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Eurodeputati tra spese pazze e stipendi da capogiro | Rec News dir. Zaira Bartucca Eurodeputati tra spese pazze e stipendi da capogiro | Rec News dir. Zaira Bartucca

EUROPA

Eurodeputati tra spese pazze e stipendi da capogiro

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Per foraggiare gli eurodeputati, l’Unione europea destina 40 milioni di euro l’anno, ma ne spende più di 108 milioni. Che fine fa questo fiume di denaro e da quali voci di bilancio viene prelevata la somma necessaria a coprire tutti i costi? Impossibile saperlo. I politici di Bruxelles non sono chiamati a fornire rendiconti, cioè i dettagli delle spese sostenute. L’Unione europea fornisce loro un super budget per pagarsi collaboratori, portaborse e uffici ma – nei fatti – i locali sono invisibili (o inesistenti).

Stipendi, indennità e rimborsi passati al setaccio

Il quadro allarmante emerge da Eu Observer, che ha passato al setaccio stipendi, indennità e rimborsi vari, per giungere alla conclusione che i soldi che gli Stati affidano all’organismo siano “spesi male” per quello che riguarda i deputati. Ognuno di loro percepisce una paga mensile di 8.484 euro, cui si aggiunge l’indennità di spese generali (Gea) di 4.342 euro. La cifra tocca i 13mila euro al mese, ma non è abbastanza. Ecco allora l’indennità giornaliera per le “spese personali durante le sessioni” che è di 307 euro al giorno. L’ultimo giorno di lavoro nell’ambito dei consessi europei, è inoltre rigorosamente tax-free. E i dipendenti dei deputati, cioè segretari, portaborse e collaboratori vari? Anche se non vengono assunti (vista la mancanza di rendiconti non è possibile averne riscontro) il deputato – che calcoli alla mano percepisce un minimo annuo di 153.912 euro all’anno, al netto di rimborsi e indennità – usufruisce comunque del generoso budget che può toccare i 24.164 euro.

Quasi il totale degli eurodeputati si è rifiutato di fornire i documenti su uffici e spese proprie

In teoria la Gea dovrebbe essere destinata a “coprire il costo degli uffici nazionali dei deputati”. Eu Observer ha svolto un analisi dettagliata che ha riguardato i 28 Stati membri e i relativi deputati. Solo in 42 casi hanno riscontrato il pagamento di un affitto atto a sostenere il costo di un ufficio. In ben 249 casi i deputati hanno dichiarato di non possedere uffici, oppure si sono rifiutati di rivelare i loro indirizzi. Solo 53, sul totale degli interpellati, si sono dichiarati disponibili a condividere i loro documenti sulla spesa pubblica. Alla faccia della conclamata trasparenza. “Il Parlamento Europeo – afferma il team di indagine di Eu Observer – non controlla l’uso delle spese e i pagamenti. Non c’è alcuna documentazione disponibile sulle modalità di finanziamento. L’esistenza di uffici nazionali riconducibili ai deputati, inoltre, non è monitorata dal parlamento. Tutti aspetti che sembrano contraddire – concludono gli interessati – il fatto che i deputati debbano colmare il divario tra Bruxelles e i cittadini europei”.

In Polonia i deputati “peggiori”. L’indagine di un team internazionale formato da 29 giornalisti

In Polonia i deputati “peggiori”. I polacchi sono i principali destinatari dei fondi strutturali europei. Pur definendosi in linea teorica euroscettici, per gli anni che vanno dal 2014 al 2020 hanno incassato 82,4 miliardi. Con gli eurodeputati non va meglio. Nessuno tra la larghissima rappresentanza polacca costituita da 51 politici, ha voluto rispondere a domande inerenti le spese sostenute con le laute prebende di Bruxelles. Si tratta, insomma, di una questione assai spinosa per l’Europa. E mentre ricercatori come Nick Aiossa (UE officer di Transparency International) e Wouter Lupi (Università di Lugano) parlano di “gestione paradossale” per un organismo che vuole insinuarsi a tutti i costi nei bilanci degli Stati, la questione è approdata alla Corte europea di Giustizia. Qui l’ha portata un team internazionale formato da 29 giornalisti, ma l’istanza è, per il momento, congelata, nel senso che la Corte non ha minimamente inteso lavorarci su.

