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Cinque punti su cui il Pd non intende retrocedere, cinque proposte (oppure, vista la volontà di non metterle in discussione, imposizioni) che questa mattina sono state illustrate al Presidente dell Repubblica Sergio Mattarella nel corso delle consultazioni. Potrebbero rappresentare, nelle intenzioni del segretario Zingaretti, il ponte in grado di cucire le sorti dei “democratici” a quelle dei pentastellati, e allo stesso tempo il motivo di cesura tra sovranisti e resto del centro-destra. Da questi ultimi è giunta la richiesta di elezioni immediate, dagli altri rimane ferma l’idea di entrare a far parte della nuova compagine saltando il giudizio popolare. Una promessa di fedeltà incondizionata ai diktat europei, quella del fratello del “commissario Montalbano”, che tuttavia si è già scontrata con i primi commenti dell’influente sottosegretario in quota Movimento 5 Stelle Manlio Di Stefano, e dunque il matrimonio potrebbe non essere così scontato. Ma in che modo si possono interpretare i cinque punti finiti sul tavolo di Mattarella? Vediamoli uno per uno.

Appartenenza leale all’Unione europea

L’organismo presieduto da David Sassoli non gode di ottima salute. E, per dargli vigore, la nomina in posti chiave del giornalista caro alla galassia dem o della delfina di Angela Merkel o della teorica dei grillini Ursula Von der Leyen potrebbero non bastare. All’orizzonte si affacciano le ripercussioni della Brexit prevista per ottobre e contestualmente l’elezione di Boris Johnson (che proprio ieri ha dimostrato pugno fermo verso l’atteggiamento ricattatorio della Germania), la perdita di influenza dei partiti democratici che hanno il compito di federare e, non da ultimo, la rinnovata consapevolezza di chi va reclamando l’ovvia sovranità degli Stati, quella che l’Europa vorrebbe negare. Zingaretti e il resto di un Pd altrimenti estinto e impossibilitato a influire politicamente in caso di rispetto della prassi istituzionale, sono allora pronti a servire. Chissà che l’obbedienza non riesca a federare collateralmente, lontani da quanto previsto dalla Costituzione e, soprattutto, lontani dal giudizio degli elettori.

Centralità del parlamento

Era il pallino di Renzi che non ce l’ha fatta da dentro ma conta di riuscirci da fuori. Se il Senato è il secondo attore che permette di bilanciare le logiche politiche nell’ottica del bicameralismo, spostare il focus esclusivamente sul Parlamento significherebbe sì sveltire l’iter legislativo, ma esporsi a gravi pericoli in termini di leggi e di modifiche “porcata”. I dem sono chiamati a portarne a casa molte: da quelle costituzionali che consegnerebbero l’Italia alle mani dei burocrati di Bruxelles a quelle sul cambiamento climatico (punto tre) da quella sull’omofobia (che finirà col legittimare i diktat lgbt) alla cancellazione di quanto fatto dal passato governo, soprattutto in tema di Sicurezza e di gestione dei flussi migratori.

Sviluppo basato sulla sostenibilità ambientale

Qui il linguaggio è quello tipico dei testimonial di Agenda 2030 (non a caso Zingaretti parla con insistenza della “nostra” agenda, laddove il termine d’appartenenza non si riferisce necessariamente al Pd). E’ per chi non lo conoscesse, il piano circolare ordito dall’Onu e dall’Unione europea (che terminerà con la creazione dell’Eurafrica, come da Agenda 2063) per giustificare l’immigrazione di massa con la scusa del cambiamento climatico, per legittimare la crisi provocata dal vagare di nomadi senza sorte né occupazione e per cancellare i generi sessuali e conseguentemente l’ultimo barlume di identità. Un qualcosa, come sempre, mascherato dalle intenzioni migliori, supportato da grafiche accattivanti e basato su propositi “umanitari”. Un disegno che può essere presentato alla luce del sole (non serve più cospirare nelle stanze dei bottoni) e che corre attraverso meeting, seminari, attività legate alla comunicazione. Fa riflettere, da quest’ultimo punto di vista, che il Pd scelga per i suoi raduni, anche quelli più importanti – l’Ergife Palace Hotel a Roma della famiglia Fezia, tanto caro all’euro-sostenitore Ordine dei giornalisti.

Cambio nella gestione dei flussi migratori

Il contesto lo abbiamo dato nel punto precedente. Dal global compact in poi, è nota a tutti la volontà di spostare il baricentro della gestione dei migranti verso Bruxelles. Il motivo, ovvio, è quello di evitare in blocco le resistenze degli Stati a mantenere extra-comunitari anche in caso di scarse possibilità ricettive, laddove le “possibilità” sono prevalentemente quelle – spesso di per sé scarse – di offrire una collocazione lavorativa.

