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A Ravanusa i coinvolti a vario titolo (sindaco compreso) nell’episodio di Dario Musso – il giovane sottoposto a trattamento sanitario forzato – hanno commesso una “aberrazione giuridica“, tanto che il caso – si apprende – approderà in Parlamento tramite interrogazione. In particolare, si sarebbe configurata la violazione degli articoli 21 (libertà di espressione con ogni mezzo di diffusione) e 32 (in basso, nel disclaimer) e della Legge 833/1978. A sostenerlo è il legale del giovane.

“Non c’erano i requisiti di legge per il TSO”

L’avvocato sostiene infatti che non ci fossero “i requisiti di legge per il TSO” , e che gli atti acquisiti difettassero “di motivazione”. La normativa vigente, infatti, dispone che prima di procedere a un trattamento forzato che di sicuro lascia conseguenze sul soggetto che lo riceve, debbano giungere due certificazioni scritte da parte di due diversi medici all’ufficio del sindaco, e che – aspetto non di poco conto – il soggetto debba essere invitato a ricevere cure. I tempi sono dunque piuttosto lunghi, di sicuro giorni, e stimabili a seconda della gravità del comportamento del soggetto. Ma a Ravanusa, per ammissione dello stesso sindaco, tutto è successo da un momento all’altro, e proprio dopo che Musso ha espresso la sua opinione con un megafono dicendo che “non c’è nessuna pandemia”.

Il caso del “picchiatore seriale dell’Arcella”

Musso era pericoloso? Nel 2014 in provincia di Padova ci fu il caso del “Picchiatore dell’Arcella”. La vicenda è documentata dal mattino di Padova. Si tratta dell’allora 33enne Mohajer Kourosh, iraniano colpevole di ben sette aggressioni fisiche “feroci”, stando al termine utilizzato dalla testata. Mohajer senza dubbio è uno di quei mirabili esempi di integrazione: sua l’aggressione a una coppia di anziani, suoi i pugni contro un sessantenne e le minacce a un altro anziano “con un calcinaccio”. Conducibile a lui anche l’aggressione di tre agenti di polizia che tentavano di fermarlo.

Caro sindaco, valuti lei se il picchiatore di anziani debba ricevere il Tso. Cordialità

Eppure per lui il sostituto procuratore Sergio Dini scriveva: “Quanto sopra affinché la signoria vostra valuti, nell’ambito delle competenze e delle attribuzioni che le sono proprie, l’opportunità di procedere a Tso nei confronti del predetto. Cordialità”. Come andò a finire? Che più di un mese dopo “Mohajer è stato rintracciato e intrattenuto dagli uomini della polizia municipale negli uffici del commissariato di via Pietro Liberi. L’uomo (…) è stato trasportato in ambulanza al Pronto soccorso dopo una prima valutazione del medico del 118 accorso sul posto su richiesta della polizia municipale”.

Per gli aggressori ultimatum e inviti scritti. Per chi esprime la propria opinione, internamento coatto

“Come sempre avviene in casi del genere – si legge ancora – la valutazione su un eventuale trattamento sanitario obbligatorio, sarà condotta dallo psichiatra di turno che, sentito un secondo collega come prescritto dalla legge, redigerà l’apposito verbale ed eventualmente la sottoporrà al sindaco per la firma. Tale evenienza non è accaduta in nessuno dei tre fermi di polizia operati da polizia e carabinieri (…) Sabato, come risulta da documentazione depositata presso l’azienda ospedaliera, lo psichiatra di turno non ha ritenuto necessario avviare la procedura del Tso”.

A Ravanusa c’erano davvero condizioni tali di “squilibrio” da legittimare l’operato del sindaco e degli altri?