I partiti sovranisti hanno dimenticato l’uscita dell’Italia dall’Ue? Certo: il taglio dei deputati farà diminuire le poltrone locali, proprio mentre aumentano quelle disponibili a Bruxelles

E gli eurodeputati italiani? Messi da parte i lauti guadagni, sono cresciuti di numero. Dopo le elezioni del 26 maggio, come pronosticato da European election stats e come confermato dalla Provincia di Trento, è aumentato il contingente degli europarlamentari italiani, in particolare quelli in quota Lega e M5S. Con queste premesse, la possibilità di un’uscita dell’Italia dall’Unione europea si fa sempre più lontana, per non dire che rimane ferma ai proclami. Il taglio dei deputati, inoltre, farà diminuire le poltrone locali, rendendo necessario – ragionando nell’ottica dei partiti – il posizionamento di molti in altri organismi, magari di stanza a Bruxelles.

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EUROPA

Nuova follia europea per “ridurre lo spreco”: un’etichetta farà passare i cibi scaduti per buoni

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Nuova follia europea per "ridurre lo spreco": un'etichetta farà passare i cibi scaduti per buoni | Rec News dir. Zaira Bartucca

Dopo il recente ok all’immissione in commercio della farina di grillo, un nuovo spettro alimentare si aggira per l’Europa. E’ la dicitura “spesso buono oltre” con cui, in caso di approvazione, si tenterà di normalizzare e anzi incentivare il commercio di alimenti prima considerati scaduti. La modifica da apporre nelle etichette per il momento non è cosa fatta, ma la proposta è contenuta nella bozza di un atto delegato. Secondo l’Esecutivo Ue, l’aggiunta sarebbe opportuna “per ridurre lo spreco alimentare”, perché la nuova dicitura consentirebbe “una migliore comprensione della data di scadenza”. Bruxelles ammette che la nuova etichetta potrà convincere una persona ad acquistare un cibo scaduto, perché in grado di“influenzare il processo decisionale dei consumatori in merito all’opportunità di consumare o eliminare un alimento”.

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ESTERI

L’azione meschina del PPE: ecco come ha raffigurato il presidente della Bielorussia Lukashenko

La raffigurazione estrema e violenta scelta dalla coalizione europea che ospita anche Forza Italia

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L'azione meschina del PPE: ecco come ha raffigurato il presidente della Bielorussia Lukashenko | Rec News dir. Zaira Bartucca

Dietro le sbarre, imprigionato. E’ la raffigurazione estrema e violenta che il PPE – la coalizione popolare di cui fanno parte Ursula Von der Leyen ed esponenti di Forza Italia – ha scelto per rappresentare Lukashenko (a questo link). L’immagine non è un episodio di satira, ma la scelta dell’organo ufficiale di un partito. Un segno dei tempi e di un dibattito politico connotato sempre più da toni aspri, da fanatismi ciechi e da estremizzazioni. Il presidente della Bielorussia è stato eletto ad agosto del 2020 attraverso una sorta di plebiscito popolare, portando a casa l’80,23% delle preferenze. Resta tuttavia inviso ai gerarchi europei che vogliono imporre la loro alternativa costruita. Una degli sfidanti in corsa nelle ultime presidenziali bielorusse è stata Svetlana Pilipchuck, nota come Tikhanovskaya. Il PPE la considera, con il 6% che ha ottenuto, il “presidente eletto”. In realtà Tikhanovskaya ha sostituito il marito che era in corsa prima di lei, ma che ha dovuto rinunciare alla candidatura per le indagini che lo interessavano. Attualmente si trova in carcere (lui sul serio), per reati accertati che nulla hanno a che vedere con la dissidenza politica.

Il presidente scomodo che scompagina i piani

Ma perché l’Unione europea e i partiti più spiccatamente europeisti ce l’hanno a morte con Lukashenko? Se è difficile fornire una risposta univoca, bisogna ricordare che lo scorso anno il suo esecutivo ha rifiutato i 940 milioni che gli erano stati offerti per inscenare il piano pandemico e il lockdown, per condurre la popolazione bielorussa all’esilio domestico e per obbligarla ai tamponi e all’utilizzo costante della mascherina. Il presidente della Bielorussia in quel contesto fece sapere di aver declinato ogni offerta giunta dal Fondo monetario internazionale: “Non balleremo per nessuno – aveva riferito – e non faremo come ha fatto l’Italia”. Coincidenza vuole che alle dichiarazioni siano seguiti i soliti disordini di piazza a orologeria.

