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“Non hanno nessuna documentazione che attesta la solidità. Se qua c’è un terremoto e muoiono tutti e nessuno ha chiesto niente quando invece la legge è chiara… Io dove metto mano mi si drizzano i capelli”. Sono le parole di una delle funzionarie del ministero dell’Interno e dello Sprar che il 5 e il 6 settembre del 2017 da Roma giungono a Palazzo Pinnarò per effettuare dei controlli a seguito delle riscontrate ambiguità. Con l’occasione, verificano alcuni aspetti relativi al fabbricato, smascherandone – come da intercettazione – l’inagibilità. Il motivo c’è ed è la strana origine della sede di Città futura, il sodalizio di Riace campione nella distrazione di fondi formalmente presieduto da Fernando Antonio Capone, ma nei fatti gestito da Mimmo Lucano. Si trova al civico 20 di via Pinnarò che richiama, nel nome, l’origine dello stabile. E’ un appartamento con cantina destinato ad abitazione civile di sei vani e mezzo, e la sua storia recente c’entra con enti, organismi e volti noti della politica e dell’associazionismo: da Francesco Samengo al sottosegretario Vincenzo Spadafora, dal Ministero uscente per i Beni e le attività culturali alla Soprintendenza di Reggio Calabria.

Il lascito di Alfonso Pinnarò

La compravendita tra la divisione nazionale del Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia – in teoria preposto all’esclusivo sostentamento dei minori bisognosi – e i pezzi del sistema Riace avviene in forza del lascito testamentario di Alfonso Pinnarò, nato a Napoli il 25 aprile del 1932 e deceduto il 10 marzo del 2003. Singolare è la sua omonimia con un altro Alfonso Pinnarò (forse un parente) che nella Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n.64 del 1909 risulta sindaco di Riace. Nel giorno del decesso, Pinnarò tramite testamento divide i suoi averi e dispone che diverse unità immobiliari – tra cui quella sita a Riace – andassero a beneficio delle attività promosse dall’Unicef.

La compravendita tra Unicef e Città futura messa nero su bianco

Il 12 febbraio del 2019, appena quattro mesi fa, davanti a un notaio di Siderno siedono l’avvocato Selene Panzella e Fernando Antonio Capone. Panzella si trova lì in rappresentanza di Francesco Samengo, il presidente dell’Unicef di origini calabresi che, secondo alcuni atti vidimati, il 25 luglio del 2018 si presenta da un notaio di Civitavecchia. Deve formalizzare alcuni aspetti relativi alla procura acquisita da Ellen Yaffe, “comptroller” – direttore amministrativo – del Fondo per l’Infanzia. Il giorno, da verbale di riunione n.127, coincide con quello in cui Samengo la spunta su Diego Vecchiato per appena due voti, e viene eletto presidente. Prende il posto dell’attuale sottosegretario Vincenzo Spadafora, che nel 2011 in un documento del Mibac figura come “proprietario” di Palazzo Pinnarò. Capone è invece, per sua stessa ammissione, “il primo prestanome di Lucano”. Dall’intercettazione captata dagli inquirenti il primo luglio del 2017:

Capone: è uscito un altro papello
M. P. (moglie): di cosa
Capone: non so dove sia, me lo ha fatto vedere Jerri, che il nuovo prestanome di Domenico, il secondo prestanome di Domenico Lucano è Jerry Tornese
M. P. : e il primo sei tu?
Capone: che abbiamo preso una casa albergo e l’abbiamo pagata 180.000 euro, quella di Luzzo
M. P.: ma chi le dice? Chi le sa queste cose?

La citazione è doverosa in quanto, da sola, riesce a dare la misura di come nella trattativa ci fosse soprattutto l’ex sindaco di Riace, per quanto lo stesso non figuri mai nel carteggio di cui stiamo dando conto in anteprima.