Questo il caso di un picchiatore seriale abituato ad aggredire gli anziani a pugni in faccia, per cui l’autorità preposta “non ha ritenuto necessario avviare la procedura del Tso”. A Ravanusa lo “squilibrio” manifestato – era maggiore di questo? Sarà chi di competenza a stabilirlo, tanto più che la famiglia del giovane – fa sapere l’avvocato – ha denunciato l’accaduto. Che, si legge, approderà anche nei Palazzi istituzionali tramite un’interrogazione parlamentare.

Direttore e Founder di Rec News, Giornalista. Inizia a scrivere nel 2010 per la versione cartacea dell'attuale Quotidiano del Sud. Presso la testata ottiene l'abilitazione per iscriversi all'Albo nazionale dei giornalisti, che avviene nel 2013. Dal 2015 è giornalista praticante. Ha firmato diverse inchieste per quotidiani, siti e settimanali sulla sanità calabrese, sulle ambiguità dell'Ordine dei giornalisti, sul sistema Riace, sui rapporti tra imprenditoria e Vaticano, sulle malattie professionali e sulle correlazioni tra determinati fattori ambientali e l'incidenza di particolari patologie. Più di recente, sull'affare Coronavirus e su "Milano come Bibbiano". Tra gli intervistati Gunter Pauli, Vittorio Sgarbi, Armando Siri, Gianmarco Centinaio, Michela Marzano, Antonello Caporale, Vito Crimi, Daniela Santanché. Premio Comunical 2014. Autrice de "I padroni di Riace - Storie di un sistema che ha messo in crisi le casse dello Stato". Sito: www.zairabartucca.it

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Ispezioni su quattro reparti psichiatrici italiani, emerge quadro inquietante

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Ispezioni su quattro reparti psichiatrici italiani, emerge un quadro inquietante

Pubblicato il rapporto del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e delle Pene e Trattamenti Inumani o Degradanti (CPT), un’emanazione del Consiglio d’Europa, sul risultato dell’ispezione in quattro reparti psichiatrici italiani. Ne esce un quadro inquietante, clamorosamente in contrasto con la narrativa prevalente che dipinge il Belpaese come un paradiso psichiatrico.

Il CPT esegue ispezioni quadriennali in tutti i paesi della Comunità Europea per verificare l’adeguatezza agli standard comunitari nei loro ambiti di competenza (psichiatria, residenze per anziani, carceri e immigrazione). Dal 2004 in poi, le ispezioni del CPT in Italia si sono sempre concluse con raccomandazioni, regolarmente ignorate, di risolvere le gravi carenze.

Le ispezioni, svolte tra marzo e aprile 2022 in quattro reparti psichiatrici ospedalieri (Milano Niguarda, Melegnano, Cinisello Balsamo e Roma San Camillo) rivelano un’incapacità di staccarsi dal modello manicomiale.  Queste, punto per punto, le critiche rivolte all’Italia dal Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura:

·        Eccessivo uso della contenzione fisica in tutti gli SPDC visitati (con punte in Lombardia, dove l’otto percento dei pazienti ricoverati in psichiatria è legato – centinaia di pazienti ogni anno)

·        Eccessiva durata della contenzione fisica (in media diversi giorni) in contrasto con lo standard CPT, che non esclude la contenzione, ma la vede come strumento da usare in pochi casi e per un tempo limitato.

·        Eccessivo ricorso, nella contenzione, allo ‘stato di necessità’ (art 54 del codice penale: stabilisce l’impunibilità di chi commetta un reato spinto dalla necessità di salvare sé o altri). Ciò rappresenta un cortocircuito giuridico, che annulla i diritti dei pazienti.

·        Uso della contenzione su pazienti ‘volontari’ in violazione delle raccomandazioni del Comitato per la Prevenzione della Tortura, che non contemplano questa possibilità. Grottesca la risposta pervenuta al CPT: se aprissimo una procedura di TSO ogni volta che leghiamo un paziente peggioreremmo le statistiche dei TSO! Questo, oltre a rappresentare un controsenso (perché mai si dovrebbe legare un paziente volontario?) priva le persone soggette a contenzione di ogni strumento giuridico di difesa.

