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Scabbia, è allarme in Italia: boom di casi, +750% in tre anni

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(Adnkronos) – La scabbia, malattia cutanea spesso associata ai Paesi in via di sviluppo, sta registrando un’impennata di casi in Italia e in altre nazioni europee. Studi recenti parlano di un aumento dei casi fino al +750% in alcune realtà italiane tra il 2020 e il 2023. Tra le cause: lockdown durante la pandemia, sovraffollamento, turismo di massa e una preoccupante resistenza ai farmaci.  

La fascia più colpita è quella dei giovani e degli anziani. A lanciare l’allarme gli esperti della Società italiana di dermatologia e malattie sessualmente trasmesse (Sidemast), che in vista del Congresso nazionale Sidemast Special Edition 2025 – organizzato nell’ambito del XIV International Congress of Dermatology, a Roma dal 18 al 21 giugno – invitano a non sottovalutare questi segnali e a intervenire tempestivamente per contrastare la malattia che, nella quasi totalità dei casi, ha una trasmissione interumana. 

Una malattia della pelle ‘antica’ che ritorna, causata da un piccolo parassita, l’acaro Sarcoptes scabiei che scava cunicoli nella pelle per deporre le uova, provocando un intenso prurito, soprattutto notturno, e la comparsa di piccole papule soprattutto su mani, piedi e genitali. Rsa, scuole, ospedali e famiglie numerose sono sempre più colpiti anche alle nostre latitudine. Nel nostro Paese, in numerose regioni, si sta registrando un preoccupante aumento di casi, anche se ancora non ci sono dati precisi su larga scala e il fenomeno rimane quindi sottostimato. Due studi italiani, relativi alle regioni Emilia Romagna e Lazio, forniscono però i numeri critici che mostrano l’espansione del fenomeno. Una recente analisi pubblicata su ‘Sexually Transmitted Infections’, evidenzia infatti come tra il 2020 e il 2023 i casi di scabbia siano aumentati vertiginosamente nella città di Bologna.  

Mentre un altro studio apparso quest’anno su ‘Infectious Diseases of Poverty’ ha lanciato l’allarme per una nuova ondata di casi post-Covid nella regione Lazio, definendola una “emergente minaccia di salute pubblica”. L’incremento è stato particolarmente marcato nelle strutture di lungodegenza, con un aumento del 750% dei focolai tra il 2020 e il 2023. Lockdown e isolamento, spesso in condizioni igienico-sanitarie precarie, turismo di massa con l’aumento dei viaggi dopo la pandemia da Covid che hanno facilitato la diffusione in ambienti condivisi come hotel, campeggi e ostelli, hanno favorito l’impennata di casi di scabbia. Ma anche il turnover negli ospedali e la resistenza ai farmaci hanno contribuito alla diffusione di questa parassitosi. 

“Durante la pandemia, molte persone hanno vissuto a lungo in ambienti chiusi e sovraffollati, condizioni ideali per la trasmissione del parassita e anche il frequente ricambio di pazienti nelle strutture sanitarie ha favorito il contagio. Ma pare avere giocato un ruolo importante anche una ‘possibile’ resistenza ai farmaci: in particolare alla permetrina, il trattamento topico fino a poco tempo fa più utilizzato nel nostro Paese”, spiega Michela Magnano, dermatologa Sidemast. Diversi studi scientifici segnalano infatti un fenomeno crescente di mancata risposta dell’acaro della scabbia al trattamento con permetrina, il farmaco più comunemente utilizzato.  

I primi segnali sono arrivati dalla Germania nel 2017-2018, ma oggi i casi sono documentati anche in Italia, Spagna, Turchia e Regno Unito. Secondo gli autori, si tratterebbe di una resistenza vera e propria dovuta a mutazioni dell’acaro, che riesce a neutralizzare il principio attivo del farmaco. “I fallimenti alla permetrina – prosegue Magnano – sembrerebbero poter essere attribuiti a un’effettiva resistenza alla terapia, dato che i trattamenti topici utilizzati in seconda linea (come il benzoato di benzile) sono stati efficaci, escludendo pertanto fattori legati alla non corretta applicazione della crema. Tuttavia, se si stia effettivamente assistendo a una vera e propria resistenza a tale principio attivo, o quantomeno a una ‘tolleranza’ al trattamento, è ancora dibattuto. Esistono lavori che dimostrerebbero come alterazioni enzimatiche e proteiche dell’acaro possano mediare tali meccanismi di resistenza”. 

