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‘Nozze Rosse’ e ‘Operazione Narnia’, così Israele ha colto di sorpresa l’Iran

'Nozze Rosse' e 'Operazione Narnia', così Israele ha colto di sorpresa l'Iran

(Adnkronos) – ‘Nozze Rosse’ e ‘Operazione Narnia’. Questi i nomi in codice due sotto-operazioni portate a termine da Israele nell’attacco all’Iran che hanno portato all’eliminazione di comandanti militari e scienziati nucleari iraniani. Portare a termine questi attacchi richiese elaborati stratagemmi per garantire l’effetto sorpresa, come evidenzia il Wall Street Journal in un lungo articolo in cui ha ricostruito tutte le tappe che portarono all’inizio della guerra dei 12 giorni.

Secondo il giornale a mezzanotte del 13 giugno, i generali israeliani si riunirono in un bunker sotto il quartier generale dell’Aeronautica militare e osservarono i caccia scendere su Teheran nell’operazione da loro ribattezzata ‘Nozze Rosse’. Alcune ore dopo gran parte della gerarchia militare iraniana era stata eliminata: un massacro che ha ricordato la famosa scena del matrimonio della serie ‘Il Trono di Spade’.

La combinazione di informazioni di intelligence e precisione militare sorprese il mondo intero. Ma non fu l’unico successo colto da Israele all’inizio della guerra. Un altro passaggio chiave dell’attacco iniziale – considerato così fantasioso persino dai suoi ideatori da essere ribattezzato ‘Operazione Narnia’, dal nome della serie di fantascienza di C.S. Lewis – portò all’uccisione di nove scienziati nucleari iraniani quasi contemporaneamente nelle loro case a Teheran.

Il piano risale alla metà degli anni Novanta, quando l’intelligence israeliana identificò per la prima volta quelli che considerava i primi tentativi iraniani di sviluppare un programma di armi nucleari. I successivi atti di sabotaggio del Mossad, dalle esplosioni in uno dei principali siti per l’arricchimento dell’uranio agli omicidi mirati di alcuni scienziati, non vennero ritenuti sufficienti per fermare il programma nucleare dell’Iran e finirono per rafforzare la convinzione che solo un attacco dall’alto avrebbe raggiunto l’obiettivo.

Farlo, tuttavia, era estremamente difficile. I siti da colpire si trovavano ad oltre 1.600 chilometri da Israele: i piloti dei caccia avrebbero dovuto imparare a volare in formazioni da sei a dieci velivoli attorno a un singolo aereo cisterna, alternandosi per il rifornimento durante il viaggio. Avrebbero anche dovuto imparare a posizionare perfettamente i loro aerei in modo che i missili, una volta sganciati, atterrassero entro 15-20 secondi l’uno dall’altro per la massima efficacia.

Un simile addestramento non era possibile in un paese piccolo come Israele, che si estende per appena 470 chilometri da nord a sud. Nel 2008, nell’ambito della cosiddetta Operazione ‘Glorious Spartan’, più di 100 F-15 e F-16 israeliani percorsero oltre 1.600 chilometri fino alla Grecia, testando la loro capacità di volare a una distanza sufficiente a colpire gli impianti nucleari iraniani. Tali esercitazioni sarebbero diventate sempre più frequenti. Negli anni seguenti, Israele fu più volte vicino al lancio di un attacco aereo, ma ogni volta venne bloccato per il timore di scatenare una guerra con l’Iran o di irritare Washington, che all’epoca preferiva un approccio diplomatico.

Gli attacchi dei mesi scorsi contro gli Houthi in Yemen permisero a Israele di testare ulteriormente le sue capacità di attacco a lungo raggio. I sistemi di difesa aerea più avanzati di Teheran, gli S-300 russi, vennero invece distrutti nei raid condotti sulla Repubblica islamica nell’aprile e nell’ottobre del 2024.

Nel novembre dello scorso anno, l’esercito radunò 120 funzionari dell’intelligence e dell’Aeronautica per decidere chi e cosa sarebbe stato nel mirino all’inizio dei combattimenti. Da quella sorta di ‘Brainstorming’ uscì una lista di oltre 250 obiettivi che includeva scienziati, generali, siti nucleari e lanciamissili.

Fu coinvolto il Mossad. I suoi agenti per mesi contrabbandarono componenti per centinaia di droni quadricotteri equipaggiati con esplosivo in valigie, camion e container. Piccole squadre armate furono dispiegate vicino alle postazioni di difesa aerea e ai siti di lancio missilistici dell’Iran, pronte a neutralizzarli una volta lanciato l’attacco.