·        Mancanza di una vera tutela giuridica nei TSO perché il giudice tutelare, in barba alle raccomandazioni reiterate dal CPT ogni quadriennio dal 2004 a oggi, svolge una funzione meramente burocratica, paragonabile al timbrare una lettera in un ufficio postale: firma un modulo prestampato, senza mai entrare nel merito, valutare il caso specifico né vedere personalmente il malcapitato – nemmeno tramite video. Lo standard europeo, utilizzato in quasi tutti i Paesi della UE, compresi quelli dell’est, prevede invece che il giudice veda la persona e ascolti le sue ragioni, non solo in occasione del primo TSO ma anche prima di ogni eventuale rinnovo.

·        Mancanza di informazioni ai pazienti. Molti di quelli intervistati dal CPT erano incoscienti del loro stato giuridico, non sapevano se fossero volontari o sotto TSO, e non erano consapevoli dei loro diritti. In quasi tutti i paesi UE, compresi quelli dell’ex Jugoslavia, nei reparti di psichiatria sono presenti brochure con spiegazione della procedura e dei diritti del paziente.

·        Condizioni igieniche inadeguate (soprattutto al San Camillo, ma anche in Lombardia) e assoluta mancanza di accesso a zone di verde e all’aria aperta, anche questo in contrasto con lo standard prevalente in Europa (est e ovest) e con quanto richiesto dal CPT.

·        Assenza o inadeguatezza di alternative terapeutiche all’uso di farmaci (attività ricreative o riabilitative o terapeutiche) per tutti gli SPDC ispezionati, in netto contrasto con lo standard europeo.

Secondo il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, la riforma dei servizi di salute mentale in senso garantista non è più rinviabile. La normativa attuale, erroneamente chiamata ‘legge Basaglia’ ha semplicemente riprodotto la prassi manicomiale in ambito ospedaliero. I servizi di salute mentale dovrebbero adeguarsi alle raccomandazioni preveniente dalle autorità internazionali (Ufficio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, Organizzazione Mondiale della Sanità, Convenzione Europea sui Diritti delle Persone con Disabilità e Comitato per la Prevenzione della Tortura) che richiedono a gran voce il rispetto dei diritti umani, l’abolizione delle pratiche coercitive e il superamento del modello organicista-farmaceutico.

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ATTUALITA'

Nasce l’Alleanza per la Libertà di Scelta

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Si è costituita un’Alleanza tra numerose realtà organizzate, operanti in ambito nazionale e locale, per l’avvio di un’azione comune tra quanti intendono proporre un cambio di paradigma a livello normativo, amministrativo e delle prassi operative concernenti le persone che vivono un disagio psicosociale e coloro che agli stessi sono spesso assimilati sul piano dello stigma sociale e della privazione di ogni diritto, assumendo a pretesto la loro più o meno presunta incapacità di decidere per sé stessi. L’organismo si chiama ALIBES, l’Alleanza per la Libertà di Scelta e il Bene-Essere psicoSociale.

Nell’ambito delle attività pubbliche rivolte a persone con disabilità psicosociali o a rischio di discriminazione in ragione della propria vulnerabilità – dichiarano i promotori – ci troviamo di fronte a fenomeni di sistematica lesione dei diritti fondamentali della persona ed al persistere dell’obsoleto modello organicistico, in flagrante violazione delle raccomandazioni ONU e OMS”.

“E’ fondamentale che vengano introdotti specifici vincoli che pongano fine all’arbitrio sperimentato dalle persone e dalle famiglie nell’incontro coi servizi, e che si creino le condizioni utili e necessarie per garantire il diritto di far valere le proprie ragioni a fronte di interventi sanitari coercitivi, evitando che la condizione di “disagio” diventi un “biglietto d’ingresso per una terra di nessuno” ove i più fondamentali diritti dell’individuo, sono cancellati“.

