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I bene informati parlano di continui pellegrinaggi a Washington presso la sede del Fondo monetario internazionale. Lì Lenin Moreno, presidente dell’Ecuador che in patria è protagonista di continui cali di popolarità a causa degli episodi di corruzione che lo hanno interessato e della vicinanza a organizzazioni criminali (come da documenti INA papers), si è recato varie volte a partire dagli scorso mesi per tessere relazioni e intavolare trattative. Fervente sostenitore del “democratico” che ha tentato di auto-proclamarsi presidente del Venezuela Juan Gaidò, dopo le elezioni del 2017 in quota Alianza Paìs avvia una serie di politiche di rottura nei riguardi del mandato del suo predecessore Rafael Correa.

Nel 2012 com’è noto quest’ultimo concede l’asilo politico a Julian Assange, che da allora ha “vissuto” nella sede londinese dell’ambasciata di Londra. Fino al prelievo forzato – in palese violazione della Convenzione sui Rifugiati – dello scorso 11 aprile. Moreno rivede, come se potesse esistere questa possibilità, anche l’ovvia concessione del suo predecessore, quasi che si trattasse di scelta personale e non di misura disposta da uno Stato per motivi urgenti e improrogabili legati alla sicurezza di Assange.

Interrompe la disposizione governative con il pretesto di disagi che il fondatore di Wikileaks avrebbe causato all’interno dell’ambasciata, puntualmente smentiti da tutti coloro che hanno avuto la possibilità di dedicargli qualche visita sporadica. Prima di questo, fa rendere esecutivo un controverso protocollo di sorveglianza del rifugiato e persino di chi può andare a trovarlo. La parte più terribile di questo documento non è la l’aspetto legato alla violazione di alcuni diritti basilari legati alla privacy, ma quella che riguarda le misure decise in caso di un possibile e prevedibile crollo delle condizioni di salute del fondatore di Wikileaks: “L’ambasciatore – è scritto – accompagnerà il signor Assange in ambulanza solo dopo che le autorità lo avranno permesso”. Niente interventi tempestivi salvavita, ma i controlli e i permessi da anteporre a tutto, e con tutti i rischi connessi.

Aspetti che peseranno come macigni sulla presidenza di Moreno, come già fanno discutere quelli evidenziati in un articolo esplosivo dell’Economist, che tuttavia è passato per la maggiore sotto silenzio, soprattutto per i media che in queste ore anziché agitarsi per la detenzione e privazione dei diritti basilari del collega australiano, esposto a possibili torture e al possibile deterioramento delle già precarie condizioni di salute, si interrogano su che colore fosse il cravattino del suo gatto l’ultima volta che è stato fotografato.

Secondo NYT, il prestito da parte del Fmi di 4,2 milioni non è spiegabile se non alla luce degli spostamenti di Moreno e di alcune vicende collaterali.

Una misura che ha provveduto a rimpinguare casse asciugate dalla cattiva gestione della cosa pubblica: il suo prezzo sarebbe stato proprio l’allontanamento dalla sede dell’ambasciata dell’Ecuador di Assange, che Wikileaks ha definito “il tradimento dell’Ecuador”, paese colpevole di aver esposto il giornalista ai pericoli legati all’estradizione negli Stati Uniti. Un uomo, insomma – la sua salute, la sua vita perfino – si può vendere se questo serve a dare una rinfrescata ai bilanci dello Stato. E chi tace, acconsente.

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POLITICA

Piantedosi a Brdo
per la trilaterale
con Slovenia e Croazia

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Un protocollo d'intesa per la valorizzazione dei beni confiscati | Rec News dir. Zaira Bartucca

Giovedì 21 Marzo il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi si recherà a Brdo, in Slovenia, su invito del Ministro dell’Interno Sloveno Bostjan Poklukar, per partecipare alla riunione trilaterale insieme all’omologo croato Davor Bozinovic. Alla fine dei lavori i tre Ministri dell’Interno terranno una conferenza stampa congiunta al Brdo Congress Centre di Kranj. Il Ministro Piantedosi il giorno successivo parteciperà anche ai lavori del “Forum of the Brdo Process” con i Paesi dei Balcani occidentali.

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POLITICA

Meno male che c’è Giorgia. L’Italia è il Paese che concede più cittadinanze agli stranieri

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Meno male che c'è Giorgia. L'Italia è il Paese che concede più cittadinanze agli stranieri | Rec News dir. Zaira Bartucca

Il ministro all’Agricoltura Francesco Lollobrigida a marzo dello scorso anno era stato chiaro: “In Italia – aveva detto – entreranno 500mila migranti”. Una promessa – una delle poche – che Fratelli di Flussi ha mantenuto egregiamente, come dimostra il rapporto recentemente pubblicato da Eurostat. E’ infatti proprio con l’insediarsi del governo meloniano che gli sbarchi hanno subìto un’impennata, quasi che la premier avesse deciso di rubare qualche triste primato ai governi a trazione sinistra.