All’origine del fenomeno del fallimento delle terapie potrebbero concorrere anche altre cause, prosegue l’esperta, “come l’uso non corretto della terapia topica od orale in termini di quantità di principio attivo e/o modalità e/o tempi di somministrazioni, la mancata o errata messa in atto di misure igienico-ambientali e le reinfestazioni dovute al mancato trattamento dei contatti stretti. Di certo, allo stato attuale, è indispensabile, in caso di prurito persistente soprattutto notturno, escludere la diagnosi di scabbia. Se invece la diagnosi fosse confermata, è opportuno iniziare tempestivamente una terapia adeguata, tenendo conto dell’attuale ed evidente scarsa risposta alla permetrina, ma anche trattare tutti i possibili contatti stretti”. 

“Le categorie più vulnerabili – spiega Giuseppe Argenziano, presidente Sidemast – sono sicuramente bambini e adolescenti tra i 5 e i 18 anni, anche a causa della frequentazione di ambienti comunitari come scuole e palestre. A questi si aggiungono gli anziani, in particolar modo quelli ricoverati nelle Rsa e persone con fragilità sociali o sanitarie. Tra questi i senzatetto, i migranti e chi vive in condizioni di sovraffollamento o precarie condizioni igieniche”. Il sintomo principale è un prurito intenso e persistente, spesso più accentuato durante la notte: “Se associato a piccole papule o a lesioni cutanee tra le dita, ai polsi, all’ombelico o ai genitali, può trattarsi di scabbia”, precisa l’esperto. 

Cosa fare a fronte di questi sintomi? Queste le 4 indicazioni dei dermatologi della Sidemast: 1) Consultare tempestivamente il medico o un dermatologo in caso di prurito persistente in più membri dello stesso nucleo familiare e/o prurito che non risponde alle terapie; 2) Evitare il ‘fai da te’: una diagnosi errata può prolungare l’infestazione e facilitare il contagio; 3) In caso di diagnosi accertata di scabbia, trattare tutti i contatti stretti, anche se asintomatici; 4) Lavare ad alta temperatura gli indumenti e le lenzuola. 

 

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San Marino fuori dall’Eurovision? Sergio: “Resta solo se ci sarà rispetto per piccoli Stati”

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(Adnkronos) – “Non lo so se San Marino parteciperà ancora all’Eurovision, è un dibattito aperto”. A dirlo è il direttore generale Rai e San Marino Rtv, Roberto Sergio, riflettendo sull’ultima edizione del contest canoro, in cui San Marino è stato rappresentato da ‘Tutta l’Italia’ di Gabry Ponte.  

“Ho la sensazione – ha spiegato Sergio – che non ci sia un gran rispetto per i piccoli Stati, questo lo dimostrano tante incongruenze e assenze di sensibilità che si vedono da come i piccoli Stati escono dalle escono dalle graduatorie della classifica, a prescindere dalla qualità del progetto. Da un lato, c’è da dire che contestare le modalità di voto è un tema. Ci sono giurie sconosciute, che danno votazioni incomprensibili. Per esempio, la Gran Bretagna prende voti altissimi dalle giurie e zero dal voto popolare, forse c’è qualcosa che non quadra. Ma questo vale anche per la Svizzera, che era il Paese ospitante. Una delle cose che San Marino Rtv dovrà fare sarà entrare in una relazione diretta, forte e continuativa con le tv dei piccoli Stati per dare il via a un ragionamento comune perché questo potrà dare maggiore forza a tutti noi. Io parlo di San Marino e non da dg della Rai”.  

Parlando delle edizioni future, Sergio ha spiegato che “faremo di tutto per esserci” ma che “ci devono essere delle garanzie, che non significa dover prendere per forza dei voti. Ma si deve essere rispettati. La candidatura che abbiamo portato era di grande valore, appeal e performance. La penalizzazione delle giurie, ancor più del voto popolare, lascia tanti dubbi di cui bisognerà discutere”. Ora “ragioneremo con EBU, con gli organizzatori e con gli altri piccoli Stati e grazie anche al supporto che lo Stato di San Marino potrà darci. E poi valuteremo la partecipazione, che io vorrei ovviamente mantenere ma se ci saranno condizioni accettabili per la candidatura di San Marino”. 

