzi statali strategici cui la Grecia ha rinunciato per ripagare le politiche estorsive dell’Ue.
A questo proposito è interessante l’analisi proposta da Angelo Antonio Viscione del WSJ, che si è domandato se “il vero obiettivo dei paesi creditori” non fosse quello di “permettere ai capitali nazionali di fare shopping di asset pubblici dismessi a buon mercato dallo Stato greco”. Dubbio confermato da Le Figaro, che negli scorsi giorni ha dato conto della possibilità che importanti reperti archeologici come il Palazzo di Cnosso o il tumulo di Re Filippo II vengano inseriti nel Taiped, il fondo di privatizzazione che toglierebbe alla Grecia quanto di migliore ha gelosamente conservato.
Tra i beni cui potrebbe dover rinunciare, anche i siti archeologici di Sparta e Santorini. La Grecia, per citare la Bbc, “ha salvato l’euro”, ma per farlo ha prenotato la morte della propria cultura e della propria economia. A meno che in tempi di Brexit, con un deciso scatto d’orgoglio, non decida di tornare indietro.

ECONOMIA
PNNR e PMI, stanziati 4 miliardi con il Fondo 394
Cosa prevede, le condizioni di finanziamento e chi può accedere

Quattro miliardi alle imprese italiane, con un’attenzione per quelle piccole e medie che desiderano espandersi all’estero. E’ la dotazione del Fondo Simest 394 che è stato presentato questa mattina alla Farnesina alla presenza del vicepremier e ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani. Nel corso dei lavori la firma del protocollo d’avvio da parte del presidente dell’Agenzia ICE Matteo Zoppas.

Cosa prevede il Fondo 394
Il fondo sostiene solo le filiere che si occupano di export e che sposano i programmi inerenti la transizione ecologica e digitale. Previste “condizioni dedicate” per le imprese che hanno interessi in aree quali i Balcani occidentali e nei territori alluvionati dell’Emilia Romagna. Nel dettaglio, il fondo 394 prevede finanziamenti a tassi agevolati fino allo 0,464% (tasso luglio 2023), a cui si aggiunge una quota di cofinanziamento a fondo perduto fino al 10%. Sei le linee di intervento: transizione digitale o ecologica, inserimento mercati, certificazioni e consulenze, fiere ed eventi, e-commerce e temporary manager.
ECONOMIA
“L’Euro digitale dovrebbe affiancare il contante, non abolirlo”

“Mentre i pagamenti stanno diventando sempre più digitali, per molte persone il contante rimane il re. L’euro digitale dovrebbe integrare il contante, ma non sostituirlo. Sono lieto di constatare che la Commissione sta pensando a come trattenere il contante come mezzo di pagamento.” Così l’eurodeputato Markus Ferber, portavoce del gruppo PPE nella Commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo. Il commento è arrivato contestualmente alla presentazione in Commissione del pacchetto sulla moneta unica, che include un “quadro giuridico” sulla moneta digitale.
“Gli attuali elementi di progettazione suggeriscono che l’euro digitale sarà essenzialmente utilizzato solo per i pagamenti al dettaglio. I maggiori vantaggi, tuttavia, di una valuta digitale sarebbero nel mondo degli affari. Dobbiamo almeno mantenere aperta la possibilità di futuri aggiornamenti. Se introduciamo una versione digitale della moneta unica, deve essere pronta a cogliere le opportunità del mondo digitale”, ha concluso Ferber.
ECONOMIA
Istat: le famiglie italiane hanno sempre meno potere d’acquisto

Crolla, nel quarto trimestre del 2022, il potere d’acquisto delle famiglie italiane. Lo sottolinea l’Istat, secondo cui la crescita del reddito disponibile, accompagnata da un aumento dei prezzi al consumo particolarmente forte, ha comportato una significativa diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie, pari a -3,7%. fsc/gtr
DOC
Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane

Forte calo della spesa delle famiglie. Lo registra Istat nella nota sull’andamento dell’economia italiana di febbraio appena pubblicata. “Lo scenario internazionale – rileva l’Istituto Nazionale di Statistica – resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. Si inizia a profilare un percorso di rientro dell’inflazione più lungo di quanto inizialmente previsto. Il Pil italiano, nel quarto trimestre 2022, ha segnato una lieve variazione congiunturale negativa a sintesi del contributo positivo della domanda estera netta e di quello negativo della domanda interna al netto delle scorte”. In basso il report integrale