Pieno protagonismo dell’Europa

Qui è riepilogato il senso di tutti i punti precedenti, senza contare che il “protagonismo” non farà altro che relegare i governi legittimi al ruolo di “comparse”.

Svolta delle ricette economiche e sociale, apertura di una stagione di investimenti

Il riferimento è alla manovra licenziata e a quelle che il Pd conta di licenziare se riuscirà la congiura con i pentastellati. E’ in sede di bilancio che si fissano parametri che i “democratici” contano di far aderire come scotch ai dettami di Bce ed eurozona. La “stagione di investimenti”, poi, non è chiaro se sarà eventualmente per l’Italia o per chi nell’Italia depressa verrebbe a fare razzie, come quelle compiute dai tedeschi nei riguardi dei greci rovinati dall’austerità e dalla Troika (con il placet dell’Ue che intanto aiutava l’Africa che sta ormai al fresco, almeno economicamente). Verrebbe da optare per la seconda ipotesi, visto che l’Italia e gli italiani da Zingaretti e dagli altri non vengono mai nominati, salvo per frasi fatte che appaiono tutt’altro che spontanee e convincenti.

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ESTERI

Scandali, presunti decessi, arrivi e partenze. Il lavorìo per far cadere la Monarchia in Gran Bretagna

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Scandali, presunti decessi, arrivi e partenze. Il lavorìo per far cadere la Monarchia in Gran Bretagna | Rec News dir. Zaira Bartucca

E’ un brutto momento per la corona britannica. E, si direbbe, nulla è casuale. L’elezione di Carlo III ha dato il “la” – oltre che a un regno a guida maschile – alle mire di chi non vede di buon occhio la monarchia. E’ infatti con Carlo – sovrano flemmatico e poco carismatico – che si stanno di giorno in giorno moltiplicando le manifestazioni di chi chiede – a torto o a ragione – una nuova forma di governo per la Gran Bretagna.

Un modo per farle pagare l’uscita dall’Europa? O la conseguenza prevedibile della scomparsa di Elisabetta II? Non si sa ma quel che è certo è che anche a quelle latitudini i burattinai si stanno dando un gran da fare. Pianificando e diramando un comunicato clamoroso dietro l’altro, poi ripresi a ruota dai social: la malattia di Carlo, il ritorno a Corte dell’amico di Epstein Andrea e, adesso, perfino il decesso di Kate Middleton.

Quanto ci sia di vero è difficile saperlo. Quel che è certo è che l’obiettivo delle fughe di notizie – vere o presunte tali – è quello di restituire l’immagine di un regno debole, che si smantella ogni giorno di più a colpi di esternazioni tutt’altro che casuali.

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POLITICA

Europee, è bagarre sulla raccolta firme

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Europee, è bagarre sulla raccolta firme | Rec News dir. Zaira Bartucca

“Abbiamo inviato una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per chiedere il suo intervento istituzionale per fermare le norme liberticide contenute nella conversione in legge del decreto elettorale. Ci riferiamo all’emendamento, fatto approvare da Fratelli d’Italia, che restringe drasticamente le esenzioni dall’obbligo di raccogliere le firme per presentare nuove liste elettorali”. E’ quanto ha dichiarato Gianni Alemanno, Segretario nazionale del Movimento Indipendenza.

“Questo emendamento è chiaramente anticostituzionale perché modifica le regole del gioco a partita aperta, quando mancano solo 45 giorni (dei sei mesi previsti) al termine della raccolta delle firme per il deposito delle liste elettorale. In questo modo non solo si privano le nuove liste delle esenzioni previste da una consolidata legislazione, ma gli si impedisce di organizzarsi per raccogliere l’abnorme numero di firme necessarie per presentarsi alle elezioni europee se non si è già presenti nei parlamenti nazionale o europeo”.

“Questo numero di firme, invero – ha proseguito Alemanno – è stato dimezzato da 150.000 a 75.000 da un altro emendamento approvato successivamente, ma sempre troppo tardi per permettere alle nuove formazioni politiche di organizzarsi per la sottoscrizione”. Non a caso una recente Raccomandazione europea (n. 2829/2023 del 20/12/2023) sancisce che gli “elementi fondamentali della legge elettorale non dovrebbero poter essere modificati
a meno di un anno dalle elezioni” sia per garantire il rispetto delle regole democratiche che
per contrastare il fenomeno dell’astensionismo
“.

“L’emendamento inserito nel decreto elettorale è un vero e proprio attacco alla democrazia
che cerca di impedire l’accesso al gioco elettorale di nuove formazioni politiche, proprio in
un momento in cui il tasso di astensionismo in Italia ha raggiunto punte elevatissime e
preoccupanti. Per questo ci sono tutti gli estremi per un intervento correttivo del Capo dello
Stato, che è l’unica istituzione titolata ad un intervento preventivo per evitare di promulgare
norme di legge chiaramente contrarie al Dettato costituzionale”
, le parole di Alemanno.

