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La distorsione di quanto avviene a Riace è un’abitudine lontana da criteri professionali che in molti faticano ad abbandonare. I fatti, per alcuni giornalisti in evidente conflitto di interessi, si possono piegare, distorcere e ricostruire come meglio si crede. I giornali locali e no sono pieni di comunicatori strategicamente posizionati: c’è chi fa parte della fondazione “E’ stato il vento”, chi è sposata con l’ex proprietario del frantoio della discordia da 360mila euro, chi utilizzava le case dei migranti come un albergo e chi lavora per un giornale che raccoglieva soldi per Lucano e per gli altri, salvo interrompere la raccolta quando il “modello” si è trasformato in una questione giudiziaria.

Una decisione squisitamente politica

Così, non stupisce più di tanto il favoreggiamento e l’ennesima costruzione che è stata compiuta per il ritorno dell’ex sindaco a Riace disposto dalla Procura di Locri. Cessato ogni incarico politico di Lucano e passato il pericolo di diventare consigliere (sono ventuno gli unici parenti e amici che lo hanno votato, e per avere un metro parallelo di giudizio è sufficiente soffermarsi sul fatto che gli imputati dell’operazione Xenia sono ventisei) l’ex sindaco è tornato a Riace perché, rilevano gli inquirenti, non ci sarebbero ulteriori pericoli di perpetrare condotte illecite. Una decisione che appare squisitamente politica, e che non a caso giunge proprio a esordio del nuovo governo.

Lucano vorrebbe “tornare a fare il sindaco”. Intanto i riacesi chiedono discontinuità rispetto al passato

Lucano ha annunciato che continuerà a fare quello che ha sempre fatto tramite la fondazione che fa capo a lui e agli altri imputati dell’operazione Xenia, e anzi questa mattina a Tgcom 24 ha espresso il desiderio di “tornare a fare il sindaco”. Lucano e le anime belle a convenienza, insomma, sembrano volerne approfittare del momento di debolezza della giunta Trifoli a seguito delle dimissioni di Claudio Falchi, il consigliere comunale al centro di una querelle sull’incandidabilità che stando ad alcuni osservatori non è riuscito a perdonare una politica del “lasciar fare”. Per altri, a pesare è stata invece una condanna per bancarotta. A Riace, consigliere o meno, ci si aspettava una discontinuità che probabilmente non è ancora arrivata proprio per la pressione mediatica che giunge dalla stampa asservita a Lucano e ai partiti vicini. Logiche distorte che trasformano Riace Rinasce nella Lega (ma in realtà è una lista di cui fanno parte persino reduci del centro-sinistra) e che trasformano la voglia di cambiare in volontà di “cancellare” quello che ha fatto Lucano. E su quello che ha (realmente) fatto, invitiamo alla lettura de I padroni di Riace. Nel testo non c’è costruzione romanzata, ma solo la cronaca nuda e cruda ripercorsa tramite documenti, relazioni con tanto di cifre della Guardia di Finanza, intercettazioni in cui Lucano ammette i fondamenti del suo sistema e i motivi della sua nascita.

“Questa non è giustizia. Siamo arrabbiati”

Tutte cose che Lucano, i suoi cantori e i ventuno sodali che lo hanno votato sono risoluti a non ammettere per l’ovvia necessità che l’inganno continui. Il vecchio adagio dice: a danno fatto, negare. Tanto la giustizia italiana è sempre dalla parte dei casi mediatici. I pochi che lo sostengono per interessi diretti, poi, non hanno perdonato la volontà dei riacesi di cambiare, di quegli stessi cittadini che “u curdu” ha sempre dimenticato e che ora sono arrabbiati: “quasi nessuno lo saluta”, ci ha confidato una testimone diretta. “Siamo arrabbiati, questa non è giustizia. Non ha mai avuto attenzione per la gente del posto. Mi ricordo di lui durante le feste: ai riacesi non ha mai offerto nemmeno un pezzo di pane, anzi con la gente del posto non parlava nemmeno. Parlava solo con quelli delle associazioni e con i migranti e stava sempre sotto un’albero con Abeba e Lemlem a bere birra”.

Nessun riacese. Solo qualche migrante ed esponenti delle associazioni hanno accolto Lucano

C’è chi, invece, ce l’ha proprio con i giornalisti: “Nessuno vuole mostrare la verità, qua non siamo per niente contenti. Perché non c’era nessuno del paese a correre incontro a Lucano? C’erano solo i migranti amici”. Nemmeno tutti perché, come abbiamo raccontato varie volte, Lucano è riuscito a totalizzare malcontento anche tra di loro, e prova ne siano le botte da orbi che ha ricevuto varie volte. Succedeva per la mancata erogazione dei pocket money e per i mancati pagamenti delle prestazioni. E i soldi ormai è noto che fine facessero. Ma che importanza possono avere il dissesto finanziario milionario ereditato dal Comune? La sottrazione di dieci milioni da parte delle associazioni accertata dalla Guardia di Finanza? Le false schede carburante? L’appartamento universitario della figlia di Lucano, Martina, pagato con i soldi dell’accoglienza?

