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Chi si è permesso di scoprire le carte e di parlare di Transumanesimo, della volontà di installare impianti sottocutanei per permettere l’avvio di programmi di controllo (che si affermano sempre più in Paesi come la Cina e la Svezia), chi ha avuto il coraggio di scrivere di nanoparticelle ingegnerizzate e di quantum dots nei vaccini è stato accusato di “complottismo” e di sfornare “fake news”. Accuse comode e superficiali, aiutate dagli inquinatori piramidali di pozzi e dai vari guru della narrativa fintamente anti-mainstream, quella che (allo scoperto, in pubblico) dice di fare luce, ma in realtà sottecchi si occupa (part-time o anche full time) di gettare ombre sinistre sul lavoro dei pochissimi che in maniera sincera e disinteressata si permettono di dissentire o di avanzare dubbi.

A mettere una pietra tombale sulle velleità dei media mainstream e su quelle di chi fa girare le stranezze più assurde pur di creare il trinomio (per la verità inesistente) “no-vax/terrapiattista/complottista”, è arrivata ieri la conferenza stampa della Camera dei Deputati “Dati sanitari e Telemedicina”, presieduta dal deputato grillino Nicola Provenza. Un parterre destinato ai vertici delle quattro società partecipanti (Netcomm, MSD, Medtronic e Humanitas) che stanno interagendo col governo Draghi e hanno elaborato delle proposte per estendere la telemedicina sui cittadini, senza però che questi siano stati ancora consultati sull’argomento. Si tratta di realtà:

  • che hanno già avviato la sperimentazione umana in ambito telemedico (si è parlato del finanziamento di 350 progetti della durata media di tre anni che hanno riguardato altrettanti pazienti);
  • che si avventurano a chiedere una “revisione della governance e dei processi del lavoro” – dunque di entità che fanno pressione per cambiare gli attuali assetti e i paradigmi politici e legislativi;
  • che già sono riusciti a convincere l’esecutivo Conte con l’accordo Stato-Regioni del 17 dicembre 2020;
  • che – in alcuni casi – guardano con interesse allo svuotamento e alla soppressione degli ospedali e alla chiusura dei pronto-soccorso, che è già sotto i nostri occhi.

“Qui non si parla più di ospedali pieni”, è una delle lapidarie considerazioni conclusive. Anche se da aziende come Humanitas è stata palesata una posizione più moderata, con la richiesta che “il beneficio per il paziente rimanga sempre al centro e sia misurabile”, o con quella di una “trasformazione dei nosocomi in chiave digitale”, senza con questo desertificarli e amputare il contatto umano e fisico medico-paziente e servizi imprescindibili per il cittadino.

La somministrazione da remoto dei farmaci, d’altro canto, è salutata con favore anche dal ministro all’Innovazione e alla Transizione digitale Vittorio Colao (in alto, nel video), ma per farla è necessario che nell’organismo sia stata iniettata o posizionata un’àncora tecnologica. Largo, successivamente, al controllo completo e continuo del paziente e di tutte le sue funzioni vitali, mentali e intime – con buona pace della Privacy – e soprattutto all’ultimo mercato davvero fiorente: quello dei big data, chiesto a gran voce da personaggi come Grillo, Capua e Crisanti. Che futuro ci aspetterebbe se i piani andassero in porto? Francesco Gabbrielli (direttore nazionale del Centro Telemedicina) a inizio conferenza lo sintetizza così: “Sulla pelle del paziente e dentro al paziente stesso si troveranno strumenti tecnologici che ci daranno informazioni sul paziente stesso”. Perché “Sanità – secondo il deputato grillino Provenza – non vuol dire solo salute, ma sostenibilità e ascoltare quello che dice l’OMS”. Una magra consolazione per chi in futuro potrebbe confrontarsi nuovamente con la chiusura di ospedali e pronto soccorso e in chi potrebbe vedersi negare l’assistenza sanitaria “in presenza”, semplicemente perché le visite di persona – specie se erogate dal SSN – non fruttano abbastanza.

Rec News dir. Zaira Bartucca – recnews.it

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Giuseppe Casamassima

Se ci fosse “democrazia” vera, dovrebbe essere come sostiene la Redazione.

Oltre alla libertà di scelta su metodi di cura alternativi (purché fondati su presupposti scientifici e non sulla Magia), in una Democrazia vera ci sarebbe stato un ampio dibattito pubblico. Come succedeva nell’antica Atene.

