
Il governo liberticida prepara il terreno per i TSO di massa
I casi di Musso e Loda sono stati la prova generale. Adesso Speranza e gli altri vogliono spingersi più in là e normalizzare i trattamenti sanitari obbligatori, anche per i positivi che non sono per forza malati
I casi di Dario Musso e di Don Loda – debitamente fatti passare sotto silenzio dal mainstream – sono stati la prova generale. Adesso il governo Conte tenta di spingersi più in là normalizzando (presumibilmente in vista della Fase 4 di ottobre che dovrebbe essere caratterizzata dalle somministrazioni di un vaccino nato in tempi record, con tutti i rischi del caso) la pratica controversa dei TSO. Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia con l’ordinanza del 6 luglio da questo punto di vista ha inaugurato due precedenti pericolosi: la denuncia alle Forze dell’Ordine per i positivi che rifiutano di curarsi (ma i positivi non sono necessariamente malati) e il ricovero forzato presso strutture diverse dalla propria abitazione.
Dal rincorrersi di prese di posizione molto simili tra loro (col silenzio complice dell’opposizione e perfino delle associazioni di settore) sembra che si stia preparando il terreno per i TSO di massa, complici la GAVI Alliance di gatesiana memoria e il protocollo firmato nel corso degli Stati Generali dal ministro Speranza, che di fatto ha esautorato il Parlamento. Forti riserve sui trattamenti sanitari obbligatori sono state espresse dalla testata Affari Italiani, che in un articolo a firma di Antonio Amorosi ha parlato di “sistema totalitario” evidenziando come si tratti di un trattamento “particolarmente controverso e molto discusso”, che “in sé non è una sciocchezza”.
Aspetti che poco importano a Roberto Speranza, che già plaude all’iniziativa di Zaia e anzi ha dato mandato di estendere la casistica dei TSO, che dunque non riguarderebbero più solo chi manifesta scompensi psicologici, ma potenzialmente tutti. In soldoni, se l’esempio da seguire fosse quello di Zaia, chiunque risultasse positivo a un tampone (anche se falso positivo e anche senza sintomi) rischierebbe di essere allontanato con la forza dalla propria abitazione tramite un trattamento sanitario obbligatorio. Verrebbe, cioè, intercettato dai medici e dalla Polizia, sedato, legato e costretto a ricevere delle cure che potrebbero anche essere superflue (un positivo non è necessariamente un malato). Potrebbe essere inconsapevolmente vaccinato, e in ogni caso ricevere trattamenti con cui non è d’accordo, in violazione di quanto previsto dall’articolo 32 della Costituzione.
Brutture sociali come quelle capitate a Dario Musso e a Don Loda potrebbero, dunque, moltiplicarsi a vista d’occhio. Ma il partito del TSO, trasversale e composito, non le teme, per il semplice fatto di non esserne il destinatario. Né gli “oppositori”, forse ignari degli episodi che stanno avvenendo all’estero con la scusa del Covid-19, temono un utilizzo politico dei trattamenti sanitari obbligatori. Ma vediamo chi si è detto favorevole a una pratica che negli anni non ha risparmiato vittime e che per alcuni andrebbe abolita per la sofferenza fisica e psicologica che comporta.
Il ministro della Salute Roberto Speranza ha dato mandato all’ufficio legislativo del suo dicastero per verificare il quadro normativo relativo ai Tso. L’obiettivo è bypassare gli attuali limiti imposti dalla legge di settore vigente, che prevede la visita e il referto di due medici e la conferma del sindaco per la somministrazione del trattamento coatto, oltre alla presenza di condizioni stringenti quali la sussistenza di una alterazione psico-fisica. Speranza – che come Zaia ha parlato di TSO per i positivi (quindi non necessariamente dei malati che rifiutano cure) è chiaro: “Ho il terrore di vanificare gli sforzi fatti durante il lockdown. Lo dico con le parole di Papa Francesco: peggio di questa crisi, c’è solo il rischio di sprecarla”. Peggio della costruzione intavolata, c’è solo il rischio che questa non risulti abbastanza fruttuosa.
