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Il 22 marzo si è tenuto un evento di formazione organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Roma dal titolo “Il lockdown del diritto: normativa emergenziale e nuova gerarchia delle fonti”. Su segnalazione dell’avvocato Roberto Martina, diamo conto della serie di interventi a partire da quello dell’avvocato Angelo Di Lorenzo. Il contributo è intitolato “Lockdown come vaccino socio-economico ed effetti collaterali sulle libertà”, e riveste un indiscusso interesse di pubblica utilità. Nella trattazione Di Lorenzo inizia con l’analizzare dal punto di vista giudico il lockdown, traendo conclusioni che forse stupiranno chi in questi mesi si è affidato alla narrazione del mainstream.

Il lockdown? “Non esiste nel nostro ordinamento, ma è stato imposto nel periodo fascista”

In pratica il “lockdown” non trova nessun fondamento nell’ordinamento vigente. Se ne trova, appunto, riscontro solo nell’accezione che i mass media hanno tentato di normalizzare. “Il termine – avverte Di Lorenzo – è solo un neologismo che nasce all’indomani dello stato di emergenza. Prima di quel momento il lockdown non esisteva nel nostro ordinamento e nemmeno nella cultura occidentale, democratica e liberale post-bellica. Bisogna risalire ad altre epoche per trovarne traccia. Alla più recente ha fatto riferimento una recente sentenza del Consiglio di Stato depositata nel Giorno della Memoria, il 27 gennaio 2021. Questa sentenza ha trattato le serrate e la cosiddetta regolamentazione fascista dei mestieri. La sentenza ha ricordato l’illegittimità di quelle chiusure, altro aspetto delle violenze persecutorie che si sono estrinsecate come una forma di costrizione e di condizionamento morale e punitivo per penalizzare l’individuo sia come singolo che all’interno delle formazioni sociali”.

La (presunta) tutela della salute come nuovo pretesto di discriminazione

“Nel 1943 – ha spiegato ancora Di Lorenzo – si trattava di un divieto di esercizio di attività per questioni razziali, oggi è la ritenuta inessenzialità delle attività vietate, ma si tratta sempre di una discriminazione che in quanto tale è ingiustificata. L’analogia è tanto più evidente se si pensa al lockdown del 2020. Non siamo molto distanti rispetto a quello che è accaduto nel corso del lockdown del 1943, imposto tramite un’ordinanza (sotto) antenata del nostro Dpcm. Il lockdown è dunque assimilabile a uno strumento atipico: non c’è nessuna norma e nessun atto normativo che definisca cosa esso sia. Nonostante questo, è entrato nel nostro ordinamento con prepotenza: dovremmo chiederci se questo è compatibile con i valori che caratterizzano il nostro ordinamento. Qui si è scelta un’azione al buio, d’impeto, e in soli 36 giorni, il tempo passato tra la dichiarazione dello stato di emergenza del 31 gennaio del 2020 fino al primo provvedimento di lockdown nazionale che era il Dpcm del 4 marzo 2020. Si è proposto un modello sociale nuovo che doveva farci tornare covid free nel giro di circa un mese, ma poi la protrazione di questa deriva per oltre un anno ha imposto per troppi aspetti questo modello, in conflitto con tutti gli altri principi e i valori fondanti del nostro Paese”.