Ma l’Occidente non vive in Democrazia, anche se la gente lo crede perché lo sente ripetere dalla Propaganda continua. L’Occidente vive di fatto sotto regimi oligarchici dittatoriali. E quello che accadrà, anzi sta già accadendo, è lo spostamento di risorse pubbliche dalla spesa sociale sanitaria al sostegno del saggio di profitto per le imprese private di capitale.
Questo è il fine del taglio delle spese di ospedalizzazioni e delle cure terapeutiche dirette.

Perché non lavorate a uno scoop sul fatto che la figlia di Mario Draghi ha avviato una start up biotech per produrre vaccini (ovviamente non solo per il Covid) ?

Giuseppe Casamassima

Telemedicina, dispositivi nanoterapeutici, vaccini per qualsiasi patologia sono dei mezzi a sostegno della riduzione della spesa pubblica sanitaria. Mezzi che giustificheranno un ingente spostamento di risorse pubbliche statali a vantaggio dei grandi capitalisti. Durante le grandi crisi del capitalismo la strategia è sempre questa, che è stata egregiamente spiegata dallo studioso marxista americano James O’Connor sulla Monthly Review.

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Rischio Phishing con il sistema di allarme It Alert. Come difendersi

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Rischio fishing con il sistema di allarme It Alert. Come difendersi | Rec News dir. Zaira Bartucca

It Alert, il servizio nazionale di allarme e controllo promosso dal governo e dalla protezione civile, non ha mancato di sollevare critiche per i rischi connessi alla privacy e per l’effettiva inefficacia nel segnalare le calamità. Nonostante tutto continua la sperimentazione: il 19 settembre è stata la volta di Lombardia, Molise e Basilicata, mentre i cittadini di altre regioni saranno interessati dall’invio di notifiche di massa nei prossimi giorni. I test andranno avanti fino a ottobre.

C’è da dire subito che chi non vuole ricevere le notifiche push di It Alert può disattivare una specifica funzione presente negli smartphone, come si leggerà nei prossimi paragrafi. Si tratta di un buon modo per troncare a monte le possibilità di finire nella rete dei cybercriminali, che stanno sfruttando il sistema di allarme e controllo per inviare messaggi e notifiche del tutto simili a quelle inviate dalla protezione civile.

Gli avvisi e il rischio di incorrere nella rete dei cyber-criminali

IT Alert potrebbe infatti rappresentare un ponte tra l’utente del tutto ignaro e i malintenzionati che sfruttano le dinamiche digitali. E’ quanto ha affermato il Cybersecurity di NordVPN Adrianus Warmenhoven, che ha chiarito come “gli avvisi governativi possano essere utilizzati in modo improprio da terzi che non hanno buone intenzioni”. Il riferimento è alle truffe via phishing, e al rischio di ricevere messaggi contenenti link che molti potrebbero essere indotti a cliccare nella convinzione che si tratti degli avvisi di It Alert.

Come disattivare It Alert

Per disattivare il servizio IT-Alert sui dispositivi Android:

  1. Accedere alle Impostazioni dello smartphone.
  2. Fare clic su “Sicurezza ed emergenza” o “Password e Sicurezza” oppure “Alert e terremoti”, a seconda del tipo di dispositivo.
  3. Nella sezione “Avvisi di emergenza” o “Allarmi pubblici” troverete l’opzione IT-Alert. Potrete disattivarla semplicemente rimuovendo il flag di attivazione. Per evitare di ricevere notifiche, è però necessario deselezionare tre voci: “Consenti allerte“, “IT Alert” e “Messaggi di test“. E’ inoltre necessario selezionare la voce “Mai” nella scheda “Promemoria allerte”. Queste funzioni sono poste una di seguito alle altre. Per verificare se è già stata ricevuta una notifica IT Alert, si può invece cliccare su “Cronologia allerte di emergenza”.

Per chi utilizza dispositivi Apple, disattivare IT-Alert è altrettanto semplice:

  1. Accedere alle Impostazioni.
  2. Selezionare “Notifiche” e scorrere verso il basso fino alla sezione denominata “Avvisi di emergenza”.
  3. Disattivare la funzione IT-Alert in questa sezione per non ricevere più notifiche e controllare le aree che potrebbero aggiungersi a seguito di aggiornamenti dello smartphone.