Anche il segretario generale del sindacato di polizia Coisp Domenico Pianese guarda in direzione di una modifica normativa. “Il primo problema per una sua applicazione alle persone positive al coronavirus sarebbe di tipo normativo. Una persona in possesso delle proprie facoltà viene giudicata tale da un medico o sanitario della Asl ed è previsto un intervento delle forze di polizia, le quali chiamano il 118 richiedendo il Tso. Ma se il medico reputa che quella persona sia presente a se stessa e non abbia caratteristiche psico-fisiche alterate rispetto alla normalità, non si può far applicare il Tso. Perciò – dice Pianese – da questo punto di vista sarebbe necessaria una modifica normativa”. Che possa fare in modo che il TSO venga effettuato anche ai sani di mente, magari asintomatici e magari falsi positivi?
Dello stesso tenore le dichiarazioni del presidente dell’Anci e sindaco di Bari Antonio Decaro. “In sede di conversione del Cura Italia – ha ricordato l’interessato – il Parlamento ha inserito una norma che affida a noi dal 22 maggio il potere di ordinanza in materia di quarantena. Quindi per chi viola la misura, il sindaco, su richiesta dell Asl o magari degli organi di polizia che riscontrano la trasgressione, può disporre il Tso”, in perfetta violazione dell’Articolo 32 della Costituzione e della normativa vigente in materia di trattamenti sanitari obbligatori.
Il sindaco leghista di Novara Alessandro Canelli, sulla scia di quanto affermato dal collega di partito Luca Zaia invita ad usare le maniere forti. “I protocolli ci sono, chi non li rispetta va costretto”, sono le sue dichiarazioni*. “Se qualcuno con il suo comportamento mette a rischio, oltre alla propria salute, anche quella altrui, un intervento coattivo può essere necessario. Se mi dovesse capitare un caso simile – prosegue Canelli riferendosi alla presunta vicenda dell’imprenditore che tornava da un viaggio dalla Serbia, già in parte smentita dal figlio – valuterei attentamente anche la possibilità di disporre un Tso”.
Il consigliere dell’Ordine dei Medici di Milano Giuseppe Deleo non avverte come appropriato l’utilizzo dei TSO, “argomento spinoso che pone problemi interpretativi”, ma si è comunque appellato all’articolo 438 del codice penale, che riguarda il “reato di diffusione di malattie infettive tramite propagazione di agenti patogeni”, che comporta la contenzione e l’arresto da 1 a 5 anni. Forti riserve sono state espresse anche su questo da avvocati e giuristi, che hanno puntualizzato come la “propagazione di agenti patogeni” riguardi in realtà chi in maniera deliberata e strumentale immetta nell’ambiente l’agente patogeno (per esempio un virus che “sfugge” da un laboratorio) non il singolo cittadino positivo magari asintomatico e magari falso positivo che fa una passeggiata.
*in La Stampa online del 06/07/2020 – “Novara, linea dura anti-Covid. Il sindaco: “Pronti a usare il Tso se qualcuno mette a rischio gli altri” – di Claudio Bressani

Pubblicato il rapporto del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle Pene e Trattamenti Inumani o Degradanti (CPT), un’emanazione del Consiglio d’Europa, sul risultato dell’ispezione in quattro reparti psichiatrici italiani. Ne esce un quadro inquietante, clamorosamente in contrasto con la narrativa prevalente che dipinge il Belpaese come un paradiso psichiatrico.
Il CPT esegue ispezioni quadriennali in tutti i paesi della Comunità Europea per verificare l’adeguatezza agli standard comunitari nei loro ambiti di competenza (psichiatria, residenze per anziani, carceri e immigrazione). Dal 2004 in poi, le ispezioni del CPT in Italia si sono sempre concluse con raccomandazioni, regolarmente ignorate, di risolvere le gravi carenze.