La lettera al Presidente della Repubblica è stata inviata ieri con le firme di
Gianni Alemanno, del coordinatore calabrese di Indipendenza Franco Bevilacqua, del presidente del movimento Massimo Arlechino, di Michele Geraci e degli ex parlamentari Marcello Taglialatela, Fabio Granata, Michele Rallo e di Maria Grazia Martinelli.

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POLITICA

Truppe europee a Kiev, Tajani chiarisce la posizione dell’Italia

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Truppe europee a Kiev, Tajani chiarisce la posizione dell'Italia
Foto ©Denys Shevchenko/REC NEWS

Dopo le recenti uscite imprudenti di Emmanuel Macron – che ha parlato di una possibile invio di truppe francesi a Kiev – il capo della Farnesina Antonio Tajani ha voluto chiarire la posizione dell’Italia sul conflitto russo-ucraino. Lo ha fatto con un’intervista al Corsera pubblicata oggi. “Non siamo in guerra con la Russia, non lo siamo mai stati – le parole di Tajani – non ci sarà alcun intervento diretto dei nostri militari in quel conflitto, con carrarmati, aerei o uomini. Non se ne è mai parlato in ambito Nato e non capiamo perché oggi si debba evocare uno scenario del genere, che avrebbe conseguenze pericolosissime”.

Il ministro agli Affari esteri si è poi appellato alla necessità di “ottenere la pace, non allargare la guerra, e in più ha etichettato come impossibile un intervento diretto delle forze europee nel conflitto russo-ucraino. “Nella stessa Nato – ha spiegato ancora il ministro – è stato deciso che l’Ucraina potrà entrare a farne parte solo dopo la fine del conflitto, perché se l’ingresso fosse immediato saremmo costretti a intervenire”. Un qualcosa che nessuno vuole, nemmeno nel quartier generale del Patto Atlantico. “Nessuno – ha scandito Tajani – in ambito Nato ha mai parlato di intervento diretto, sappiamo bene quali conseguenze potrebbe avere un conflitto che rischierebbe di sfociare in nucleare”.

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POLITICA

Convegno
“Diciamo la verità” sull’inceneritore, il Comune di Roma nega gli spazi

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Evento "Diciamo la verità" sull'inceneritore, il Comune di Roma nega gli spazi | Rec News dir. Zaira Bartucca

A poche ore dal convegno organizzato da tempo in Campidoglio per fare il punto sul termovalorizzatore, al quale avrebbe partecipato anche Legambiente, le associazioni della Rete Tutela Roma Sud sono state contattate per un diniego all’utilizzo della sala del Carroccio in Campidoglio, regolarmente prenotata e concessa dagli uffici del Comune. Nonostante l’organizzazione abbia richiesto e proposto alternative, nulla è stato concesso. Ora la Rete Tutela Roma Sud chiede al Sindaco Roberto Gualtieri di confermare la disponibilità della Sala e partecipare al confronto e a un dibattito pubblico richiesto a più riprese.

“Sosteniamo con forza la richiesta della Rete Tutela Roma Sud al Sindaco, perché confermi la disponibilità del Campidoglio ad ospitare questo importante momento – commenta Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio – perché il dibattito e il confronto pubblico sono il cuore pulsante della partecipazione collettiva ma anche ossigeno del quale le amministrazioni si devono alimentare e non devono aver paura”.

“Abbiamo sempre sostenuto – ha proseguito Scacchi – l’inutilità e l’errore clamoroso della scelta della costruzione di un inceneritore a Roma, non solo a Santa Palomba ma in qualunque territorio fosse stato individuato, perché è tecnologia climalterante, vecchia, non finanziata dall’Unione Europea che la tasserà con le quote di emissioni di CO2, perché non elimina in alcun modo il ricorso alla discarica, perché è un investimento che bloccherebbe le politiche green per i prossimi trent’anni e oltre, e non creerebbe lavoro come farebbe l’impiantistica dell’economia circolare, come abbiamo raccontato già due anni fa insieme alla CGIL, attraverso il documento Capitale Circolare”.

“Dello stesso documento avremmo voluto esporre i dati nell’appuntamento di questo pomeriggio e se non sarà possibile farlo dentro il Campidoglio lo faremo dove avremo la possibilità, perché siamo convinti che con buone politiche di riduzione, aumentando al meglio della differenziata, costruzione di impianti di biodigestione anaerobica per l’organico in grado di lavorare più di 600 mila tonnellate annue di umido, raddoppio il numero di isole ecologiche, generazione di cinque nuove filiere sul recupero di tessile, RAEE, PAP, terre di spazzamento e plastiche miste, intercettando bene gli scarti da edilizia, non sia necessario nessun nuovo impianto di termovalorizzazione”.

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