Secondo un funzionario della sicurezza israeliano, Netanyahu e i suoi consiglieri militari presero la decisione definitiva di attaccare il 9 giugno. Il team del primo ministro sapeva che avrebbe dovuto mascherare i propri piani fino all’ultimo per evitare che Teheran avesse reagito, nascondendo ad esempio i propri scienziati e generali.

Per questo l’ufficio di Netanyahu annunciò un weekend di ferie a cui avrebbe fatto seguito lunedì 16 giugno il matrimonio del figlio maggiore del premier, Avner. Nessuno, compresi lo stesso Avner e la moglie di Netanyahu, Sarah, però sapeva che il primo ministro intendeva rinviare le nozze.

Nel frattempo, funzionari israeliani avevano fatto trapelare ai media notizie che suggerivano una divergenza tra Netanyahu e il presidente Trump sull’opportunità di lanciare un attacco. Le fughe di notizie includevano i dettagli di una telefonata tra i due quattro giorni prima dell’inizio dell’operazione in cui Trump aveva detto al leader israeliano di volere che la diplomazia facesse il suo corso prima di passare alle opzioni militari.

Anche il giorno degli attacchi, Trump aveva dichiarato ai giornalisti che Stati Uniti e Iran erano “abbastanza vicini a un accordo” e che non voleva che gli israeliani “entrassero”. Funzionari israeliani avevano confermato che prima di attaccare avrebbero aspettato di vedere l’esito del sesto round di colloqui sul nucleare tra Washington e Teheran, previsto per quella domenica in Oman. In realtà, i generali stavano già preparando l’attacco.

Un funzionario della sicurezza a conoscenza della pianificazione dell’operazione ha spiegato che la chiave dell’attacco era instillare nella mente degli iraniani che Israele non avrebbe colpito senza l’autorizzazione e la partecipazione degli Stati Uniti. Finché gli Stati Uniti non avessero mobilitato le proprie forze, Israele avrebbe potuto minacciare di attaccare e persino mobilitare le proprie risorse senza perdere l’elemento sorpresa. Mentre gli aerei israeliani si alzavano in volo, Trump aveva scritto su Truth: “Rimaniamo impegnati per una risoluzione diplomatica della questione nucleare iraniana!”.

Un altro elemento chiave del piano finale era quello di eliminare immediatamente la leadership delle forze armate iraniane, un’operazione nota come ‘Nozze Rosse’. Questa mossa avrebbe impedito qualsiasi rappresaglia immediata, dando il tempo ai caccia e ai droni israeliani di neutralizzare i lanciamissili iraniani, attenuando l’inevitabile risposta dell’Iran. Ma con grande stupore dell’alto comando israeliano, anziché disperdersi, i vertici dell’Aeronautica iraniana si riunirono in un unico luogo, segnando inevitabilmente il loro destino.

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Iran, spiragli per un nuovo accordo sul nucleare con gli Usa: “Teheran cerca il dialogo”

Iran, spiragli per un nuovo accordo sul nucleare con gli Usa: "Teheran cerca il dialogo"

(Adnkronos) – Nonostante i recenti attacchi militari subiti da Israele e Stati Uniti, l’Iran intravede ancora margini concreti per rilanciare i negoziati con Washington sul proprio programma nucleare. Lo scrive il Washington Post citando analisti e osservatori, secondo i quali all’interno della complessa galassia politica iraniana sta emergendo un consenso sulla necessità di riprendere il dialogo con gli Usa, anche se la sfiducia resta alta e i rischi di nuove escalation non sono stati dissipati.

Il presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, e il ministro degli Esteri, Abbas Araghchi, nelle ultime settimane hanno intensificato gli sforzi diplomatici per tracciare una linea di separazione tra Stati Uniti e Israele, insistendo sul fatto che un accordo con Washington resta possibile, nonostante l’ostilità dichiarata del governo di Tel Aviv.

In un’intervista rilasciata al commentatore conservatore americano Tucker Carlson, Pezeshkian ha puntato il dito contro il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, accusandolo di aver instillato nella politica americana l’idea che Teheran stia cercando di costruire un’arma nucleare. Il presidente iraniano ha però ribadito che le tensioni con gli Stati Uniti “potrebbero essere risolte facilmente attraverso il dialogo”. Anche il capo della diplomazia Araghchi ha sottolineato, in un editoriale sul Financial Times, che Iran e Usa “erano a un passo da uno storico accordo” prima che gli attacchi israeliani facessero precipitare la situazione.

