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Al Premio Campiello 2025 una cinquina controcorrente

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(Adnkronos) – Non una cinquina omogenea, ma un mosaico narrativo che si snoda tra sperimentazione linguistica, radici storiche, geografie periferiche e riflessione civile. È stata selezionata oggi a Padova la cinquina finalista della 63esima edizione del Premio Campiello, concorso di letteratura italiana contemporanea promosso dalla Fondazione Il Campiello ‐ Confindustria Veneto.  Nel corso della votazione nell'Aula Magna 'Galileo Galilei' di Palazzo del Bo dell'Università degli Studi, la Giuria dei Letterati ha votato tra gli 81 libri ammessi al concorso dal Comitato Tecnico: al primo turno Wanda Marasco con "Di spalle a questo mondo" (Neri Pozza) con 7 voti, Monica Pareschi con "Inverness" (Polidoro) con 6 voti e Fabio Stassi con "Bebelplatz" (Sellerio Editore) con 6 voti, al secondo turno Marco Belpoliti con "Nord Nord" (Giulio Einaudi Editore) con 6 voti, al quinto turno Alberto Prunetti con "Troncamacchioni" (Giangiacomo Feltrinelli Editore) con 6 voti. Cinque libri che, come ha sottolineato il presidente della Giuria Giorgio Zanchini, "propongono temi diversi e pubblicati anche da editori diversi", segno tangibile di un'editoria viva, "sfaccettata e ancora capace di sorprendere". Durante la selezione la Giuria ha inoltre annunciato il vincitore del Premio Campiello Opera Prima, riconoscimento attribuito dal 2004 ad un autore al suo esordio letterario: è stato assegnato a Antonio Galetta con “Pietà” (Giulio Einaudi Editore). E' un romanzo d’esordio, ha spiegato Zanchini leggendo le motivazioni, che si distingue per la costruzione corale e per l'adozione di un narratore collettivo – il "noi" – che racconta un piccolo paese del Sud Italia con ironia tagliente e malinconia dolceamara: "la lingua, viva e stratificata, oscilla tra lirismo e grottesco, e si fa strumento di una denuncia elegante e potente contro la degenerazione del discorso pubblico. Una prova narrativa che ha il sapore raro di un classico contemporaneo". Ora per i cinque finalisti si apre il tradizionale tour estivo in tutta Italia, prima del verdetto finale che sarà affidato alla Giuria dei Trecento Lettori anonimi, selezionati su base nazionale per rappresentare tutte le fasce sociali e professionali. Saranno loro a decretare il vincitore, il prossimo 13 settembre sul palco del Teatro La Fenice di Venezia. La Giuria dei Letterati presieduta da Giorgio Zanchini che ha selezionato i finalisti è composta da Rita Librandi, Liliana Rampello, Stefano Salis, Alessandro Beretta, Federico Bertoni, Daniela Brogi, Silvia Calandrelli, Daria Galateria, Lorenzo Tomasin e Roberto Vecchioni. Zanchini, noto giornalista radiofonico della Rai, al suo esordio come presidente della Giuria dei Letterati, ha dichiarato: "Presiedere per la prima volta la Giuria dei Letterati del Premio Campiello è stata un'esperienza profondamente istruttiva. Ho potuto osservare da vicino, con grande curiosità e ammirazione, la serietà, l'impegno e l'assoluta imparzialità che animano ogni discussione e ogni giudizio sui libri. La letteratura, come il giornalismo che pratico da anni, è uno strumento essenziale per dare forma al caos, per interpretare la realtà e costruire un significato condiviso che ci tiene uniti come comunità. Un premio come il Campiello amplifica questa funzione in modo ancora più profondo. In questi mesi, abbiamo potuto leggere opere che non sono solo testimonianza del nostro tempo, ma che offrono lenti acute e talvolta anche spietate per comprenderlo. È un lavoro che ritengo fondamentale, un contributo tangibile alla qualità del dibattito pubblico e, in ultima analisi, alla vitalità della nostra democrazia". Il compito di fare un'osservazione sul panorama narrativo italiano è toccato al giurato Federico Bertoni, professore di critica letteraria all'Università di Bologna: "A fronte di una sterminata produzione e di un conformismo narrativo che spesso predilige temi facili per catturare il pubblico, c'è anche chi va controcorrente, cercando una propria voce spiazzante per raccontare quello che ancora non è stato detto, che poi è il compito della letteratura: inventare storie e personaggi per disegnare anche mappe del nostro destino. Possiamo dire che, per fortuna, il romanzo non è finito".  