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Energia, il blackout spinge i prezzi anche in Spagna: fine del ‘mito’ elettricità green a costo zero

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(Adnkronos) – C’era una volta il mito della Spagna tutta elettricità green e a costo zero. Il recente blackout, che ha messo in crisi il sistema, ha spinto al rialzo i prezzi dell’energia anche nella penisola iberica. Sempre più spesso viene descritta come esempio da seguire anche dal punto di vista energetico, grazie alla forte presenza di fonti rinnovabili, che avrebbe il potere magico di far calare le bollette. 

Anche il presidente degli industriali, Emanuele Orsini ha fatto numerosi riferimenti alla penisola iberica come l’area in cui il problema dei prezzi dell’energia sarebbe stato superato. Alla Stampa ha detto 26 euro al megawattora, e due giorni dopo al Foglio ha parlato di 28 o 30 euro. Quello che sembrerebbe sicuro è che in Italia si paga molto di più, sempre e comunque sopra 100 euro. 

Le nostre industrie sarebbero quindi irrimediabilmente zavorrate dagli alti costi dell’elettricità, mentre le concorrenti spagnole potrebbero godere di un vantaggio competitivo enorme grazie all’energia a buon mercato. 

Il primo colpo di piccone alla facciata di un paese felice – tutto sole, flamenco, paella ed energia green abbondante e a costi bassi – l’ha dato piuttosto drammaticamente, il blackout del 28 aprile che ha spento la luce nel Paese per 18 ore. 

Una defaillance da record (un evento, con tutto il rispetto, non proprio da tigre ruggente dell’economia europea). La causa del mega guasto non è ancora certa, ma è più che plausibile che all’origine si sia stato uno sbilanciamento eccessivo in alcune ore nei confronti delle tanto acclamate fonti rinnovabili (segnatamene il solare) e dall’impossibilità delle fonti termoelettriche (leggi gas) di arrivare rapidamente in soccorso proprio perché messe fuori mercato dai prezzi prossimi allo zero dalle rinnovabili e quindi non pronte all’uso, sostanzialmente spente. 

A ciò si aggiunga una certa fragilità della rete che dovrebbe essere in grado di assorbire e bilanciare i momentanei squilibri, che purtroppo sono all’ordine del giorno quando si ha a che fare con fonti intermittenti. Vabbè, si dirà, resta che almeno in Spagna l’energia costa pochissimo. Non è poi tanto vero nemmeno questo. 

È emblematico che, dopo il blackout, i prezzi dell’elettricità in Spagna siano aumentati in modo significativo: negli ultimi giorni il costo dell’energia è arrivato anche a 71 euro (e le proiezioni parlano di ulteriori aumenti), registrando forti oscillazioni anche da un giorno all’altro, e la media settimanale è stata di 51 euro, a cui si aggiungono i crescenti costi di sicurezza. Un segno di come il sistema debba inevitabilmente fare i conti con compensazioni e correzioni strutturali. 

L’utilizzo di “record” giornalieri al ribasso è dunque una semplificazione strumentale e ingannevole. E lo stesso vale per il prezzo di 100 euro che si paga in Italia, visto che molte società energivore godono di incentivi che possono scontare fino a circa 80 euro. 

Bisogna considerare poi che In Italia molte componenti del prezzo finale hanno finalità sociali o ambientali che non possono essere eliminate senza conseguenze sul sistema nel suo complesso. 

Il sistema spagnolo invece prevede che per molti impianti rinnovabili, se il prezzo di mercato scende sotto una certa soglia, scatti un meccanismo di compensazione che permette ai produttori di recuperare la differenza attraverso gli oneri di sistema. Tradotto: il “floor” garantito assicura un prezzo minimo ai produttori, ma il costo ricade sui consumatori finali, anche quando il mercato sembra offrire tariffe particolarmente vantaggiose. 

Usare il “caso Spagna” per sostenere che l’Italia paghi troppo l’energia si rivela alla luce dei fatti un esercizio populista che ignora la complessità del sistema elettrico europeo. Non si tratta di negare che ci siano margini di miglioramento in Italia, ma di auspicare che il dibattito pubblico sia basato su dati completi, confronti corretti e analisi realistiche. 

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San Marino fuori dall’Eurovision? Sergio: “Resta solo se ci sarà rispetto per piccoli Stati”

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(Adnkronos) – “Non lo so se San Marino parteciperà ancora all’Eurovision, è un dibattito aperto”. A dirlo è il direttore generale Rai e San Marino Rtv, Roberto Sergio, riflettendo sull’ultima edizione del contest canoro, in cui San Marino è stato rappresentato da ‘Tutta l’Italia’ di Gabry Ponte.  

“Ho la sensazione – ha spiegato Sergio – che non ci sia un gran rispetto per i piccoli Stati, questo lo dimostrano tante incongruenze e assenze di sensibilità che si vedono da come i piccoli Stati escono dalle escono dalle graduatorie della classifica, a prescindere dalla qualità del progetto. Da un lato, c’è da dire che contestare le modalità di voto è un tema. Ci sono giurie sconosciute, che danno votazioni incomprensibili. Per esempio, la Gran Bretagna prende voti altissimi dalle giurie e zero dal voto popolare, forse c’è qualcosa che non quadra. Ma questo vale anche per la Svizzera, che era il Paese ospitante. Una delle cose che San Marino Rtv dovrà fare sarà entrare in una relazione diretta, forte e continuativa con le tv dei piccoli Stati per dare il via a un ragionamento comune perché questo potrà dare maggiore forza a tutti noi. Io parlo di San Marino e non da dg della Rai”.  