Il Mibac ci mette il vincolo artistico

Per scavare tra le righe dell’accordo tra i riacesi e la dirigenza dell’Unicef, bisogna tuttavia tornare al 2009, sei anni dopo il lascito di Pinnarò. I tempi sono maturi per il decreto 326 del 7 settembre 2009, con cui il Mibac stabilisce che il fabbricato – che da riscontri planimetrici è un appartamento destinato ad abitazione civile – è “di interesse storico-artistico” per aspetti non meglio specificati. La disposizione viene formalizzata con il protocollo del 3 agosto del 2011 numero 5675, inviata per raccomandata al presidente dell’Unicef e per conoscenza alla Soprintendenza di Reggio Calabria. La “misura”, consente di porre un vincolo sull’immobile, che da lì in poi potrà essere prelato (cioè acquisito) in via prioritaria dal solo Mibac, come da Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004. Il Ministero dei beni e delle attività culturali è, però, lo stesso che sembra stia apparecchiando la tavola all’Unicef, che poi provvederà a smistarlo in direzione Riace. L’organismo specifica tuttavia che i lavori che riguardano Palazzo Pinnarò possono essere effettuati solo tramite l’autorizzazione della Soprintendenza di Reggio Calabria, e che questi devono limitarsi alla sola “conservazione dei volumi, degli elementi architettonici e delle cromie”. La questione inagibilità – già specificata nel contratto di vendita – in qualche modo si deve dunque cristallizzare.

La conclusione della trattativa

La trattativa sembra andare a buon fine: il prezzo stabilito è di 35mila euro, di cui 1750 vengono corrisposti all’Unicef tramite bonifico postale effettuato il 26 ottobre del 2018 dall’Ufficio di Riace. Per la restante somma la parte interessata, cioè Città futura nella persona di Capone, si impegna che venga corrisposta con metodi altrettanto tracciabili. Per giungere all’accordo e formalizzarlo quanto più possibile nell’ambito dei cavilli legali, sono serviti uno stuolo di notai, avvocati e deleghe varie, e un carteggio che sfiora le cinquanta pagine. Alla fine di tutto, però, l’immobile che già prima che se ne disponesse la vendita era utilizzato da Lucano e amici (lo testimoniano i documenti relativi all’operazione Xenia), sembra aver finalmente preso il largo verso Riace. E chissà se la buonanima di Pinnarò l’avrebbe destinato altrettanto volentieri all’accoglienza su carta e alla distrazione di fondi statali. Tra i bene informati c’è, poi, chi attribuisce il buon successo dell’improbabile accordo all’ascendente su cui potevano contare alcuni rappresentanti dell’Unicef: sarebbero stati vicini all’ex premier Matteo Renzi e, in forza di questo, capaci di seguire il filo rosso che notoriamente lega Lucano all’intellighenzia dem.

Direttore e Founder di Rec News, Giornalista. Inizia a scrivere nel 2010 per la versione cartacea dell'attuale Quotidiano del Sud. Presso la testata ottiene l'abilitazione per iscriversi all'Albo nazionale dei giornalisti, che avviene nel 2013. Dal 2015 è giornalista praticante. Ha firmato diverse inchieste per quotidiani, siti e settimanali sulla sanità calabrese, sulle ambiguità dell'Ordine dei giornalisti, sul sistema Riace, sui rapporti tra imprenditoria e Vaticano, sulle malattie professionali e sulle correlazioni tra determinati fattori ambientali e l'incidenza di particolari patologie. Più di recente, sull'affare Coronavirus e su "Milano come Bibbiano". Tra gli intervistati Gunter Pauli, Vittorio Sgarbi, Armando Siri, Gianmarco Centinaio, Michela Marzano, Antonello Caporale, Vito Crimi, Daniela Santanché. Premio Comunical 2014. Autrice de "I padroni di Riace - Storie di un sistema che ha messo in crisi le casse dello Stato". Sito: www.zairabartucca.it

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Abbandono scolastico, audizione presso la settima commissione del Senato

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Abbandono scolastico, audizione presso la settima commissione del Senato | Rec News dir. Zaira Bartucca

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Il testo dell’audizione presso la 7° Commissione del Senato che si è tenuta il 9 maggio su contrasto a povertà educativa, abbandono e dispersione scolastica

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Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D’Alema con la Bicamerale