La cerimonia padovana è stata anche un’occasione per riflettere sul ruolo della cultura oggi. Raffaele Boscaini, nuovo presidente della Fondazione Il Campiello – Confindustria Veneto, ha ricordato che "in un momento di sfide globali complesse, investire nella cultura significa attrarre giovani qualificati e rafforzare le eccellenze del nostro Paese". A fare eco, le parole di Paola Carron, presidente di Confindustria Veneto Est: "Il Campiello non è solo un premio, è un presidio culturale, uno spazio di visione e di identità". I libri finalisti propongono storie che scavano con scritture che incidono. Con "Di spalle a questo mondo" (Neri Pozza) Wanda Marasco si conferma una delle voci più originali della letteratura italiana degli ultimi anni. Il suo romanzo è un canto funebre e visionario, una discesa nei territori oscuri della psiche e della memoria, dove la lingua si fa fitta, avvolgente, ferita. Monica Pareschi con "Inverness" (Polidoro) si cimenta in un'opera straniante, immersa in una dimensione sospesa tra viaggio interiore e paesaggio nordico; una narrazione rarefatta, lucida, dove l’introspezione si fonde con la geografia e la scrittura si accosta con precisione chirurgica al silenzio. Con "Bebelplatz" (Sellerio) Fabio Stassi firma forse il suo romanzo più ambizioso: un intreccio di memoria europea, bruciata dal fuoco della storia, che prende il nome da una delle piazze più tragiche di Berlino; un romanzo dove l'intellettuale e il narratore si incontrano per raccontare le ferite ancora aperte del Novecento. Marco Belpoliti con "Nord Nord" (Einaudi) attraversa un’Italia verticale, dal crinale alpino ai paesaggi dell’immaginazione, in una narrazione che è insieme viaggio fisico e antropologico. Un libro che cerca il senso dell’identità italiana spingendosi verso le sue estreme latitudini. Alberto Prunetti con "Troncamacchioni" (Feltrinelli) con la sua scrittura abrasiva e militante torna a dare voce a una classe operaia smarrita, tra realismo post-industriale e affondi satirici; una scrittura rabbiosa e necessaria, che non ha paura di sporcarsi con il presente. (di Paolo Martini) —culturawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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Noah Falstein a ‘Cartoons on the bay’: “Penso ai videogiochi per divertire e aiutare le persone”

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(Adnkronos) –
"Intrattenere è un privilegio. Il mio impegno, da sempre, è di creare giochi utili, oltre che divertenti". A parlare è Noah Falstein tra i protagonisti della 29esima edizione di 'Cartoons on the Bay 2025' di Pescara al quale è stato assegnato il Pulcinella Special Award. Falstin è un game designer e produttore che opera nell’industria videoludica dal 1980. Ha contribuito alla realizzazione di titoli premiati come 'Battlehawks 1942' e 'Indiana Jones and the Fate of Atlantis' e ha lavorato su diverse piattaforme, dagli arcade ai computer domestici come il Commodore 64 e Ms-Dos. “Il mio primo vero incontro con i videogiochi risale agli anni '70, all'università”, racconta.  “Prima di allora, i giochi erano primitivi, poi scoprii un gioco testuale di Star Trek, e ne rimasi affascinato. Decisi di creare un gioco sull'estrazione mineraria nella fascia degli asteroidi, unendo la mia passione per la fisica e l'astronomia alla programmazione. Non immaginavo fosse un provino, ma dopo la laurea ricevetti un'offerta dalla Milton Bradley”. In quel periodo, aggiunge Falstein, “molti consideravano i videogiochi una moda passeggera, ma io sentivo che c'era qualcosa di più. La svolta arrivò con Lucasfilm Games, poi LucasArts Entertainment, ai tempi dei primi Star Wars. Un sogno. Non avevo pianificato nulla, semplicemente seguii la mia passione, e il mondo, fortunatamente, fece lo stesso”.  Per Falstein un'esperienza fondamentale fu lavorare con Hal Barwood, sceneggiatore e regista di ‘Incontri ravvicinati del terzo tipo’: “Quando gli parlai della mia volontà di creare giochi utili, oltre che divertenti, mi assegnò la visione di ‘I viaggi di Sullivan’, un film degli anni '40 che sottolinea l'importanza dell'intrattenimento, soprattutto per chi vive momenti difficili. Capii che intrattenere è un privilegio. Chi crea giochi lo fa spesso per sé stesso, ma deve ricordare che si rivolge a milioni di persone”.  E sul tema dibattuto sul rapporto tra videogiochi e salute mentale, dice: “I videogiochi, come ogni forma di intrattenimento, possono avere effetti positivi e negativi. L'abuso può portare a problemi, ma questo vale anche per libri, film e televisione. Per questo mi interessa usare i videogiochi a scopo terapeutico, per offrire supporto in ambiti come la salute mentale, dove spesso mancano professionisti o risorse”. Vent'anni fa “si discuteva del legame tra videogiochi e violenza. Gli studi hanno smentito una relazione causale, pur evidenziando possibili correlazioni. Sarebbero necessarie più ricerche per capire l'impatto dei videogiochi sulla salute mentale e come mitigare eventuali effetti negativi”. 