Secondo vari analisti, la rinnovata apertura diplomatica riflette una lotta interna ai vertici della Repubblica Islamica, accentuatasi dopo i raid americani e israeliani dello scorso mese. In questo nuovo equilibrio, i sostenitori di un approccio più pragmatico e negoziale sembrano aver guadagnato spazio a discapito delle frange più oltranziste, storicamente vicine ai Guardiani della Rivoluzione.

Tuttavia, le voci contrarie non mancano. Hadi Masoumi Zare, analista vicino in passato agli ambienti dei Pasdaran, ha accusato i sostenitori del dialogo di voler sfruttare le recenti sconfitte per rafforzare la propria influenza. In un podcast pubblicato la scorsa settimana, Zare ha denunciato un tentativo di “presentarsi come i salvatori del Paese proprio ora che la componente rivoluzionaria è stata indebolita dagli attacchi israeliani”.

Nonostante i bombardamenti americani su tre impianti nucleari e le operazioni israeliane senza precedenti sul territorio iraniano, Teheran non ha modificato ufficialmente la propria posizione: ribadisce il diritto a produrre combustibile nucleare a fini civili, escludendo però la volontà di sviluppare armi atomiche. Il dato più significativo, secondo gli osservatori, è che neppure le recenti escalation hanno spinto l’Iran a chiudere definitivamente la porta a un’intesa con Washington. Al contrario, la leadership iraniana sembra voler scommettere, almeno per ora, su una soluzione negoziale per uscire dall’isolamento e arginare nuove crisi.

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Ucraina, Zelensky: “Neutralizzare droni Shahed chiave per far ripartire diplomazia”

Ucraina, Zelensky: "Neutralizzare droni Shahed chiave per far ripartire diplomazia"

(Adnkronos) – I droni “Shahed sono uno dei modi con cui la Russia tenta di prolungare la guerra” in Ucraina. Per questo, “dobbiamo neutralizzare questa minaccia per far ripartire la diplomazia il prima possibile”. A scriverlo su X il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, sottolineando che nell’ultima settimana la Russia ha intensificato gli attacchi aerei contro il suo Paese con una pioggia di oltre 1.800 droni, più di 1.200 bombe aeree guidate e 83 missili di diverso tipo.

“Nonostante i piani di Mosca, le forze di difesa aerea stanno ottenendo buoni risultati. I droni intercettori stanno funzionando particolarmente bene, con centinaia di ‘Shahed’ russo-iraniani abbattuti la scorsa settimana. E ogni incontro con i partner questa settimana è stato dedicato al potenziamento di questa tecnologia”, ha proseguito Zelensky, che auspica “l’attuazione di tutti gli accordi che rafforzeranno la nostra difesa. Contiamo su decisioni forti da parte degli Stati Uniti, dell’Europa, del G7 e di tutti i nostri partner”.

“Sincera gratitudine” per l’aiuto ricevuto nella regione del Kursk è stata intanto espressa dal ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in un incontro con il leader nordcoreano, Kim Jong Un. Lo ha riferito in una nota il ministero degli Esteri russo, sottolineando che Lavrov “ha espresso sincera gratitudine per il costante e rigoroso sostegno di Pyongyang all’operazione militare speciale della Russia e per la partecipazione dei soldati dell’Esercito popolare coreano all’espulsione dei nazionalisti ucraini e dei mercenari stranieri dal territorio della regione di Kursk”.

Dal canto suo, il leader nordcoreano, secondo la Kcna, ha dichiarato al capo della diplomazia russa di “avere le stesse opinioni su tutte le questioni strategiche” e che Pyongyang è “pronta a sostenere e incoraggiare incondizionatamente tutte le misure adottate dalla leadership russa per affrontare la causa principale della crisi ucraina”.

Mosca e Pyongyang hanno firmato un accordo di partenariato strategico nel 2024 durante una visita del presidente russo, Vladimir Putin, in Corea del Nord. L’accordo include l’assistenza militare reciproca nel caso in cui uno dei due Paesi venga attaccato. La Corea del Nord ha sostenuto la guerra russa contro l’Ucraina fornendo armi e soldati a Mosca. Soldati nordcoreani sono stati inviati nella regione russa del Kursk per riconquistare le zone occupate dalle truppe ucraine. Secondo le stime dei servizi segreti ucraini, nel Kursk hanno combattuto circa 14mila soldati nordcoreani.