Come aggirare la Costituzione rendendo legittimo ciò che non lo è

Nei fatti “il legislatore – puntualizza Di Lorenzo – non potendo fare a meno della Costituzione si è profuso in uno sforzo interpretativo emorroidale, per dare luogo a un processo di costituzionalizzazione delle restrizioni sfruttando un meccanismo legiferante che è stato sovrapposto, poi scisso, poi ricomposto in un processo normativo che ha lasciato la tradizionale gerarchia delle fonti del diritto con limiti e confini sfocati. Non a caso la regolazione della vita sociale ed economica del Paese è stata fatta a colpi di Dpcm, al massimo quando ci è andata bene con decreti legge. Le uniche leggi approvate dal Parlamento sono state quelle di conversione. In poche parole è stata staccata la spina alla Repubblica. Con la pretesa di salvaguardare il diritto alla salute, sono stati sacrificati tutti gli altri diritti costituzionali. In un colpo solo, ci siamo visti privare della libertà personale, della libertà di circolazione, della manifestazione del pensiero, di impresa, di inziativa economica, del diritto al lavoro. Abbiamo messo da parte la tutela giudiziaria, il diritto allo studio e all’istruzione, al culto, alle cerimonie, alla pratica sportiva, alla proprietà privata, alle attività culturali e artistiche, all’integrazione sociale, all’incontro. Siamo stati privati del diritto alla salute stesso per certi versi, perché la tutela della salute non si esaurisce con il contenimento del coronavirus. Si è creato il diritto tiranno. Si è parlato di un numero massimo di persone che si possono aggregare, di autocerificazioni e addirittura di controlli nelle abitazioni degli italiani, fino ad arrivare alla privazione della libertà in assenza di un riscontro oggettivo di positività e senza un provvedimento motivato del giudice”.

Quarantena e isolamento fiduciario “assimilabili all’arresto e ai domiciliari”

Non restano fuori neppure quarantena e isolamento fiduciario. “Anche di questo – chiosa il legale – non c’è traccia nel nostro ordinamento, nemmeno nel Testo Unico delle leggi sanitarie. Su questo tema è calato un oblio sconcertante, mentre l’articolo 13 della Costituzione è lapidario e chiarissimo: la libertà della persona è inviolabile. Non è ammessa nessuna forma di detenzione o restrizione, se non in forza di un atto motivato dell’autorità giudiziaria. Sono inoltre state confuse la libertà personale e quella individuale, dunque i due piani che caratterizzano l’articolo 13 e l’articolo 16. La quarantena, l’isolamento domiciliare, sono riconducibili all’alveo della libertà personale e non a quello della libertà di circolazione. Queste privano infatti l’individuo di poter disporre del proprio corpo nello spazio e nel tempo a prescindere delle proprie necessità personali, al pari di quanto succede con gli arresti o la detenzione domiciliare. In pratica, cambia solo il nome. Quarantena come definizione vuol dire segregazione e osservazione. E’ un’istituto che deriva dal Medioevo, quando è stata istituita – ai tempi delle Repubbliche marinare – una polizia sanitaria. Se anche nel Medioevo il tutto era sottoposto a controllo giudiziario, forse sarebbe il caso che fosse istituito anche nel nostro contesto una verifica di questo tipo, proprio per evitare le barbarie che stiamo facendo alle persone nel nome di una supposta azione preventiva che i numeri dicono non stia funzionando. E’ concepibile in uno Stato Repubblicano in cui vige il principio di stretta legalità che si venga privati della libertà personale con una telefonata dell’operatore della Asl o con una mail?” Si è domandato l’avvocato. “Se questo è possibile, il giudice non ci serve più. Ieri erano i partigiani, oggi è la salute, domani sarà il terremoto”. Il pretesto, insomma, è sempre pronto, e basta poco per oltrepassare determinate linee di demarcazione e per ripiombare in periodi bui della storia recente.

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michelangelo

D’accordo su ogni singola parola, ma bisognava avere il coraggio di dirlo un anno fa. Certo meglio tardi che mai, ma nel frattempo queste misure hanno fatto danni incalcolabili e, cosa ancor più grave, si sono conquistate il consenso con la propaganda e la paura indotta dal terrorismo mediatico. Si sentono ogni giorno burattini pagati profumatamente, mentre il paese è in agonia, che non hanno nessun titolo per parlare di leggi e di diritto, dire assurdità come: “in tempo di pandemia la costituzione è implicitamente sospesa”, e altre bestialità simili, e quando a fare certe affermazione è un viceministro della repubblica, un certo Sileri, credo ci siano i presupposti per il reato di attentato alla costituzione. Sarebbe ora che gli avvocati si dessero una scossa e cominciassero ad agire legalmente contro tutto questo schifo, così come sarebbe ora che i medici si ribellassero a i protocolli terapeutici unici responsabili dei 100mila morti.