Quanto al tema dell’Intelligenza artificiale al centro della 29esima edizione di 'Cartoons On The Bay': “Anche se nessuno sa con certezza cosa ci riserva il futuro, l'Ia è ormai uno strumento diffuso per creare contenuti, trovare idee e sviluppare giochi. Alcuni miei clienti nel settore medico la utilizzano per aiutare persone con problemi di salute mentale. Il potenziale è enorme”.  Infine, un consiglio ai giovani che vogliono intraprendere la sua stessa carriera: “Oggi l'industria è più grande e competitiva, ma offre anche più opportunità. Il consiglio è di iniziare a creare, anche con progetti piccoli, senza puntare subito a creare un nuovo ‘Fortnite’. Il settore indie dimostra che anche piccoli team possono ottenere grandi successi, come nel caso di ‘Vampire Survivors’”. Sul futuro, “sono ottimista, considerando che ormai quasi tutti nel mondo hanno accesso ai videogiochi”. —spettacoliwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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Ernesto Pellegrini presidente dell’Inter dei record, una vita tra il calcio e il sociale

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(Adnkronos) – Dal diploma in ragioneria al Verri di Milano, alla costruzione di un impero della ristorazione italiana con la Pellegrini Spa. È scomparso oggi, sabato 31 maggio, all’età di 84 anni l’ex presidente dell’Inter, Ernesto Pellegrini, protagonista insieme all’allenatore Giovanni Trapattoni dell’Inter dei record, con 58 punti realizzati in 34 partite di campionato. Sotto la sua egida, i nerazzurri vinsero lo scudetto e la Supercoppa italiana nella stagione 1988-1989; oltre a due Coppe Uefa nel 1991 e 1994, l’ultimo trofeo prima di lasciare la presidenza e cedere il team a Massimo Moratti. Lutto per la squadra nel giorno della finale di Champions League contro il Paris Saint-Germain.   Classe 1940, Pellegrini è nato e cresciuto nella periferia sud-est di Milano. Dopo il diploma, il suo primo lavoro è come contabile alla Bianchi. Ma è negli anni del boom economico che arriva l’intuizione: nel 1965 fonda l’Organizzazione Mense Pellegrini che dieci anni dopo, nel 1975, trasformerà nel colosso attivo nella ristorazione collettiva, buoni pasto, servizi integrati, distribuzione automatica e welfare aziendale Pellegrini Spa, dando lavoro a oltre 9.000 persone. Nel 1979 decide di fondare la Pellegrini Catering Overseas S.A, così da seguire le imprese italiane all'estero. Nel 1982 l’ulteriore espansione con la nascita di Central Food, piattaforma logistica e centrale acquisti del Gruppo Pellegrini, specializzata nell’industria della carne. Tifosissimo dell’Inter, l’acquista dall’allora presidente Ivanoe Fraizzoli per dieci miliardi di lire. Ed è sotto la sua gestione che viene fatta una campagna acquisti di tutto rispetto: a vestire di neroazzurro sono campioni del calibro di Karl-Heinz Rummenigge; Jürgen Klinsmann; Lothar Matthäus e Andreas Brehme. Poi arrivano le onorificenze: nel 1990 viene insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro, nel 2014 dell’Ambrogino d’Oro, la più alta onorificenza assegnata dal Comune di Milano a quei cittadini che abbiano portato lustro al nome della città nella loro attività professionale.  Nel 2013 da' vita alla Fondazione Ernesto Pellegrini Onlus per aiutare quelli che definiva “nuovi poveri”, persone in temporanea difficoltà economica e sociale che hanno bisogno di una mano per rimettere insieme la propria vita. La Fondazione opera tramite il ristorante “Ruben” di via Gonin 52 per offrire ristoro a quanti ne hanno bisogno. Questa sera, la squadra scenderà in campo con la fascia nera al braccio.