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Atp Halle, il sorteggio: Sinner inizia con un qualificato. Ecco il suo possibile percorso

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Jannik Sinner si prepara per l’esordio nell’Atp di Halle. Il fuoriclasse azzurro, numero uno del ranking, esordirà nel torneo tedesco contro un qualificato. In caso di vittoria, ci sarà poi ad attenderlo nel secondo turno uno tra Bublik e Muller. Il sorteggio disegna poi un ipotetico quarto di finale contro Machac. In semifinale, il campione in carica potrebbe trovare uno tra Rublev, Khachanov e Auger-Aliassime, mentre i pericoli per un’eventuale finale sono Zverev e Medvedev.  

Ma sull’erba di Halle non sarà impegnato solo Sinner. Tra gli azzurri che prenderanno parte al torneo, Luciano Darderi incontrerà Stefanos Tsitsipas all’esordio, mentre Flavio Cobolli se la vedrà con la wild card
Joao Fonseca. Per Sonego l’ostacolo sarà invece Struff. Il torneo si giocherà dal 16 al 22 giugno. Sinner dovrebbe giocare tra il 17 e il 18 giugno. 

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Ucraina, il timore di Zelensky: “Ora gli aiuti non diminuiscano per gli attacchi di Israele all’Iran”

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Volodymir Zelensky chiede che i Paesi occidentali che sostengono l’Ucraina non riducano i loro aiuti a causa dell’intervento militare di Israele contro l’Iran. “L’ultima volta che è accaduto è stato un fattore che ha rallentato gli aiuti all’Ucraina”, ha spiegato, riferendosi ai raid dello scorso autunno.  

Il sostegno europeo sta “rallentando” in un contesto di parziale disimpegno americano sotto Donald Trump, ha denunciato Zelensky. “La coalizione dei volenterosi sta rallentando (…) Questa situazione ha dimostrato che l’Europa non ha ancora deciso da sola se sarà al fianco dell’Ucraina senza gli Stati Uniti”.  

Intanto l’Ucraina ha ricevuto dalla Russia i corpi di altri 1200 cittadini ucraini, nel quadro dell’accordo raggiunto nei negoziati diretti di Istanbul, ha reso noto Kiev. “Secondo Mosca, i corpi sono quelli di ucraini, fra cui dei militari”, ha spiegato il Centro di coordinamento per i prigionieri di guerra a Kiev.  

internazionale/esteri

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Tumori: oncologa Ronzino, “Con i Parp inibitori è cambiata la storia del cancro ovarico”

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(Adnkronos) – “Oggi disponiamo di tantissime opzioni terapeutiche e che hanno cambiato la storia naturale del tumore ovarico. Tra cui i Parp inibitori, nuova classe di farmaci orali, che hanno modificato radicalmente la sopravvivenza e la storia naturale della malattia, e che si usano nel trattamento di mantenimento dopo un’ottimale chirurgia e dopo la chemioterapia”. Così Graziana Ronzino, dirigente medico dell’Unità operativa complessa di Oncologia a direzione universitaria dell’Ospedale Vito Fazzi di Lecce, durante l’incontro ‘Tumore ovarico in Puglia: Cambiamo Rotta’ sull’importanza della personalizzazione della cura del tumore ovarico e dei test genetici per la prevenzione dei tumori eredo-familiari, in corso a Bari. Il progetto a tappe è realizzato con il patrocinio di Acto Puglia, sponsorizzato da Gsk e organizzato da OmnicomPrGroup.  

“Abbiamo sicuramente la chirurgia, che è il primo e più importante momento perché garantisce alla paziente la possibilità di guarire ed è coadiuvata da terapie mediche – spiega Ronzino – ma abbiamo anche diversi tipi di chemioterapia che utilizziamo durante tutto il percorso di vita e di eventuali ricadute delle nostre pazienti”. Inoltre, “disponiamo di farmaci innovativi di combinazione, anticorpi farmaco-coniugati, farmaci a bersaglio molecolare – illustra l’oncologa – quindi diciamo che il nostro armamentario terapeutico negli ultimi decenni si è arricchito tantissimo. E grazie ala possibilità di accesso a questi farmaci è migliorata la sopravvivenza delle pazienti”. 

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