“Già nel 2016, il Comitato ONU per i Diritti delle Persone con Disabilità segnalava al nostro Paese le urgenti riforme necessarie in tema di interdizione e inabilitazione: una riforma della figura di amministrazione di sostegno, affinché essa non possa più essere impropriamente intesa come regime decisionale sostitutivo della persona beneficiaria, ma si configuri come un supporto all’espressione delle volontà della persona stessa; va anche rivista la disciplina del trattamento sanitario obbligatorio (in accordo anche alle ripetute, da ormai vent’anni, raccomandazioni del Comitato di Prevenzione della Tortura – CPT), e quella delle misure di sicurezza per le persone non imputabili (le REMS e l’eterna libertà vigilata)“.

“E’ altresì urgente una serena ed equilibrata rivalutazione critica delle evidenze relative al rapporto tra benefici e rischi delle principali classi di psicofarmaci, valorizzando tutte le evidenze disponibili sui percorsi di deprescrizione (considerati i costi economici e sociali delle terapie farmacologiche a lungo termine e delle disabilità fisiche e funzionali che ne possono derivare)“.

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TSO E (IN)GIUSTIZIE

Abolire l’elettroshock regolato da una vecchia circolare di Rosy Bindi

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Abolire l'elettroshock regolato da una vecchia circolare di Rosy Bindi | Rec News dir. Zaira Bartucca

Uno studio recente, pubblicato dalla rivista Acta Psychiatrica Scandinavica rivela che dopo ricevuto elettroshock (noto anche come TEC – terapia elettroconvulsivante) il rischio di suicidio del paziente aumenta di 44 volte paragonato alla media della popolazione. Secondo il CCDU, Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani, un guardiano della salute mentale, questo studio rafforza le tesi di chi chiede la messa al bando di questa ‘terapia’. 

Molti credono che l’elettroshock sia obsoleto e non sia più praticato in Italia. In realtà, questa controversa terapia è regolamentata da una circolare ministeriale firmata nel 1999 dall’allora Ministro della Salute Rosy Bindi che, pur senza vietare la somministrazione di scosse elettriche da 400 volt nel cervello dei pazienti, limita i casi in cui può essere praticata, ed enfatizza la necessità di un vero consenso informato. Tra le controindicazioni citate nella circolare, lesioni cerebrali, ipertensione endocranica, emorragia endocranica recente, infarto miocardico e altre malattie cardiovascolari, distacco retinico, ipertensione grave, malattie degenerative gravi dell’apparato osteoarticolare, e feocromoticoma (tumore delle ghiandole surrenali). 

Nella premessa, la Circolare Bindi evidenzia come “nonostante la grande quantità di ricerche condotte negli ultimi decenni, non sia stato ancora chiarito il meccanismo d’azione della TEC”. Eppure, quattordici anni dopo, una commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dal Sen. Ignazio Marino rivela la persistenza in Italia di una ventina di centri in cui si pratica questa ‘terapia’. Stando alle segnalazioni pervenuteci, i rischi dell’elettroshock e la sua scarsa efficacia, come elencati nella circolare ministeriale, non sempre sono spiegati in maniera chiara, facendoci ritenere che i consensi ottenuti siano assai meno ‘informati’ di quanto non si voglia credere.

A questo proposito vale la pena ricordare come la perdita di memoria e i danni cerebrali causati da questa ‘terapia’ possono produrre un tale stato di disperazione da indurre il paziente al suicidio. Tra le persone sottoposte a elettroshock, sono molti a descriverlo come una vera e propria tortura. Il recente studio, condotto dai ricercatori dell’Università di Aarhus in Danimarca, ha preso in considerazione i dati del registro nazionale danese, identificando tutti i pazienti che hanno subito TEC nel decennio 2006-2016. Tra questi, 161 (1,4%) hanno commesso suicidio entro due anni, ma la percentuale sale a un incredibile 17% nel gruppo di pazienti maschi di età compresa tra 50 e 69 anni.