L’emergenza comoda al confine con la Polonia

Attualmente, l’Unione europea sorride sottecchi per le tensioni al confine della Polonia, dove le provocazioni sono all’ordine del giorno. Alcuni osservatori oculari denunciano il lancio continuo di pietre sui migranti dal fronte polacco, mentre lo stesso Lukashenko nelle scorse settimane aveva denunciato l’utilizzo di idranti sulla folla di accampati, tra cui ci sono anche molti bambini e neonati. Sulle violenze strumentali perpetrate dalle Forze dell’Ordine polacche, tuttavia, l’Ue resta silente. E anche il PPE.

Colpire l’avversario con falsità e calunnie

Sarebbe bello vedere un faccia a faccia tra un popolare qualunque e Lukashenko. C’è da domandarsi se di persona i rappresentanti del PPE sarebbero altrettanto loquaci. “Di solito non commentiamo quello che dice il signor Lukashenko, perché spesso non ha nulla a che fare con la realtà”, ebbe a dire a fine novembre il portavoce dell’Ue Peter Stano. Meglio allora optare per le calunnie e l’invettiva a tutti i costi e – soprattutto – la falsità come metodo e come metro di giudizio. Sono le pratiche promosse dall’Unione europea (e non solo) e dalle sue task-force di manipolazione dell’informazione che hanno creato – tra le altre cose – il “mostro” Lukashenko, ma anche la demonizzazione di chi non intende piegarsi alla narrazione dominante e artefatta sulla cosiddetta pandemia.

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EUROPA

Vaccini, obbligo e preparati genici. Il conflitto di interessi dei coniugi Von der Leyen

L’incarico in Orgenesis, azienda biotecologica specializzata in preparati mRNA, e lo scambio di messaggi privati con l’ad di Pfizer Albert Bourla

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Vaccini, obbligo e preparati genici. Il conflitto di interessi dei coniugi Von der Leyen | Rec News dir. Zaira Bartucca
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Heiko Von der Leyen, marito del presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen (all’anagrafe Ursula Gertud Albrecht), risulta essere direttore medico nel team di gestione Orgenesis, azienda biotecnologica specializzata nelle terapie cellulari e geniche che vengono utilizzate nei vaccini a mRna. La moglie – che ha affermato che si debba iniziare a parlare di obbligo vaccinale – negli scorsi mesi ebbe uno scambio di messaggi privati con l’ad di Pfizer Albert Bourla. Il conflitto di interessi macroscopico (che dovrebbe suscitare richieste di chiarimento e di dimissioni) è stato raccontato da Affari Italiani.

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EUROPA

Intelligenza artificiale, il Consiglio europeo promuove una consultazione, ma discrimina l’Italia

Si discute tanto, in quest’ultimo periodo, dell’IA, settore che secondo i promotori dell’Agenda 2030 dovrà prendere il volo proprio grazie all’atmosfera di emergenza sanitaria instaurata. C’è il…

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Intelligenza artificiale, il Consiglio europeo avvia la consultazione, ma discrimina l'Italia | RN dir Zaira Bartucca

Si discute tanto, in quest’ultimo periodo, di Intelligenza artificiale, settore che secondo i promotori dell’Agenda 2030 dovrà prendere il volo proprio grazie all’atmosfera di emergenza sanitaria instaurata. C’è il telelavoro (il cosiddetto “smart-working”) che per gli scettici anticiperà i licenziamenti di massa, c’è l’automazione che via via sta soppiantando diverse professioni e c’è tutta la partita sul 5G. CAHAI, il Comitato europeo sull’intelligenza artificiale in seno al Consiglio europeo, per fare il punto ha avviato una consultazione pubblica che sarà online fino al 29 aprile “per raccogliere le opinioni su alcune questioni chiave da parte di attori rappresentativi (imprese, Ong, associazioni, università, think-tanks ecc.)”, come riportato dalla Farnesina.

Una buona iniziativa e una possibilità di confronto, che però sarà preclusa a molti italiani che pure avrebbero voluto dire la loro, ma potranno farlo solo se conoscono l’inglese e il francese o se utilizzeranno estensioni che però non mettono al riparo da possibili fraintendimenti. La consultazione, infatti, è disponibile solo in queste due lingue. L’Ue già in passato è stata ammonita da diversi Stati membri per la scarsa accessibilità di siti e documenti spiccatamente anglocentrici, aspetto in netto contrasto con l’idea di integrazione che l’organismo dice di perseguire.

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