Il “vestito” cucito da partiti e procure

Roba di poco conto, nel momento in cui la legge si cuce addosso su misura come fosse un vestito da adattare secondo le proprie esigenze. Per non parlarne, poi, se il vestito te lo confezionano – sartoriale – partiti e procure.

Direttore e Founder di Rec News, Giornalista. Inizia a scrivere nel 2010 per la versione cartacea dell'attuale Quotidiano del Sud. Presso la testata ottiene l'abilitazione per iscriversi all'Albo nazionale dei giornalisti, che avviene nel 2013. Dal 2015 è giornalista praticante. Ha firmato diverse inchieste per quotidiani, siti e settimanali sulla sanità calabrese, sulle ambiguità dell'Ordine dei giornalisti, sul sistema Riace, sui rapporti tra imprenditoria e Vaticano, sulle malattie professionali e sulle correlazioni tra determinati fattori ambientali e l'incidenza di particolari patologie. Più di recente, sull'affare Coronavirus e su "Milano come Bibbiano". Tra gli intervistati Gunter Pauli, Vittorio Sgarbi, Armando Siri, Gianmarco Centinaio, Michela Marzano, Vito Crimi, Daniela Santanché. Premio Comunical (2014, Corecom/AgCom). Autrice de "I padroni di Riace - Mimmo Lucano e gli altri. Storie di un sistema che ha messo in crisi le casse dello Stato". Telegram: t.me/zairabartucca - sito: www.zairabartucca.it

ATTUALITA'

Miele adulterato, “bloccare le frodi, più controlli sulle importazioni”

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Miele adulterato, "bloccare le frodi, più controlli sulle importazioni" | Rec News dir. Zaira Bartucca

“L’apicoltura è un’attività fondamentale non solo per il ruolo che riveste nel mercato agroalimentare europeo, ma soprattutto per la funzione vitale che esercita a difesa della biodiversità. Per questo, è necessario potenziare i controlli sulle importazioni e aggiornare subito l’elenco dei metodi di laboratorio per individuare e bloccare le frodi”. È quanto dichiara l’europarlamentare Francesca Peppucci a seguito della sottoscrizione dell’atto con cui il Parlamento europeo interroga la Commissione sulle azioni da intraprendere contro il miele adulterato.

“I più recenti risultati dell’azione coordinata dell’UE mostrano, infatti, che il 46% dei campioni di miele importati sembra essere adulterato e non conforme alle disposizioni della direttiva sul miele 2001/110/CE e che tale adulterazione sembra avvenire attraverso l’aggiunta di sciroppi di zucchero, additivi e coloranti, con l’obiettivo di ridurre il prezzo e di mascherare la vera origine geografica del nettare, falsificando le informazioni sulla tracciabilità”, dice ancora l’interessata.

“Una pratica di concorrenza sleale che mette a rischio il settore apistico europeo, italiano e umbro, compromettendo il lavoro prezioso di tanti apicoltori. Sono convinta che il nome dell’Italia o di qualsiasi altro Stato membro, debba essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale, specificando in etichetta ‘miscela di mieli originari della Ue’ nel caso in cui il prodotto provenga da più Paesi dell’Unione”, conclude Peppucci.

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PRIMO PIANO

Covid, iniziati gli interrogatori a Speranza e a Conte

Sono accusati di omicidio colposo plurimo e di epidemia colposa

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Covid, iniziati gli interrogatori a Speranza e a Conte | Rec News dir. Zaira Bartucca

Sono iniziati gli interrogatori di Giuseppe Conte e di Roberto Speranza, indagati per epidemia colposa e per omicidio colposo plurimo nell’inchiesta sulla gestione del Covid in Valseriana. Il leader del M5S con il suo avvocato e l ‘ex ministro Speranza sono entrati nel Tribunale dei ministri di Brescia da un ingresso secondario a bordo di auto con i vetri oscurati, come riporta il Giornale di Brescia. Conte è indagato per non aver istituito la zona rossa per isolare i comuni di Nembro e di Alzano Lombardo, Speranza per la mancata attuazione del piano pandemico. Le accuse sono epidemia colposa ed omicidio colposo plurimo. 

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OPINIONI

Non convince il presidenzialismo, né il premierato

“In una democrazia l’importante non è la governabilità, ma la rappresentanza” – di Vincenzo Musacchio

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Né presidenzialismo, né premierato. In una democrazia l'importante non è la governabilità ma la rappresentanza | Rec News dir. Zaira Bartucca

L’Italia è una Repubblica parlamentare con una forma di governo dove gli elettori votano i rappresentanti del Parlamento, i quali poi nomineranno il Presidente della Repubblica. Quest’ultimo nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri, che presiede il Governo. Nella Repubblica presidenziale gli elettori (cioè il Popolo) eleggono direttamente il Presidente della Repubblica, il quale diventa sia Capo dello Stato, che del Governo. Un tipico esempio di questa forma di governo è in vigore negli Stati Uniti. Il Premierato è una “pseudo-forma di governo” non ben definita basata sulla legittimazione popolare del Capo di Governo (Premier).