La ricerca danese conferma I risultati di uno studio precedente, pubblicato nel 2022 sul Journal of Clinical Psychiatry, secondo il quale, contrariamente a quanto sostengono i somministratori di scosse elettriche, l’elettroshock non diminuisce il rischio di suicidio. Kenneth Castleman, ingegnere elettronico con un dottorato di ricerca in Ingegneria Biomedica, spiega come la corrente elettrica causa due reazioni ben distinte nel cervello. L’energia viene convertita in calore, riscaldando il cervello.

La temperatura aumenta all’aumentare della corrente, e può raggiungere un livello tale da causare danni temporanei o permanenti alle cellule cerebrali e perfino morte. Il secondo effetto deriva dalla natura pulsata della corrente elettrica somministrata dalle macchine per elettroshock. Questo alternare di tirare e spingere sulle membrane cellulari causa un effetto ‘martello pneumatico’ che crea dei buchi nella membrana – un processo noto come elettroporazione (la creazione di pori per mezzo dell’elettricità) in grado di produrre danni cerebrali. 

Il CCDU non ha dubbi: è giunta l’ora di bandire una volta per tutte questa terapia e renderla illegale in Italia. Se vi propongono la TEC, come “terapia salvavita” potete rispondere citando queste ricerche, e potete anche presentare un esposto per sospetta falsa informazione. Se conoscete qualcuno – un familiare o conoscente – che abbia subito danni o addirittura commesso suicidio in seguito a elettroshock, riferitelo al CCDU.

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LA SEGNALAZIONE

TSO ingiusti, ci giunge una segnalazione inquietante da San Donato Milanese

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TSO ingiusti, ci giunge una segnalazione da San Donato Milanese che ha dell'inquietante | Rec News dir. Zaira Bartucca

E’ giunta in redazione una seconda segnalazione (qui la prima) su un caso di TSO “ingiusto” che starebbe avvenendo a San Donato Milanese ai danni di una 54enne. L’uso del condizionale è d’obbligo, visto che i fatti riportati sono ancora oggetto di verifica da parte nostra. Riportiamo la seconda missiva così come ci è giunta, provvedendo ad abbreviare i nomi riportati per intero. Come si leggerà, è una missiva piuttosto inquietante, che racconta di una donna ridotta in stato di disabilità da una serie di ASO e di TSO. Questi sono considerati ingiusti dalla sorella, che riporta anche una serie di violazioni dei diritti umani che si sarebbero verificate. Siamo a disposizione delle associazioni e dei colleghi giornalisti che vorranno occuparsi della vicenda e anche di chiunque altro volesse fornire la sua versione dei fatti.

Buonasera redazione di Rec News, vorrei segnalare che ancora ad oggi avvengono questi ricoveri da parte del CPS di San Donato Milanese i dottori D.S. e G. (cognomi) con la collaborazione di G.S. (nome e cognome) un’assistente sociale che è poco del sociale. Queste persone continuano ad attestare che mia sorella è pazza, che è una schizofrenica. Nel 2019 mia sorella Michela aveva fatto fare una relazione medica da parte di una psichiatra iscritto al Foro di Lodi come perito.

Questo psichiatra dopo una serie di incontri aveva comunque concluso che Michela era una persona che non era assolutamente disturbata da un punto di vista psichiatrico, una persona praticamente normale. Questa relazione è stata anche depositata al Tribunale di Lodi presso l’area di volontaria giurisdizione. Nonostante ciò, dopo cinque anni si può dire che ogni mese se mia sorella Michela si rifiuta di fare questo puntura a base di cocktail di psicofarmaci c’è sempre questa dottoressa D.S. Del CPS di San Donato Milanese che fa fare ordinanze da parte del sindaco di San Giuliano Milanese per fare ASO e se mia sorella Michela si ribella a queste decisioni della dottoressa D. S. di fare queste cure partono i ricoveri coatti detti TSO.

