
Cortocircuito pro-vax. “Il vaccino è sicuro”, ma spuntano gli indennizzi per lesioni, menomazioni e infermità
Decine di migliaia le persone che dopo il “vaccino” si misurano con problemi alla cute, con l’impossibilità di camminare, con malattie auto-immuni, con la perdita della vista e dell’udito o con paralisi facciali. Per loro, individui che “hanno creduto nella scienza” e “hanno fatto la loro parte”, oggi c’è un limbo di sofferenze ingiuste, l’abbandono da parte di alcune strutture sanitarie e un corpo che è cambiato e, spesso, da sano è diventato malato
I danni causati dai preparati anti-covid? A sentire il governo, i virologi e i media mainstream non esistono, anzi i sieri sarebbero quasi un toccasana. Certo, qualcuno – come la povera Camilla Canepa – ci è rimasto secco, ma è chiaro che per tutti gli altri casi il mantra sia quello della “non correlazione”. Per il momento si continuano a negare i decessi, ma quello che non si può più nascondere sotto il tappeto è lo stuolo di persone che si sono viste danneggiate a seguito delle somministrazioni promosse dai governi Conte e Draghi. Si va dalle patologie menzionate dal ministero della Salute nella circolare del 4 agosto 2021 – dunque le miocarditi e le trombosi – a tutte le malattie passeggere o permanenti che continuamente vengono segnalate tramite sistemi come Eudravigilance.
Nessuna paranoia no-vax, né voglia di mettere i bastoni tra le ruote a una campagna vaccinale che ormai è giunta al termine, ma decine di migliaia di persone che dopo il “vaccino” si misurano con problemi più o meno persistenti alla cute, con l’impossibilità a deambulare correttamente, con malattie auto-immuni, con la perdita della vista e dell’udito o con paralisi facciali. C’è chi, come l’atleta Suzanna Newell, dopo il vaccino è stata gravemente danneggiata tanto da non potere più camminare, ma tantissimi sono i casi di persone che non balzano agli onori delle cronache e di cui viene negata l’esistenza.
Per loro, individui che “hanno creduto nella scienza”, “hanno fatto la loro parte” e sono corse all’Hub vaccinale, oggi c’è un limbo di sofferenze ingiuste, l’abbandono da parte delle strutture sanitarie interessate unicamente alla fruttuosa caccia al positivo (fino a qualche giorno fa anche di quello asintomatico) e un corpo che è cambiato e, spesso, da sano è diventato malato. Il vaccino che non mette al riparo dal contagio ma espone a reazioni avverse talvolta gravissime, allora, per alcuni diventa quella presa in giro in cui era meglio non cadere. Una situazione che sta causando rabbia in molti vaccinati, che finalmente si rispecchiano nei dubbi sollevati da chi non ha voluto far parte della sperimentazione umana dei preparati anti-covid.
Anche se in ritardo, comunque il governo crede ora di poter correre ai ripari e tenta di sanare economicamente un qualcosa che, però, non ha prezzo. Perché i 150 milioni in due anni che verranno stanziati a titolo di “risarcimento” di “coloro che abbiano riportato lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, a causa della vaccinazione anti covid“ – come recita la bozza del decreto legge Sostegni Ter – non garantiranno, per esempio, a chi ha contratto una malattia auto-immune permanente di essere guarito, né potranno far muovere chi a causa del vaccino anti-covid è rimasto paralizzato. Né faranno camminare chi – come Suzanna Newell – ha perso l’uso delle gambe. L’importante, si direbbe, è accorgersene e tentare di rimediare, ma quello che non torna è come il governo possa continuare a promuovere la vaccinazione di massa con la consapevolezza che questa possa causare danni anche irreversibili e irreparabili.
ATTUALITA'
Miele adulterato, “bloccare le frodi, più controlli sulle importazioni”

“L’apicoltura è un’attività fondamentale non solo per il ruolo che riveste nel mercato agroalimentare europeo, ma soprattutto per la funzione vitale che esercita a difesa della biodiversità. Per questo, è necessario potenziare i controlli sulle importazioni e aggiornare subito l’elenco dei metodi di laboratorio per individuare e bloccare le frodi”. È quanto dichiara l’europarlamentare Francesca Peppucci a seguito della sottoscrizione dell’atto con cui il Parlamento europeo interroga la Commissione sulle azioni da intraprendere contro il miele adulterato.
“I più recenti risultati dell’azione coordinata dell’UE mostrano, infatti, che il 46% dei campioni di miele importati sembra essere adulterato e non conforme alle disposizioni della direttiva sul miele 2001/110/CE e che tale adulterazione sembra avvenire attraverso l’aggiunta di sciroppi di zucchero, additivi e coloranti, con l’obiettivo di ridurre il prezzo e di mascherare la vera origine geografica del nettare, falsificando le informazioni sulla tracciabilità”, dice ancora l’interessata.
“Una pratica di concorrenza sleale che mette a rischio il settore apistico europeo, italiano e umbro, compromettendo il lavoro prezioso di tanti apicoltori. Sono convinta che il nome dell’Italia o di qualsiasi altro Stato membro, debba essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale, specificando in etichetta ‘miscela di mieli originari della Ue’ nel caso in cui il prodotto provenga da più Paesi dell’Unione”, conclude Peppucci.
PRIMO PIANO
Covid, iniziati gli interrogatori a Speranza e a Conte
Sono accusati di omicidio colposo plurimo e di epidemia colposa