Le ispezioni, svolte tra marzo e aprile 2022 in quattro reparti psichiatrici ospedalieri (Milano Niguarda, Melegnano, Cinisello Balsamo e Roma San Camillo) rivelano un’incapacità di staccarsi dal modello manicomiale. Queste, punto per punto, le critiche rivolte all’Italia dal Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura:
· Eccessivo uso della contenzione fisica in tutti gli SPDC visitati (con punte in Lombardia, dove l’otto percento dei pazienti ricoverati in psichiatria è legato – centinaia di pazienti ogni anno)
· Eccessiva durata della contenzione fisica (in media diversi giorni) in contrasto con lo standard CPT, che non esclude la contenzione, ma la vede come strumento da usare in pochi casi e per un tempo limitato.
· Eccessivo ricorso, nella contenzione, allo ‘stato di necessità’ (art 54 del codice penale: stabilisce l’impunibilità di chi commetta un reato spinto dalla necessità di salvare sé o altri). Ciò rappresenta un cortocircuito giuridico, che annulla i diritti dei pazienti.
· Uso della contenzione su pazienti ‘volontari’ in violazione delle raccomandazioni del Comitato per la Prevenzione della Tortura, che non contemplano questa possibilità. Grottesca la risposta pervenuta al CPT: se aprissimo una procedura di TSO ogni volta che leghiamo un paziente peggioreremmo le statistiche dei TSO! Questo, oltre a rappresentare un controsenso (perché mai si dovrebbe legare un paziente volontario?) priva le persone soggette a contenzione di ogni strumento giuridico di difesa.
· Mancanza di una vera tutela giuridica nei TSO perché il giudice tutelare, in barba alle raccomandazioni reiterate dal CPT ogni quadriennio dal 2004 a oggi, svolge una funzione meramente burocratica, paragonabile al timbrare una lettera in un ufficio postale: firma un modulo prestampato, senza mai entrare nel merito, valutare il caso specifico né vedere personalmente il malcapitato – nemmeno tramite video. Lo standard europeo, utilizzato in quasi tutti i Paesi della UE, compresi quelli dell’est, prevede invece che il giudice veda la persona e ascolti le sue ragioni, non solo in occasione del primo TSO ma anche prima di ogni eventuale rinnovo.
· Mancanza di informazioni ai pazienti. Molti di quelli intervistati dal CPT erano incoscienti del loro stato giuridico, non sapevano se fossero volontari o sotto TSO, e non erano consapevoli dei loro diritti. In quasi tutti i paesi UE, compresi quelli dell’ex Jugoslavia, nei reparti di psichiatria sono presenti brochure con spiegazione della procedura e dei diritti del paziente.
· Condizioni igieniche inadeguate (soprattutto al San Camillo, ma anche in Lombardia) e assoluta mancanza di accesso a zone di verde e all’aria aperta, anche questo in contrasto con lo standard prevalente in Europa (est e ovest) e con quanto richiesto dal CPT.
· Assenza o inadeguatezza di alternative terapeutiche all’uso di farmaci (attività ricreative o riabilitative o terapeutiche) per tutti gli SPDC ispezionati, in netto contrasto con lo standard europeo.
Secondo il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, la riforma dei servizi di salute mentale in senso garantista non è più rinviabile. La normativa attuale, erroneamente chiamata ‘legge Basaglia’ ha semplicemente riprodotto la prassi manicomiale in ambito ospedaliero. I servizi di salute mentale dovrebbero adeguarsi alle raccomandazioni preveniente dalle autorità internazionali (Ufficio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, Organizzazione Mondiale della Sanità, Convenzione Europea sui Diritti delle Persone con Disabilità e Comitato per la Prevenzione della Tortura) che richiedono a gran voce il rispetto dei diritti umani, l’abolizione delle pratiche coercitive e il superamento del modello organicista-farmaceutico.
ATTUALITA'
Nasce l’Alleanza per la Libertà di Scelta

Si è costituita un’Alleanza tra numerose realtà organizzate, operanti in ambito nazionale e locale, per l’avvio di un’azione comune tra quanti intendono proporre un cambio di paradigma a livello normativo, amministrativo e delle prassi operative concernenti le persone che vivono un disagio psicosociale e coloro che agli stessi sono spesso assimilati sul piano dello stigma sociale e della privazione di ogni diritto, assumendo a pretesto la loro più o meno presunta incapacità di decidere per sé stessi. L’organismo si chiama ALIBES, l’Alleanza per la Libertà di Scelta e il Bene-Essere psicoSociale.