In effetti è quello che ha fatto, se si pensa che nel 2022 – dicono gli ultimi dati Eurostat pubblicati – gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana sono stati in totale 213.716. Il l 76% in più rispetto al 2021, quando la cittadinanza era stata concessa a 121.457 soggetti. Un segmento non poi tanto variegato se si pensa che è costituito in prevalenza da albanesi (38mila persone), marocchini (31mila) e rumeni (16mila).

La nuova linea della Meloni premiata dagli organismi che contano

Non stupisce, allora, che la nuova linea della Meloni venga costantemente vezzeggiata dai Think tank che contano. E che arrivi, addirittura, a ricevere premi come il Global Citizen Award, il premio atlantista di stanza a Washington che “celebra individui unici che incarnano la cittadinanza globale”. Altro che porti chiusi e invasioni, i (vecchi) termini da campagna elettorale con cui la global lady ha fatto incetta di voti a destra per poi cambiare, una volta diventata premier, completamente registro. Fa riflette che, prima della Meloni, il Global Citizen Award sia stato dato a personaggi come Mario Draghi e Volodymyr Zelensky.

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ESTERI

Scandali, presunti decessi, arrivi e partenze. Il lavorìo per far cadere la Monarchia in Gran Bretagna

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Scandali, presunti decessi, arrivi e partenze. Il lavorìo per far cadere la Monarchia in Gran Bretagna | Rec News dir. Zaira Bartucca

E’ un brutto momento per la corona britannica. E, si direbbe, nulla è casuale. L’elezione di Carlo III ha dato il “la” – oltre che a un regno a guida maschile – alle mire di chi non vede di buon occhio la monarchia. E’ infatti con Carlo – sovrano flemmatico e poco carismatico – che si stanno di giorno in giorno moltiplicando le manifestazioni di chi chiede – a torto o a ragione – una nuova forma di governo per la Gran Bretagna.

Un modo per farle pagare l’uscita dall’Europa? O la conseguenza prevedibile della scomparsa di Elisabetta II? Non si sa ma quel che è certo è che anche a quelle latitudini i burattinai si stanno dando un gran da fare. Pianificando e diramando un comunicato clamoroso dietro l’altro, poi ripresi a ruota dai social: la malattia di Carlo, il ritorno a Corte dell’amico di Epstein Andrea e, adesso, perfino il decesso di Kate Middleton.

Quanto ci sia di vero è difficile saperlo. Quel che è certo è che l’obiettivo delle fughe di notizie – vere o presunte tali – è quello di restituire l’immagine di un regno debole, che si smantella ogni giorno di più a colpi di esternazioni tutt’altro che casuali.

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POLITICA

Europee, è bagarre sulla raccolta firme

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Europee, è bagarre sulla raccolta firme | Rec News dir. Zaira Bartucca

“Abbiamo inviato una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per chiedere il suo intervento istituzionale per fermare le norme liberticide contenute nella conversione in legge del decreto elettorale. Ci riferiamo all’emendamento, fatto approvare da Fratelli d’Italia, che restringe drasticamente le esenzioni dall’obbligo di raccogliere le firme per presentare nuove liste elettorali”. E’ quanto ha dichiarato Gianni Alemanno, Segretario nazionale del Movimento Indipendenza.

“Questo emendamento è chiaramente anticostituzionale perché modifica le regole del gioco a partita aperta, quando mancano solo 45 giorni (dei sei mesi previsti) al termine della raccolta delle firme per il deposito delle liste elettorale. In questo modo non solo si privano le nuove liste delle esenzioni previste da una consolidata legislazione, ma gli si impedisce di organizzarsi per raccogliere l’abnorme numero di firme necessarie per presentarsi alle elezioni europee se non si è già presenti nei parlamenti nazionale o europeo”.

“Questo numero di firme, invero – ha proseguito Alemanno – è stato dimezzato da 150.000 a 75.000 da un altro emendamento approvato successivamente, ma sempre troppo tardi per permettere alle nuove formazioni politiche di organizzarsi per la sottoscrizione”. Non a caso una recente Raccomandazione europea (n. 2829/2023 del 20/12/2023) sancisce che gli “elementi fondamentali della legge elettorale non dovrebbero poter essere modificati
a meno di un anno dalle elezioni” sia per garantire il rispetto delle regole democratiche che
per contrastare il fenomeno dell’astensionismo
“.

“L’emendamento inserito nel decreto elettorale è un vero e proprio attacco alla democrazia
che cerca di impedire l’accesso al gioco elettorale di nuove formazioni politiche, proprio in
un momento in cui il tasso di astensionismo in Italia ha raggiunto punte elevatissime e
preoccupanti. Per questo ci sono tutti gli estremi per un intervento correttivo del Capo dello
Stato, che è l’unica istituzione titolata ad un intervento preventivo per evitare di promulgare
norme di legge chiaramente contrarie al Dettato costituzionale”
, le parole di Alemanno.

La lettera al Presidente della Repubblica è stata inviata ieri con le firme di
Gianni Alemanno, del coordinatore calabrese di Indipendenza Franco Bevilacqua, del presidente del movimento Massimo Arlechino, di Michele Geraci e degli ex parlamentari Marcello Taglialatela, Fabio Granata, Michele Rallo e di Maria Grazia Martinelli.

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