La Russia ha rivendicato intanto la conquista di un altro villaggio nella parte occidentale della regione ucraina del Donetsk, mentre le sue truppe avanzano verso la vicina regione di Dnipropetrovsk. Il ministero della Difesa di Mosca, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa Tass, ha dichiarato che le truppe russe hanno catturato il villaggio di Mirne, chiamandolo con il nome sovietico ‘Karl Marx’.

Il Servizio di sicurezza ucraino (Sbu) ha intanto annunciato oggi di aver individuato ed “eliminato” i presunti responsabili dell’omicidio del colonnello Ivan Voronych, ucciso in pieno giorno giovedì scorso a Kiev. Secondo una nota pubblicata sul sito dell’Sbu, gli aggressori erano un uomo e una donna affiliati al Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa (Fsb). Dopo l’omicidio di Voronych, i due si erano nascosti nell’area di Kiev. Durante l’operazione, “hanno opposto resistenza armata e sono stati eliminati”, si precisa nella nota.

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Gaza, ancora raid sulla Striscia: “Almeno 27 morti”

Gaza, ancora raid sulla Striscia: "Almeno 27 morti"

(Adnkronos) – Almeno 27 palestinesi sarebbero stati uccisi a Gaza in una serie di raid aerei israeliani che hanno colpito diverse aree dell’enclave palestinese, tra cui abitazioni private e un punto di distribuzione di acqua potabile. Lo ha riferito il portavoce della Difesa civile di Gaza, Mahmud Bassal, all’agenzia Afp. 

Secondo quanto riportato da Bassal, Gaza City è stata bersaglio di numerosi bombardamenti nel corso della notte e nelle prime ore del mattino, che hanno causato la morte di otto persone, tra cui donne e bambini, e il ferimento di numerosi altri civili. Un attacco inoltre ha colpito un’abitazione nei pressi del campo profughi di Nuseirat, nel centro della Striscia, provocando – sempre secondo fonti della Difesa civile – “dieci martiri e diversi feriti”. 

Grave anche il bilancio di un raid che ha centrato un punto di distribuzione di acqua potabile in un’area adibita all’accoglienza di sfollati a ovest del campo di Nuseirat: sei le vittime, anche in questo caso tra la popolazione civile, oltre a diversi feriti. Nel sud della Striscia, infine, tre palestinesi sono stati uccisi da un raid che ha colpito una tenda di sfollati nella zona costiera di Al-Mawasi. 

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Iran, presidente Pezeshkian “ferito in raid israeliano a giugno”

Iran, presidente Pezeshkian "ferito in raid israeliano a giugno"

(Adnkronos) – Il presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, è rimasto ferito leggermente a una gamba durante uno dei raid che Israele ha condotto sulla Repubblica islamica il mese scorso. Lo riferiscono funzionari citati dall’agenzia di stampa iraniana Fars, ritenuta vicina ai Guardiani della Rivoluzione.

Secondo le fonti, lo scorso 16 giugno – quattro giorni dopo l’inizio della campagna israeliana – alcuni caccia hanno bombardato un edificio dell’Iran occidentale dove era in corso una riunione del Supremo consiglio di sicurezza nazionale. All’incontro, oltre Pezeshkian, erano presenti il presidente del Parlamento, Mohammad Bagher Ghalibaf, il capo della Magistratura, Gholam-Hossein Mohseni-Eje’i, ed altri funzionari di alto livello.

Stando alla Fars, sei bombe o missili hanno colpito l’entrata ed altri punti d’accesso dell’edificio, apparentemente nel tentativo di impedire a chi si trovava all’interno di uscire. L’energia elettrica all’edificio è stata interrotta, ma i funzionari sono riusciti a fuggire attraverso una porta di emergenza. Secondo l’agenzia di stampa, nella fuga Pezeshkian ed altri funzionari hanno riportato ferite alle gambe.

La scorsa settimana Pezeshkian ha accusato Israele di aver tentato di ucciderlo. “Ero in riunione e hanno cercato di bombardare la zona in cui si stava tenendo”, ha affermato Pezeshkian in un’intervista a Tucker Carlson. Fars ha osservato che le informazioni di cui Israele ha avuto a disposizione per la pianificazione e l’esecuzione dell’attacco hanno spinto le autorità iraniane a indagare se avessero fonti privilegiate all’interno del Paese.

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