Parlando delle edizioni future, Sergio ha spiegato che “faremo di tutto per esserci” ma che “ci devono essere delle garanzie, che non significa dover prendere per forza dei voti. Ma si deve essere rispettati. La candidatura che abbiamo portato era di grande valore, appeal e performance. La penalizzazione delle giurie, ancor più del voto popolare, lascia tanti dubbi di cui bisognerà discutere”. Ora “ragioneremo con EBU, con gli organizzatori e con gli altri piccoli Stati e grazie anche al supporto che lo Stato di San Marino potrà darci. E poi valuteremo la partecipazione, che io vorrei ovviamente mantenere ma se ci saranno condizioni accettabili per la candidatura di San Marino”. 

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Atp Halle, il sorteggio: Sinner inizia con un qualificato. Ecco il suo possibile percorso

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Jannik Sinner si prepara per l’esordio nell’Atp di Halle. Il fuoriclasse azzurro, numero uno del ranking, esordirà nel torneo tedesco contro un qualificato. In caso di vittoria, ci sarà poi ad attenderlo nel secondo turno uno tra Bublik e Muller. Il sorteggio disegna poi un ipotetico quarto di finale contro Machac. In semifinale, il campione in carica potrebbe trovare uno tra Rublev, Khachanov e Auger-Aliassime, mentre i pericoli per un’eventuale finale sono Zverev e Medvedev.  

Ma sull’erba di Halle non sarà impegnato solo Sinner. Tra gli azzurri che prenderanno parte al torneo, Luciano Darderi incontrerà Stefanos Tsitsipas all’esordio, mentre Flavio Cobolli se la vedrà con la wild card
Joao Fonseca. Per Sonego l’ostacolo sarà invece Struff. Il torneo si giocherà dal 16 al 22 giugno. Sinner dovrebbe giocare tra il 17 e il 18 giugno. 

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Ucraina, il timore di Zelensky: “Ora gli aiuti non diminuiscano per gli attacchi di Israele all’Iran”

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Volodymir Zelensky chiede che i Paesi occidentali che sostengono l’Ucraina non riducano i loro aiuti a causa dell’intervento militare di Israele contro l’Iran. “L’ultima volta che è accaduto è stato un fattore che ha rallentato gli aiuti all’Ucraina”, ha spiegato, riferendosi ai raid dello scorso autunno.  

Il sostegno europeo sta “rallentando” in un contesto di parziale disimpegno americano sotto Donald Trump, ha denunciato Zelensky. “La coalizione dei volenterosi sta rallentando (…) Questa situazione ha dimostrato che l’Europa non ha ancora deciso da sola se sarà al fianco dell’Ucraina senza gli Stati Uniti”.  

Intanto l’Ucraina ha ricevuto dalla Russia i corpi di altri 1200 cittadini ucraini, nel quadro dell’accordo raggiunto nei negoziati diretti di Istanbul, ha reso noto Kiev. “Secondo Mosca, i corpi sono quelli di ucraini, fra cui dei militari”, ha spiegato il Centro di coordinamento per i prigionieri di guerra a Kiev.  

internazionale/esteri

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Tumori: oncologa Ronzino, “Con i Parp inibitori è cambiata la storia del cancro ovarico”

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(Adnkronos) – “Oggi disponiamo di tantissime opzioni terapeutiche e che hanno cambiato la storia naturale del tumore ovarico. Tra cui i Parp inibitori, nuova classe di farmaci orali, che hanno modificato radicalmente la sopravvivenza e la storia naturale della malattia, e che si usano nel trattamento di mantenimento dopo un’ottimale chirurgia e dopo la chemioterapia”. Così Graziana Ronzino, dirigente medico dell’Unità operativa complessa di Oncologia a direzione universitaria dell’Ospedale Vito Fazzi di Lecce, durante l’incontro ‘Tumore ovarico in Puglia: Cambiamo Rotta’ sull’importanza della personalizzazione della cura del tumore ovarico e dei test genetici per la prevenzione dei tumori eredo-familiari, in corso a Bari. Il progetto a tappe è realizzato con il patrocinio di Acto Puglia, sponsorizzato da Gsk e organizzato da OmnicomPrGroup.  

“Abbiamo sicuramente la chirurgia, che è il primo e più importante momento perché garantisce alla paziente la possibilità di guarire ed è coadiuvata da terapie mediche – spiega Ronzino – ma abbiamo anche diversi tipi di chemioterapia che utilizziamo durante tutto il percorso di vita e di eventuali ricadute delle nostre pazienti”. Inoltre, “disponiamo di farmaci innovativi di combinazione, anticorpi farmaco-coniugati, farmaci a bersaglio molecolare – illustra l’oncologa – quindi diciamo che il nostro armamentario terapeutico negli ultimi decenni si è arricchito tantissimo. E grazie ala possibilità di accesso a questi farmaci è migliorata la sopravvivenza delle pazienti”. 

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