
Il governo dà la mancia a chi trasmette i numeri ufficiali del “contagio”
Dal 9 novembre in poi è più facile spiegarsi i toni allarmistici – sempre in bilico tra il procurato allarme e il terrorismo psicologico – di canali televisivi ed emittenti radiofoniche
Dal 9 novembre in poi è più facile spiegarsi i toni allarmistici – sempre in bilico tra il procurato allarme e il terrorismo psicologico – di tv ed emittenti radiofoniche. Di più: hanno anche un nome, ed è “criteri di verifica e delle modalità di erogazione degli stanziamenti previsti a favore delle emittenti locali televisive e radiofoniche”. Il riferimento è a un provvedimento che il ministero dello Sviluppo economico e i suoi sottosegretari hanno voluto per quelle realtà informative che, nel pratico, si prestano alle comunicazioni-necrologio in stile Angelo Borrelli.
La misura è stata pubblicata il 9 novembre in Gazzetta Ufficiale, e prevede lo stanziamento di ben 50 milioni da erogare alle emittenti che “si impegnano a trasmettere i messaggi di comunicazione istituzionale relativi all’emergenza sanitaria all’interno dei propri spazi informativi”. Paradossalmente, mentre i numeri – perfino quelli ufficiali – sono sempre più incoraggianti, il governo pensa ai modi per far andare avanti all’infinito l’idea di emergenza. Ovviamente, la comunicazione rimane il modo migliore per mettere il carico da novanta a pericoli che sono più percepiti che reali.
Cinquanta milioni per prevenzione, cure, per dare fiato o generi di prima necessità a chi ha perso tutto, anche grazie ai lockdown che secondo lo stesso Cts si potevano (dunque si possono) evitare? Macché. Meglio regalarli – la si chiami mancia o come meglio si crede, in un’ottica davvero svilente della professione – a chi darà prontamente conto dell’ennesimo Dpcm o dei numeri di Arcuri, Rezza e degli altri smentiti dall’Istat. Per chi sta al governo e per chi ha bisogno dell’emergenza eterna per ottenere un posto al sole, è molto meglio così.
DOC
Abbandono scolastico, audizione presso la settima commissione del Senato

Il testo dell’audizione presso la 7° Commissione del Senato che si è tenuta il 9 maggio su contrasto a povertà educativa, abbandono e dispersione scolastica
DOC
Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D’Alema con la Bicamerale

Il tentativo del governo Meloni di superare l’assetto istituzionale attuale è solo l’ultimo in ordine di tempo (come spiega il professore Musacchio in un’interessante analisi pubblicata su Rec News), ma tanti ne sono stati fatti dalla cosiddetta Seconda Repubblica in poi. Farà riflettere senz’altro gli elettori di centrodestra come uno dei primi esponenti politici a volere un premierato sia stato l’ex leader della sinistra Massimo D’Alema, tesserato del PCI nel 1968 e tra i padri fondatori del Partito democratico della sinistra.

Sua l’idea – come molti ricorderanno – di instaurare nel 1997 una Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, formata da 70 parlamentari. L’obiettivo era sempre lo stesso, e cioè accentrare ancora più poteri nelle mani del presidente del Consiglio, chiamato – tra le altre cose – a nominare e revocare i ministri a suo piacimento. L’esito della Bicamerale fu tutt’altro che scontato: i democratici di sinistra di D’Alema votarono ovviamente a favore, mentre i berlusconiani – oggi incarnati da Tajani e più vicini al premierato – votarono assieme alla Lega Nord a favore del semipresidenzialismo, come testimonia un articolo dell’epoca (in basso).

“L’Unità” del 05/06/1997
I lavori della Commissione si interruppero bruscamente un anno dopo, nel 1998, perché i partiti non riuscirono a trovare una quadra e perché le manovre di palazzo risultavano incomprensibili per l’elettorato. Un copione che potrebbe ripetersi anche stavolta.
DOC
Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane

Forte calo della spesa delle famiglie. Lo registra Istat nella nota sull’andamento dell’economia italiana di febbraio appena pubblicata. “Lo scenario internazionale – rileva l’Istituto Nazionale di Statistica – resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. Si inizia a profilare un percorso di rientro dell’inflazione più lungo di quanto inizialmente previsto. Il Pil italiano, nel quarto trimestre 2022, ha segnato una lieve variazione congiunturale negativa a sintesi del contributo positivo della domanda estera netta e di quello negativo della domanda interna al netto delle scorte”. In basso il report integrale
DOC
TSO a una 54enne, ci scrive il sindaco di San Giuliano Milanese

Negli scorsi giorni abbiamo pubblicato una segnalazione da San Donato Milanese da parte di una signora – Anna M. – che riferiva di “quattro TSO ingiusti” a cui sarebbe stata sottoposta la sorella. In quel contesto ci siamo appellati ai colleghi giornalisti e alle associazioni di settore che avessero voluto occuparsi del caso, registrando la totale assenza da parte degli uni e degli altri. Ci è però giunta una risposta dal sindaco di San Giuliano Milanese, che pubblichiamo per completezza di informazione.
“La funzione svolta dal sindaco in materia di TSO e ASO, si riconduce al ruolo svolto quale autorità sanitaria locale, come previsto dalle norme vigenti (Legge n.180 e Legge n.833 del 1978). Il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) e l’Accertamento Sanitario Obbligatorio (ASO), rappresentano atti di carattere eccezionale rispetto alla generalità dei trattamenti sanitari volontari. Infatti il superamento dell’obbligo del consenso cosciente ed informato, avviene per tutelare la salute del paziente in quanto bene ed interesse della collettività, oltre che del soggetto stesso. Per tali ragioni i suddetti trattamenti sono due strumenti cautelari che richiedono una proposta da parte di medici competenti, condizione necessaria per la predisposizione dell’ordinanza da parte del sindaco quale autorità sanitaria locale. Cordiali Saluti”.