“Nell’ambito delle attività pubbliche rivolte a persone con disabilità psicosociali o a rischio di discriminazione in ragione della propria vulnerabilità – dichiarano i promotori – ci troviamo di fronte a fenomeni di sistematica lesione dei diritti fondamentali della persona ed al persistere dell’obsoleto modello organicistico, in flagrante violazione delle raccomandazioni ONU e OMS”.
“E’ fondamentale che vengano introdotti specifici vincoli che pongano fine all’arbitrio sperimentato dalle persone e dalle famiglie nell’incontro coi servizi, e che si creino le condizioni utili e necessarie per garantire il diritto di far valere le proprie ragioni a fronte di interventi sanitari coercitivi, evitando che la condizione di “disagio” diventi un “biglietto d’ingresso per una terra di nessuno” ove i più fondamentali diritti dell’individuo, sono cancellati“.
“Già nel 2016, il Comitato ONU per i Diritti delle Persone con Disabilità segnalava al nostro Paese le urgenti riforme necessarie in tema di interdizione e inabilitazione: una riforma della figura di amministrazione di sostegno, affinché essa non possa più essere impropriamente intesa come regime decisionale sostitutivo della persona beneficiaria, ma si configuri come un supporto all’espressione delle volontà della persona stessa; va anche rivista la disciplina del trattamento sanitario obbligatorio (in accordo anche alle ripetute, da ormai vent’anni, raccomandazioni del Comitato di Prevenzione della Tortura – CPT), e quella delle misure di sicurezza per le persone non imputabili (le REMS e l’eterna libertà vigilata)“.
“E’ altresì urgente una serena ed equilibrata rivalutazione critica delle evidenze relative al rapporto tra benefici e rischi delle principali classi di psicofarmaci, valorizzando tutte le evidenze disponibili sui percorsi di deprescrizione (considerati i costi economici e sociali delle terapie farmacologiche a lungo termine e delle disabilità fisiche e funzionali che ne possono derivare)“.

Uno studio recente, pubblicato dalla rivista Acta Psychiatrica Scandinavica rivela che dopo ricevuto elettroshock (noto anche come TEC – terapia elettroconvulsivante) il rischio di suicidio del paziente aumenta di 44 volte paragonato alla media della popolazione. Secondo il CCDU, Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, un guardiano della salute mentale, questo studio rafforza le tesi di chi chiede la messa al bando di questa ‘terapia’.
Molti credono che l’elettroshock sia obsoleto e non sia più praticato in Italia. In realtà, questa controversa terapia è regolamentata da una circolare ministeriale firmata nel 1999 dall’allora Ministro della Salute Rosy Bindi che, pur senza vietare la somministrazione di scosse elettriche da 400 volt nel cervello dei pazienti, limita i casi in cui può essere praticata, ed enfatizza la necessità di un vero consenso informato. Tra le controindicazioni citate nella circolare, lesioni cerebrali, ipertensione endocranica, emorragia endocranica recente, infarto miocardico e altre malattie cardiovascolari, distacco retinico, ipertensione grave, malattie degenerative gravi dell’apparato osteoarticolare, e feocromoticoma (tumore delle ghiandole surrenali).
Nella premessa, la Circolare Bindi evidenzia come “nonostante la grande quantità di ricerche condotte negli ultimi decenni, non sia stato ancora chiarito il meccanismo d’azione della TEC”. Eppure, quattordici anni dopo, una commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dal Sen. Ignazio Marino rivela la persistenza in Italia di una ventina di centri in cui si pratica questa ‘terapia’. Stando alle segnalazioni pervenuteci, i rischi dell’elettroshock e la sua scarsa efficacia, come elencati nella circolare ministeriale, non sempre sono spiegati in maniera chiara, facendoci ritenere che i consensi ottenuti siano assai meno ‘informati’ di quanto non si voglia credere.