Oggi è successo che ci siamo visti arrivare la polizia locale per l’ennesima volta e ci hanno costretti ad andare con l’ambulanza all’ospedale di Melegnano con la scusa di un controllo, ma un controllo non era, c’era una psichiatra con una puntura con una siringa che ha iniettato il braccio di mia sorella e continuava a ripetere che ci sono dieci psichiatri dell’ospedale di Melegnano di Vizzolo che attestano che Michela M. è pazza, schizofrenica.

Quando poi ho chiesto di sapere i nominativi di questi dottori, non mi sono stati assolutamente forniti. Dopo avergli somministrato questo cocktail di farmaci hanno preso mia sorella, l’hanno praticamente sbattuto su una lettiga e l’hanno lasciata lì a marcire per tre ore dopo che la polizia locale aveva assicurato che almeno il rientro a casa sarebbe avvenuto con un’ambulanza chiamata e pagata dall’ospedale di Melegnano Vizzolo Predabissi.

Altro fatto sconcertante è che oltre che aver piegato completamente la volontà di mia sorella, si può dire plagiato e manipolato, l’aspetto più pesante è l’abbandono totale di una persona ridotta oramai in uno stato di totale invalidità. Mia sorella Michela dopo tutti questi massacranti psicofarmaci somministrati non è più autonoma non solo se deve fare anche una visita medica, perché magari sta male fisicamente.

I dottori hanno dei preconcetti che mia sorella si inventi le malattie intanto all’ospedale dove sono, Vizzoli Predebissi, mia sorella all’ultimo ricovero TSO è venuta a novembre 2022 e hanno trascurato completamente una necrosi alla testa del femore e anca gamba destra. Ormai non si può fare neanche più nulla che sostituirla con una protesi ma siamo dovuti andare in un’altra struttura ospedaliera perché a Melegnano si sono rifiutati di procedere a fare l’operazione di protesi.

Sta facendo dei passi indietro ci si chiede come mai una persona si ritrova con questi problemi in un’età adulta di 54 anni. La prima segnalazione al CPS di San Donato Milanese è stata fatta da tre parenti, due sorelle e un cognato di nome O., R. e C. Queste persone hanno fatto false segnalazioni e queste persone invece che lavorano al GPS hanno creduto a tale versione e hanno in questo caso forzato a dei ricoveri TSO presso l’ospedale di Vizzolo. L’unica sono io che non dico falsità: mia sorella non è una malata mentale e nemmeno ci sono parenti o discendenti che abbiano avuto malattie mentali.

Nonostante ciò ogni mese la polizia locale di San Giuliano Milanese si presenta davanti al cancello e fa irruzione nell’abitazione di mia sorella Michela violando in questo caso anche la proprietà privata con la minaccia che se non si fa ricoverare immediatamente partono subito TSO e sono sempre fatti da personale e ospedale di Vizzolo Melegnano con l’autorizzazione del sindaco.

Io ritengo che è stato violato comunque il diritto di tutti noi esseri umani non solo di mia sorella, il diritto di libertà di scelta del medico e delle cure. Ci sono un infinito repertorio di leggi costituzionali che sono state violate da questi individui. Questa cosa non finirà perché ogni mese si ripresenta inesorabilmente, perché non dicono quando smetteranno con queste cure balorde che somministrano alla povera Michela, persona comunque indifesa che tutto il resto della società umana tranne voi della redazione si sono completamente dimenticati di aiutarla e applicare quelle che sono le regole del buon samaritano.

Non ci vuole poi tanto, talvolta basterebbe anche un sorriso e lasciare le persone libere di scegliere e andare dai dottori più idonei, dove viene riposta fiducia. Vi chiedo gentilmente di aggiungere questa comunicazione alla vostra testata giornalistica. Vi ringrazio siete gli unici che mi avete dato una mano, mi sono rivolta anche a più di un’associazione dei diritti umani ma non sono mai stata contattata nemmeno dall’avvocato C. Ringrazio di cuore, Anna M.

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