 —sportwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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2 giugno, L’Espresso media partner del Next Generation Fest

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(Adnkronos) – Migliaia di ragazzi affolleranno il Teatro del Maggio, il 2 giugno a Firenze, per incontrare personaggi noti del mondo dell'imprenditoria, della cultura, dello sport e dello spettacolo. E' il Next Generation Fest, il più grande evento gratuito in Italia rivolto alle generazioni Z e Alfa, organizzato dalla Regione Toscana, sotto l’alto patrocinio del Parlamento europeo, e finanziato dal Dipartimento per le Politiche Giovanili. L'Espresso è media partner della quarta edizione. In un'intervista al settimanale, l'ideatore del Next Generation Fest Bernard Dika racconta la sua storia: "Sono arrivato in Italia dall'Albania all'età di un anno, ho dovuto aspettarne 16 per ottenere la cittadinanza".  Dika oggi è portavoce di Eugenio Giani ed è consigliere del presidente della Toscana per le politiche giovanili. "Noi giovani non siamo il futuro, siamo il presente. Adesso è l'unico tempo che ci è dato per apportare i cambiamenti che vogliamo, nella società e in noi stessi". L'idea del festival nasce dalla volontà di rendere protagoniste le nuove generazioni, fornendo per un'intera giornata occasioni di confronto con dei modelli ai quali ispirarsi, ma anche facendo incontrare realtà del mondo produttivo e giovani in cerca di lavoro. Dika è stato nominato Alfiere della Repubblica da Sergio Mattarella.  "La mia storia personale è stata anche segnata dalle discriminazioni per una cittadinanza arrivata dopo 16 anni", conclude. "Il mio impegno è rivolto ai giovani affinché nessuno sia più escluso dalla comunità. Anzi, siamo il presente perché le scelte di oggi impatteranno prima di tutto su di noi: spetta anche a noi decidere, ora, l'Italia di domani". —economiawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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Il Banco del Mutuo Soccorso: “L’arte deve avere sempre alta tensione morale”

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(Adnkronos) – "Qualunque forma artistica deve sempre avere una alta tensione morale ed etica. Fare arte significa parlare al cuore della gente e lì bisogna parlare con la lingua dritta, non biforcuta. Nessuno vuole educare, perché nessuno può sentirsi a priori maestro. Ma testimoniare però sì”. Lo dice Vittorio Nocenzi, tastierista e membro fondatore del Banco del Mutuo Soccorso, la storica band di prog-rock che questa sera si esibirà in concerto con 'Storie Invisibili – Tour 2025' sul palco di Cartoons on the bay 2025 a Pescara. La band è tornata sulla scena musicale con il nuovo album ‘Storie invisibili’ che chiude la trilogia iniziata con 'Transiberiana' (2019) e proseguita con 'Orlando: le forme dell'amore' (2022). L’album, racconta Nocenzi, è dedicato “alle persone comuni, agli eroi quotidiani le cui storie non finiscono sui libri di storia. Madri e padri di famiglia, professionisti, agricoltori: persone che lottano ogni giorno. Figure come ‘Il mietitore’, uno dei brani dell'album, dedicato al mondo agricolo e alle sue difficoltà”.  L'album affronta anche temi di attualità, come la guerra in Ucraina: “Sono contrario a tutte le guerre, soprattutto a quelle che prendono di mira i civili. Negli ultimi anni, abbiamo accolto profughi in fuga dalla Siria, dove i bombardamenti russi li hanno costretti a lasciare le proprie case. Questa tattica terrorizza la popolazione, la spinge alla fuga e crea difficoltà all'Occidente, che si trova a gestire l'emergenza profughi. L'Europa è diventata il nemico di ogni autocrate, ma dobbiamo ricordare che la libertà, una volta conquistata, va difesa con forza. La libertà si basa sulla democrazia, che va protetta da demagoghi, ideologismi e estremismi. La democrazia ha bisogno di buon senso, solidarietà e rispetto, con la consapevolezza che i nostri diritti finiscono dove iniziano i nostri doveri”. Quanto al panorama musicale attuale: “La musica, come la politica, riflette la qualità del proprio tempo. E la qualità del nostro tempo è infima”. Quella di oggi "è musica di massa che è stata globalizzata in maniera sciocca e miope. L'arte in genere ama le diversità, perché nella diversità c'è l'interesse. Cosa c’è di artistico nell’essere tutti uguali? Per questo non uso l'autotune e non partecipo a Sanremo che non dovrebbe chiamarsi festival della canzone italiana”. Sanremo, aggiunge, “è uno spettacolo musicale della Rai Tv. Se lo presenti come spettacolo televisivo, nessuno può dire niente. Se invece lo presenti come festival della canzone italiana, allora dico che è una bugia. Perché ci stanno soltanto alcune parti della canzone italiana. Non tutte. Quelle più interessanti sono quelle che sono escluse. E allora non mi piace questo festival. E non ci andrò”. Ma una cosa è certa: per Nocenzi la direzione artistica di Conti è migliore di quella di Amadeus. “Il festival di Amadeus era una discoteca. Conti almeno ci ha fatto scoprire Lucio Corsi e Brunori Sas”. Un messaggio finale? “Invito i giovani a essere i nuovi partigiani del terzo millennio, a difesa della libertà, della democrazia e della poesia”. —spettacoliwebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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