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L’ennesimo Pass (con tanto di microchip) per oggetti che ci seguono ovunque

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L'ennesimo Pass (con tanto di microchip) per oggetti che ci seguono ovunque | Rec News dir. Zaira Bartucca

Gianluca Isaia, presidente e Amministratore Delegato di ISAIA S.p.a., ha un modo tutto suo di interpretare il controllo e la volontà di estenderlo in sempre più settori della vita quotidiana. E’ una “coccola” – ha detto ieri alla Farnesina presentando il progetto esteso di un passaporto digitale per i capi di abbigliamento – che si fa al cittadino, che però in alcuni casi è ignaro delle decisioni che vengono prese ai piani alti e in altri non gradisce questo tipo di “attenzioni”. Per il supermanager Vittorio Colao l’idea di controllo coincideva con quella di “aiuto“, per l’AD della Società per azioni specializzata in abbigliamento maschile è più attinente alla sfera delle sensazioni. Sarà.

Quel che è certo, è che non sanno più cosa inventarsi per farci digerire un passaporto digitale dietro l’altro. L’archetipo sperimentale è stato il Green Pass, ma non è con la tessera sanitaria che si sono esaurite le mire dei vari governi che si succedono, che in tema di controllo la pensano tutti allo stesso modo. Nel caso appena citato si cavalca l’idea – tutto sommato accettabile in alcuni casi specifici – di “dare più informazioni” per citare lo stesso Isaia e, anche, quella già stantìa del “passaporto di unicità”. Ma è sulla possibilità di geolocalizzare le persone che indossano un determinato abito che, ovviamente, si concentrano i dubbi degli scettici.

E’ possibile tracciare gli spostamenti di una persona che indossa un abito dotato di chip RFID? A quanto pare, sì. La questione è stata sollevata nel 2017 da alcuni sindacati che agivano in tutela di 22mila dipendenti del sistema sanitario pubblico della Liguria, regione posta già allora sotto le ali del governatore Toti. Un fervente sostenitore, sia detto per inciso, del Green Pass e delle vaccinazioni di massa. Il caso era stato riportato dalla Repubblica di Genova, che così scriveva: “Il portiere del Galliera, Tullio Rossi, non sapeva di portare addosso un microchip. Lo ha scoperto, abbottonandosi la camicia della divisa: ha toccato un affarino duro all’interno della cucitura, l’ha tagliata ed ha visto la “cimice nera” grossa quanto una lenticchia. Si è chiesto cos’era. Nessuno lo aveva avvertito (anche se è un rappresentante sindacale) che l’ospedale avrebbe introdotto la novità”.

“In ogni momento e durante le ore di servizio, quel micro trasmettitore inserito in ciascun capo di abbigliamento, emanerà un segnale elettronico, permetterà di sapere dove si trova quella “divisa”. E pure chi la indossa, scriveva Giuseppe Filetto in una disamina inquietante di sapore decisamente orwelliano. Cosa ne pensavano i dipendenti di questa “coccola”, come la chiamerebbe Isaia? Presto detto. “Credono che il localizzatore sia una grave violazione della Privacy e un controllo “fuorilegge” sul posto di lavoro. Si sentono spiati” e pensano che “la presenza di più microchip a contatto con varie parti del corpo costituisca un rischio per la salute”.

Il tema del controllo nascosto, operato senza informare chi ne è bersaglio, è dunque quanto mai attuale, come pure quello delle epurazioni contro chi dissente, come si legge ancora nell’articolo del 2017. All’epoca un appalto di 66 milioni suggellato dall’Azienda Ligure Sanitaria – che aveva a capo lo stesso Giovanni Toti – permetteva di affidare i camici dei dipendenti a una ditta di lavaggio e asciugatura che, in più, ha offerto il singolare extra della chippatura. Non è un caso isolato e non riguarda la sola Liguria: il sito di Noleggio Divise di questi servizi se ne fa addirittura un vanto: “Applichiamo un chip/tag con tecnologia a radio frequenza (RFID) su tutti i capi lavati per monitorare le entrate e le uscite dalla lavanderia”. Ma, usciti dalla lavanderia, i chip continuano il loro viaggio sui corpi dei dipendenti – spesso inconsapevoli – collocati nei diversi settori strategici serviti dall’azienda.

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IT Alert “non dà indicazioni sull’esposizione al rischio”. Ma, allora, a che serve?