Quale che sia il metodo di designazione di quest’ultimo e la qualificazione costituzionale del ruolo, ciò che determina la natura della sua leadership (e degli assetti di regime politico che ne conseguono) è il tipo di rapporti di potere che lo legano al Governo, da una parte, e al Parlamento, dall’altra: per cui si parla di premierato “forte” o “debole”, a seconda del modo e del grado di autonomia e di supremazia nel rapporto Governo-Parlamento. In Italia una forma di premierato forte l’abbiamo vissuta già più volte.

Quale delle tre forme di governo, presidenziale, parlamentare o premierato, sia più idonea ad avvicinare l’Italia ai Paesi in cui la democrazia funziona da secoli? La mia scelta cade sulla forma parlamentare. È l’opzione più democratica e più italiana anche se non ha espresso mai a pieno le sue potenzialità per le degenerazioni dei partiti che da centro di interessi pluralistici sono divenuti poi partitocratici originando una precaria governabilità e crisi politiche frequenti.

Una democrazia rappresentativa, per funzionare, potrebbe anche essere bipartitica. Del tema, del resto, ne discussero anche i nostri Padri Costituenti con l’obiettivo di semplificare il quadro politico frammentario. Mi appello a tal proposito a Piero Calamandrei che in sede Costituente così disse: «Come si fa a far funzionare una democrazia che non possa contare sul sistema dei due partiti, ma che deve funzionare sfruttando o attenuando gli inconvenienti di quella pluralità di partiti la quale non può governare altro che attraverso un governo di coalizione?».

Ora il centrodestra, forte di un ampio consenso popolare, ci riprova con l’opzione presidenzialista, ma senza porre pregiudizi o preclusioni su altri modelli di riforma che mettano comunque i cittadini al centro delle scelte. Io sono per il legame diretto tra elettore ed eletto con le preferenze e con un bipartitismo alla inglese per superare definitivamente la stagione degli esecutivi che sovrastano il potere legislativo. Se riforma ci sarà spero sia con una maggioranza dei due terzi del Parlamento, evitando il rischio della demolizione con i referendum confermativi. La vera forza di una democrazia a mio parere non si gioca sulla governabilità ma sulla rappresentanza.

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POLITICA

Semipresidenzialismo o premierato, governo al bivio

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Semipresidenzialismo o premierato, governo Meloni al bivio | Rec News dir. Zaira Bartucca

Semipresidenzialismo e “premierato”. “Sindaco d’Italia” e presidente eletto dal popolo. Sono termini e locuzioni che negli ultimi giorni si rincorrono con sempre più insistenza nei palazzi, più interconnessi di quanto si possa credere alle vicende recenti della politica nostrana. Scissioni e nuovi adesioni, addii e cambi di casacca: è un maggio che è il preludio a un’estate più calda del solito, che la premier vuole sia caratterizzata dalla novità.

Via i vecchi assetti – quelli che impediscono ai governi di superare l’anno – e largo ai nuovi, passando per tutte le modifiche costituzionali di cui si è a lungo discusso e di cui si discute tuttora. Non è roba di poco conto, anche se a dare man forte alle velleità della Meloni c’è un teorico come Marcello Pera, che non a caso era stato individuato per il post-Mattarella.

Le ipotesi sono tante, ma tutte vanno in un’unica direzione: superare la Repubblica parlamentare e il suo bilanciamento di poteri tra governo e Parlamento. Un sistema che ha mostrato dei limiti non tanto per inadeguatezza strutturale, ma per l’uso che ne è stato fatto, con il ricorso continuo alla fiducia e il colpo inferto alla rappresentanza popolare.

L’idea del presidenzialismo, di una figura sola al comando, sembra essere naufragata per il timore trasversale di un accentramento eccessivo di poteri in un’unica persona. Uno scenario che, tuttavia, si discosta poco dal premierato, dove la novità sta tanto nel termine ma poco nella sostanza. Questa opzione prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio, che potrebbe contare su maggiori poteri e su nuovi margini d’azione, oltre che su un meccanismo rinnovato di fiducia e sfiducia “alla tedesca”. Anche in questo caso, il ruolo del premier ne uscirebbe decisamente rafforzato.

C’è poi il semipresidenzialismo “alla francese”, che prevederebbe una condivisione del potere esecutivo tra il presidente della Repubblica e il premier e il potere legislativo affidato comunque al Parlamento. Le danze si apriranno martedì, quando nella Biblioteca presidenziale della Camera inizieranno i tavoli con le opposizioni: Meloni, i due vicepremier Salvini e Tajani e il ministro delle Riforme Casellati ne riceveranno i rappresentanti, nel tentativo di trovare una quadra. Se non si troverà, dicono fonti vicine al governo, “la maggioranza andrà avanti da sola”.

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