A questo proposito vale la pena ricordare come la perdita di memoria e i danni cerebrali causati da questa ‘terapia’ possono produrre un tale stato di disperazione da indurre il paziente al suicidio. Tra le persone sottoposte a elettroshock, sono molti a descriverlo come una vera e propria tortura. Il recente studio, condotto dai ricercatori dell’Università di Aarhus in Danimarca, ha preso in considerazione i dati del registro nazionale danese, identificando tutti i pazienti che hanno subito TEC nel decennio 2006-2016. Tra questi, 161 (1,4%) hanno commesso suicidio entro due anni, ma la percentuale sale a un incredibile 17% nel gruppo di pazienti maschi di età compresa tra 50 e 69 anni.
La ricerca danese conferma I risultati di uno studio precedente, pubblicato nel 2022 sul Journal of Clinical Psychiatry, secondo il quale, contrariamente a quanto sostengono i somministratori di scosse elettriche, l’elettroshock non diminuisce il rischio di suicidio. Kenneth Castleman, ingegnere elettronico con un dottorato di ricerca in Ingegneria Biomedica, spiega come la corrente elettrica causa due reazioni ben distinte nel cervello. L’energia viene convertita in calore, riscaldando il cervello.
La temperatura aumenta all’aumentare della corrente, e può raggiungere un livello tale da causare danni temporanei o permanenti alle cellule cerebrali e perfino morte. Il secondo effetto deriva dalla natura pulsata della corrente elettrica somministrata dalle macchine per elettroshock. Questo alternare di tirare e spingere sulle membrane cellulari causa un effetto ‘martello pneumatico’ che crea dei buchi nella membrana – un processo noto come elettroporazione (la creazione di pori per mezzo dell’elettricità) in grado di produrre danni cerebrali.
Il CCDU non ha dubbi: è giunta l’ora di bandire una volta per tutte questa terapia e renderla illegale in Italia. Se vi propongono la TEC, come “terapia salvavita” potete rispondere citando queste ricerche, e potete anche presentare un esposto per sospetta falsa informazione. Se conoscete qualcuno – un familiare o conoscente – che abbia subito danni o addirittura commesso suicidio in seguito a elettroshock, riferitelo al CCDU.
LA SEGNALAZIONE
TSO ingiusti, ci giunge una segnalazione inquietante da San Donato Milanese

E’ giunta in redazione una seconda segnalazione (qui la prima) su un caso di TSO “ingiusto” che starebbe avvenendo a San Donato Milanese ai danni di una 54enne. L’uso del condizionale è d’obbligo, visto che i fatti riportati sono ancora oggetto di verifica da parte nostra. Riportiamo la seconda missiva così come ci è giunta, provvedendo ad abbreviare i nomi riportati per intero. Come si leggerà, è una missiva piuttosto inquietante, che racconta di una donna ridotta in stato di disabilità da una serie di ASO e di TSO. Questi sono considerati ingiusti dalla sorella, che riporta anche una serie di violazioni dei diritti umani che si sarebbero verificate. Siamo a disposizione delle associazioni e dei colleghi giornalisti che vorranno occuparsi della vicenda e anche di chiunque altro volesse fornire la sua versione dei fatti.
Buonasera redazione di Rec News, vorrei segnalare che ancora ad oggi avvengono questi ricoveri da parte del CPS di San Donato Milanese i dottori D.S. e G. (cognomi) con la collaborazione di G.S. (nome e cognome) un’assistente sociale che è poco del sociale. Queste persone continuano ad attestare che mia sorella è pazza, che è una schizofrenica. Nel 2019 mia sorella Michela aveva fatto fare una relazione medica da parte di una psichiatra iscritto al Foro di Lodi come perito.
Questo psichiatra dopo una serie di incontri aveva comunque concluso che Michela era una persona che non era assolutamente disturbata da un punto di vista psichiatrico, una persona praticamente normale. Questa relazione è stata anche depositata al Tribunale di Lodi presso l’area di volontaria giurisdizione. Nonostante ciò, dopo cinque anni si può dire che ogni mese se mia sorella Michela si rifiuta di fare questo puntura a base di cocktail di psicofarmaci c’è sempre questa dottoressa D.S. Del CPS di San Donato Milanese che fa fare ordinanze da parte del sindaco di San Giuliano Milanese per fare ASO e se mia sorella Michela si ribella a queste decisioni della dottoressa D. S. di fare queste cure partono i ricoveri coatti detti TSO.