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IT Alert "non fornisce indicazioni rispetto all'esposizione del rischio". Ma allora a che serve? | Rec News dir. Zaira Bartucca

IT Alert è stato definito il “Sistema di allarme pubblico italiano” ma – complice la diffidenza verso determinati servizi digitali che si registra dal periodo covid in poi – la sua presentazione è stata accompagnata da critiche e da dubbi sulla Privacy. In che modo la Protezione Civile, che promuove il servizio, entrerà negli smartphone senza un consenso propedeutico dell’utente? Rimarranno file temporanei nei dispositivi di destinazione? Il servizio sarà così risolutivo nell’Italia in cui non si puliscono gli argini dei fiumi e si aspettano le catastrofi nella convinzione che un’app salverà tutti? Le domande sono davvero tante e chi le fa, come sempre, è considerato un “complottista autore di fake news”, per citare Sky Tg 24.

Eppure di certezze ce ne sono davvero poche, se si fa eccezione per i test che – a rotazione – riguarderanno diverse città italiane e che consisteranno nell’invio di una notifica standard. Il 5 luglio, tra qualche giorno, sarà la volta della Sicilia, mentre il 7 toccherà alla Calabria. Chiusura estiva il 10 luglio che – ironia della sorte – toccherà all’Emilia Romagna, regione recentemente martoriata dall’alluvione. IT Alert, fanno sapere dalla Protezione Civile, “potrebbe raggiungere i territori interessati” da “gravi emergenti e imminenti catastrofi” ma, una volta arrivata la notifica, spetterà al cittadino cavarsela. L’app infatti, spiega la Prociv nella cartella stampa inviata ai giornalisti, “non fornisce indicazioni rispetto all’esposizione individuale al rischio“.

Ma, allora, a cosa serve in realtà? E in che modo inciderà positivamente sulle “imminenti catastrofi” quali – mano all’elenco ufficiale – maremoto da sisma, collasso di grande diga, attività vulcanica, precipitazioni intense e incidente nucleare? Tutto molto rasserenante, non c’è che dire. Ma se, anziché “inculcare la cultura del rischio” si iniziasse ad amministrare e a curare il territorio in maniera tale da prevenire i danni a cose e persone? E’ pur vero che, a quel punto, organismi costosi come la protezione civile non avrebbero più motivo di esistere.

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La boutade di Butti: per curarsi, votare e guidare servirà l’app IO

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Il futuro accidentato di SPID non rincuora. Anche il governo Meloni ha il suo Colao (che promuove e-wallet ed IDN) | Rec News dir. Zaira Bartucca

Lo abbiamo già scritto: anche il governo Meloni ha il suo “Colao”, laddove il termine più che un cognome è un eufemismo per indicare una persona votata alla digitalizzazione a tutti i costi, proprio come l’ex ministro all’Innovazione del governo Draghi. E’ Alessio Butti, zelante sottosegretario all’Innovazione tecnologica strappato alla politica locale per far sì che portasse a termine l’Agenda tech scritta dai piani alti. Unico vincolo: nessun apporto originale ma tanta adesione – a secchi – verso i dettami che provengono dall’Europa e dai vari forum che contano. Testa bassa e fare (solo ed esclusivamente) quanto è richiesto.

E’ in questo contesto che nascono idee – se così si possono definire – come quella di subordinare all’utilizzo di un app la possibilità di accedere a cure, di guidare e di andare a votare. Proprio così, perché Butti e il governo Meloni sono al lavoro per inserire la tessera elettorale, la patente di guida e la tessera sanitaria direttamente nell’App IO. Che è, per chi non lo ricorda, la controversa applicazione introdotta dal governo Conte e bocciata dal Garante per la Privacy, ma poi riesumata dai governi Draghi e Meloni. Ci sarà libertà di scegliere tra un documento cartaceo e la sua versione digitale? Non è dato saperlo, e quel poco che si sa è emerso nel corso di un’audizione sulla digitalizzazione della pubblica amministrazione che si è tenuta negli scorsi giorni presso la Camera dei Deputati.

“Entro la fine dell’anno prevediamo un ulteriore importante cambiamento positivo per la vita quotidiana di tutti gli italiani. Se così sarà, saremo anche tra i più virtuosi in Europa, anticipando il percorso previsto dalla UE per il portafoglio elettronico europeo” ha detto Butti nell’occasione. Resta da capire che fine faranno i documenti cartacei e in che modo sarà garantita la parità di fruizione dei servizi essenziali agli anziani – che spesso non hanno familiarità con i dispositivi elettronici – o ai non vedenti, che sono impossibilitati a usare gli smartphone tradizionali. E, non da ultimo, con quali modalità avverrà l’esercizio del diritto di voto, visto che il decreto-legge 1°aprile 2008, n. 49 è vieta di introdurre nelle cabine elettorali “telefoni cellulari o altre apparecchiature in grado di fotografare o registrare immagini”.

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