Angelo Di Lorenzo

Caro Michelangelo, nel ringraziarti per il tuo commento non riesco a fare a meno di risponderti perché quanto hai letto nell’articolo sono considerazioni risalenti ad un anno fa (il convegno di marzo 2021 è stata una occasione per approfondirle e divulgarle), addirittura messe per iscritto in un libro che ho pubblicato nel novembre 2020. Leggilo se ti interessa l’argomento, si intitola “la sovranità del diritto tiranno: illusione del lockdown”. Sai quale è il fatto? Non tanto la mancanza di coraggio nel manifestare il pensiero, quanto piuttosto la paura della.popolazione che non era pronta ad ascoltare. Oggi per fortuna piano piano ci si risveglia e si comincia ad essere pronti ad un ritorno alla civiltà democratica, ma se non fate qualcosa anche voi, il processo di risveglio sarà molto più lento.

Angelina

Il coraggio della verità

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Prove scritte concorso insegnanti, i primi dati del ministero

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Prove scritte concorso insegnanti, i primi dati del ministero | Rec News dir. Zaira Bartucca
Comunicato stampa

Si sono concluse le prove scritte del concorso per la Scuola dell’Infanzia e per la Primaria e stanno procedendo quelle per la Secondaria. I posti messi a bando complessivamente sono 44.654. Si sono svolti lunedì 11 (sessione mattutina e pomeridiana) e martedì 12 marzo (sessione mattutina) i tre turni di prove scritte del concorso per l’assunzione a tempo indeterminato di 15.340 docenti, su posti comuni e di sostegno, nella Scuola dell’infanzia e nella Scuola primaria.

Mercoledì 13 e giovedì 14 marzo si sono svolte le prime quattro delle dieci sessioni di prove scritte del concorso per l’assunzione a tempo indeterminato di 29.314 docenti, su posti comuni e di sostegno, nella Scuola secondaria di I e II grado. I candidati presenti alle tre sessioni per la Scuola dell’infanzia e per la Primaria sono stati 55.676, dei quali 44.615 sono stati ammessi alla prova orale. I candidati presenti ai primi quattro turni per la Secondaria di I e II grado sono stati 130.252, dei quali 113.543 sono stati ammessi alla prova orale.

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Bimbo nato morto a Palermo, la Procura apre un’inchiesta per presunte negligenze

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Bimbo nato morto a Palermo, la Procura apre un'inchiesta per presunte negligenze

È stata aperta un’inchiesta sulla tragedia avvenuta la notte del 5 novembre all’ospedale Buccheri La Ferla di Palermo, dove un bimbo è nato morto. I genitori hanno presentato una denuncia ai Carabinieri e la Procura indaga sull’accaduto. Sulla vicenda è intervenuta l’associazione Codici, che ha deciso di presentare un esposto.

“Di fronte al dramma che si è consumato è doveroso fare chiarezza”, afferma Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici. “Stando alla denuncia della famiglia, ci sarebbero state delle gravi lacune negli ultimi controlli. Come associazione siamo impegnati da anni in battaglie legali contro la malasanità. Non possiamo dire se quanto accaduto a Palermo sia l’ennesimo caso, di sicuro bisogna fare chiarezza e giustizia, nel caso dovessero emergere mancanze o errori”.

“Dalle ricostruzioni fornite dai parenti – prosegue la nota inviata dall’associazione – emerge, in particolare, il comportamento di un’ostetrica, che avrebbe deciso di non effettuare il tracciato la notte della tragedia, somministrando soltanto una medicina prescritta nei giorni precedenti. Un farmaco che sarebbe stato indicato pochi giorni prima al momento del ricovero in ospedale, dove la donna si era recata per una visita di controllo e dove sarebbe stato deciso di indurre il parto data l’alterazione della pressione sanguigna ed essendo alla 38esima settimana”.

“La sera del 5 novembre, stando sempre a quanto denunciato dalla famiglia, il tracciato era regolare e la donna sarebbe stata invitata dall’ostetrica smontante a presentarsi in sala travaglio per un nuovo tracciato e la somministrazione del farmaco. Come detto, la nuova ostetrica di turno non avrebbe effettuato il tracciato, ritenendo che non ce ne fosse bisogno. Nel giro di poche ore, però, la situazione sarebbe precipitata, fino al taglio cesareo d’emergenza intorno alle 23.30 ed il bimbo che è nato morto. Una gravidanza normale finita in tragedia. Alla magistratura il compito di fare chiarezza”, concludono dall’associazione.