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Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D'Alema con la Bicamerale del '97 | Rec News dir. Zaira Bartucca

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Il tentativo del governo Meloni di superare l’assetto istituzionale attuale è solo l’ultimo in ordine di tempo (come spiega il professore Musacchio in un’interessante analisi pubblicata su Rec News), ma tanti ne sono stati fatti dalla cosiddetta Seconda Repubblica in poi. Farà riflettere senz’altro gli elettori di centrodestra come uno dei primi esponenti politici a volere un premierato sia stato l’ex leader della sinistra Massimo D’Alema, tesserato del PCI nel 1968 e tra i padri fondatori del Partito democratico della sinistra.

Premierato, oggi Meloni chiede le stesse cose che voleva ottenere D'Alema con la Bicamerale del '97 | Rec News dir. Zaira Bartucca

Sua l’idea – come molti ricorderanno – di instaurare nel 1997 una Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, formata da 70 parlamentari. L’obiettivo era sempre lo stesso, e cioè accentrare ancora più poteri nelle mani del presidente del Consiglio, chiamato – tra le altre cose – a nominare e revocare i ministri a suo piacimento. L’esito della Bicamerale fu tutt’altro che scontato: i democratici di sinistra di D’Alema votarono ovviamente a favore, mentre i berlusconiani – oggi incarnati da Tajani e più vicini al premierato – votarono assieme alla Lega Nord a favore del semipresidenzialismo, come testimonia un articolo dell’epoca (in basso).

“L’Unità” del 05/06/1997

I lavori della Commissione si interruppero bruscamente un anno dopo, nel 1998, perché i partiti non riuscirono a trovare una quadra e perché le manovre di palazzo risultavano incomprensibili per l’elettorato. Un copione che potrebbe ripetersi anche stavolta.

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Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane

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Istat, a picco i consumi delle famiglie italiane | Rec News dir. Zaira Bartucca

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Forte calo della spesa delle famiglie. Lo registra Istat nella nota sull’andamento dell’economia italiana di febbraio appena pubblicata. “Lo scenario internazionale – rileva l’Istituto Nazionale di Statistica – resta caratterizzato da un elevato grado di incertezza e da rischi al ribasso. Si inizia a profilare un percorso di rientro dell’inflazione più lungo di quanto inizialmente previsto. Il Pil italiano, nel quarto trimestre 2022, ha segnato una lieve variazione congiunturale negativa a sintesi del contributo positivo della domanda estera netta e di quello negativo della domanda interna al netto delle scorte”. In basso il report integrale

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TSO a una 54enne, ci scrive il sindaco di San Giuliano Milanese

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TSO a una 54enne, ci scrive il sindaco di San Giuliano Milanese | Rec News dir. Zaira Bartucca

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Negli scorsi giorni abbiamo pubblicato una segnalazione da San Donato Milanese da parte di una signora – Anna M. – che riferiva di “quattro TSO ingiusti” a cui sarebbe stata sottoposta la sorella. In quel contesto ci siamo appellati ai colleghi giornalisti e alle associazioni di settore che avessero voluto occuparsi del caso, registrando la totale assenza da parte degli uni e degli altri. Ci è però giunta una risposta dal sindaco di San Giuliano Milanese, che pubblichiamo per completezza di informazione.

“La funzione svolta dal sindaco in materia di TSO e ASO, si riconduce al ruolo svolto quale autorità sanitaria locale, come previsto dalle norme vigenti (Legge n.180 e Legge n.833 del 1978). Il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) e l’Accertamento Sanitario Obbligatorio (ASO), rappresentano atti di carattere eccezionale rispetto alla generalità dei trattamenti sanitari volontari. Infatti il superamento dell’obbligo del consenso cosciente ed informato, avviene per tutelare la salute del paziente in quanto bene ed interesse della collettività, oltre che del soggetto stesso. Per tali ragioni i suddetti trattamenti sono due strumenti cautelari che richiedono una proposta da parte di medici competenti, condizione necessaria per la predisposizione dell’ordinanza da parte del sindaco quale autorità sanitaria locale. Cordiali Saluti”.

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