Sono iniziati gli interrogatori di Giuseppe Conte e di Roberto Speranza, indagati per epidemia colposa e per omicidio colposo plurimo nell’inchiesta sulla gestione del Covid in Valseriana. Il leader del M5S con il suo avvocato e l ‘ex ministro Speranza sono entrati nel Tribunale dei ministri di Brescia da un ingresso secondario a bordo di auto con i vetri oscurati, come riporta il Giornale di Brescia. Conte è indagato per non aver istituito la zona rossa per isolare i comuni di Nembro e di Alzano Lombardo, Speranza per la mancata attuazione del piano pandemico. Le accuse sono epidemia colposa ed omicidio colposo plurimo.
OPINIONI
Non convince il presidenzialismo, né il premierato
“In una democrazia l’importante non è la governabilità, ma la rappresentanza” – di Vincenzo Musacchio

L’Italia è una Repubblica parlamentare con una forma di governo dove gli elettori votano i rappresentanti del Parlamento, i quali poi nomineranno il Presidente della Repubblica. Quest’ultimo nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri, che presiede il Governo. Nella Repubblica presidenziale gli elettori (cioè il Popolo) eleggono direttamente il Presidente della Repubblica, il quale diventa sia Capo dello Stato, che del Governo. Un tipico esempio di questa forma di governo è in vigore negli Stati Uniti. Il Premierato è una “pseudo-forma di governo” non ben definita basata sulla legittimazione popolare del Capo di Governo (Premier).
Quale che sia il metodo di designazione di quest’ultimo e la qualificazione costituzionale del ruolo, ciò che determina la natura della sua leadership (e degli assetti di regime politico che ne conseguono) è il tipo di rapporti di potere che lo legano al Governo, da una parte, e al Parlamento, dall’altra: per cui si parla di premierato “forte” o “debole”, a seconda del modo e del grado di autonomia e di supremazia nel rapporto Governo-Parlamento. In Italia una forma di premierato forte l’abbiamo vissuta già più volte.
Quale delle tre forme di governo, presidenziale, parlamentare o premierato, sia più idonea ad avvicinare l’Italia ai Paesi in cui la democrazia funziona da secoli? La mia scelta cade sulla forma parlamentare. È l’opzione più democratica e più italiana anche se non ha espresso mai a pieno le sue potenzialità per le degenerazioni dei partiti che da centro di interessi pluralistici sono divenuti poi partitocratici originando una precaria governabilità e crisi politiche frequenti.
Una democrazia rappresentativa, per funzionare, potrebbe anche essere bipartitica. Del tema, del resto, ne discussero anche i nostri Padri Costituenti con l’obiettivo di semplificare il quadro politico frammentario. Mi appello a tal proposito a Piero Calamandrei che in sede Costituente così disse: «Come si fa a far funzionare una democrazia che non possa contare sul sistema dei due partiti, ma che deve funzionare sfruttando o attenuando gli inconvenienti di quella pluralità di partiti la quale non può governare altro che attraverso un governo di coalizione?».
Ora il centrodestra, forte di un ampio consenso popolare, ci riprova con l’opzione presidenzialista, ma senza porre pregiudizi o preclusioni su altri modelli di riforma che mettano comunque i cittadini al centro delle scelte. Io sono per il legame diretto tra elettore ed eletto con le preferenze e con un bipartitismo alla inglese per superare definitivamente la stagione degli esecutivi che sovrastano il potere legislativo. Se riforma ci sarà spero sia con una maggioranza dei due terzi del Parlamento, evitando il rischio della demolizione con i referendum confermativi. La vera forza di una democrazia a mio parere non si gioca sulla governabilità ma sulla rappresentanza.
POLITICA
Semipresidenzialismo o premierato, governo al bivio

Semipresidenzialismo e “premierato”. “Sindaco d’Italia” e presidente eletto dal popolo. Sono termini e locuzioni che negli ultimi giorni si rincorrono con sempre più insistenza nei palazzi, più interconnessi di quanto si possa credere alle vicende recenti della politica nostrana. Scissioni e nuovi adesioni, addii e cambi di casacca: è un maggio che è il preludio a un’estate più calda del solito, che la premier vuole sia caratterizzata dalla novità.
Via i vecchi assetti – quelli che impediscono ai governi di superare l’anno – e largo ai nuovi, passando per tutte le modifiche costituzionali di cui si è a lungo discusso e di cui si discute tuttora. Non è roba di poco conto, anche se a dare man forte alle velleità della Meloni c’è un teorico come Marcello Pera, che non a caso era stato individuato per il post-Mattarella.
Le ipotesi sono tante, ma tutte vanno in un’unica direzione: superare la Repubblica parlamentare e il suo bilanciamento di poteri tra governo e Parlamento. Un sistema che ha mostrato dei limiti non tanto per inadeguatezza strutturale, ma per l’uso che ne è stato fatto, con il ricorso continuo alla fiducia e il colpo inferto alla rappresentanza popolare.
L’idea del presidenzialismo, di una figura sola al comando, sembra essere naufragata per il timore trasversale di un accentramento eccessivo di poteri in un’unica persona. Uno scenario che, tuttavia, si discosta poco dal premierato, dove la novità sta tanto nel termine ma poco nella sostanza. Questa opzione prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio, che potrebbe contare su maggiori poteri e su nuovi margini d’azione, oltre che su un meccanismo rinnovato di fiducia e sfiducia “alla tedesca”. Anche in questo caso, il ruolo del premier ne uscirebbe decisamente rafforzato.
C’è poi il semipresidenzialismo “alla francese”, che prevederebbe una condivisione del potere esecutivo tra il presidente della Repubblica e il premier e il potere legislativo affidato comunque al Parlamento. Le danze si apriranno martedì, quando nella Biblioteca presidenziale della Camera inizieranno i tavoli con le opposizioni: Meloni, i due vicepremier Salvini e Tajani e il ministro delle Riforme Casellati ne riceveranno i rappresentanti, nel tentativo di trovare una quadra. Se non si troverà, dicono fonti vicine al governo, “la maggioranza andrà avanti da sola”.