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Assicurazioni RC Auto e clausole vessatorie, Codici: “Rispettare norme in vigore”

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Assicurazioni RC Auto e clausole vessatorie, Codici: "Rispettare norme in vigore" | Rec News dir. Zaira Bartucca

Nei contratti Rc Auto sarebbero presenti clausole vessatorie che violano le norme sulla concorrenza. È il motivo dell’azione legale congiunta promossa dalle associazioni dei consumatori, a cui partecipa anche Codici, che ha portato alla presentazione di numerosi esposti all’Antitrust per segnalare il comportamento ritenuto scorretto di diverse compagnie di assicurazioni.

“Alcune importanti società – afferma Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici – applicano ai clienti clausole vessatorie in merito alla riparazione danni dei veicoli. Il tutto in piena violazione delle norme vigenti, che vietano alle compagnie di imporre agli assicurati gli operatori a cui rivolgersi per gli interventi sulle auto. Questa vicenda, a nostro avviso, è emblematica del potere delle lobbies. Hanno un’influenza enorme, che purtroppo esercitano in maniera negativa.

Le lobbies danneggiano l’interesse pubblico e gli interessi dei cittadini. È una realtà che non può più essere ignorata, ma che anzi deve essere presa in considerazione ed affrontata. Tornando alla vicenda delle assicurazioni e delle clausole vessatorie, la legge sulla Concorrenza del 2017 all’articolo 1 comma 9 prevede ‘per l’assicurato la facoltà di ottenere l’integrale risarcimento per la riparazione a regola d’arte del veicolo danneggiato avvalendosi di imprese di riparazione di propria fiducia’. Le compagnie assicurative, tuttavia, anche attraverso le reti agenziali e peritali, richiamando clausole contrattuali illegittime, condizionano pesantemente i danneggiati nella scelta del riparatore, indicando le carrozzerie presso cui eseguire obbligatoriamente gli interventi e limitando così la libertà del consumatore ed il suo diritto ad ottenere una riparazione a regola d’arte.

Una prassi vessatoria, contraria al quadro normativo comunitario in tema di concorrenza (articolo 101 TFUE), ed in piena violazione sia dell’articolo 16 della Carta Diritti Fondamentali UE sulla libertà d’impresa, sia dell’articolo 41 della Costituzione che tutela il diritto alla libera iniziativa privata. Dicevamo prima del potere delle lobbies. Ebbene, proprio in questi giorni alcuni emendamenti bipartisan al Ddl Concorrenza hanno tentato di bloccare tale pratica illegale, ma la lobby delle assicurazioni è riuscita ad ottenerne lo stop in sede parlamentare. Il tutto, è evidente, ai danni dei consumatori. Non è più possibile subire situazioni del genere. Per questo, oltre agli esposti all’Antitrust, siamo intenzionati anche a presentare al Governo ed al Parlamento una proposta condivisa affinché nel Ddl Concorrenza sia rafforzata la protezione dei diritti degli assicurati sancita nel 2017”.

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Diplomifici, parte l’indagine ispettiva del MIM. Reclutati 146 ispettori

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Diplomifici, parte l'indagine ispettiva del MIM. Reclutati 146 ispettori | Rec News dir. Zaira Bartucca
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In merito all’indagine di Tuttoscuola sul fenomeno dei “diplomifici” dal titolo «Maturità: boom dei diplomi facili», il Ministero dell’Istruzione e del Merito avvierà una indagine ispettiva. Nel frattempo, sarà bandito a breve un concorso per il reclutamento di 146 ispettori che porterà a saturare l’organico attuale (190 Posti). “Sotto il profilo normativo – fa sapere il MIM – verranno valutati alcuni correttivi che diano più strumenti in sede ispettiva per verificare la sussistenza dei requisiti per la parità. Si sta anche lavorando per inserire nella legge di Bilancio risorse idonee per incrementare ulteriormente l’organico dei dirigenti tecnici”.

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