Oggi è successo che ci siamo visti arrivare la polizia locale per l’ennesima volta e ci hanno costretti ad andare con l’ambulanza all’ospedale di Melegnano con la scusa di un controllo, ma un controllo non era, c’era una psichiatra con una puntura con una siringa che ha iniettato il braccio di mia sorella e continuava a ripetere che ci sono dieci psichiatri dell’ospedale di Melegnano di Vizzolo che attestano che Michela M. è pazza, schizofrenica.
Quando poi ho chiesto di sapere i nominativi di questi dottori, non mi sono stati assolutamente forniti. Dopo avergli somministrato questo cocktail di farmaci hanno preso mia sorella, l’hanno praticamente sbattuto su una lettiga e l’hanno lasciata lì a marcire per tre ore dopo che la polizia locale aveva assicurato che almeno il rientro a casa sarebbe avvenuto con un’ambulanza chiamata e pagata dall’ospedale di Melegnano Vizzolo Predabissi.
Altro fatto sconcertante è che oltre che aver piegato completamente la volontà di mia sorella, si può dire plagiato e manipolato, l’aspetto più pesante è l’abbandono totale di una persona ridotta oramai in uno stato di totale invalidità. Mia sorella Michela dopo tutti questi massacranti psicofarmaci somministrati non è più autonoma non solo se deve fare anche una visita medica, perché magari sta male fisicamente.
I dottori hanno dei preconcetti che mia sorella si inventi le malattie intanto all’ospedale dove sono, Vizzoli Predebissi, mia sorella all’ultimo ricovero TSO è venuta a novembre 2022 e hanno trascurato completamente una necrosi alla testa del femore e anca gamba destra. Ormai non si può fare neanche più nulla che sostituirla con una protesi ma siamo dovuti andare in un’altra struttura ospedaliera perché a Melegnano si sono rifiutati di procedere a fare l’operazione di protesi.
Sta facendo dei passi indietro ci si chiede come mai una persona si ritrova con questi problemi in un’età adulta di 54 anni. La prima segnalazione al CPS di San Donato Milanese è stata fatta da tre parenti, due sorelle e un cognato di nome O., R. e C. Queste persone hanno fatto false segnalazioni e queste persone invece che lavorano al GPS hanno creduto a tale versione e hanno in questo caso forzato a dei ricoveri TSO presso l’ospedale di Vizzolo. L’unica sono io che non dico falsità: mia sorella non è una malata mentale e nemmeno ci sono parenti o discendenti che abbiano avuto malattie mentali.
Nonostante ciò ogni mese la polizia locale di San Giuliano Milanese si presenta davanti al cancello e fa irruzione nell’abitazione di mia sorella Michela violando in questo caso anche la proprietà privata con la minaccia che se non si fa ricoverare immediatamente partono subito TSO e sono sempre fatti da personale e ospedale di Vizzolo Melegnano con l’autorizzazione del sindaco.
Io ritengo che è stato violato comunque il diritto di tutti noi esseri umani non solo di mia sorella, il diritto di libertà di scelta del medico e delle cure. Ci sono un infinito repertorio di leggi costituzionali che sono state violate da questi individui. Questa cosa non finirà perché ogni mese si ripresenta inesorabilmente, perché non dicono quando smetteranno con queste cure balorde che somministrano alla povera Michela, persona comunque indifesa che tutto il resto della società umana tranne voi della redazione si sono completamente dimenticati di aiutarla e applicare quelle che sono le regole del buon samaritano.
Non ci vuole poi tanto, talvolta basterebbe anche un sorriso e lasciare le persone libere di scegliere e andare dai dottori più idonei, dove viene riposta fiducia. Vi chiedo gentilmente di aggiungere questa comunicazione alla vostra testata giornalistica. Vi ringrazio siete gli unici che mi avete dato una mano, mi sono rivolta anche a più di un’associazione dei diritti umani ma non sono mai stata contattata nemmeno dall’avvocato C. Ringrazio di cuore, Anna M.